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    Opzione donna, Calderone: “Si lavora a stop criterio figli”

    (Teleborsa) – “Stiamo lavorando su Opzione donna, il ministero ha fatto più proiezioni, le ha già mandate anche al Mef in modo che sia possibile determinare i costi delle eventuali modifiche. Sono in attesa, spero di avere risposte a breve, per fare in modo che alcune parti della norma inserita in manovra possano essere risistemate”. È quanto afferma la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone, dopo la cerimonia al Quirinale per l’8 marzo. “Una delle ipotesi” sul tavolo – fa sapere Calderone – è quella di eliminare il riferimento ai figli. Modifiche in arrivo anche sul fronte dell’età di uscita dal mondo del lavoro. Secondo la ministra “potrebbe essere utile unificare l’età delle lavoratrici subordinate e autonome. La differenza che viene dall’impianto precedente – 58 anni se dipendenti e 59 anni se autonome, con 35 anni di contributi per tutte (ndr) – non la comprendo a livello di impostazione perché, anzi, le carriere delle lavoratrici autonome sono ancor più caratterizzate da momenti di discontinuità”. LEGGI TUTTO

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    Pensioni & lavoro, Tridico: “Migliorare qualità lavoro con lotta a precarietà e paghe da fame”

    (Teleborsa) – No ai privilegi ed alle rendite pensionistiche degli anni ’70, si alla lotta contro il precariato ed i salari da fame, che condizionano oggi il futuro pensionistico di domani. E’ questa la sintesi del pensiero di Pasquale Tridico in merito a due temi importantissimi come il lavoro e la pensione, esplicitati nel saggio “Il lavoro di oggi, la pensione di domani. Perché il futuro del Paese passa dall’INPS”, scritto a quattro mani con il giornalista del Corriere della Sera Enrico Marro.Secondo il Presidente dell’INPS, la precarietà ed i bassi salari sono due piaghe da combattere, perché colpiscono soprattutto i giovani e ne determinano il loro futuro previdenziale, in base all’equazione che associa un lavoro povero ad una pensione povera. E’ qundi necessario puntare su un miglioramento della quantità e la qualità dell’occupazione, per evitare un domani di avere pensioni povere e una massa di anziani da assistere. Il Presidente dell’Istituto di previdenza si spinge anche ad ipotizzare che, con un salario minimo di 9 euro lordi, il rateo pensionistico di ognuno potrebbe essere il 10% più alto e non sarebbe comunque una pensione alta, perché per 30 anni di lavoro, l’assegno ammonterebbe a 750 euro, mentre bisognerebbe lavorare 40 anni a 9 euro l’ora per avere una pensione di 1-200-1.300 euro netti al mese.Per Tridico, oggi paghiamo ancora il prezzo delle pensioni baby distribuite negli anni ’70 e ’80. In Italia vi sono oggi circa 256mila pensionati baby con una spesa complessiva che si aggira sui 102 miliardi e sale a 130 miliardi aggiungendo gli assegni nel frattempo “eliminati”. Infatti, l’INPS eroga circa 185mila pensioni baby per una spesa annuale di 2,9 miliardi, di cui 149mila pagate alle donne, che mediamente usufruiscono di questo trattamento da 36 anni.Tridico ha affrontato anche il capitolo lavoro e politiche attive, affermando che “il nostro Paese produce troppi pochi posti di lavoro. Non è un problema di rigidità, di ragazzi che non hanno voglia di lavorare, di sussidi che fanno stare sul divano. Da 30 anni il tasso di occupazione è al 59% pari a 23 milioni di persone”. La naturale conseguenza di questo contesto è che “non bisogna pensare che basti una riforma” del mercato del lavoro, perché “servono investimenti”. Fornendo un assist al RdC, il Presidente dell’INPS afferma che “non si crea lavoro togliendo i sussidi, che fanno probabilmente concorrenza al lavoro nero”, ma occorre uno “sforzo” sulle politiche attive, anche al Sud dove vi sono tassi di occupazione da Paesi in via di sviluppo (30% contro il 70% del Nord). LEGGI TUTTO

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    Pensioni, INPS: al via le domande per Quota 103

    (Teleborsa) – “Si comunica che il sistema di gestione delle domande di pensione è stato implementato per consentire la presentazione dell’istanza di pensione anticipata flessibile di cui all’articolo 1, commi 283 e 284, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante ‘Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025’. Con successiva circolare, di prossima pubblicazione, saranno fornite ulteriori istruzioni”. Con questo messaggio l’Inps dà il via alle domande per ottenere la pensione con Quota 103, ovvero con almeno 62 anni di età e 41 di contributi.La prima finestra utile per l’uscita è al 1 aprile 2023 per il settore privato in caso di requisiti ottenuti al 31 dicembre 2022 e il 1 agosto 2023 per i dipendenti pubblici. La finestra mobile per chi ha ottenuto i requisiti da gennaio 2023 è di tre mesi per il privato e sei per il pubblico (ma comunque con la prima finestra ad agosto).Le domande di prestazione possono essere presentate direttamente dal sito internet dell’Inps, accedendo tramite SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di Livello 2, CNS (Carta Nazionale dei Servizi) o CIE (Carta di identità elettronica 3.0) utilizzando i servizi telematici offerti dagli Istituti di Patronato riconosciuti dalla legge; chiamando il Contact Center Integrato al numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06164164 (da rete mobile a pagamento). LEGGI TUTTO

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    INPS, Tridico: “Sì a graduatoria assunzione per 4.300 persone”

    (Teleborsa) – “Ieri, in Consiglio di amministrazione, abbiamo approvato la graduatoria per l’assunzione di 4.300 persone”. Ad annunciare “una delle più massicce assunzioni nell’ambito della Pubblica amministrazione” è il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, intervenendo al convegno della Flp, la Federazione di lavoratori e funzioni della Pa, con riferimento all’ampliamento di organico dell’Istituto di previdenza, a seguito di concorsi già effettuati.Come evidenziato dal segretario della Federazione dei lavoratori e delle Funzioni pubbliche. Marco Carlomagno, nella sua relazione l’età media del personale della Pubblica amministrazione è di 54,7 anni. Una media che nel caso dell’Inps sale a 58 anni. Si inseriscono in tale scenario le nuove 4.300 assunzioni. “Persone giovani, che – sottolinea Tridico – entreranno in servizio nei prossimi giorni, in tutta Italia. Ci sono soltanto i tempi tecnici della firma dei contratti da considerare. Così l’età media dei dipendenti la abbassiamo drasticamente. Tutto ciò, porterà la nostra forza lavoro di 24mila unità di nuovo verso il fabbisogno originale, di circa 30mila persone”. LEGGI TUTTO

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    INPS: 46 milioni di ore di cassa integrazione autorizzate a dicembre 2022

    (Teleborsa) – Le ore di cassa integrazione complessivamente autorizzate nello scorso mese di dicembre sono state circa 46 milioni, il 12,5% in più rispetto al precedente mese di novembre (41 milioni) e il 61,7% in meno rispetto a dicembre 2021, nel corso del quale erano state autorizzate 120 milioni di ore. È quanto fa sapere l’INPS in una nota. CIG ordinaria – Per quanto riguarda le singole tipologie d’intervento, le ore di cassa integrazione ordinaria autorizzate a dicembre 2022 sono state 20,1 milioni. Nel mese di novembre erano state autorizzate 25,4 milioni di ore: di conseguenza, la variazione congiunturale è del -20,8%. A dicembre 2021, le ore autorizzate erano state quasi 37,2 milioni.CIG straordinaria – Il numero di ore di cassa integrazione straordinaria autorizzate a dicembre 2022 è di 23,4 milioni, di cui 3,8 milioni per solidarietà, con un incremento del 28,9% rispetto a quanto autorizzato nello stesso mese dell’anno precedente (18,1 milioni di ore). Nel mese di dicembre 2022, rispetto al mese precedente, si registra una variazione congiunturale pari all’ 89,7%.CIG in deroga – Gli interventi in deroga autorizzati nel mese di dicembre 2022 sono stati pari a 0,03 milioni di ore. La variazione congiunturale registra nel mese di dicembre 2022, rispetto al mese precedente, un decremento pari al -14,9%. A dicembre 2021 le ore autorizzate in deroga erano state 23,3 milioni, con una variazione tendenziale del -99,8%.Fondi di solidarietà – Il numero di ore autorizzate a dicembre 2022 nei fondi di solidarietà è pari a 2,5 milioni e registra un decremento del -20,3% rispetto al mese precedente. Nel mese di dicembre 2021 le ore autorizzate sono state 41,9 milioni, con una variazione tendenziale del -93,8%. LEGGI TUTTO

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    Libretto di Famiglia e Contratto di Prestazione occasionale: le novità della legge di bilancio 2023

    (Teleborsa) – La legge di bilancio 2023 introduce importanti novità per quanto riguarda il Libretto Famiglia e il Contratto di Prestazione occasionale.”L’INPS – ha annunciato Vincenzo Caridi, direttore generale dell’Istituto – sta lavorando per adeguare i sistemi informativi alle novità normative, con progressivi aggiornamenti a decorrere dal primo gennaio 2023 e per completare le modifiche della sezione dedicata alle imprese del turismo entro questo mese”.In particolare, dal primo gennaio 2023, – spiega l’Inps in una nota – è previsto: l’aumento a 10mila euro per anno civile del limite di compenso erogabile dall’utilizzatore nei confronti dei prestatori di lavoro; l’accesso al Contratto di prestazione occasionale per gli utilizzatori che hanno fino a 10 lavoratori subordinati a tempo indeterminato; il superamento dei precedenti limiti che imponevano alle imprese del turismo di occupare solo particolari categorie di lavoratori.Per le imprese agricole sono introdotte forme semplificate di utilizzo delle prestazioni di lavoro occasionale a tempo determinato. Il nuovo regime specifico prevede, tra l’altro, l’inoltro della Comunicazione Obbligatoria di assunzione al competente Centro per l’impiego. LEGGI TUTTO

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    Lavoro, CGIA: “Al Sud si pagano più pensioni che stipendi”

    (Teleborsa) – Anche se di sole 205 mila unità, a livello nazionale il numero delle pensioni erogate agli italiani (pari a 22 milioni e 759 mila assegni) ha superato la platea costituita dai lavoratori autonomi e dai dipendenti occupati nelle fabbriche, negli uffici e nei negozi (22 milioni 554 mila addetti). La situazione più squilibrata si verifica nel Mezzogiorno. Se nel Centro-Nord – con le eccezioni di Liguria, Umbria e Marche – i lavoratori attivi, anche se di poco, sono più numerosi delle pensioni erogate dall’Inps e dagli altri istituti previdenziali, nel Sud il sorpasso è già avvenuto: queste ultime, infatti, superano i primi di un milione e 244 mila unità. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA sulla base di dati riferiti al 1 gennaio 2022.Le ragioni del divario – “Le ragioni di questo divario tra lavoratori e numero di pensioni – spiega la CGIA – vanno ricercate nella forte denatalità che, da almeno 30 anni, sta caratterizzando il nostro Paese. Il calo demografico, infatti, ha concorso a ridurre la popolazione in età lavorativa e ad aumentare l’incidenza degli over 65 sulla popolazione complessiva. Si segnala che tra il 2014 e il 2022 la popolazione italiana nella fascia di età più produttiva (25-44 anni) è diminuita di oltre un milione e 360 mila unità (-2,3 per cento). Per quanto concerne il risultato anomalo del Sud, va segnalato che, rispetto alle altre ripartizioni geografiche d’Italia, il numero degli occupati è sensibilmente inferiore. Va infine evidenziato che il risultato di questa analisi è sicuramente sottodimensionato; ricordiamo, infatti, che in Italia ci sono poco più di un milione e 700 mila occupati che dopo essere andati in pensione continuano, su base volontaria, a esercitare ancora l’attività lavorativa in piena regola”.Immobiliare, trasporti, moda e HoReCa i settori più penalizzati – “Un Paese che registra una popolazione sempre più anziana – sottolinea la CGIA – potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici; in particolar modo a causa dell’aumento della spesa pensionistica, di quella farmaceutica e di quella legata alle attività di cura/assistenza alla persona. Va altresì segnalato che con una presenza di over 65 molto diffusa, alcuni importanti settori economici potrebbero subire dei contraccolpi negativi”. Tra questi figura la propensione alla spesa molto più contenuta della popolazione più giovane. Una società costituita prevalentemente da anziani rischia, infatti, di ridimensionare il giro d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa). Per contro, invece, – si legge nel report – le banche potrebbero contare su alcuni effetti positivi; con una maggiore predisposizione al risparmio, le persone più anziane dovrebbero aumentare la dimensione economica dei propri depositi, facendo così felici molti istituti di credito. Si fatica a trovare personale – Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana sta provocando anche un altro grosso problema. Da tempo, ormai, – rileva la CGIA – gli imprenditori, non solo al Nord, denunciano la difficoltà di trovare sul mercato del lavoro personale altamente qualificato e/o figure professionali di basso livello. Se per i primi le difficoltà di reperimento sono strutturali a causa del disallineamento che in alcune aree del Paese si è creato tra la scuola e il mondo del lavoro, per le seconde, invece, sono posti di lavoro che spesso i nostri giovani, peraltro sempre meno numerosi, rifiutano di occupare e solo in parte vengono coperti dagli stranieri. Una situazione che con la congiuntura economica negativa alle porte potrebbe essere destinata a rientrare, sebbene in prospettiva futura la difficoltà di incrociare la domanda e l’offerta di lavoro rimarrà una questione non facile da risolvere.Cosa fare? – Per contrastare il calo delle nascite e il conseguente invecchiamento della popolazione è necessario mettere a punto una serie di interventi di medio-lungo periodo. Come ha avuto modo di sottolineare anche la Banca d’Italia, è indispensabile, in particolar modo, potenziare le politiche mirate alla crescita demografica (es. aiuti alle giovani mamme, alle famiglie, ai minori, etc.), allungare la vita lavorativa (almeno per le persone che svolgono un’attività impiegatizia o intellettuale), incrementare la partecipazione femminile nel mercato del lavoro e, infine, innalzare il livello di istruzione della forza lavoro che in Italia è ancora tra i più bassi di tutta l’UE.A Messina, Lecce e Napoli le situazioni più squilibrate – A livello territoriale tutte le regioni del Mezzogiorno presentano un numero di occupati inferiore al numero degli assegni pensionistici erogati. In termini assoluti – secondo l’analisi della CGIA – le situazioni più squilibrate si verificano in Campania (saldo pari a -226 mila), Calabria (-234 mila), Puglia (-276 mila) e Sicilia (-340 mila). Nel Centro-Nord, invece, solo Marche (-36 mila), Umbria (- 47 mila) e Liguria (-71 mila) presentano una situazione di criticità. Per contro, tutte le altre sono di segno opposto: le situazioni più virtuose – vale a dire dove i lavoratori attivi sono nettamente superiori alle pensioni erogate – si scorgono in Emilia Romagna (+191 mila), Veneto (+291 mila) e Lombardia (+ 658 mila). A livello provinciale, infine, le situazioni più compromesse che si registrano al Nord riguardano Biella (-14 mila), Savona (- 18 mila) e Genova (-38 mila). Tra le realtà più virtuose, invece, scorgiamo Bergamo (+83 mila), Brescia (+111 mila) e Milano (+299 mila). Nel Centro spiccano le difficoltà di Macerata (-14 mila), Terni (-22 mila) e Perugia (-24 mila), mentre dal saldo con segno positivo spicca il risultato riferito alla provincia di Roma (+ 275 mila). Nel Mezzogiorno, infine, le situazioni più squilibrate riguardano Palermo (- 80 mila), Reggio Calabria (-86 mila), Messina (- 94 mila), Lecce (-104 mila) e Napoli (-137 mila). Tra tutte le 38 realtà provinciali del Sud, solo due presentano un saldo positivo: esse sono Ragusa (+ 8 mila) e Cagliari (+ 10 mila). LEGGI TUTTO

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    Lavoro, Intesa Sanpaolo: “Settimana corta dal 2023. In ufficio 4 giorni per 9 ore”

    (Teleborsa) – Andare incontro alle esigenze di conciliare gli equilibri di vita professionale e lavorativa dei dipendenti. Questo l’obiettivo della rivoluzione annunciata da Intesa Sanpaolo, primo datore di lavoro privato in Italia con 74mila persone (96mila nel mondo). La Banca ha, infatti, reso noto che proporra` ai dipendenti del Gruppo operanti in Italia un nuovo modello organizzativo del lavoro.Tra le principali novita`, – spiega Intesa Sanpaolo in una nota – un’evoluzione dello smart working con la possibilita` di lavoro flessibile fino a 120 giorni all’anno, senza limiti mensili e la settimana corta di 4 giorni da 9 ore lavorative a parita` di retribuzione, su base volontaria e compatibilmente con le esigenze tecniche, organizzative e produttive della Banca.Nel dettaglio la proposta prevede la possibilita` di aumentare su base volontaria il lavoro flessibile da casa fino a 120 giorni all’anno, con un’indennita` di buono pasto di 3 euro al giorno, per tener conto anche delle spese sostenute lavorando da casa, e di lavorare 4 giorni a settimana aumentando a 9 le ore giornaliere su base volontaria, a parita` di retribuzione, senza obbligo di giorno fisso. Dal gennaio 2023, le persone che lavorano in Intesa Sanpaolo, potranno individualmente accedere a queste modalita`, compatibilmente con le esigenze tecniche, organizzative e produttive aziendali. Sara` anche avviato un periodo di sperimentazione in circa 200 filiali.Sulla nuova organizzazione dello smart working e degli orari di lavoro Intesa Sanpaolo non ha, tuttavia, ancora trovato un accordo con i sindacati. In particolare la trattativa – fanno sapere – Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Unisin in una nota – si è arenata su alcune richieste: estensione dello smart working e del 4×9 a tutti i colleghi della rete filiali; individuazione di strumenti tecnici che permettano una reale disconnessione al termine del proprio orario di lavoro; incremento per tutti del valore del buono pasto; riconoscimento del buono pasto intero per le giornate di smart working; indennizzi per le spese energetiche e di connessione, contributo per l’allestimento della postazione di lavoro. La banca ha comunque deciso di andare avanti con la sua proposta annunciandone l’avvio nel 2023. “Il confronto con le Organizzazioni Sindacali, pur svolgendosi in maniera proficua e costruttiva, – fa sapere Intesa Sanpaolo – non ha trovato una condivisione sul complesso dei contenuti, ma Intesa Sanpaolo, confermando l’attenzione alle persone del Gruppo, continuera` a proporre le migliori soluzioni a chi lavora nella prima banca italiana, introducendo le novita` da gennaio 2023”. “Il modello organizzativo che si prefigura con queste nuove misure – sottolinea Intesa Sanpaolo – mettera` la Banca nelle migliori condizioni di competitivita` per affrontare le sfide che la attendono alla luce del mutevole contesto economico e sociale, in particolare la transizione verso i servizi digitali e ad alta innovazione tecnologica”. LEGGI TUTTO