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    SIMEST pronta a sostenere PMI. Salzano: “PNRR occasione per cambio di passo”

    (Teleborsa) – “Il sistema industriale nazionale si trova a fronteggiare gli imperativi della digitalizzazione e della transizione “green” che non sono più procrastinabili, perché primari fattori competitivi mondiali. Bisogna affrontarli oggi – per quanto difficile possa essere – per guadagnare competitività e stare al passo con le altre economie” a dirlo è Pasquale Salzano Presidente di SIMEST in occasione del 36° Convegno dei Giovani Imprenditori in corso a Napoli.”E’ proprio il piano Next Generation EU, declinato in Italia dal PNRR – prosegue Salzano nel suo intervento – a fornire ingenti risorse per accompagnare le imprese nazionali, soprattutto le PMI, in questo cambio di passo. E per quelle aziende che sfrutteranno l’opportunità per investire sulla sostenibilità loro e delle loro catene del valore i vantaggi saranno duplici: da un lato i loro prodotti diventeranno maggiormente attrattivi e concorrenziali sui mercati globali (che vedono un consumatore sempre più esigente); e dall’altro si tuteleranno verso un futuro finanziario che premierà solo chi rispetterà criteri ambientali sempre più stringenti”.”SIMEST aiuterà le PMI a cogliere questa occasione unica perché è uno dei primi soggetti a ‘mettere a terra’ il PNRR: 1,2 miliardi di euro che veicoleremo alle imprese a partire dal 28 ottobre attraverso il nostro portale operativo. Portale che già dal 21 permette alle PMI di pre-caricare la propria domanda di finanziamento. Ovviamente – continua il Presidente di Simest – abbiamo dovuto rinnovare lo strumento attraverso il quale eroghiamo le risorse del PNRR. Si tratta del Fondo 394 che gestiamo in convenzione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, e, per l’occasione, dedicato in esclusiva alle PMI con progetti di internazionalizzazione che prevedano sviluppo del digitale e transizione ecologica. I finanziamenti saranno come sempre a tasso agevolato (attualmente lo 0,055%) con una quota cospicua, fino al 25%, a fondo perduto”. “E per aiutare il Mezzogiorno a colmare il gap con il resto d’Italia – conclude – alle imprese del sarà riservato il 40% dei fondi disponibili (480 milioni di euro) mentre la quota a fondo perduto potrà arrivare fino al 40% del finanziamento concesso”. LEGGI TUTTO

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    4Weeks4Inclusion, Giaconia (Mercitalia Rail): “Agire su processi e cultura inclusione”

    (Teleborsa) – FS Italiane è fra le aziende che hanno partecipato a “4Weeks4Inclusion”, una maratona di quattro settimane organizzata dal Gruppo TIM che ha vesto coinvolte 200 aziende, che si rivolgeranno ad una platea di 700mila persone, assieme ad Istituzioni e organizzazioni sindacali. All’evento inaugurare “Storie di Inclusione” è intervenuta Maria Annunziata Giaconia, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Mercitalia Rail.La manager – secondo quanto si legge sul sito di informazione ferroviaria FS News – ha raccontato di come il cambiamento si stia facendo largo nelle società del Gruppo FS Italiane, dove alcuni settori sono ancora oggi caratterizzati da mestieri tradizionalmente ritenuti ad appannaggio maschile.”Il cambiamento si favorisce in primis quando i processi di sviluppo, selezione, formazione e performance management garantiscono pari opportunità di partecipazione ed emersione del merito”, ha sottolineato l’Ad di Mercitalia Rail, soffermandosi anche sul progetto Women in motion che, dal 2017, punta a promuovere nelle scuole i percorsi professionali delle donne nelle aree tecniche del Gruppo “per superare gap strutturale esistente nel nostro Paese”. Giaconia, appartenente ad una famiglia del Sud numerosa e con difficoltà economiche, è sensibile al tema delle pari opportunità e dell’inclusione per sua esperienza personale, avendo colto una grande opportunità di riscatto ed inclusione grazie alla laurea in Igegneria e poi al l’assunzione nel Gruppo FS.”Il Gruppo FS ha ridisegnato processi selezioni, a partire dalle persone che si occupano di questa attività, che vanno indirizzate verso una visione unica e libera da condizionamenti”, ha spiegato la manager del Gruppo FS, aggiungendo “non basta solo ridisegnare processi e persone ma bisogna agire anche sulle performance dell’azienda e valorizzare chi premia differenze attraverso dei KPI specifici.Il focus si è spostato successivamente sul pacchetto welfare a beneficio dei dipendenti, come per esempio iniziative a sostegno del benessere o consulenze specialistiche che riguardano le questioni quotidiane e familiari, assistenza sanitaria integrativa, previdenza complementare, contributi per i caregiver, voucher vacanze. Wecare, invece, è il programma iniziative webinar creato per migliorare la conciliazione dei tempi vita-lavoro.Un impegno per le persone – ha sottolineato – che Ferrovie dello Stato rivolge anche alla collettività, attraverso gli Help Center, sportelli di ascolto e orientamento in varie stazioni italiane, creati per sostenere le persone vulnerabili e avviarle verso percorsi di reinserimento sociale. LEGGI TUTTO

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    4Weeks4Inclusion, Angeletti (Intesa): “Cultura inclusione promossa ad ogni livello”

    (Teleborsa) – Intesa Sanpaolo ha un impegno forte sui temi dell’inclusione e promuove una serie di politiche affinché tutti siano messi in condizione di dare massimo che possono dare. E’ quanto affermato da Paola Angeletti, Chief Operating Officer di Intesa Sanpaolo, partecipando al dibattito “Storie di inclusione” nella giornata in cui prende il via l’iniziativa “4 Weeks 4 Inclusion” organizzata dal Gruppo TIM. “Da tempo abbiamo avviato azioni per permettere a persone con diversità di dare il loro contributo”, ha affermato la manager di ISP, aggiungendo che è stato creato un gruppo di lavoro che ha lo scopo di individuare azioni che possano consentire a persone con disabilità di lavorare meglio”.Inclusione e pari opportunità – ha spiegato Angeletti – sono al centro anche delle politiche di recruiting e della valorizzazione di carriera nell’ambito del Gruppo Intesa Sanpaolo, dove le attribuzioni di ruolo ed il merito tengono conto di KPI ad hoc nelle schede di valutazione del management, in cui il “peso” della valorizzazione femminile è stato accresciuto da un 10% al 15%.Vi sono poi tantissime altre attività che il Grippo ISP promuove – ha concluso – che si rivolgono anche all’esterno, ad esempio attraverso la collaborazione con università e mettendo a disposizione borse di studio per corsi di laurea STEM dedicate alle donne ed alle regioni del Sud. LEGGI TUTTO

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    4Weeks4Inclusion, Rossi (TIM): “Politiche inclusione generano valore economico per imprese e economia”

    (Teleborsa) – Occorre sfatare la convinzione che le politiche per l’inclusione rappresentino un costo per le aziende. Lo ha affermato il Presidente di TIM, Salvatore Rossi, intervenuto alla plenaria “Storie di inclusione”, nell’ambito dell’evento “4Weeks4Inclusion”, organizzato da TIM, che ha chiamato all’appello istituzioni, associazioni sindacali ed oltre 200 imprese sui temi dlel’0inclusioine e della valorizzazione delle diversitàRossi ha messo in luce i benefici macroeconomici e microeconomici dell’inclusione. Sotto il primo aspetto – ha spiegato – va tenuto conto che la misura quantitativa del PIL non è in grado di dare conto di tutto il benessere prodotto per una popolazione e per un Paese, vi sono altri aspetti come qualità dell’acqua e dell’aria, la salute, l’istruzione e così via, che concorrono “in modo prepotente” a generare benessere. Allo stesso modo le politiche a favore dell’inclusione creano “un ciclo virtuoso e di armonia sociale” in grado di accrescere il PIL oltre il suo valore numerico, promuovendo lo sviluppo economico.L’altro aspetto di natura microeconomica – ha spiegato Rossi – concerne il mercato del lavoro, poiché le differenze (di genere, età, cultura, religione ecc.) favoriscono la formazione di idee innovative ed accrescono la prestazione economica delle aziende, traducendosi in un miglioramento economico.Il Presidente di TIM ha ricordato che l’occupazione femminile è troppo bassa e che l’Italia è il fanalino di coda su questo aspetto, non per problemi che attengono al DNA, quanto per una cultura patriarcale dominante nel nostro paese che non ha permesso alle donne una adeguata partecipazione al mondo del lavoro. LEGGI TUTTO

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    Sostenibilità, 9 imprese delle filiere su 10 hanno investito in responsabilità sociale

    (Teleborsa) – La collaborazione fra imprese delle filiere italiane spinge la crescita socialmente sostenibile. L’88% di queste realtà imprenditoriali ha adottato, nell’ultimo triennio pre-Covid, misure responsabili in tema di formazione del personale, welfare aziendale, sostenibilità ambientale, rapporti con il sistema dell’istruzione, il mondo della cultura e il terzo settore (contro il 55% delle imprese non in filiera). Una percentuale che sale al 92% al Sud. È quanto emerge dall’ultima indagine sulle imprese manifatturiere tra i 5 e 499 addetti realizzata dal Centro Studi Tagliacarne per conto di Unioncamere. Secondo lo studio le imprese delle filiere mostrano una maggiore attenzione al benessere e allo sviluppo del capitale umano oltre che alla tutela ambientale, e alla qualità delle relazioni sociali sul territorio dove operano.Più nel dettaglio, il 50% delle imprese italiane delle filiere ha investito nella formazione per il miglioramento delle competenze del personale (contro il 25% delle altre imprese); il 43% ha puntato su prodotti e/o processi a minor impatto ambientale (contro il 24%); il 40% ha perseguito attività volte a tutelare la salute e/o il benessere dei propri dipendenti (contro il 16%). Sono in particolare le imprese guidate dalle donne che lavorano all’interno delle filiere ad avere investito maggiormente nel welfare aziendale (il 46% contro il 39% delle altre imprese in filiera). Ed entro i prossimi tre anni, un terzo delle aziende delle filiere prevede di fare più investimenti nel green.”Fino ad oggi sapevamo che le imprese che lavorano in filiera sono più performanti e più propense a sviluppare processi di innovazione, adesso abbiamo verificato anche che sono più attente ai temi del benessere aziendale e della sostenibilità grazie alla loro innata propensione a fare rete con altri soggetti – sottolinea il direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito –. Proprio per questo possono essere un canale straordinario per portare a terra gli obiettivi della duplice transizione digitale ed ecologica contenuti nel Pnrr, perché hanno una naturale vocazione ad investire nell’ambiente e nella formazione per adeguare le competenze del proprio personale a questo passaggio”.Complessivamente sono 17 le filiere individuate dal ministero dello Sviluppo Economico, un universo che conta oltre 3,8 milioni di imprese pari al 75% del sistema imprenditoriale italiano, occupa più di 12 milioni addetti (71,4% del totale economia extra-agricola) e genera 2.500 miliardi di euro di fatturato (78,9% del totale industria e servizi). “La collaborazione tra imprese che hanno attività interconnesse lungo tutta la catena del valore, dalla creazione sino alla distribuzione di un bene o servizio, – sottolinea l’indagine – si rileva un importante fattore di competitività per gli imprenditori”.Università, scuola, terzo settore importanti per competere – Le imprese in filiera mostrano una forte capacità relazionale con i diversi attori della comunità in cui operano contribuendo alla crescita del capitale umano, culturale e ambientale del territorio. Ben 44 di queste imprese su 100 – rileva l’indagine – hanno collaborato nell’ultimo triennio pre-Covid (2017-19)con scuole, Università per stage, tirocini e iniziative di alternanza scuola-lavoro, contro appena 17 su 100 nel caso di quelle che non operano in filiera. Mentre 28 su 100 imprese che operano in filiera hanno sostenuto iniziative culturali direttamente (realizzandole in prima persona) o indirettamente (attraverso sponsorizzazioni e partnership con istituzioni culturali), contro 14 su 100 tra quelle non in filiera. Anche sull’ambiente si rilevano delle sensibili differenze di approccio tra le diverse tipologie di imprenditori: 43 imprese su 100 che operano in filiera hanno investito nella sostenibilità ambientale (prodotti e/o processi a minor impatto ambientale), contro 24 su 100 tra quelle non in filiera. Una strategia che queste imprese più sensibili alla sostenibilità perseguono anche dialogando maggiormente con il mondo del terzo settore: la quota delle imprese che, tra il 2017 e il 2019, hanno stretto relazioni con il settore no-profit (associazioni di volontariato, ecc.) è nettamente superiore nel caso delle imprese che operano in filiera rispetto alle altre (12% vs 2%).In tre anni previsioni di investimento in aumento su welfare, formazione e green – Anche a seguito della crisi da Covid-19, le imprese in filiera – si legge nel rapporto – sono ancor più convinte di aumentare la relazionalità entro i prossimi tre anni con i propri dipendenti sia in termini di welfare sia di formazione per competere. Il 19% delle imprese che collaborano tra loro prevede, tra il 2021 e il 2013, di aumentare le iniziative per tutelare il benessere dei propri dipendenti contro il 12% di quelle non in filiera. Anche la quota di imprese che punta ad aumentare gli investimenti in formazione del personale è superiore nel caso delle imprese in filiera rispetto alle altre (10% vs 5%). E ben il 33% delle aziende delle filiere è pronta ad investire di più sul green, una quota doppia a quelle delle imprese non in filiera (14%).Cooperare aumenta la responsabilità sociale delle piccole imprese – L’effetto filiera riduce anche le distanze tra le imprese di minori dimensioni e quelle medio-grandi nella propensione ad investire nella sostenibilità. Se fuori dalla filiera – evidenzia l’indagine – il 15% delle piccole imprese punta sul benessere dei propri dipendenti rispetto al 25% delle medio-grandi, dentro la filiera il gap si annulla (40% in entrambi i casi). La collaborazione tra imprese si rileva importante anche per sviluppare la propria capacità di fare rete con il terzo settore per competere: ci riesce solo il 2% delle piccole imprese che operano fuori dalle filiere (contro il 6% delle medio-grandi), ma la quota sale al 13% quando queste aziende lavorano in cooperazione con le altre (contro il 8%). LEGGI TUTTO

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    GreenItaly 2021: “Un'economia a misura d'uomo per il futuro dell'Europa”

    (Teleborsa) – L’Italia è il principale destinatario delle risorse del Recovery Plan e anche per questo è chiamata a un ruolo da protagonista nella transizione verde. La sostenibilità, oltre ad essere necessaria per affrontare la crisi climatica, riduce i profili di rischio per le imprese e per la società tutta, stimola l’innovazione e l’imprenditorialità, rende più competitive le filiere produttive. È quanto emerge dalla dodicesima edizione del Rapporto GreenItaly realizzato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, con la collaborazione del Centro Studi Tagliacarne, il patrocinio del ministero della Transizione Ecologica, e la collaborazione di Conai, Novamont, ed Ecopneus. Il rapporto è stato presentato questa mattina da Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola; Andrea Prete, presidente Unioncamere; Giuseppe Tripoli, segretario Generale Unioncamere, Francesco Starace amministratore delegato e direttore generale Enel; alla presenza di Roberto Cingolani, ministro della Transizione Ecologica e di Paolo Gentiloni, commissario europeo per l’Economia, intervenuto a distanza. Sono intervenuti, inoltre Catia Bastioli, amministratore delegato Novamont e Luca Ruini presidente Conai.Il 2020 – rileva lo studio – ha mostrato nuovi record di potenza elettrica rinnovabile installata nel mondo, pari all’83% della crescita dell’intero settore elettrico nell’anno. In Italia, nel 2020, il 37% dei consumi elettrici è stato soddisfatto da fonti rinnovabili, con una produzione di circa 116 TWh. Tuttavia, la potenza installata è ancora distante dai target di neutralità climatica previsti per il 2030. A fine 2020 risultano in esercizio in Italia circa 950mila impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, per una potenza complessiva di oltre 56 GW. Di questi impianti, quasi 936mila sono fotovoltaici, circa 5.700 eolici, mentre i restanti sono alimentati dalle altre fonti (idraulica, geotermica, bioenergie). Ma la strada da percorrere è ancora lunga. E i recenti aumenti delle bollette elettriche dovuti essenzialmente all’aumento del prezzo del gas – sottolinea lo studio – dimostrano quanto sia importante accelerare sulle rinnovabili anche per salvaguardare l’indipendenza e la competitività della nostra economia.Sono oltre 441 mila le aziende che nel quinquennio 2016-2020 hanno deciso di investire in tecnologie e prodotti green:il 31,9% delle imprese nell’industria e nei servizi ha investito, nonostante la crisi causata dalla pandemia, in tecnologie e prodotti green, valore che sale al 36,3% nella manifattura. Queste imprese hanno un dinamismo sui mercati esteri superiore al resto del sistema produttivo italiano, innovano di più e producono più posti di lavoro: con specifico riferimento alle imprese manifatturiere (5–499 addetti), nelle eco-investitrici la quota di esportatrici è pari al 31% nel 2021, contro un più ridotto 20% di quelle che non hanno investito. Anche sul fronte dei fatturati il 14% delle imprese investitrici attende un aumento di fatturato per il 2021, contro un 9% delle altre.”C’è un’Italia che può essere protagonista alla COP26 di Glasgow: fa della transizione verde un’opportunità per innovare – ha dichiarato Realacci – e rendersi più capace di affrontare il futuro e coinvolge già oggi da 1/3 delle nostre imprese. Nel Rapporto GreenItaly si coglie un’accelerazione verso un’economia più a misura d’uomo che punta sulla sostenibilità, sull’innovazione, sulle comunità e sui territori. Siamo una superpotenza europea dell’economia circolare e questo ci rende più competitivi e capaci di futuro. Possiamo dare forza a questa nostra economia e a questa idea di Italia grazie alle scelte coraggiose compiute dall’Unione Europea con il Next Generation UE e al PNRR. La burocrazia inutile ostacola il cambiamento necessario, ma possiamo farcela se mobilitiamo le migliori energie del Paese senza lasciare indietro nessuno, senza lasciare solo nessuno, come recita il Manifesto di Assisi, promosso dalla Fondazione Symbola e dal Sacro Convento”.”Il Covid non ha fermato gli investimenti green, perché sempre più imprenditori sono consapevoli dei vantaggi competitivi derivanti dalla transizione ecologica. Ma ancora oltre la metà delle imprese manifatturiere percepisce questo passaggio più un vincolo che una opportunità – ha sottolineato Prete –. Per dare ulteriore impulso alla transizione ecologica occorre intervenire: sulla carenza di competenze attraverso percorsi di formazione adeguati; sulla diffusione di una cultura d’impresa più sostenibile; sull’accesso al credito bancario per facilitare il reperimento di risorse destinate investimenti ambientali; sulle norme e sulla fiscalità, semplificando le procedure amministrative oltre a incentivi e agevolazioni; sulla creazione di mercati per la sostenibilità (Green Public Procurement, ecc.); sull’affiancamento da parte delle istituzioni alle imprese, sia nelle problematiche di carattere tecnico e tecnologico, sia di assistenza all’accesso a risorse e servizi”.”L’Italia è in linea con quello che sta succedendo nel mondo. Abbiamo vissuto un decennio che può essere definito il Decennio delle rinnovabili, diventate l’asse portante del paradigma energetico del futuro – ha affermato nel suo intervento Starace –. Ormai sono il cuore della generazione elettrica e lo saranno anche nel prossimo decennio che sarà il decennio della elettrificazione. La crescita della elettrificazione continua il doppio rispetto alla domanda mondiale un trend che sta diventando fondamentale perché economicamente e tecnologicamente conveniente. Tutto questo ha implicazioni positive per l’Italia. Unico vulnus negativo è la digitalizzazione su cui però abbiamo fatto un buon recupero”. L’ad di Enel ha, inoltre, posto l’accento sull’importanza delle politiche industriali, come avvenuto per l’economia circolare, Industria 4.0 e il Superbonus. “Quando le politiche industriali funzionano – ha detto Starace – si vedono i risultati. Un tema su cui l’Italia deve fare attenzione è la coscienza di sé. L’Italia ha solo da guadagnare da questa transizione. Con le risorse del Pnrr e gli investimenti avremo bisogno di 15mila tecnici addizionali che non abbiamo e che stiamo formando. Occorre mettere giù politiche che faciliti o lo sviluppo. Non bisogna avere paura di questa transizione perché comunque è qualcosa che succede e tanto vale trarne beneficio”. Commentando il raggiungimento del target di installazioni di rinnovabili al 2030 per il 70% del fabbisogno l’ad di Enel si è mostrato ottimista. “Tra il 2010 e il 2013 in tre anni sono stati messi 15mila megawatt di impianti solari da parte degli italiani che insieme hanno fatto 500mila impianti sorprendendo completamente tutti gli esperti di energia del settore. Penso – ha detto Starace – che anche questa volta ce la faremo”. Sotto il profilo dell’occupazione, secondo l’analisi contenuta nel rapporto, il 2020 si conferma un anno di consolidamento nonostante le gravi difficoltà generate dalla pandemia. I contratti relativi ai green jobs, con attivazione 2020, rappresentano il 35,7% dei nuovi contratti previsti nell’anno. Andando nello specifico delle figure ricercate dalle aziende per le professioni di green jobs, emerge una domanda per figure professionali più qualificate ed esperte in termini relativi rispetto alle altre figure, che si rispecchia in una domanda di green jobs predominante in aree aziendali ad alto valore aggiunto. A fine anno gli occupati che svolgono una professione di green job erano pari a 3.141,4 mila unità, di cui 1.060,9 mila unità al Nord-Ovest (33,8% del totale nazionale), 740,4 mila nel Nord-Est (23,6% del totale nazionale), 671,5 mila al Centro (21,4% del totale nazionale) e le restanti 668,6 mila unità nel Mezzogiorno (21,3% del totale nazionale). La pandemia ha avuto un effetto asimmetrico sui diversi settori e comparti dell’economia: se molti hanno perso quote di reddito ed occupazione nel 2020, per altri c’è stata, invece, crescita o consolidamento. Il settore green rientra tra questi, avendo sostanzialmente confermato nel 2020 le performance del precedente anno sia in termini di investimenti (come visto in precedenza) sia di occupazione.L’Italia è, inoltre, leader nell’economia circolare con un riciclo sulla totalità dei rifiuti, urbani e speciali, del 79,4% (2018): un risultato ben superiore alla media europea (49%) e a quella degli altri grandi Paesi come Germania (69%), Francia (66%) e Regno Unito (57%) con un risparmio annuale pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 nelle emissioni (2018) grazie alla sostituzione di materia seconda nell’economia. Si conferma la leadership del nostro Paese nella riduzione di materie prime per unità di prodotto (- 44,1% di materia per unità di prodotto tra 2008 e 2019). Tuttavia, per alcuni settori, acciaio e alluminio, i rifiuti prodotti non sono sufficienti a sostenere la produzione, pertanto il nostro Paese deve ancora far affidamento sull’importazione di materia seconda dall’estero. A sottolineare il potenziale dell’Italia nella valorizzazione di materia a fine vita, anche il quarto posto al mondo come produttore di biogas – da frazione organica, fanghi di depurazione e settore agricolo – dopo Germania, Cina e Stati Uniti.La sostenibilità è, in sostanza, oramai presente nelle strategie industriali di tutti i settori dell’economia italiana, con l’economia circolare che avanza all’interno delle aziende del made in Italy. Nella filiera del legno arredo già oggi il 95% del legno viene riciclato per produrre pannelli per l’arredo, con un risparmio nel consumo di CO2 pari a quasi 2 milioni di tonnellate/anno. Anche il complesso mondo dell’edilizia si muove in questa direzione, favorita dagli incentivi statali per l’efficientamento degli edifici. Un percorso che sta avendo effetti benefici anche sull’occupazione del settore cresciuta di oltre 132mila unità fra il 2019 e il 2021, di cui oltre 90mila a tempo indeterminato. Nelle strategie del settore tessile e moda, le soluzioni su cui ci si sta focalizzando sono legate anche all’eliminazione di sostanze tossiche e/o inquinanti dai tessuti, l’Italia è il primo paese al mondo nell’utilizzo della certificazione detox promossa da Greenpeace e all’impiego di materiali di origine naturale o rigenerati da tessuti pre e post consumo.La meccanica italiana, grazie alla digitalizzazione supporta da tempo l’efficientamento delle filiere produttive e la riduzione degli impatti ambientali. L’industria 4.0 accompagna la transizione digitale green, ripensando i processi di progettazione e produzione dei prodotti e componenti meccanici, e studiando le migliori soluzioni per allungare il ciclo di vita degli impianti. Il comparto dell’automotive italiano è storicamente uno dei più avanzati per le emissioni. Ma è nella produzione di veicoli elettrici e nella filiera produttiva che si gioca la partita della riorganizzazione di uno dei sistemi automotive più importanti del mondo, con un fatturato di oltre 106 miliardi, pari al 6,2% del PIL. In Italia, la produzione di auto elettriche e ibride, che nel 2019 rappresentava solo lo 0,1%, nel 2020 è salita al 17,2%, mentre nel primo trimestre 2021 è arrivata al 39,5%. Circa un’azienda su tre si è posizionata nel mercato dei veicoli elettrificati sviluppandone la componentistica. Un ruolo importante in questa riorganizzazione possono svolgere politiche di sostegno alla filiera come già avvenuto in altri Paesi e i territori, dove le competenze manifatturiere dovranno sempre più integrarsi con la ricerca e il design e creare sinergie per fare massa critica, nel segno dell’innovazione e dell’efficienza, trasformandosi da centri di produzione in poli di innovazione per l’auto elettricaIl nostro settore agricolo, dove – secondo il rapporto – molto è possibile fare, con un taglio del 32% sull’uso dei prodotti fitosanitari tra il 2011 e il 2019 e una quota di emissioni per unità di prodotto nettamente inferiore a quella delle principali economie europee si conferma il più green d’Europa. L’Italia ha il primato anche nel biologico, con il più alto numero di aziende impegnate, oltre 80mila, e una superficie coltivata a biologico aumentata del 79% negli ultimi dieci anni. Nella chimica verde poi il nostro Paese ha molto da dire. L’Italia è tra i leader mondiali della chimica bio-based attiva nella produzione di una vasta gamma di prodotti biodegradabili e compostabili sempre più utilizzati in filiere che vanno dall’agricoltura alla cosmesi, prodotti che integrano sempre più nei processi produttivi materie prime seconde derivate da rifiuti e sottoprodotti. LEGGI TUTTO

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    Transizione ecologica, Ipsos: “Per l'86% degli italiani costituisce un'opportunità”

    (Teleborsa) – La transizione ecologica non è vista dagli italiani solo come una difesa contro i danni ambientali e climatici, ma è considerata dall’86% degli intervistati come un’opportunità in quanto riduce i rischi climatici e ambientali e consente di sviluppare investimenti, innovazione e nuova occupazione. Per il 75% degli italiani, si tratta di un cambiamento necessario e urgente dell’economia e della società per fermare la crisi climatica e il degrado dell’ambiente. Solo il 18% la ritiene un cambiamento necessario, ma non prioritario e il 6% una moda alimentata dai media. Questo lo scenario disegnato dall’indagine Ipsos “Percezione, costi e benefici della transazione ecologica” che indaga sul livello di consapevolezza degli italiani nei confronti della transizione ecologica pilastro del PNRR (Piano nazionale di ripresa la resilienza), e della green economy, realizzata per conto della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e Italian Exhibition Group-Ecomondo, in vista della decima edizione degli Stati Generali della Green economy, che si svolgono il 26 e 27 ottobre prossimo a Rimini nell’ambito di Ecomondo Key Energy.Sono chiari agli italiani – rileva l’indagine – anche i rischi che comporterebbe non attuare la transizione. L’85% dei cittadini ritiene infatti che, se il processo si arenasse, significherebbe versare “lacrime e sangue” per i costi elevati che si dovranno pagare per i danni rilevanti che già si vedono e che aumenteranno notevolmente nel corso degli anni. E ancora, per circa 8 italiani su 10 (79%) basterebbe solo ritardare l’attuazione della transizione ecologica, per dover fronteggiare l’aggravamento della crisi climatica, con eventi atmosferici estremi sempre più frequenti, risorse naturali sempre più scarse e un Pianeta sempre meno vivibile.”Con la pandemia, l’avvio della ripresa e il lancio del Green Deal europeo si registra un salto di qualità nella consapevolezza ecologica degli italiani – ha dichiarato il presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi –. Mentre a livello politico sono state numerose le cautele dichiarate sulla transizione ecologica , ‘troppo costosa’, ‘non prioritaria perché vi sono anche tante altre questioni’, questa indagine non lascia dubbi :la transizione ecologica è necessaria e conveniente e gode di un ampio sostegno dell’opinione degli italiani”.Entrando nello specifico delle misure indispensabili per attuare la transizione ecologica le più gettonate, ritenute cioè necessarie, – si legge nel rapporto – sono fermare il consumo di suolo (55%), ridurre lo spreco dell’acqua (54%), ridurre l’inquinamento di fiumi e mari (52%), la riduzione dei gas serra (50%), l’aumento del riciclo dei rifiuti (50%), la meno apprezzata è disincentivare l’uso dell’auto a favore del trasporto pubblico (38%). La ricerca Ipsos ha anche sondato le opinioni degli italiani sulla green economy. Per la maggioranza, il 65%, è un modello di sviluppo economico basato sul miglioramento del benessere umano e dell’equità sociale, riducendo al tempo stesso i rischi ambientali e climatici e derivanti dalla scarsità. Il modello di sviluppo green per il 67% degli italiani riguarda l’economia e le imprese, per il 55% la vita quotidiana dei cittadini, e per il 32% solo lo stato e la politica.Il sondaggio Ipsos viene realizzato nel momento in cui gli Stati Generali della Green Economy – che si terranno alla Fiera Ecomondo di Rimini il 26 e 27 ottobre e che raggruppano il mondo dell’economia che si muove verso la transizione ecologica – compiono 10 anni. Allo stesso tempo, mancano 10 anni al 2030, anno in cui dovrebbero essere raggiunti gli SDGs delle nazioni Unite. L’indagine Ipsos ha riguardato un campione cittadini italiani fra i 18 e 75 anni, distribuito per quote relative a genere, età, area geografica, dimensione del comune di residenza, condizione lavorativa, livello di istruzione. LEGGI TUTTO

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    doValue, MSCI incrementa rating ESG a livello AA

    (Teleborsa) – Il fornitore di servizi finanziari MSCI ha incrementato il rating ESG di doValue, società quotata sull’MTA di Borsa Italiana e attiva nella gestione e nel recupero di crediti deteriorati, dal livello “A” al livello “AA”. L’upgrade “è un esempio tangibile dell’impegno di doValue nell’adottare le migliori pratiche nell’interesse dei suoi stakeholder, in particolare i clienti, i capital provider (azionisti e obbligazionisti), i dipendenti, ed il più ampio ecosistema sociale e ambientale in cui la società opera”, sottolinea la stessa doValue in una nota.MSCI ESG Ratings misura la resilienza di un’azienda rispetto ai rischi ambientali, sociali e di governance (ESG) su un orizzonte di lungo termine. I rating vanno da leader (AAA, AA), medio (A, BBB, BB) a ritardatario (B, CCC). Il framework ESG di doValue è stato valutato da MSCI ESG Ratings dal 2018, e il rating della società è costantemente migliorato da BBB nel 2018, ad A nel 2020 e ad AA oggi. LEGGI TUTTO