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    Salvatore Ferragamo, Standard Ethics alza rating di sostenibilità

    (Teleborsa) – Standard Ethics ha innalzato il Corporate Standard Ethics Rating (SER) di Salvatore Ferragamo a “E+” dal precedente “E” con Outlook “Positivo”. Si tratta del quarto notch su nove (nella fascia “Low”) della scala usata dall’agenzia di rating indipendente con sede a Londra e focalizzata sulla sostenibilità.In accordo alla metodologia di Standard Ethics, gli analisti riscontrano un progressivo allineamento alle indicazioni internazionali sulla Sostenibilità con particolare riguardo anche alla governance della Sostenibilità, alla composizione quali-quantitativa dell’organo apicale e alle policy ESG che coprono i temi più rilevanti.Residuano, nondimeno, margini per allineare ulteriormente l’impegno volontario della società alle raccomandazioni sovranazionali: un esempio su tutti è il Codice Etico, il quale potrebbe approfondire alcuni temi e dotarsi di richiami formali ai principi ONU, OCSE e UE. Infine, tenendo conto del sistema di voto maggiorato adottato dalla società, un ulteriore innalzamento della quota di indipendenza nel consiglio di amministrazione sarebbe benvenuto. LEGGI TUTTO

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    Esprinet, IR Manager Giulia Perfetti nominata anche Sustainability Manager

    (Teleborsa) – Esprinet, gruppo quotato su Euronext STAR Milan e attivo nella distribuzione di IT, Consumer Electronics e Advanced Solutions, ha affidato il ruolo di Sustainability Manager a Giulia Perfetti, già Investor Relations Manager. Perfetti amplierà l’attuale ruolo all’ambito ESG per affiancare alla comunicazione strategica della performance finanziaria il crescente bisogno degli investitori di informazioni concrete sugli aspetti di sostenibilità. Inoltre, sarà attivamente impegnata nella pianificazione della sostenibilità, aiutando ad orientare le decisioni strategiche del management.Classe 1974, dopo aver conseguito la laurea in Economia presso l’Università Bocconi di Milano, Perfetti ha iniziato la sua carriera in Esprinet nel 2000. Dopo aver ricoperto numerosi ruoli nel marketing fino ad assumere il ruolo di direttore della divisione dei prodotti a volume, nel 2020 viene nominata Investor Relations Manager a diretto riporto dell’amministratore delegato.”Certa che il mondo finanziario con cui dialogo ogni giorno possa avere un impatto globale significativo, grazie all’opportunità di ricoprire questo nuovo ruolo lavorerò con grande entusiasmo per amplificare ulteriormente i programmi di sostenibilità del gruppo”, ha commentato Perfetti. LEGGI TUTTO

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    Civitanavi Systems approva il primo Bilancio di Sostenibilità

    (Teleborsa) – Il consiglio di amministrazione di Civitanavi Systems, gruppo quotato su Euronext Milan e attivo nel campo dei sistemi di navigazione e stabilizzazione inerziali, ha approvato il Bilancio di Sostenibilità 2022, il primo documento di reporting in materia ESG della società, il quale è stato redatto a titolo volontario e non è stato sottoposto a revisione limitata da parte di una società di revisione indipendente.”Con la pubblicazione del nostro primo Bilancio di Sostenibilità abbiamo messo per iscritto gli obiettivi e l’impegno in ambito ambientale, sociale e di governance di Civitanavi Systems – ha commentato l’AD Andrea Pizzarulli – Tra i principi cardine che guidano la nostra attività la trasparenza, l’integrità e il rispetto verso tutti i propri stakeholders. Abbiamo un legame speciale con le nostre persone ed è a loro che desideriamo garantire benessere attraverso una formazione continua, supporto alla salute e sicurezza nel lavoro, perché grazie a questi fattori assicuriamo il successo di Civitanavi e gli alti standard qualitativi e innovativi dei nostri prodotti”.”Per ridurre il nostro impatto ambientale stiamo implementando un percorso di transizione che prevede l’approvvigionamento di energia elettrica da fonti rinnovabili e l’installazione di pannelli fotovoltaici nei nostri stabilimenti – ha aggiunto – L’alto contenuto tecnologico dei nostri prodotti richiede costante impegno e ricerca, al centro della nostra strategia di crescita un approccio responsabile e orientato alla creazione di valore per tutti gli stakeholder della nostra azienda secondo i principi ESG”.Tra le altre cose, Civitanavi Systems si sta sforzando per creare un ambiente dinamico e che favorisca pari opportunità, diversità e inclusione per tutti i propri dipendenti: a fine 2022, il 36% dei ruoli manageriali è ricoperto da donne e il 37,2% dell’organico è composto da persone al di sotto dei 30 anni. La società è amministrata da un consiglio di amministrazione composto per il 28,57% da donne. LEGGI TUTTO

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    Rating ESG, UE vuole più trasparenza e fiducia. Ma valutazioni restano al mercato

    (Teleborsa) – La domanda di rating ESG (Environmental, Social and Governance) è in continua crescita, guidata dalla natura mutevole dei rischi per le aziende, dalla crescente consapevolezza degli investitori delle implicazioni finanziarie di tali rischi e dalla crescita dei prodotti di investimento che mirano esplicitamente a soddisfare o raggiungere determinati standard di sostenibilità. Inoltre, stanno cambiando anche le strategie applicate dagli investitori, che sempre più passano dallo screening negativo (esclusione di certi asset) all’integrazione degli aspetti ESG nelle loro strategie.Tuttavia, il mercato del rating ESG “manca attualmente di trasparenza”, ha affermato nei giorni scorsi la Commissione europea, proponendo un regolamento che migliori l’affidabilità e la trasparenza delle attività degli operatori. L’esecutivo UE si è posto due obiettivi specifici per aumentare l’integrità delle operazioni delle agenzie di rating ESG: maggiore chiarezza sulle caratteristiche dei rating ESG (cosa significano e quali obiettivi perseguono), le metodologie e le fonti di dati o le stime utilizzate per ottenere i rating; maggiore chiarezza sulle operazioni dei fornitori di rating ESG, nonché garantire la prevenzione e la mitigazione dei rischi di conflitti di interesse.L’intervento della Commissione UE era atteso dagli operatori del mercato, visto il boom degli ultimi anni, e le intenzioni sono giudicate positivamente. “Ce l’aspettavamo e siamo molto soddisfatti perché tratta temi che – anche a livello di letteratura scientifica – pochi trattavano, come quello dell’indipendenza e del tipo di clienti, mentre tanto era stato scritto sul fatto che gli scoring fossero diversi tra loro, che è una ovvietà”, dice a Teleborsa Jacopo Schettini Gherardini, CEO e Direttore Ufficio Ricerca di Standard Ethics. “La Commissione ha fatto un passo avanti, sottolineando che i fornitori di rating ESG sono tanti e diversi – anche in base alla clientela e alla metodologia – ma affermando che va evitata la consulenza, vanno chiarite indipendenza e metodologia, e creato un albo”, aggiunge.Nel corposo documento che accompagna le proposte normative, l’istituzione UE offre anche una lettura approfondita del settore, sottolineando che i rating ESG non costituiscono un gruppo omogeneo, ma differiscono per cosa valutano (ESG aggregato, solo singole E, S o G, o anche indicatori specifici all’interno di ogni lettera), da quale prospettiva valutano (solo rischi per l’azienda, double materiality, solo impatti, rispetto dei principi internazionali ), e come effettuano una valutazione (migliore della classe o in termini assoluti, valutazione quantitativa o qualitativa). Inoltre, i fornitori di rating ESG hanno anche diversi modelli di business (grandi fornitori a scopo di lucro come MSCI e S&P, fornitori boutique come Carbon4Finance o fornitori senza scopo di lucro come CDP) e modelli di reddito (user-pay (investors) model, company-pay model, modello misto o finanziamento pubblico).In generale, secondo la Commissione, si possono suddividere i rating ESG in 4 categorie, a seconda del loro scopo: valutazione del rischio (prospettiva finanziaria, es. MSCI), valutazione degli impatti (es. Carbon4Finance), valutazione della conformità a principi e linee guida internazionali (es. Standard Ethics), valutazione dei rischi di sostenibilità della catena di fornitura (non utilizzata per finalità di investimento diretto, es. EcoVadis).Anche il processo di valutazione è diverso; da un lato ci sono fornitori che utilizzano valutazioni quantitative completamente automatizzate basate su KPI e dati senza il coinvolgimento dell’analista (molto spesso indicato come scoring); ma ci sono invece provider i cui processi di rating sono simili a quelli del processo di rating del credito, ovvero basati sull’analisi di informazioni sia quantitative che qualitative, con il coinvolgimento dei comitati analisti e rating.”Sono dell’idea che si debba lasciare libera ogni agenzia di adottare la metodologia più opportuna, rendendola appunto comprensibile e trasparente – dice a Teleborsa Giancarlo Giudici, professore di Corporate Finance presso la School of Management del Politecnico di Milano – Ogni analista esprime sensibilità diverse, che non sono sempre “contabilizzabili”; pensiamo ad esempio ai KPI in ambito sociale, che spesso sono qualitativi e non quantitativi e dipendono dal giudizio soggettivo di chi li osserva. La diversità nelle valutazioni è una ricchezza, ma dobbiamo dare gli strumenti al mercato per poter apprezzare le differenze fra le diverse valutazioni”.Su questo aspetto la Commissione è stata molto chiara: la proposta non intende armonizzare le metodologie utilizzate per la creazione dei rating ESG, ma aumentarne la trasparenza. I fornitori di rating ESG manterranno infatti “il pieno controllo” delle metodologie che utilizzano e continueranno a essere indipendenti nella loro scelta, per garantire che nel mercato dei rating ESG sia “disponibile una varietà di approcci”.Le agenzie di rating ESG che offrono servizi agli investitori e alle imprese dell’UE dovranno però essere autorizzate e controllate dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), così da garantire la qualità e l’affidabilità dei loro servizi a tutela degli investitori e dell’integrità del mercato. L’ESMA ha stimato che il numero di fornitori di rating ESG (che offrono rating a pagamento per gli abbonati o per gli emittenti) operanti nell’UE è di 59, composto da pochi grandi fornitori (principalmente non UE) e da un gran numero di entità più piccole (principalmente UE).In sostanza, l’UE non intende mettere bocca sulle specificità di ogni rating, ma creare condizioni migliori per il funzionamento del mercato. “Per garantire obiettività, indipendenza e qualità, in un contesto di libero mercato, è opportuno introdurre procedure e vincoli organizzativi – afferma Giudici – Basterebbe adottare gli stessi accorgimenti utilizzati nel mondo del rating sul rischio di insolvenza, ad esempio separando la funzione commerciale da quella degli analisti (cosiddetti chinese wall) e chiedendo che ci sia una struttura interna adeguata, con competenze ed esperienze documentate. Inoltre, ogni possibile conflitto di interesse dovrebbe essere evidenziato. Nel caso specifico dei rating ESG, dovrebbe essere obbligatorio fornire un syllabus che spiega i criteri adottati dagli analisti”.Molti di questi aspetti sono compresi nella proposta di regolamento della Commissione, che dovrà essere ora discussa con il Parlamento europeo e il Consiglio. Come si legge nel testo, i fornitori di rating ESG devono rendere pubblici sul loro sito web le metodologie, i modelli e le principali ipotesi di rating che utilizzano nelle loro attività; devono utilizzare metodologie di rating rigorose, sistematiche, obiettive e suscettibili di convalida e applicarle in modo continuativo; non devono fornire alcune attività: attività di consulenza a investitori o imprese; emissione e vendita di rating del credito; sviluppo di parametri di riferimento; attività di investimento; attività di audit; attività bancarie, assicurative o riassicurative.Quest’ultimo aspetto è molto importante, secondo Schettini Gherardini: “Il lavoro di un’agenzia di rating non dovrebbe avere aspetti consulenziali, in cui cioè rilascia un giudizio a un investitore sulla base di parametri che lui fornisce, ma dovrebbe avere come cliente l’emittente e dovrebbe avere un regolamento interno immodificabile, in modo che tutti i clienti sappiano che verranno giudicati secondo lo stesso criterio e non secondo le mode e le tendenze degli investitori”.La proposta della Commissione prevede anche una serie di misure specifiche per i fornitori di rating ESG più piccoli per garantire che le norme siano proporzionate. Tali misure dovrebbero includere la possibilità per l’ESMA di esentare i fornitori di rating ESG più piccoli da una serie di requisiti organizzativi qualora soddisfino determinati criteri.”Alla fine sarà il mercato a decidere quali approcci analitici sono più adatti alle esigenze degli investitori – commenta a Teleborsa Dierk Brandenburg, Head of ESG and credit research presso Scope Ratings – Pertanto, è molto importante che il regolamento consenta un’introduzione graduale più lunga dei regolamenti per i fornitori di medie dimensioni per garantire una concorrenza sufficiente nel mercato dei rating ESG”.Secondo l’esperto, l’iniziativa dell’UE per regolamentare i fornitori di rating ESG contribuisce in qualche modo a ripristinare la fiducia nella parte del sistema che ha l’impatto più visibile sull’allocazione del capitale. Tuttavia, come con le normative esistenti in materia di rating del credito, l’UE può solo imporre il processo e la trasparenza corretti, che non risolvono le sfide analitiche poste dalle valutazioni ESG, compreso il rischio climatico.”In primo luogo, ci aspetteremmo che l’attenzione si concentri su risorse adeguate per i fornitori ESG – afferma Brandenburg – Poiché seguono principalmente un modello investor-pay, i potenziali conflitti di interesse derivano più probabilmente dall’allocazione di risorse interne all’interno di gruppi finanziari più grandi o da servizi di consulenza accessori. In secondo luogo, data la natura intrinsecamente soggettiva delle valutazioni ESG non finanziarie e il quadro informativo ancora frammentario, è discutibile se l’obiettività sia realizzabile o addirittura desiderabile”.(Foto: kotexvector | 123RF) LEGGI TUTTO

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    Pirelli, Standard Ethics abbassa rating dopo Golden Power

    (Teleborsa) – Standard Ethics ha abbassato il Corporate Standard Ethics Rating (SER) di Pirelli, produttore italiano di pneumatici che fa parte del FTSE MIB, a “E” dal precedente “E+”. Si tratta del terzo notch su nove (pari a un giudizio “Very Low”) della scala usata dall’agenzia di rating indipendente con sede a Londra e focalizzata sulla sostenibilità.In una nota, vengono ricordate le previsioni di debolezza espresse dagli analisti di Standard Ethics il 25 settembre del 2019 circa i vincoli e la natura del Patto di sindacato sulla governance di Pirelli che vede tra i firmatari China National Tire and Rubber Corporation, e viene sottolineato che “la società, un’eccellenza in fatto di Sostenibilità ambientale, in questi anni non ha – evidentemente – attivato sufficienti presidi di governance per tutelarsi dal rischio di una azione del Governo Italiano attraverso il cosiddetto “Golden Power”, tenuto conto della nuova composizione quali-quantitativa del CdA di Pirelli e delle nuove condizioni del Patto, e tenuto conto che l’azione governativa appare eccessivamente circoscritta e a modesto impatto protettivo, Standard Ethics ritiene necessario ridurre ulteriormente la propria valutazione”.Pirelli rappresenta “un primario asset europeo strategicamente ancorato ai principi di Sostenibilità”, i quali includono non solo aspetti ambientali, ma anche l’uso della tecnologia e delle risorse industriali nel perimetro di ciò che è consentito dalle indicazioni UE, OCSE e ONU in riferimento ai principi liberali di equa concorrenza, alla protezione degli azionisti di minoranza ed ai principi democratici sui diritti individuali. LEGGI TUTTO

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    Mobilità sostenibile, BPER e Wecity: al via la nuova edizione di “Piantiamola di inquinare!”

    (Teleborsa) – Anche per il 2023 BPER Banca, grazie al supporto della piattaforma per la mobilità sostenibile Wecity, ha avviato il progetto “Piantiamola di inquinare!”, iniziativa che mira a promuovere la mobilità sostenibile tra i dipendenti dell’azienda che si recheranno in ufficio in bicicletta, a piedi o in monopattino, contribuendo così a ridurre l’inquinamento atmosferico. Gli spostamenti verranno monitorati tramite l’app di Wecity che calcolerà l’ammontare di CO2 risparmiata per ogni spostamento (circa 1 kg ogni 7 chilometri percorsi), con l’obiettivo di creare una classifica dei dipendenti più virtuosi. Avrà la durata di 3 mesi, da giugno fino a settembre. L’obiettivo è quello di confermare o migliorare il risultato dell’anno precedente, in cui sono state evitate 12 tonnellate di CO2. I vincitori della competizione saranno annunciati a settembre e riceveranno i premi messi a disposizione dall’azienda. Il progetto “Piantiamola di inquinare!” – inserito all’interno dell’offerta di iniziative e servizi di mobilità sostenibile che coinvolgono i colleghi – rappresenta per BPER Banca un impegno concreto verso la sostenibilità e la lotta al cambiamento climatico.”Questo progetto – dichiara Giuseppe Corni, chief human resource officer di BPER Banca – è diventato per noi un appuntamento. Anche l’anno scorso è stata registrata un’ampia e sentita partecipazione all’iniziativa. Abbiamo contribuito a migliorare la qualità di vita delle persone e dato un premio per la virtuosità. Siamo sicuri che anche quest’anno parteciperanno numerosi colleghi, molti hanno già confermato di iscriversi o reiscriversi. Questa idea rientra in un vasto programma di attività di sostenibilità del nostro Istituto che coinvolgono direttamente i lavoratori, sempre particolarmente sensibili alle tematiche ecologiche e attivi nelle iniziative aziendali”.”La collaborazione con BPER – afferma Paolo Ferri, ceo di Wecity – dimostra che al di là degli annunci e delle iniziative isolate è davvero possibile investire in maniera continuativa in progetti di sostenibilità di lungo periodo all’interno delle aziende. Il tasso di coinvolgimento dei dipendenti negli ultimi due anni ha evidenziato un forte interesse verso le tematiche green e di salvaguardia dell’ambiente che andava probabilmente solo stimolato per innescare quel cambio comportamentale che ci auguriamo possa diventare consuetudine nel breve periodo. Questo terzo anno di incentivi è sicuramente per noi e per BPER un grande motivo di soddisfazione”. LEGGI TUTTO

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    ASPI ospita il BIF Event SDG18 Zero Corruption: un contributo italiano al tema

    (Teleborsa) – Dopo l’adesione al Manifesto Zerø Corruption, promosso dal Comitato Anticorruzione del Business dell’OCSE e presentato per la prima volta in Italia nel corso del BIF National Event dello scorso novembre, il Business Integrity Forum di Transparency International Italia ha proposto oggi, presso la sede Tecne SPA, società di ingegneria del Gruppo Autostrade per l’Italia, un evento dedicato a delineare il percorso verso un nuovo Sustainable Development Goal (SDG) anticorruzione per l’Agenda UN 2030.Il BIF Event SDG18 Zerø Corruption, ha proposto una panoramica sull’impatto degli Obiettivi di Sostenibilità nei diversi ambiti della società civile, offrendo uno spazio per parlare di come condurre l lotta alla corruzione nel mondo e di quali siano i meccanismi di interlocuzione con le Nazioni Unite e di revisione degli SDGs per l’Agenda UN 2030. L’iniziativa – spiega Aspi in una nota – segue quel percorso scaturito dal Comitato Anticorruzione del Business dell’OCSE – presieduto da Nicola Allocca, direttore Risk, Compliance and Quality di Autostrade per l’Italia – e lanciato a Parigi sul finire del 2022, muovendo dalla consapevolezza che la corruzione sottrae ogni anno ingenti risorse altrimenti destinabili a servizi sociali, educazione, cultura, supporto economico, sociale, politico, in tutti i Paesi del Mondo.Il BIF Event di Transparency International Italia intende percorrere una prima ricognizione delle azioni da mettere in campo, grazie alle rilevazioni di qualificati stakeholder: il Board di Transparency International Secretariat, gli esponenti delle realtà economiche che danno vita al Business Integrity Forum, i rappresentanti della Pubblica amministrazione, del Terzo settore e dell’Università che daranno il proprio contributo in un confronto aperto, volto a identificare punti forza e criticità che potrebbero connotare il percorso verso un nuovo SDG18 anticorruzione per l’Agenda UN 2030.”Tendere a Zerø Corruption significa implementare azioni indirizzate verso una sempre più diffusa cultura dell’integrità, della trasparenza e della sostenibilità – ha dichiarato Iole Anna Savini, presidente di Transparency International Italia –. L’iniziativa di Transparency International Italia, insieme con il Comitato Anticorruzione del Business dell’OCSE, vuole essere un contributo all’apertura di un dibattito che possa rafforzare la sensibilizzazione all’integrità dei cittadini italiani e della comunità internazionale.””Come Aspi – ha detto la presidente di Autostrade per l’Italia Elisabetta Oliveri – sentiamo la responsabilità di contribuire al contrasto alla corruzione, guidati dall’idea di un business responsabile. In quest’ottica, proseguiamo con impegno il percorso di trasformazione intrapreso, puntando all’assoluta efficienza, sicurezza e trasparenza. Il programma ‘Next to Legality’ è parte integrante di tutti i processi del Gruppo: partiamo dal presupposto che la trasparenza e l’integrità siano elementi ineludibili per un’azienda davvero efficiente. Solo con questo approccio è possibile realizzare il nostro impegnativo piano industriale, affrontando la grande sfida della mobilità sostenibile”. LEGGI TUTTO

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    Economia circolare, al 2040 soddisfatto fino al 32% fabbisogno annuo materie prime strategiche dell’Italia

    (Teleborsa) – “Le materie prime critiche sono centrali per l’industria europea e rientrano in tecnologie chiave per la politica energetica e digitale, in un contesto in cui l’Europa e l’Italia sono fortemente dipendenti da Paesi terzi. In Italia, in particolare, il fabbisogno di materie prime critiche strategiche è previsto crescere fino a 11 volte rispetto ad oggi, rendendo necessarie soluzioni di policy volte a garantire un approvvigionamento sicuro e resiliente”. È quanto ha dichiarato Valerio De Molli, managing partner & ceo di The European House – Ambrosetti in occasione della presentazione – avvenuta oggi a Roma, presso l’Ara Pacis, del Position Paper “Materie prime critiche e produzioni industriali italiane. Le opportunità derivanti dall’economia circolare” – realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Iren. L’evento di presentazione, moderato dalla giornalista Laura Tecce, ha visto la partecipazione Adolfo Urso (ministro delle Imprese e del Made in Italy), Valerio De Molli (managing partner & ceo, The European House – Ambrosetti), Luca Dal Fabbro (presidente, Iren), Fiorenzo Fumanti (Ispra) e Danilo Bonato (direttore generale, Erion). “I risultati della ricerca – afferma Dal Fabbro – dimostrano come l’incremento della dotazione impiantistica in termini di recupero e riciclo delle materie prime critiche sia l’azione più urgente da intraprendere a beneficio della sicurezza del sistema economico italiano. Al 2040 l’economia circolare potrà soddisfare fino al 32% del fabbisogno annuo di materie prime strategiche in Italia. Iren eserciterà un ruolo da protagonista in questo ambito, forte di un piano industriale che prevede al 2030 10,5 miliardi di Euro di investimenti con l’obiettivo di diventare il player di riferimento per l’economia circolare nel Paese”. Durante la Tavola Rotonda sono stati condivisi i principali risultati dello Studio, con l’obiettivo di qualificare la centralità delle materie prime critiche per le produzioni industriali europee, mettendo in luce le potenziali criticità legate alla concentrazione delle forniture, e quantificare il fabbisogno attuale e prospettico per l’Italia identificando le opportunità derivanti dall’economia circolare.Nel 2023 la Commissione Europea ha identificato 34 materie prime critiche per l’industria Europea (20 in più rispetto alla rilevazione effettuata nel 2011). La Cina è oggi il principale fornitore europeo per il 56% delle materie prime critiche con implicazioni significative per i target energetici al 2030: se la Cina interrompesse la fornitura di terre rare all’Europa, da qui al 2030 sarebbero a rischio 241 GW di eolico (47% del totale) e 33,8 milioni di veicoli elettrici (66% del totale), rendendo impossibile il raggiungimento degli obiettivi legati alle linee guida europee.Il posizionamento della Cina sulle materie prime critiche non si basa solamente sulla produzione domestica, ma anche sulla capacità di raffinazione. La Cina, infatti, raffina oltre il 90% della produzione mondiale di terre rare, di manganese e di germanio. Non solo: tra il 2005 e il 2021 la Cina ha indirizzato oltre 80 miliardi di euro di investimenti diretti esteri verso il settore estrattivo e della raffinazione. Si tratta di un valore pari a 2,3 volte gli investimenti pubblici europei in rinnovabili osservati nello stesso periodo di riferimento. I primi 3 Paesi in cui la Cina ha diretto gli investimenti sono Australia (26,6 miliardi di Euro), Repubblica Democratica del Congo(13,7 miliardi di Euro) e Perù (11,8 miliardi di Euro). Gli effetti di questa strategia sono visibili su materie prime critiche quali cobalto e litio, per cui la Cina detiene il 3% e l’11% della capacità mineraria globale, ma con quota che raggiunge rispettivamente il 25% e il 24% includendo le società a controllo cinese.All’interno di questo mercato fortemente concentrato, il Critical Raw Materials Act, emanato a marzo 2023 dalla Commissione Europea stabilisce che, entro il 2030, estrazione, raffinazione e riciclo debbano soddisfare, rispettivamente, almeno il 10%, 40% e 15% del fabbisogno europeo di materie prime critiche, con l’obiettivo di rendere le filiere industriali più resilienti e meno dipendenti da Paesi terzi. Inoltre, al massimo il 65% delle materie prime critiche consumate potranno essere importate da un singolo Paese.Sempre nel 2023 la Commissione Europea ha introdotto anche il concetto di materie prime strategiche, ovvero le materie prime necessarie per produzioni industriali che ricadono in settori di utilizzo strategici identificati in: energie rinnovabili, mobilità elettrica, digitale, aerospazio e difesa. Le analisi di The European House – Ambrosetti, basate su oltre 50 documenti di policy europei degli ultimi 5 anni, consentono di identificare le tecnologie sottostanti ai settori strategici (fotovoltaico, eolico, batterie, data storage e server, prodotti di elettronica, droni e satelliti) e conseguentemente di identificare il fabbisogno italiano, attuale e prospettico, di materie prime strategiche.I risultati dell’analisi evidenziano come il fabbisogno odierno italiano di materie prime strategiche si attesti a circa 2.782 tonnellate nel 2020, con il rame che rappresenta il 44% del totale. Al 2040, inoltre, il fabbisogno è previsto crescere fino a 11 volte rispetto a tali volumi, nell’ipotesi di una specializzazione produttiva del Paese sugli ambiti dell’eolico e del fotovoltaico e di una espansione tecnologica coerente con i target energetici europei. In generale, alla luce del crescente fabbisogno di materie prime critiche strategiche, esistono dei vincoli da considerare per soddisfare tali fabbisogni. Infatti, da un lato, le materie prime critiche strategiche hanno pochi materiali sostituti, parte dei quali sono a loro volta critici e con soluzioni a minor maturità tecnologica che rendono difficile performance comparabili. Dall’altro lato, l’estrazione di materiali minerali metallici in Italia è oggi sostanzialmente nulla, con tempi autorizzativi per valorizzare un nuovo sito minerario che raggiungono in Europa 15/17 anni.In questo quadro, l’economia circolare rappresenta quindi una leva ad alto potenziale, anche alla luce dei volumi crescenti di tecnologie low-carbon che raggiungeranno il fine vita: lo stock di prodotti riciclabili da qui al 2040 è previsto crescere di 13 volte. In questo contesto, il riciclo potrà soddisfare nel 2040 dal 20% al 32% del fabbisogno italiano annuo di materie prime strategiche, con il target del 15% fissato dalla Commissione Europea che può essere raggiunto già nel 2030. Tuttavia, per raggiungere tassi di riciclo significativi e potenziare l’autonomia strategica italiana è necessario un incremento della dotazione impiantistica: The European House – Ambrosetti ha stimato che in Italia saranno necessari 7 impianti per valorizzare i prodotti che contengono materie prime critiche, per un investimento complessivo di circa 336 milioni di Euro.Diventa quindi fondamentale il ruolo delle multiutility come Iren, grazie al forte presidio territoriale, l’elevata capacità di investimento e la presenza radicata in tutta la filiera energetica e dei rifiuti. Iren attiva nei settori strategici dell’energia, dell’acqua, dell’ambiente e delle reti fornirà un contributo sostanziale al raggiungimento dei target richiesti dal Critical Raw Materials Act grazie alla gestione diretta di circa 60 impianti di trattamento dei rifiuti in Italia, fra i quali innovative linee di trattamento dei RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) per il recupero delle materie prime critiche contenute. Nel piano industriale Iren al 2030, che prevede circa 10,5 miliardi di investimenti, l’80% dei quali dedicati alla crescita sostenibile, è previsto un ulteriore sviluppo impiantistico, fra cui la realizzazione del primo impianto italiano dedicato esclusivamente al recupero dei materiali preziosi e materie prime critiche, la cui costruzione partirà entro il 2023 in Valdarno. LEGGI TUTTO