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    Ballottaggi, le grandi città al centrosinistra: nei sei capoluoghi vince il Pd

    (Teleborsa) – La tornata elettorale di giugno che ha visto coinvolti oltre 3.700 comuni con 105 Comuni al ballottaggio vede trionfare il polo progressista. Il centrosinistra ai ballottaggi conquista di tutti e 5 i capoluoghi di Regione in palio (6 considerando Cagliari vinto al primo turno): Bari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza. Mentre le buone notizie per la maggioranza di governo vengono da Lecce, dove torna Adriana Poli Bortone (che ha ricevuto la chiamata di complimenti di Matteo Salvini), Rovigo, Verbania e Caltanissetta, comuni che cambiano colore passando al centrodestra. Scarsa, tuttavia, l’affluenza che in questa fine settimana si è fermata al 47,71%; al primo turno è stata del 62,92%.Tante le donne elette. Sono 6 su 14 sono le prime cittadine che guideranno altrettante città nei capoluoghi in cui oggi si è andati al turno di ballottaggio: Sara Funaro a Firenze, Vittoria Fernandi a Perugia, Adriana Poli Bortone a Lecce, Maria Luisa Forte a Campobasso, Laura Nargi ad Avellino e Valeria Cittadin a Rovigo. Al primo turno avevano vinto Elena Carnevali a Bergamo e Ilaria Bugetti a Prato. Per la quasi totalità delle città al voto in questa tornata elettorale è la prima volta che avranno una sindaca donna. Solo Adriana Poli Bortone ha già guidato Lecce per due mandati e ora è al terzo.”Una vittoria storica per il Pd ed il campo progressista. Abbiamo vinto in tutti e 6 capoluoghi di Regione, strappandone tre alla destra e con tre nuove sindache. Da Firenze a Bari, da Campobasso a Perugia, da Potenza a Cagliari. È irrevocabile: le città hanno bocciato la destra che governa e mandato un messaggio chiaro a Giorgia Meloni. Basta tagli alla sanità, basta ai salari bassi e no all’autonomia differenziata”. ha affermato la segretaria del Pd Elly Schlein commentando i risultati dei ballottaggi. “Al di là dei risultati del secondo turno, di chi ha vinto e di chi ha perso, emerge un dato che deve far riflettere: il doppio turno non è salvifico e anzi incrementa l’astensione. Dal 62,83% del primo turno, si è scesi molto sotto il 50% e cioè al 47,71%. In qualche caso, si viene eletti con solo il 20% dei voti degli aventi diritto. A volte, viene addirittura eletto chi ha meno voti assoluti di quanti ne ha avuti l’avversario al primo turno. Inaccettabile – sottolinea il presidente del Senato Ignazio La Russa –. Occorre ripensare a una legge elettorale per le amministrative. Bisognerebbe pensare a una legge elettorale magari seguendo l’esempio del doppio turno siciliano o inserendo idonei correttivi per evitare storture come queste e incrementare la partecipazione”. LEGGI TUTTO

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    Rifugiati, richiamo di Mattarella: tutela è “obbligo internazionale e morale”

    (Teleborsa) – “La Repubblica Italiana garantisce la tutela” dei rifugiati “con un approccio multilaterale ispirato ai principi della responsabilità degli Stati e del rispetto della dignità della persona. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato sottolineando che “il nostro Paese resta impegnato nella promozione di strumenti innovativi, quali i corridoi umanitari e lavorativi.”Si tratta di un obbligo internazionale e di un dovere morale di solidarietà coerente con i principi della Costituzione”, ha aggiunto. “In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato desidero sottolineare la necessità per la Comunità internazionale di affrontare le cause profonde delle migrazioni forzate, realizzando così le condizioni affinché nessun individuo sia costretto a fuggire dal proprio paese per salvaguardare la propria vita e i propri diritti fondamentali” aggiunge Mattarella.”Tale sfida globale richiede l’attivo coinvolgimento della società civile, oltre che delle istituzioni e delle agenzie internazionali. Organizzazioni del terzo settore, enti religiosi, il settore privato e spesso anche singoli cittadini svolgono in favore dell’integrazione dei rifugiati un ruolo meritevole del più sincero apprezzamento”, ha concluso il Capo dello Stato. LEGGI TUTTO

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    Premierato, ok del Senato con 109 sì. Meloni: “Primo passo avanti, rafforza democrazia”

    (Teleborsa) – Via libera del Senato – con 109 si, 77 no 1 astenuto – al disegno di legge costituzionale sul premierato che passa ora al vaglio della Camera. “La riforma sul premierato passa in Senato. Un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle nostre Istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati” ha commentato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Un’approvazione tra le polemiche con diversi senatoriche al termine della votazione hanno sventolato la Costituzione e mostrato bandiere tricolore. “Con il voto di oggi in Senato, – ha detto la ministra per le Riforme, Elisabetta Casellati – abbiamo messo la prima pietra di una riforma storica che farà dell’Italia un Paese stabile, competitivo e credibile. Da qui non si torna indietro: il treno del premierato è partito e non si fermerà. Chi si oppone non vuole il bene dell’Italia, preferisce lasciare le cose come stanno e difendere un sistema che ci ha portati ad avere 68 governi in 76 anni. Tutti i partiti, di destra e di sinistra, da 40 anni hanno provato a risolvere il grande problema dell’instabilità. Noi andremo fino in fondo. Gli italiani sceglieranno non solo i loro rappresentanti in Parlamento ma anche il presidente del Consiglio. Una certezza che riporterà gli elettori alle urne. Il loro voto non finirà più nel cestino perché con il premierato, non ci saranno più giochi di palazzo, inciuci, ribaltoni e governi tecnici”. Il senatore a vita Mario Monti è stato il primo a prendere la parola per primo nell’Aula di Palazzo Madama dichiarando il suo voto contrario al provvedimento. Il suo no, precisa, “è per motivi che prescindono dall’abolizione della figura dei senatori a vita. Questo provvedimento non raggiungerà gli obiettivi che si propone e non determinerà il desiderato riavvicinamento dei cittadini alla politica. La riforma sembra non guardare al mondo che ci circonda dove, anche al di là dell’Atlantico, ci sono governi dove i presidenti sono eletti direttamente dal popolo e sono quelli che sono più in crisi. Non è una riforma fatta nell’interesse dei cittadini, ma della categoria dei politici. I cittadini, infatti, se il governo sarà meno stabile, saranno penalizzati”. E, con la prospettiva sempre più probabile di andare al referendum, l’opposizione promette battaglia. “Oggi al Senato è passato il premierato, la sedicente patriota sta portando avanti la sua riforma che spacca l’Italia. Stanno forzando anche alla Camera per portare avanti l’autonomia differenziata, una riforma che vuole aumentare le diseguaglianze. È importante essere qui come forze di opposizione, realtà politiche, sociali e associative, cittadini insieme per impedire di stravolgere la nostra costituzione. Li fermeremo insieme, li dobbiamo fermare” ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein arrivando alla manifestazione a Roma. Una riforma che incontra l’opposizione di oltre 180 costituzionalisti che hanno aderito all’appello, promosso da Articolo 21, contro il premierato. I sottoscrittori hanno deciso di mettersi al fianco di Liliana Segre, che il 14 maggio ha chiesto la parola per intervenire nel dibattito sulla riforma costituzionale che si stava svolgendo nell’Aula del Senato. “Tutti i timori esposti nell’accorato intervento della senatrice Segre sono fondati – si legge nell’appello –. La creazione di un sistema ibrido, né parlamentare né presidenziale, mai sperimentato nelle altre democrazie, introdurrebbe contraddizioni insanabili nella nostra Costituzione. Una minoranza anche limitata, attraverso un premio, potrebbe assumere il controllo di tutte le nostre istituzioni, senza più contrappesi e controlli. Il Parlamento correrebbe il pericolo di non rappresentare più il Paese e di diventare una mera struttura di servizio del governo, distruggendo così la separazione dei poteri – si legge ancora nel testo dell’appello –. Il presidente della Repubblica sarebbe ridotto ad un ruolo notarile e rischierebbe di perdere la funzione di arbitro e garante. Di fronte a tutto questo anche noi – come la senatrice – non possiamo e non vogliamo tacere. Facciamo appello a tutte le forze politiche affinché prevalga l’interesse generale, si ascoltino gli allarmi che autorevolmente sono stati lanciati e si prevengano i pericoli. Finché siamo in tempo”. LEGGI TUTTO

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    Europarlamento, Ursula von der Leyen in cerca di nuovi equilibri

    (Teleborsa) – Ursula von der Leyensi prepara ad bis della Commissione Europea, con uno scenario radicalmente mutato rispetto a cinque anni fa, quando ancora l’ondata dei sovranisti era stata solo avvistata, ma non aveva ancora sconvolto gli equilibri all’interno dell’emiciclo. E così inizia ora la fase più delicata: ricomporre quegli equilibri o trovarne altri per formare quella maggioranza che possa supportare la Presidente sino alla fine e garantire l’attuazione del suo programma.Il clamoroso arretramenti dei Verdi a questa tornata elettorale ha fatto già suonare l’allarme rispetto all’attuazione degli obiettivi green ed alle velleità ambientaliste della UE. Ma tutti gli argomenti chiave appaiono divisivi: dalla difesa alle politiche dell’immigrazione, per non parlare poi dei temi ambientali, percepiti come vincoli dalle destre europee.Le trattative in seno alla nuova composizione del Parlamento europeo partiranno da Socialisti e Liberali, che hanno già dato la loro disponibilità, a patto di non dover coesistere con Giorgia Meloni e la coalizione dei conservatori, cui si guardava con interesse sino a qualche giorno fa. Ma dell’ascesa della destra non potrà non tenersi conto, quella più moderata che fa capo alla Premier italiana, non certo quella oltranzista che fa capo a Le Pen. Se una decina di giorni fa von der Leyen strizzava l’occhio a Meloni, l’ipotesi di aprire all’ala dei Conservatori e Riformisti appare oggi quanto mai azzardata, perché farebbe perdere il supporto di Socialisti e Democratici (S&D) e di Renew, i cui voti sono indispensabii per far reggere la maggioranza. “Se il PPE negozia con i Conservatori e Riformisti noi non ci saremo”, ha subito avvertito il Partito socialista, ma anche Renew ha fatto sapere che non accetterà in coalizione Meloni, il PiS e Reconquete che rappresentano l’estrema destra. Ma quell’estrema destra ha anche chiaramente vinto le elezioni ed appare oggi troppo ingombrante per non tenerne conto nelle trattative.I giochi inizieranno il prossimo 17 giugno, in occasione della cena informale dei Ventisette, dove Donald Tusk e Kyriakos Mitsotakis per il PPE apriranno le trattative, partendo dai Socialisti diu cui si fanno portavoce Pedro Sanchez e Olaf Scholz. Ma Von der eyen ha già anticipato che, pur volendo partire “dalle grandi famiglie europee che hanno ben collaborato”, come il PSE, lascerà “le porte aperte” ad altri. Più probabile una apertura ai Verdi, che con una cinquantina di voti andrebbero a rafforzare quella maggioranza di 400 seggi che già sostiene Ursula von der Leyen e che garantirebbe una maggioranza più forte anche nell’ipotesi di franchi tiratori. Nel frattempo anche la destra sovranista si sta ricompattando con Salvini, Orban e Le Pen che stanno decidendo se riaccogliere l’ultradestra tedesca, uscita vincitrice dalle elezioni in Germania per riunire la grande famiglia di Identità e Democrazia con i Conservatori e Riformisti, con i quali si conta di creare un gruppo unico.(Foto: © European Union 2019 – Source : EP) LEGGI TUTTO

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    Borsa Mumbai, indice Sensex chiude in calo. Terzo mandato per Modi

    (Teleborsa) – In India, le elezioni confermano Narendra Modi come premier, al suo terzo mandato. Dopo il rally della vigilia che ha portato la Borsa di Mumbai sui massimi storici, gli indici chiudono la seduta in ribasso mentre il conteggio ancora in corso indica una vittoria meno schiacciante, per il primo ministro, di quanto avevano suggerito gli exit pollL’indice Bse Senex ha perso oltre 5 punti percentuali a 72.076 punti mentre l’Nse Nifty ha perso quasi il 6% a 21.884 punti. Il partito di Modi e gli alleati dell’Alleanza democratica sono in testa in almeno 294 dei 523 seggi per le elezioni al Parlamento indiano. Tuttavia, le opposizioni stanno registrando più consensi del previsto, con 231 seggi. Comunque il premier uscente porterà a casa un terzo mandato di cinque anni e il compito di formare il prossimo Governo. LEGGI TUTTO

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    Giustizia, riforma “soft” oggi in CdM

    (Teleborsa) – Una riforma più morbida rispetto a quanto prospettato all’inizio ma anche più decisa ad eliminare il rischio delle correnti interne alla magistratura con l’ipotesi del ‘sorteggio secco’ sull’elezione dei togati al Csm: il Governo trova la quadra sulla riforma della Giustizia e presenta al Quirinale un dossier, quello sull’annunciato provvedimento per la separazione delle carriere dei magistrati, che potrebbe essere quasi definitivo. Il disegno di legge costituzionale per la separazione delle carriere dei magistrati sarà esaminato in Consiglio dei ministri.Intanto esulta Antonio Tajani che dedica il disegno di legge a Silvio Berlusconi, che nella sua vita politica aveva sempre rincorso questo obiettivo: “Siamo finalmente in dirittura d’arrivo per la riforma. Ogni imputato avrà la possibilità di avere l’accusa e la difesa sullo stesso piano”, dice il vicepremier. Al Colle il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, sono stati in queste ore ricevuti da Sergio Mattarella dopo un incontro con Ugo Zampetti, segretario generale della Presidenza della Repubblica. Al capo dello Stato è stato illustrato lo schema della riforma costituzionale, anche per recepire eventuali pareri e rilievi del Presidente. Il ddl non prevede modifiche all’articolo 112 della Costituzione, ovvero quello che riguarda l’obbligatorietà dell’azione penale, ma resta il nodo sulla composizione del nuovo Consiglio superiore della magistratura, composto dai magistrati requirenti e quelli giudicanti, con carriere separate e ben distinte: resterà uno solo con due sezioni oppure ci saranno due distinti Csm (ipotesi più accreditata). Quel che sembra certo è che in entrambi i casi a presiedere resterà comunque il presidente della Repubblica.Le nuove regole annunciate però non piacciono all’Anm, il sindacato delle toghe, che ha confermato la sua contrarietà anche al recente congresso di Catania e dopo l’incontro a via Arenula con il Guardasigilli. LEGGI TUTTO

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    Dl Superbonus: Governo pone fiducia alla Camera

    (Teleborsa) – Il Governo ha posto la questione di fiducia alla Camera sull’approvazione del disegno di legge di conversione del decreto superbonus senza modifiche rispetto al testo approvato in prima lettura al Senato. L’annuncio è stata formalizzato in Aula dal ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca CirianiVoto che si terrà domani alle 17,45 con la prima chiama, al termine delle dichiarazioni di voto che inizieranno alle 16.15. I lavori proseguiranno eventualmente fino alle 24 con l’esame degli ordini del giorno. Giovedì mattina dalle 9.30 sono previste le dichiarazioni di voto finali e a seguire il voto finale sul provvedimento. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di MontecitorioIntanto, insorgono le opposizioni. “La chiamano fiducia ma deve leggersi sfiducia: la maggioranza non si fida più di sé stessa e scarica sulle istituzioni parlamentari le proprie fibrillazioni”. Lo ha affermato in Aula il deputato Pd, Federico Fornaro, componente dell’Ufficio di presidenza del gruppo di Montecitorio. “Questa volta – ha sottolineato l’esponente Dem – non c’è nessuna motivazione ascrivibile al comportamento delle opposizioni per la richiesta di fiducia: ci sono solo 28 emendamenti da votare. L’unica ragione – ha concluso – è la frattura nella maggioranza che teme voti divisivi. Ma questi sono problemi che andrebbero risolti altrove, in vertici di maggioranza e non scaricati sulle istituzioni”.Maggioranza che deve digerire i “Forza Italia è sempre stata in prima linea nella lotta contro l’evasione fiscale, ma fermamente contraria al cosiddetto redditometro. Non casualmente, non ha mai votato a favore della misura in passato. Coerentemente con l’opposizione fatta ai tempi della sua istituzione, quando era un partito dell’opposizione, oggi non ha condiviso la scelta di renderlo esecutivo”. Così in una nota Paolo Barelli, presidente dei deputati di Forza Italia. “Forza Italia è il partito della libertà dei cittadini ed è pertanto già impegnata a superare questo ‘redditometro’ con misure più efficienti – aggiunge – che garantiscano il recupero dell’evasione senza criminalizzare a priori chi, con i propri danari, dopo avere pagato le tasse fino all’ultimo centesimo, sceglie di acquistare beni che altri considerano troppo costosi o lussuosi”. LEGGI TUTTO

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    Riforma Giustizia, raggiunta intesa su separazione carriere

    (Teleborsa) – La Riforma della Giustizia fa importanti passi avanti con l’ipotesi di separazione delle carriere dei togati. Se ne è parlato nel corso di un incontro a Palazzo Chigi, dove erano presenti la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Guardasigilli Carlo Nordio, il vice ministro Paolo Sisto, il sottosegretario Mantovano ed i sottosegretari alla Giustizia Delmastro e Ostellari, i presidenti delle Commissioni di Camera e Senato Maschio e Bongiorno ed i responsabili alla giustizia dei partiti di maggioranza.A seguito dell’incontro è emerso che il Ministro Nordio presenterà un ddl costituzionale sulla separazione delle carriere prima delle elezioni europee. Nell’incontro si sarebbe stabilito anche di accelerare sulla proposta di eliminazione dell’abuso d’ufficio.A quanto si apprende c’è già l’accordo sulla separazione delle carriere dei magistrati e sull’istituzione di due CSM, ma si starebbero ancora valutando le modalità di elezione dei giudici, per stabilire se sarà a sorteggio ‘secco’ o ‘mediato’. Nel secondo caso, i magistrati candidabili al Csm che saranno sorteggiati verrebbero poi sottoposti a successiva selezione. Parrebbe invece esclusa l’ipotesi di nomina di metà dei componenti del CSM da parte del Governo.Fra le ipotesi formulate nel corso dell’incontro a Palazzo Chigi c’è anche l’istituzione di un’Alta Corte, che giudicherebbe sia i magistrati giudicanti che requirenti.(Foto: Per gentile concessione dell’ufficio stampa di Palazzo Chigi) LEGGI TUTTO