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    “Great Resignation” (anche) in politica: da Scozia a Nuova Zelanda, le Premier si dimettono

    (Teleborsa) – Nell’ultimo periodo si fa un gran parlare di quello che è stato ribattezzato Great Resignation, ossia quel fenomeno nato in scia alla pandemia e caratterizzato dal progressivo aumento del numero di dimissioni dei lavoratori dal proprio impiego. Alla base di questo esodo, un senso di insoddisfazione determinato dalle motivazioni più svariate. Una tendenza che sta contagiando anche la politica, in particolare le donne. Notizia di qualche ora fa, le dimissioni a sorpresa della premier scozzese Nicola Sturgeon. ”Ho preso la decisione di dimettermi per senso di dovere e per il grande amore che provo per il mio partito e per il mio Paese”, ha detto la leader del partito indipendentista Snp nel corso di una conferenza stampa alla Bute House a Edimburgo ricordando “con orgoglio” di essere stata la prima donna a rivestire l’incarico, oltre che “la più longeva leader della Scozia”. Sturgeon si è rivolta a ”chi è scioccato e forse anche arrabbiato con me”. Ma, ha aggiunto, ”ci sarà anche chi è felice della mia decisione. Questo è il bello della democrazia”. La Sturgeon è in carica dal 2014, quando subentrò allo storico leader indipendentista Alex Salmond dopo la sconfitta nel referendum sulla secessione della Scozia dal Regno Unito. E’ stato un “privilegio oltre misura”, ha affermato ancora specificando che rimarrà in carica fino a quando non verrà eletto un successore.Pochi giorni fa era stata la premier della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, ad annunciare le sue dimissioni, spiegando di non avere “più energia” per continuare a governare dopo cinque anni e mezzo di mandato e a nove mesi dalle elezioni legislative. “Sono umana – ha detto visibilmente commossa. “Noi diamo tutto quello che possiamo per tutto il tempo che possiamo e poi arriva il momento. E per me quel momento è arrivato”. Non ho semplicemente più le energie per ulteriori quattro anni”, ha aggiunto. Ardern, 42 anni, è stata eletta primo ministro in un governo di coalizione nel 2017, prima di guidare il partito laburista di centrosinistra verso una vittoria schiacciante nelle elezioni successive, tre anni dopo.Medesima sorte anche per la Premier moldava, Natalia Gavrilita, che ha annunciato le sue dimissioni dopo un anno e mezzo alla guida del governo. LEGGI TUTTO

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    Elezioni regionali, Lombardia e Lazio al centrodestra

    (Teleborsa) – I dati delle proiezioni per le regionali in Lombardia e Lazio consolidano quanto emerso dal quadro degli exit poll, con i candidati del centrodestra ampiamente in testa in entrambe le regioni. Il Presidente uscente e candidato del centrodestra Fontana si attesta su 54,4% delle preferenze, seguito da Pierfrancesco Majorino (centrosinistra-M5s) che raggiunge il 33,3%. Più lontana Letizia Moratti (Terzo polo) al 10,7%. Ultima Mara Ghidorzi (Unione popolare) all’1,6%.Nel Lazio, sempre secondo il Opinio Rai con una copertura questa volta al 18%, Francesco Rocca si attesterebbe al 52,2% (coalizione al 53,8%); Alessio d’Amato al 34% (coalizione al 33,7%), Donatella Bianchi al 12% (coalizione all’11,1%).”Complimenti a Francesco Rocca e Attilio Fontana per la netta vittoria di queste elezioni regionali, sicura che entrambi daranno il massimo per onorare il voto e il mandato ricevuto dai cittadini di Lazio e Lombardia. Un importante e significativo risultato che consolida la compattezza del centrodestra e rafforza il lavoro del Governo”: così sui social la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.Il candidato del centrosinistra alla Regione Lazio Alessio D’Amato ha telefonato al rivale e vincitore delle elezioni Francesco Rocca: “è stata una telefonata cordiale con la quale D’Amato ha riconosciuto il risultato, gli ha fatto i complimenti e ha promesso che la sua sarà una opposizione dura sulle questioni concrete”. È quanto si apprende dallo staff di D’Amato.”Vittoria. Grazie Lombardia. Grazie Lazio”, esulta sui social il leader della Lega, Matteo Salvini. Se gli exit-poll venissero confermati sarebbe “un successo del centrodestra, nel Lazio molto consistente ma anche in Lombardia. E’ un voto di fiducia al governo di centrodestra, quindi siamo soddisfatti”, ha affermato il vice premier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “Se confermato questo è un dato superiore anche rispetto alle elezioni politiche. Un apprezzamento che cresce”, ha detto il ministro, Francesco Lollobrigida, presente al comitato elettorale di Francesco Rocca a Roma. “La coalizione è unitissima”, ha aggiunto.Arrivano anche le parole di Enrico Letta. “In un quadro politico per noi particolarmente complicato e con il vento chiaramente contro – ha dichiarato il segretario Pd uscente – il Pd ottiene un risultato più che significativo, dimostra il suo sforzo coalizionale e respinge la sfida di M5S e Terzo Polo. Il tentativo ripetuto di sostituirci come forza principale dell’opposizione non è riuscito. L’Opa contro il Pd ha fatto male a chi l’ha tentata. Ci auguriamo che questo risultato dimostri finalmente a M5S e Terzo Polo che l’opposizione va fatta al governo e non al Pd. Il Pd rimane saldamente seconda forza politica e primo partito dell’opposizione” LEGGI TUTTO

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    Autonomia, ADOC: crea spaccature, allarga forbice Nord- Sud

    (Teleborsa) – Il disegno di legge sull’autonomia differenziata “evidenzia tutte le criticità del nostro Paese: crea nuove spaccature sociali, allarga la forbice delle disparità e allontana le regioni del Sud da quelle del Nord”. Lo afferma il presidente dell’Adoc, Anna Rea.”Siamo preoccupati per le derive che l’autonomia possa avere sulle persone che non potranno accedere in maniera ugualitaria ai livelli essenziali di prestazioni, soprattutto su temi fondamentali quali scuola, sanità, trasporti e assistenza – dice – con l’approvazione in Cdm del Ddl si corre il rischio di non assicurare a tutti gli stessi diritti, costituzionalmente garantiti. Da tempo come associazione dei consumatori, denunciamo disparità di trattamento tra Nord e Sud. Non vorremmo che questo ddl porti a ulteriori disuguaglianze tra le regioni e tra le persone. Ricordiamo che nel nostro Paese sono 5,6 milioni le persone che vivono in condizione di povertà assoluta, persone che sono impossibilitate ad acquistare beni e servizi essenziali per uno standard di vita accettabile. Di questi, il 44,1% risiede nel Sud e nelle isole”.”Auspichiamo – conclude – un più ampio coinvolgimento parlamentare del terzo settore per un confronto volto a garantire i diritti essenziali dei consumatori” LEGGI TUTTO

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    Terremoto Turchia-Siria, quasi 2000 morti. Erdogan: “Il più grande disastro dal 1939”

    (Teleborsa) – Continua, purtroppo, a crescere il drammatico bilancio del terremoto di magnitudo 7.8 che ha colpito la notte scorsa il sud della Turchia e il nord della Siria: il numero di morti nei due Paesi è di circa 1.800. Nella sola Turchia sarebbero almeno 1.014 le vittime, mentre in Siria 783. Secondo quanto riferisce l’istituto geologico danese le scosse del devastante terremoto si sono avvertite fino alla Groenlandia. “Il terremoto che ha colpito la Turchia la notte scorsa è stato il più grande disastro registrato nel Paese dal 1939”: lo ha detto oggi il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, come riporta il Guardian. Secondo i media, il leader turco si riferiva al terremoto di Erzincan, che provocò la morte di circa 33.000 persone 84 anni fa. Il terremoto di Izmit del 1999, di magnitudo 7.6, si ritiene che abbia ucciso più di 17.000 persone. “Stiamo affrontando il più grande terremoto che abbiamo visto in 24 anni in questa regione. Finora si sono verificate 100 scosse di assestamento. Circa 53 di loro sono più di 4 gradi (sulla scala Richter). Sette di loro sono più di 5 gradi. Possiamo dire che questi terremoti continueranno nei prossimi giorni”. Lo afferma il dottor Haluk Özener, direttore dell’osservatorio Kandilli e istituto di ricerca sui terremoti, come riporta la Bbc in lingua turca.Immagini drammatiche che rimbalzano su tv e social di tutto il mondo mentre Papa Francesco si è detto “profondamente addolorato per l’ingente perdita di vite” provocata dal terremoto nella zona del sud-est della Turchia, assicurando a tutti i colpiti “la sua vicinanza spirituale”. E oltre alla sua “vicinanza” e al suo “cordoglio”, esprime incoraggiamento al personale di soccorso. Analoghi sentimenti il Pontefice li manifesta anche per le vittime causata dal terremoto nella zona del Nord-Ovest della Siria. Lo si legge in due telegrammi inviati, a nome del Papa, dal cardinale Pietro Parolin ai nunzi apostolici in Turchia e in Siria, mons. Marek Solczynski e card. Mario Zenari.Intanto, sono oltre 30 le scosse di terremoto registrate finora in Turchia, inclusa la prima – la notte scorsa – di magnitudo 7.8 e quelle più recenti di magnitudo 7.5 e 6.0.”Abbiamo già pronte le risorse e squadre dedicate per la ricerca in contesti urbani drammatici come quelli che si sono verificati. Esprimo solidarietà e vicinanza al governo e al popolo turco. Noi italiani sappiamo bene cosa vuol dire vivere drammi di questo tipo quindi ci predisponiamo per il meglio per essere partecipi di ogni aiuto. Abbiamo già un modulo pronto dei vigili del fuoco, più altre risorse di natura tecnologica, siamo pronti a partire non appena ci sarà il consenso del paese aiutato. È questione di ore”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a Foggia, a margine del comitato per la sicurezza. LEGGI TUTTO

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    CdM, sul tavolo autonomia differenziata: opposizione critica

    (Teleborsa) – Arriva sul tavolo del Consiglio dei ministri convocato per oggi alle 16 il disegno di legge sull’Autonomia differenziata, presentato dal ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli. Sul testo, cui sono state apportate alcune modifiche rispetto alla bozza diramata lunedì sera ai Ministeri, dovrebbe arrivare un’approvazione preliminare, cui seguirà un ulteriore esame in un CdM successivo.Nel centrodestra soprattutto la Lega si prepara a festeggiare l’approvazione del testo, a venti giorni dalle Regionali in Lazio e Lombardia, una delle tre regioni che hanno già avviato il percorso per ottenere funzioni finora svolte dallo Stato.L’autonomia “migliorerà” il Paese e “conviene a tutti, i comuni del centro e del sud ci guadagnerebbero di più”, assicura Matteo Salvini. “Le Regioni avranno più risorse e più poteri con l’autonomia, per gestire i servizi essenziali per i cittadini, a partire naturalmente dalla sanità – è il commento di Silvio Berlusconi -. Ogni anno 200mila cittadini raggiungono la Lombardia da altre Regioni per interventi chirurgici. Quindi, dobbiamo garantire a tutti una sanità di assoluta qualità”. Dalle opposizioni invece arrivano critiche, soprattutto per la scelta discutere il ddl prima che ci siano i Lep, di affidare la loro definizione al presidente del Consiglio, nonché di non consentire al Parlamento di partecipare alla definizione delle intese. “L’articolo 8 conferma tutti i nostri sospetti – affonda il dem Francesco Boccia -: dall’applicazione del ddl ‘non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica’. È la riprova che non investono un centesimo per ridurre le diseguaglianze”.Secondo il ddl di 10 articoli, l’attribuzione delle funzioni può avvenire solo dopo la determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, i Lep definiti con Dpcm, entro un anno come previsto dall’ultima legge di bilancio. L’iter per l’intesa fra Regione (anche a statuto speciale) e Stato durerà almeno 5 mesi, inclusi i 60 giorni per l’esame delle Camere. Secondo la bozza di Calderoli si sarebbero dovute esprimere le commissioni, ma fra i “ritocchi” decisi nella riunione tecnica in preparazione del Consiglio dei ministri – pare anche su input di Giorgia Meloni – si dovrebbe optare per un atto di indirizzo votato in AulaLe intese durano fino a 10 anni: possono essere rinnovate o terminate prima, con un preavviso (di Stato o Regione) portato da 6 a 12 mesi, per evitare disallineamenti con l’anno scolastico, in riferimento alle materie relative all’istruzione. Sono previste poi misure perequative per evitare squilibri economici fra le Regioni che aderiscono all’autonomia differenziata e quelle che non lo fanno. È il rischio che vuole evitare la premier. “Non ci rassegniamo all’idea che ci siano territori e servizi di serie A e B”, aveva detto nei giorni scorsi Giorgia Meloni. LEGGI TUTTO

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    USA, nuove sanzioni contro rete pro Russia

    (Teleborsa) – L’Ufficio di controllo dei beni stranieri (OFAC) del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha imposto sanzioni nei confronti di 22 individui ed entità in più Paesi legati ad una rete di evasione delle sanzioni a sostegno del complesso militare- industriale della Russia. L’azione di oggi – si legge nel comunicato – fa parte della strategia Usa volta a limitare l’accesso della Russia alle entrate necessarie per portare avanti il brutale conflitto in Ucraina.In particolare, le sanzioni prendono di mira il leader della rete, il trafficante d’armi russo Igor Zimenkov, così come suo figlio e diversi membri della loro rete, per aver fornito alla Russia “dispositivi ad alta tecnologia”. Zimenkov e i suoi soci sono stati “coinvolti in molteplici accordi per la sicurezza informatica russa e la vendita di elicotteri” e mantengono stretti rapporti con l’esportatore di armi russo Rosoboronexport, secondo il Tesoro.Intanto, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha sottolineato la necessità di aumentare le sanzioni contro la Russia affermando che “lo Stato terrorista deve sentire il prezzo del terrore”. “Ho sottolineato la necessità di aumentare le sanzioni contro la Russia e il nostro team ha evidenziato che lo Stato terrorista deve sentire il prezzo del terrore e che la sua capacità di continuare l’aggressione dovrebbe essere limitata”, ha detto Zelensky in una conferenza stampa dopo l’incontro a Kiev con il presidente austriaco Alexander Van der Bellen.Zelensky ha continuato a fare pressioni sulle imprese austriache affinché “intensifichino” la loro cooperazione con l’Ucraina e aiutino a ricostruire e modernizzare i sistemi energetici del paese, esortando le imprese a lasciare la Russia e stabilirsi in Ucraina. LEGGI TUTTO

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    Brasile, Lula: “Atti terroristici, vandalici e golpisti”

    (Teleborsa) – Sono più di mille le persone arrestate nell’accampamento montato da oltre due mesi di fronte al quartier generale dell’esercito a Brasilia: lo rende noto GloboNews, precisando che gli arrestati sarebbero legati ai disordini scoppiati ieri.Secondo il portale, gli arresti sono stati eseguiti dalla polizia federale, in ottemperanza a quanto disposto ieri con decreto dal presidente della Repubblica, Luiz Inacio Lula da Silva. Gli arrestati sono stati portati al quartier generale della polizia federale con almeno 40 autobus. Di attacco “vandalo e fascista” contro le istituzioni democratiche, ha parlato il presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, visibilmente alterato, assicurando che i “terroristi” saranno “puniti in modo esemplare”. Almeno 46 le persone ferite, di cui sei gravi e due che sono stati sottoposti a intervenuti d’urgenza, in seguito ai disordini seguiti all’assalto.I titolari dei tre poteri dello Stato hanno divulgato una nota congiunta in cui affermano di “rifiutare” gli “atti terroristici” commessi dai bolsonaristi radicali a Brasilia e chiedono alla popolazione di “difendere la pace e la democrazia”. La nota è firmata dal presidente della Repubblica, Luiz Inácio Lula da Silva, dal presidente pro tempore del Senato, Veneziano Vital do Rêgo, dal presidente della Camera, Arthur Lira, e dalla presidente della Corte suprema, Rosa Weber. Parole di condanna sono arrivate anche dal predecessore Bolsonaro: “Le manifestazioni pacifiche, secondo la legge, fanno parte della democrazia. I saccheggi e le invasioni di edifici pubblici come quelli di oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sono illegali”, ha detto. Intanto, il presidente americano Joe Biden ha condannato quello che definisce “l’assalto alla democrazia e al trasferimento pacifico del potere in Brasile”, assicurando il pieno sostegno di Washington, il capo dello stato brasiliano è tornato a Brasilia, dove è andato a constatare il saccheggio del Palazzo presidenziale e della Corte suprema da parte dei sostenitori di Bolsonaro. Inacio Lula da Silva, in carica solo da una settimana, aveva detto in precedenza in un discorso dallo stato di San Paolo che il suo predecessore di estrema destra aveva “incoraggiato” i “vandali fascisti” a invadere i luoghi del potere nella capitale. LEGGI TUTTO

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    GB: infuria scandalo sulle consulenze d'oro

    (Teleborsa) – Tiene banco in Gran Bretagna, soprattutto in tempi di crisi economica, d’inflazione e di vertenze salariali che interessano da vicino milioni di persone, la polemica sulle consulenze e gli incassi lavorativi d’oro di esponenti politici tuttora in attività nel Parlamento di Westminster. A rivelare la classifica dei 20 deputati della Camera dei Comuni arricchitisi di più fra il 2019 e il 2022 – con entrate lecite secondo la normativa nazionale, ma comunque parallele all’appannaggio parlamentare e considerate da più parti inopportune in termini sia d’immagine sia di potenziali conflitti d’interesse – un’inchiesta realizzata di SkyNews e Tortoise Media.In testa, a dispetto dell’incerto carisma e delle modeste risorse oratorie, la ex premier conservatrice Theresa May la quale ha monetizzato il rango di ex capo di governo con conferenze, expertise e interventi pubblici vari fatturando in tre anni 2,55 milioni di sterline extra, oltre lo stipendio standard da deputata (più basso che in Italia) pari a 84.000 sterline annue. Subito dopo, con 2,2 milioni l’ex attorney general Geoffrey Cox, avvocato di fama nel Regno Unito. Al terzo posto, senza sorprese – data l’indiscussa capacità tribunizia e la popolarità di conferenziere apprezzata anche all’estero (Usa in primis) Boris Johnson: in grado di accumulare un milione tondo nei pochi mesi trascorsi fin dalle dimissioni da Downing Street e dalla fine delle restrizioni legali a suo carico dovute alle norme sull’incompatibilità col ruolo di primo ministro. In totale, 17 dei parlamentari top 20 quanto a entrate ‘secondarie’ appartengono alla maggioranza Tory, tradizionalmente più corteggiati da chi può pagare sia per l’orientamento ideologico sia poiché al potere. Non mancano però casi imbarazzanti per le opposizioni, con almeno due esponenti di rilievo del Labour di Keir Starmer in lista: il ministro degli Esteri ombra, David Lammy, compensato con 200.000 sterline per conferenze svolte qua e là; e (a quota 162.000) la deputata Jess Phillips, laburista liberal gradita all’alla neo blairiana del partito.(Foto: © Eros Erika / 123RF) LEGGI TUTTO