Milano protagonista grazie a FTSE MIB e quotazioni. Fiducia su IPO anche nel 2024
(Teleborsa) – Dopo un 2022 molto difficile per i mercati, sia sul fronte azionario che obbligazionario, il 2023 si sta chiudendo in modo molto soddisfacente, beneficiando di un aumento delle probabilità di uno scenario di “soft landing” dell’economia, di un’inflazione che torna a convergere verso l’obiettivo delle banche centrali e di aspettative per un allentamento delle politiche monetarie. Nonostante il permanere di significative incertezze geopolitiche e macroeconomiche, gli indici globali hanno registrato quest’anno rialzi significativi e Piazza Affari ha messo a segno una delle performance migliori, anche se con nette differenze tra large cap e mid-small cap. Il FTSE MIB è dietro solo al Nasdaq in quanto ad aumento da inizio anno, tra i principali indici globali, e sta mostrando la migliore prestazione degli ultimi 25 anni, assieme allo spumeggiante 2019.”Il listino italiano ha superato nel corso di dicembre la soglia storica dei 30.000 punti, con una crescita di circa il 29% da inizio anno e circa il 33% negli ultimi 12 mesi grazie a una sostenuta e costante progressione, interrotta solo da una leggera flessione nel corso dei mesi estivi – commenta Christian Basellini, Head of Equity Capital Markets Italy di UniCredit – Tale flessione, dovuta principalmente ai timori di prospettive recessive e al mantenimento di elevati tassi d’interesse da parte di FeD e BCE, ha temporaneamente bloccato alcune offerte sul mercato europeo. L’Italia è riuscita a imporsi sul mercato continentale grazie a una serie di operazioni di quotazione rilevanti e a un vivace mercato equity-linked (Campari, Saipem, ENI, SNAM/Italgas)”.Prendendo il FTSE MIB con dati al 20/12, i maggiori rialzi da inizio anno sono stati quelli UniCredit (+83%), Leonardo (+81%), Stellantis (+60%), MPS (+59%) e BPER (+58%), mentre i maggiori ribassi sono stati quelli di DiaSorin (-30%), Fineco (-13%), ERG (-3%) e Tenaris (-1%). Tra i settori, il FTSE Italia Automobili E Parti Di Ricambio segna un +56% da inizio anno, il FTSE Italia Banche un +41% e il FTSE Italia Risorse Primarie un +38%. Male il FTSE Italia Immobiliare (-31%) e il FTSE Italia Retail (-14%).Il rialzo del FTSE MIB è stato trainato soprattutto dalle banche, che hanno un peso maggiore nell’indice delle blue chip italiano e hanno beneficiato dal poderoso rialzo dei tassi da parte della BCE, mentre l’indice STAR è rimasto indietro (+2% YTD) e l’indice Growth delle PMI è stato addirittura in calo (-12%). Il calo delle valutazioni e della liquidità delle small cap è stato dovuto sia a fattori comuni a tutti mercati, con i rendimenti dell’obbligazionario che hanno drenato risorse dall’equity, sia a fattori specifici del mercato italiano, uno su tutti il deflusso dai piani individuali di risparmio (PIR): i dati di Assogestioni relativi ai primi nove mesi del 2023 mostrano 2.156 milioni di euro di deflussi e i dati preliminari di mercato relativi ad ottobre (-172,1 milioni di euro) confermano questo trend negativo. Se si guarda alle ragioni dei riscatti dai fondi PIR, si può ipotizzare che molti investitori, per via delle performance positive alla scadenza dei 5 anni (periodo di investimento minimo necessario per godere dei benefici fiscali sulle plusvalenze), abbiano deciso di incassare per poter indirizzare i propri risparmi verso altri mercati e strumenti, in un anno in cui anche il Tesoro italiano ha cercato di ingolosire i risparmiatori italiani con emissioni di titoli a loro dedicati come il BTP Valore.Tutto ciò potrebbe avere aperto delle opportunità di acquisto sul mercato italiano, verso quei titoli di società sane ma che sono state eccessivamente penalizzate dal contesto che si è creato quest’anno, anche se gli esperti invitano alla cautela perché le attese non sono di un’inversione generalizzata. “Da un punto di vista settoriale, sull’azionario continuiamo a privilegiare i titoli di qualità rispetto ai ciclici, mentre tra i finanziari, ci aspettiamo che un contesto di calo dei tassi d’interesse favorisca i titoli del risparmio gestito e le società meno sensibili al margine d’interesse rispetto alle banche tradizionali (mentre siamo più costruttivi sul credito delle banche) – commenta Luigi De Bellis, co-head Ufficio Studi EQUITA – Le mid-small cap italiane, dopo il fortissimo de-rating degli ultimi 2 anni, possono rappresentare una buona opportunità nel 2024, ma bisognerà essere molto selettivi in quanto ci aspettiamo una prima parte del 2024 più complicata sul fronte macro soprattutto in Europa”.L’over-performance di Borsa Italiana rispetto a molte altre piazze non è rappresentata solo dal rally del FTSE MIB, ma anche dal numero consistente di aziende che hanno continuato a quotarsi, nonostante il mercato delle IPO sia rimasto su livelli molto bassi a livello globale. Contando anche le società che hanno presentato la domanda di pre-ammissione e che verosimilmente sbarcheranno a Piazza Affari entro il 31 dicembre, il 2023 si chiuderà con 35 quotazioni su Euronext Growth Milan (di cui 1 Business Combination con una SPAC da parte di Sicily by Car e 4 sul Segmento Professionale) e 5 quotazioni su Euronext Milan, oltre a 5 società che sono passate dall’EGM al listino principale durante l’anno (Technoprobe, Digital Value, Unidata, Cy4Gate e Comer Industries). “Guardando alle IPO in Europa, l’attività su base relativa dell’Italia è stata buona e forse più del solito rispetto alle media storica, ma credo sia stato più perché il mercato in Europa è stato meno forte”, commenta Stefano Conte, Head of Southern Europe ECM di Barclays. “In Europa abbiamo visto una ripresa graduale, però lenta, del prodotto dell’IPO, e la maggior parte delle società che ha sfruttato queste finestre di mercato ha avuto due fattori in comune – spiega l’esperto – Il primo è che ci si è concentrati prevalentemente su società che operano in settori già ben conosciuti dal mercato e in questi settori sono generalmente leader oltre a essere ben profittevoli, quindi un cambio drastico rispetto al focus sulla crescita a tutti i costi che funzionava bene nel 2021. L’altro punto è la dimensione: l’incidenza di società che avevano una capitalizzazione al momento dell’IPO maggiore ai 2 miliardi di euro è storicamente intorno al 30%, mentre nel 2023 è passata a una percentuale del 70%, e ciò vuol dire che gli investitori sono focalizzati su società di medie-elevate dimensione che possono fornire maggiore liquidità”.La raccolta totale sul mercato italiano è stata di oltre 1,58 miliardi di euro, con una raccolta media di 46,6 milioni di euro e una raccolta mediana di 5,1 milioni di euro, per il gran numero di matricole sull’EGM che hanno portato a termine collocamenti contenuti. Considerando solo la raccolta delle quattro società (EuroGroup Laminations, Lottomatica, Italian Design Brands e Ferretti) arrivate sul listino principale (Eurocommercial Properties ha effettuato un dual listing senza vendita di azioni), la raccolta è stata di 1,38 miliardi di euro, tra cui spiccano i 600 milioni di euro di Lottomatica.Diverse società hanno scelto di rinviare la quotazione a Piazza Affari – da alcune più piccole come Danitech e Maggioli a nomi più grandi come Came e Feralpi – e quelle che sono arrivate sul listino hanno dovuto accettare raccolte e valutazioni inferiori alle aspettative, con collocamenti spesso più complicati del solito. “È stato fondamentale svolgere una serie di attività preparatorie oltre che un intenso lavoro con selezionati investitori chiave per ottenere una profonda comprensione dell’investment case e delle prospettive di crescita delle società, lavoro che si è concretizzato in valutazioni ragionevoli, con ampio margine di crescita nel breve/lungo termine e buone prospettive di rendimento per gli investitori – dice Basellini – Per il 2024 ci aspettiamo un selezionato numero di potenziali candidati che potrebbero effettivamente affacciarsi in Borsa in un contesto selettivo e sicuramente influenzato dall’andamento dei corsi azionari nei prossimi mesi. La speranza è quella di proseguire con un secondo anno consecutivo di record per il nostro paese nel panorama europeo”.Le speranze degli operatori sono quindi che questo trend di maggiore attività italiana in quanto a IPO continui, anche perché comunque Piazza Affari resta indietro ad altri mercati in quanto a numero di società o capitalizzazione totale. Secondo dati a fine novembre 2023 di Euronext, Borsa Italiana ha 426 società quotate per una capitalizzazione di 741 miliardi di euro (di cui 200 per 7,3 miliardi sul Growth), Parigi ha 817 società quotate per 3.469 miliardi di euro (di cui 275 per 20 miliardi sul Growth e 162 per 11,1 miliardi sull’Access), Oslo ha 338 società per 353 miliardi di euro (di cui 110 per 7,5 miliardi sul Growth) e Amsterdam ha 134 società per 1.379 miliardi di euro.”Ci aspettiamo che il prodotto IPO continuerà a vedere un graduale aumento di emissioni l’anno prossimo, anche se non credo che sarà un anno in cui il mercato ripartirà al 100%, ma l’aumento sarà graduale e più veloce rispetto a quello che abbiamo visto quest’anno – afferma Conte – Dove ci aspettiamo un forte aumento dell’attività è nel comparto del private equity, perché ci sarà sicuramente un aumento delle exit dato che negli ultimi due anni questi fondi non hanno potuto perseguire in scala adeguata quelli che erano i loro target naturali di monetizzazione e di investimenti. Ci sono varie società che questi fondi hanno dove l’IPO rappresenta lo scenario più probabile”. “L’altro tema importante è che ci continueranno a essere operazioni di spin-off da parte di grossi gruppi quotati, perché anche se molte di queste società hanno beneficiato un po’ del rialzo dei mercati in Borsa nel 2023, quello che vediamo è che top management e CdA rimangono molto focalizzati nel perseguire azioni che possono andare a eliminare o ridurre sconti valutativi che hanno su determinati divisioni, e ci sono vari nomi sia in Italia sia in Europa su cui potrebbe esserci movimenti”, aggiunge. Eni, Bayer, Renault, Sanofi e Vivendi potrebbero esplorare potenziali scorpori di divisioni aziendali nei prossimi 12 mesi, dopo che quest’anno si sono registrati casi come quelli di Sandoz da Novartis o Syensqo da Solvay.Intanto, a Piazza Affari sono continuati i delisting, fenomeno che si è sempre più affermato negli ultimi anni, non solo in Italia. Quest’anno ci sono stati 24 delisting, di cui 4 da Euronext Milan, 4 da Euronext STAR Milan, 15 da Euronext Growth Milan e 1 da Euronext Growth Milan – Segmento Professionale. La capitalizzazione persa complessivamente è stata di 11,2 miliardi di euro, su cui pesano i 4,4 miliardi di euro di Covivio e i 2,4 di BB Biotech (entrambi dual listing con Milano che non era la piazza principale), e i 2,7 di Autogrill. Guardando alle motivazioni, in 14 casi c’è stato un delisting a seguito di un’OPA, in 2 casi per lo stop a un dual listing, in 2 casi per la fusione con un’altra società quotata a Milano, in 2 casi per decisione della società (voto assembleare con oltre il 90% come da regolamento EGM), in tre casi per mancanza di Euronext Growth Advisor (per incapacità dell’azienda in grossa difficoltà di trovarne uno nuovo entro sei mesi) e in 1 caso per fallimento.Per fermare i delisting e attirare più aziende sul listino, operatori e istituzioni stanno cercando di migliorare la competitività del mercato dei capitali italiano. Dopo il Ddl Capitali, un intervento a costo zero per le finanze pubbliche che si è concentrato maggiormente sui temi del voto plurimo/maggiorato e della lista del CdA, gli operatori sono tornati a chiedere misure più incisive per rivitalizzare Piazza Affari. A fine novembre è stato presentato il Manifesto per lo sviluppo dei Mercati dei Capitali in Italia, un documento preparato da Borsa Italiana, EQUITA e Università Bocconi – e poi sottoscritto da decine di operatori – contenente una serie di richieste su più fronti (investitori, intermediari, vigilanza, fiscalità).Secondo De Bellis, “per rendere il mercato italiano più competitivo, è necessario promuovere la creazione di nuovi investitori domestici, soprattutto quelli specializzati in mid-small caps; uno sforzo di sistema che veda il coinvolgimento di banche, assicurazioni, fondazioni, fondi pensione e casse previdenziali, e che preveda la creazione di portafogli o fondi dedicati alle PMI quotate italiane. Più investitori vuol dire maggiore liquidità, e dunque maggiore propensione da parte degli imprenditori a quotarsi. Le recenti semplificazioni normative vanno poi nella direzione giusta ma ci sono altre cose che possono aiutare: il bonus IPO potrebbe essere reso strutturale, i costi della ricerca indipendente dovrebbero essere oggetto di credito d’imposta, così come i costi per la ricerca sponsorizzata sostenuti dalle società emittenti”. LEGGI TUTTO