(Teleborsa) – Con il modello fiscale tedesco – indicato dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, come sistema da imitare, in Italia, per l’annunciata riforma – non risulterebbe risolta, in Italia, la disparità di tassazione tra i contribuenti. Secondo quanto emerge da un documento del consigliere nazionale di Unimpresa, Marco Salustri – presentato oggi a Roma nel corso del convegno organizzato da Unimpresa al Palazzo della Minerva del Senato della Repubblica – rimarrebbe “un’evidente sproporzione tra l’aliquota del 42%, applicata su redditi fino a 260.532 euro, e quella del 45%, applicata su redditi oltre 260.533 euro”. Ciò perché le percentuali delle aliquote troppo ravvicinate rispetto a redditi piuttosto omogenei. Il sistema applicato in Germania, infatti, è troppo simile a quello italiano, specie se si prende in considerazione l’aliquota Irpef del 39%.
Confrontando il modello fiscale italiano con quello tedesco, l’analisi di Unimpresa rileva che “un’esenzione di tassazione per redditi fino a 9mila euro rende il sistema tedesco, simile a quello italiano che esenta i redditi fino a 8mila euro per i lavoratori dipendenti e fino 4.800 euro per i lavoratori autonomi, in base alle ultime modifiche normative”. Secondo Salustri “per essere incisiva per l’intero sistema economico, una riforma fiscale dovrà essere globale, tanto per le imposte dirette sia per quelle indirette, al fine di evitare continui e inutili aggiustamenti tributari, che ne distorcerebbero gli effetti macroeconomici, confonderebbero imprese e lavoratori autonomi, oltre ad aggravare, inevitabilmente, i costi di gestione delle imprese”.
Quella auspicata da Unimpresa è una riforma fiscale organica, equa, trasparente e chiara, senza più il rosario infinito delle interpretazioni normative. “Né – osserva il consigliere nazionale di Unimpresa – si potrà prescindere dalla considerazione che, maggiore sarà il potere di spesa dei contribuenti, quali le pmi, lavoratori autonomi e dipendenti, migliore sarà l’andamento dell’economia reale e la ripresa”.
Il sistema d’imposizione Irpef italiano si basa su aliquote percentuali che insistono su scaglioni di reddito molto compressi e che aggrediscono, di conseguenza, le fasce reddituali più deboli. Pertanto sulla base della tabella Irpef delle aliquote applicate in Italia Salustri individua due elementi distorsivi. “Il primo – spiega – è quello relativo alle aliquote centrali e, in particolare modo, all’aliquota del 38%. Se a questa si aggiungono le aliquote marginali comunali e regionali si arriva ad oltre il 40%, generando, conseguentemente, un’ingiusta tassazione per coloro che hanno redditi fino a 55mila euro, rispetto a chi ha prodotto una base imponibile fino a 75mila euro. Il secondo effetto distorsivo – continua Salustri – si nasconde nell’eccessiva aggressione che, elevate aliquote, esercitano su redditi molto bassi. Si pensi, ad esempio, all’aliquota del 41% su redditi che si aggirano intorno ai 60mila euro che, aggiungendo le imposte comunali e regionali, arriva a superare il 45% o, peggio, all’aliquota del 27% che, superando il 30%, sempre sommando le aliquote locali, insiste su redditi di appena 28mila euro. È del tutto evidente che questa impostazione fiscale si sia generata, nel tempo, solo per esigenze di cassa delle pubbliche entrate, a discapito, conseguentemente, dei contribuenti”.
Riguardo alle ipotesi messe sul tavolo dal governo nelle ultime settimane, Unimpresa denuncia “lo stillicidio delle rivelazioni, fatte a spezzoni, in interviste rese alla stampa, di membri del governo e di vertici dirigenziali delle entrate, su aspetti parziali della ormai non più procrastinabile riforma generale del fisco”. Per l’Associazione “se il ministro competente intende anticipare l’attesa riforma, che sia già condivisa dal governo e dalla maggioranza, ne illustri, in via definitiva e complessiva, i principi e le linee generali, senza buttare un osso per volta al cane’ solo per saggiarne le reazioni”. LEGGI TUTTO