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    S&P: migliorano le condizioni del credito in Europa

    (Teleborsa) – S&P continua a prevedere una graduale ripresa della crescita dell’UE, spinta dall’aumento dei redditi reali che stimola i consumi e dall’occupazione elevata. A fronte del calo dell’inflazione, S&P prevede che la Banca Centrale Europea (BCE) allenterà gradualmente i tassi di interesse di 25 punti base (bps) a trimestre, fino a quando il tasso di deposito non raggiungerà il livello minimo di circa il 2,5% nel terzo trimestre del 2025. È quanto emerge dallo studio di S&P Global Ratings (S&P) sulle condizioni del credito in Europa nel quarto trimestre 2024.Il rischio geopolitico – rileva S&P – rimane elevato a causa delle potenziali escalation in Ucraina e in Medio Oriente, nonché delle sfide che potrebbero sorgere se le elezioni statunitensi dovessero portare a cambiamenti politici. Inoltre, la gestione dei rischi in Europa si concentra sempre più sulla sicurezza economica e su un mercato unico libero ed equo. I principali rischi macro includono un periodo prolungato di crescita inferiore alla media, pressioni salariali che impediscono un ulteriore calo dell’inflazione, e periodi di volatilità se i mercati sovrastimano il ritmo dei tagli dei tassi.Gli Outlook relativi ai rating di S&P per le banche, le società non finanziarie, la finanza strutturata e le assicurazioni risultano per lo più stabili, con gli emittenti che beneficiano dell’allentamento delle condizioni di finanziamento. I segmenti più vulnerabili includono gli immobili commerciali (CRE), con l’accumularsi di arretrati nei titoli garantiti da ipoteca commerciale (CMBS) in Europa, e nei titoli non conformi e legacy buy-to-let (BTL) nel Regno Unito. I Paesi europei restano sfidati da alti livelli di debito, mentre le imprese si concentrano sempre più sul rafforzamento della resilienza delle supply chain e sul miglioramento della propria competitività.”L’inflazione non è più al centro della scena – commenta l’analista del credito di S&P Global Ratings Paul Watters –. Se da un lato la svolta nel ciclo del credito porterà un gradito sollievo alle imprese e alle famiglie, dall’altro significa anche che molti altri problemi e vulnerabilità verranno alla ribalta e determineranno le prospettive delle imprese e del credito”. LEGGI TUTTO

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    Rifiuti nucleari, Pichetto: irrazionale che ogni Regione abbia depositi per quelli a bassa intensità

    (Teleborsa) – “Considero, personalmente, irrazionale e uno spreco di fondi pubblici che ogni regione debba tenere i suoi rifiuti radioattivi in più siti. Stiamo valutando luoghi terzi e cosa fare”. Così il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, a margine del Forum Risorsa Mare realizzata da TEHA Group in corso a Palermo. “Ci sono scorie ad alte intensità, quelle delle vecchie centrali, che si trovano quasi tutte in Francia e in Inghilterra e quelle dovranno andare in un deposito geologico – ha spiegato il ministro –. Poi ci sono quelle a bassa intensità, quelle degli ospedali e quelle civili ad esempio, che devono andare in un deposito per una decina di anni. Queste le produciamo ogni giorno e in questo momento sono stoccate un po’ ovunque”.”Quindi non è che non ci siano depositi. In tutte le Regioni italiane ci sono depositi. La valutazione da fare, per una questione di razionalità, è se possibile concentrare”, ha aggiunto. Sul dove il ministro ha fatto notare che “se tutti si rifiutano di avere il deposito degli altri, in questo momento ogni Regione si sta tenendo i suoi”.Sul tema rifiuti in Sicilia, Pichetto Fratin ha ricordato l’incarico di Commissario affidato al presidente Schifani: “La Regione in questo momento sta andando avanti con il piano rifiuti. I rifiuti che non sono differenziabili, non possono essere trasformati in materia prima o seconda o essere riciclati devono andare in termovalorizzatori, quindi si doterà anche di termovalorizzatori”. LEGGI TUTTO

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    Nucleare, Green Deal, Stellantis: cosa ha detto Salvini

    (Teleborsa) – “Io penso che l’Italia, per essere pienamente competitiva e sovrana e indipendente dal punto di vista economico ed energetico, non possa rimanere l’unico grande paese al mondo che, per ideologia, dice di no al nucleare, mentre tutto il mondo va in quella direzione”. Lo ha detto il vicepremier Matteo Salvini, intervenendo all’assemblea annuale di Conflavoro aggiungendo: “è un dossier su cui stiamo lavorando”.”Abbiamo una bolletta più cara rispetto ai vicini francesi. Tra famiglie e imprese – ha spiegato Salvini – è più cara fino al 50% per quello che riguarda l’energia rispetto alla Francia. Cos’ha la Francia in più rispetto a noi? Stamattina in Francia sono operativi 56 reattori nucleari”Sul Green Deal è “un suicidio commerciale, industriale e ambientale” che pesa maggiormente sulle piccole e medie imprese. Le grandi imprese, come Stellantis, possono invece vendere e andare all’estero.”Se qualcosa non funziona – ha spiegato Salvini – bisogna avere il coraggio di riconoscerlo e cambiare registro. Penso all’ideologia del green che si trasforma in black”. Insomma, secondo il vicempremier e ministro dei Trasporti, “la messa fuori mercato, l’impossibilità di comprare e vendere dal primo gennaio 2035 auto a diesel e a benzina, perché tutti dovranno comprare o vendere solo auto elettriche non ha niente di green, è un suicidio commerciale, industriale e ambientale. In Europa sono a rischio 14 milioni di posti di lavoro, in Italia piccole imprese, artigiani, botteghe e coloro che sono legati all’automotive, stiamo parlando di alcune centinaia di migliaia di posti di lavoro”. “Tenete presente i dati scientifici non ideologici. I dati scientifici di oggi – ha aggiunto – dicono che dal momento della costruzione all’avvio in strada, un’auto elettrica prodotta in Cina emette di più, inquina di più e costa di più rispetto a un Euro 6 diesel prodotta in Italia. Quindi non vedo perché qualcuno intenda proseguire in quello che è un suicidio annunciato che poi va a ricadere sul mercato. I signori Stellantis, molto banalmente, chiudono in Italia, aprono all’estero, vendono in Italia e pagano le tasse all’estero. Mentre le pmi difficilmente possono delocalizzare. Per me non esistono imprese di serie A e di serie B”. LEGGI TUTTO

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    USA, richieste sussidi disoccupazione in calo a 218 mila

    (Teleborsa) – Scendono le richieste di sussidio alla disoccupazione negli USA. Nella settimana al 13 settembre, i “claims” sono risultati pari a 218 mila unità, in diminuzione di 4 mila unità rispetto ai 222 mila della settimana precedente (rivisto da un preliminare di 219.000 unità) e rispetto ai 224 mila stimati dagli analisti. La media delle ultime quattro settimane – in base ai dati del Dipartimento del Lavoro americano – si è assestata a 224.750 unità, in calo di 3.500 unità rispetto al dato della settimana precedente (228.250). La media a quattro settimane viene ritenuta un indicatore più accurato dello stato di salute del mercato del lavoro, in quanto appiana le forti oscillazioni osservate settimanalmente. Infine, nella settimana al 6 settembre, le richieste continuative di sussidio si sono attestate a 1.834.000, in aumento di 13 mila unità rispetto alle 1.821.000 unità della settimana precedente (dato rivisto da un preliminare di 1.829.000 mila). Gli analisti si aspettavano un valore pari a 1.828.000. LEGGI TUTTO

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    USA, ordini beni durevoli invariati ma sopra attese

    (Teleborsa) – Frenano gli ordinativi di beni durevoli americani nel mese di agosto 2024, ma il dato risulta al di sopra delle attese, che indicavano un calo. Secondo il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti (Bureau of the Census), gli ordini non hanno evidenziato variazioni su base mensile dopo il +9,9% del mese precedente. Le stime di consensus indicavano un calo del 2,8%.Il dato “core”, ossia al netto degli ordinativi del settore trasporti, fa segnare un +0,5% rispetto al -0,1% del mese precedente e si confronta con il +0,1% stimato dagli analisti. Se si esclude il settore della difesa, gli ordinativi sono scesi dello 0,2%, dopo il +10,3% precedente. LEGGI TUTTO

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    Stati uniti, PIL 2° trimestre confermato al 3%

    (Teleborsa) – Confermata in aumento la crescita dell’economia statunitense nel 2° trimestre del 2024. Secondo quanto rilevato dal Bureau of Economic Analysis, che pubblica oggi i dati definitivi, il PIL americano è salito del 3% su base trimestrale, rispetto al +1,4% del trimestre precedente. Il dato conferma la seconda stima, che aveva rivisto lievemente al rialzo la preliminare. Si è registrata una leggera decelerazione della crescita dei consumi, che segnano un +2,8% dal +2,9% registrato nel trimestre precedente. La crescita dei profitti invece ha accelerato al 3,5% dall’1,7% precedente. Il PCE price index, una misura dell’inflazione, si conferma al 2,5%, mentre l’indice core registra un +2,8%. LEGGI TUTTO

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    Salute, ENEA svela il potenziale antitumorale della nocciola

    (Teleborsa) – ENEA ha realizzato uno studio che mette in luce il potenziale antitumorale delle biomolecole attive contenute in un estratto della nocciola tradizionale del viterbese, la Tonda Gentile Romana (Corylus avellana L.). Pubblicati sulla rivista internazionale Natural Product Research, i risultati dello studio – fa sapere ENEA in una nota – aprono la strada a futuri sviluppi terapeutici e di prevenzione nella lotta contro il cancro al fegato.”Abbiamo dimostrato che il nostro estratto di nocciola è in grado di uccidere cellule tumorali in vitro, attraverso una specifica azione diretta che favorisce il ripristino delle condizioni fisiologiche di crescita del tessuto epatico”, spiega Barbara Benassi della divisione Biotecnologie dell’ENEA, che ha condotto la ricerca in collaborazione con la collega Maria Pierdomenico.Le recenti evidenze scientifiche identificano nel cambiamento del contenuto intracellulare di due piccole molecole di RNA una delle chiavi per comprendere le proprietà antitumorali di nuove formulazioni farmaceutiche per applicazioni in campo oncologico. “Nel tessuto malato – aggiunge Benassi – il livello intracellulare dei due microRNA diminuisce rispetto alla controparte sana, causando la proliferazione neoplastica. Riportare a livelli normali i due microRNA è una delle possibili strategie ‘intraprese’ dai nuovi farmaci per ridurre la progressione della malattia tumorale; parallelamente, mantenere sotto controllo la loro integrità intracellulare, evitando che diminuiscano nell’arco della vita di un individuo, rappresenta una possibile strategia di prevenzione verso la trasformazione in neoplasie”. In sintesi, lo studio ENEA ha dimostrato che l’estratto di nocciola è in grado di stimolare in modo significativo il livello intracellulare delle due molecole di microRNA nelle cellule tumorali di fegato, inibendone la proliferazione e causandone la successiva morte in vitro. “Il prossimo passo – spiega Benassi – sarà di identificare con maggiore precisione le biomolecole attive responsabili di tale effetto citotossico contro le cellule tumorali, anche se uno studio preliminare in silico, ossia al computer, ha individuato alcuni possibili candidati. In particolare, alcune sostanze derivanti dall’acido caffeico e dalle catechine, di cui l’estratto di nocciola è ricco, sulle quali è necessario condurre ulteriori approfondimenti in modelli preclinici più complessi in vitro e in vivo, per validare la potenziale efficacia di nuove formulazioni quali innovativi coadiuvanti terapeutici per la cura del tumore al fegato”. LEGGI TUTTO

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    Industria, un terzo del Made in Italy in mani straniere. Presenza notevole nel tech

    (Teleborsa) – Nel 2023 il fatturato delle società industriali e terziarie italiane di grande e media dimensione ha subito una contrazione, mentre i margini sono stati ai massimi dal 2008. I margini sono stati ampi grazie alla vischiosità del costo del lavoro (perso il 7,6% del potere d’acquisto dal 2021), mentre gli investimenti in crescita nelle aziende pubbliche sono stati trainati dalla transizione energetica. Le aziende a controllo straniero rappresentano il 48,8% delle produzioni ad alta tecnologia e pagano più tasse, mentre la presenza straniera nel made in Italy è al 32,2% (era il 28,5% nel 2004). Sono i punti salienti dalla nuova edizione dei “Dati Cumulativi”, l’indagine annuale dell’Area Studi Mediobanca sulle società industriali e terziarie italiane di grande e media dimensione analizzate nel decennio 2014-2023.In particolare, sono state esaminate 1.900 società italiane che rappresentano il 45% del fatturato industriale, il 48% di quello manifatturiero, il 45% di quello della distribuzione al dettaglio e il 42% di quello dei trasporti. Le imprese a controllo estero coprono il 48% del fatturato di quelle con più di 250 addetti operanti in Italia e il 70% delle sole manifatturiere. Sono incluse pressoché tutte le aziende italiane con più di 500 dipendenti e una quota significativa di quelle manifatturiere di medie dimensioni.Il fatturato in caloIl fatturato delle 1900 imprese ha segnato nel 2023 una flessione annua nominale del 6,8%. Il risultato dipende in ampia misura dalla proprietà pubblica (-20,4%), che opera in prevalenza nelle produzioni energetiche (-29,8%) e petrolifere (-26,4%). Le aziende a proprietà privata, meno presenti in questi settori, hanno ripiegato del 2,5%.La manifattura ha invece realizzato una variazione marginalmente positiva (+0,8% sul 2022), grazie alle performance dei gruppi maggiori (+4,5%) e di quelli sotto il controllo straniero (+0,7%) che hanno bilanciato l’andamento negativo del IV capitalismo (imprese medie e medio-grandi a controllo italiano: -1,7%). Segno positivo nel 2023 anche per il giro d’affari del made in Italy (+1,6%). L’andamento timidamente favorevole della manifattura nel 2023 è da ascrivere alle esportazioni (+2,2%) che hanno sopperito alla debole dinamica del mercato interno (-0,5%). Tenuto conto dell’evoluzione dei prezzi alla produzione, la manifattura ha segnato nel 2023 un arretramento in termini reali dello 0,9%.I margini recordNel 2023 le 1900 società hanno segnato un ebit margin del 6,6%, riportando non solo il massimo decennale (5,8% la media 2015-19), ma il miglior livello dal 2008. Ciò è avvenuto grazie alla contrazione dei costi d’acquisto tornati all’85% circa delle vendite, in linea con la media storica del 2015-19 (84%), e alla permanenza del costo del lavoro (10,1% del fatturato) su livelli ben al di sotto della media pre-pandemica (11,7%).Tale dinamica ha creato nei margini lo spazio per assorbire gli oneri finanziari, raddoppiati dall’1% del fatturato nel 2022 all’1,9% nel 2023: essi hanno espresso un costo medio del debito pari al 4,2%, massimo decennale e in marcato aumento dal 2,6% del 2022.La questione salarialeSe la vischiosità dei salari ha contribuito a preservare i margini, essa rappresenta tuttavia un freno alla domanda interna, tanto più rilevante nel caso in cui i mercati esteri dovessero mantenere una dinamica contrastata.Posto pari a 100 nel 2021 il costo medio del lavoro delle 1900 imprese, il suo valore nel 2023, corretto in base all’inflazione, segna un livello pari a 92,4, per una perdita di potere d’acquisto pari al 7,6%. Sarebbero gli addetti del comparto pubblico ad avere subìto il maggiore depauperamento (-10%), mentre quelli del privato l’avrebbero contenuto al 7%. Quanto invece alla specializzazione produttiva, la forza lavoro della manifattura sopporterebbe una contrazione della propria capacità di spesa (-6,3%) inferiore a quella del terziario (-9,2%).Made in Italy in mani straniereLe imprese a controllo straniero rappresentano il 33,1% del fatturato delle 1900 società e il 33,7% di quelle manifatturiere. Notevole la loro presenza nelle produzioni ad alta e medio-alta tecnologia: con riferimento alla manifattura le imprese a controllo straniero sviluppano il 61,4% del proprio fatturato in tali attività, incidenza ampiamente eccedente il 46,7% delle aziende a proprietà italiana. Ne consegue che le società a controllo estero rappresentano il 48,8% delle produzioni ad alta tecnologia in Italia, pur pesando il 33,7% in termini di fatturato.Anche nelle specialità del made in Italy la presenza straniera si fa sentire: vale il 32,2% delle vendite, rispetto al 28,5% di vent’anni fa, e realizza performance allineate a quelle del made in Italy in mani italiane (medesimo Roi medio nel decennio al 9%). Inoltre, il made in Italy a controllo straniero garantisce un livello retributivo per addetto significativamente superiore: 77mila euro contro 64mila, per uno scarto pari al 20% circa. Infine, le imprese manifatturiere a controllo estero segnano un maggiore tax rate: 23,2% vs 20,6% di quello delle sole italiane nella media 2019-23Investimenti trainati da transizioneNel 2023 gli investimenti materiali delle 1900 società, espressi a prezzi costanti, hanno segnato un incremento del 4,3% sul 2022L’aspetto più eclatante riguarda l’andamento che contrappone il comparto pubblico, +19,5% sull’anno precedente, a quello privato che è invece in declino (-3,1%). La manifattura non ha realizzato significativi scostamenti sul 2022 (+0,2%), mentre il terziario è in marcato regresso (-6,3%), condizionando l’andamento dei gruppi a controllo estero (-7,4%).Nel segmento pubblico gli investimenti hanno beneficiato dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, dell’ammodernamento e digitalizzazione delle reti con finalità di elettrificazione e decarbonizzazione dei consumi e dell’installazione delle infrastrutture al servizio della mobilità elettrica. Al netto della componente legata alle energie rinnovabili, la campagna investimenti del 2023 appare quindi all’insegna di una prudenza indotta dall’incertezza prospettica del contesto e dal livello dei tassi d’interesse. Il pur generoso cash-flow non è stato in grado di contrastare la generale instabilità. LEGGI TUTTO