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    Commercio: Confesercenti, dal 2019 spariti oltre 52mila negozi di vicinato

    (Teleborsa) – I negozi continuano a diminuire. In confronto al 2019, a fine 2023 si conteranno oltre 52mila imprese del commercio in meno, per un declino complessivo del -7%. Un’accelerazione del processo di desertificazione su cui incide la doppia crisi vissuta dal comparto che, dopo lo stop imposto dalla pandemia, ha visto interrompersi la ripresa a causa degli effetti di inflazione e caro-energia, che hanno eroso la capacità di spesa delle famiglie: negli ultimi due anni, il potere d’acquisto degli italiani è infatti calato di 14,7 miliardi di euro, oltre 540 euro in meno per nucleo familiare. Un vero e proprio crollo, che pesa sul tessuto dei negozi di vicinato più della concorrenza dell’online. È quanto emerge da “Il Commercio oggi e domani”, lo studio sul futuro della distribuzione commerciale condotto da Confesercenti e IPSOS, presentato oggi a Roma alla Sala di Vibia e Adriano a Roma, alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.L’indagine sul futuro del commercio – Confesercenti e IPSOS hanno condotto un’indagine intergenerazionale su mille consumatori di tutte le età, dai Baby Boomer alla Generazione Z, per vagliare la preferenza per il canale d’acquisto online e offline. Dalle risposte degli intervistati, emerge un quadro più favorevole per il retail tradizionale di quanto generalmente si ritenga. L’offline è ancora il canale preferito. Nonostante la progressiva affermazione dell’eCommerce, i negozi fisici continuano ad essere ancora il canale d’acquisto preferito per sei delle nove categorie merceologiche prese in esame. L’insieme di chi ha acquistato nell’ultimo anno esclusivamente, prevalentemente o qualche volta online è maggioritario, infatti, solo nel comparto ‘viaggi e vacanze’ (dove raggiunge il 72%), elettronica e prodotti tecnologici (62%) e moda (52%). La quota di clienti che, nello stesso periodo, ha comprato solo, prevalentemente o qualche volta nei negozi fisici, invece, è maggioritaria per tutte le altre sei tipologie: articoli e abbigliamento sportivo (54%), cosmetica, profumeria e cura del corpo (58%), arredamento e complementi d’arredo (69%), cibo e bevande d’asporto (69%), prodotti per la pulizia della casa (77%) e alimentari (82%).I negozi non sono da boomer – Non sorprendentemente, i Baby Boomers costituiscono la fascia d’età più votata agli acquisti offline, mentre le generazioni Y e Z sono più orientate all’online. Ma mentre la preferenza per l’eCommerce è particolarmente spiccata per la generazione Y, formata dai nati tra il 1981 e il 1996, la successiva generazione Z sembra tornare a valutare positivamente l’esperienza dello shopping nei negozi fisici. I cosiddetti Zoomers, infatti, pur se più ‘online’ della generazione X e dei Baby Boomers, superano la propensione media all’acquisto in rete solo per alimentari e prodotti per la pulizia di casa, cibo e bevande d’asporto, cosmetica ed elettronica. Ma se il rischio posto dal commercio online – peraltro usato sempre di più anche nel commercio vicinato – appare dunque ridimensionato, lo stesso non si può dire per lo stato di incertezza creato dalla frenata dei consumi.Il calo del potere d’acquisto – L’erosione dei redditi reali è stata infatti particolarmente forte già nel 2022, durante il quale si è registrata una perdita di potere d’acquisto di 11,8 miliardi di euro. Una tendenza che purtroppo continuerà anche quest’anno: secondo le nostre stime, nel 2023 il potere d’acquisto delle famiglie subirà un’ulteriore riduzione di 2,9 miliardi di euro e la capacità di spesa raggiunta nel 2021 non sarà recuperata prima del 2027.L’inflazione energetica – A pesare, l’onda lunga dell’andamento al rialzo dei prezzi dell’energia e del gas, cresciuti velocemente negli ultimi due anni. Aumenti che si sono riversati sui costi di produzione, trasporto e distribuzione, portando inevitabilmente ad un incremento generalizzato dei prezzi finali di prodotti e servizi. Un’inflazione energetica da cui ancora non siamo rientrati: ad aprile, i prezzi al consumo hanno registrato un aumento dell’8,3%, mezzo punto percentuale in più rispetto a marzo. E nei primi quattro mesi del 2023, il tasso di inflazione è stato pari all’8,8%, superando la media inflazionistica dell’8,2% registrata nel 2022.L’effetto sui risparmi – Per fronteggiare l’aumento dei prezzi, le famiglie hanno dato fondo alle proprie riserve. Nel 2022 gli italiani hanno destinato ai consumi circa 52,9 miliardi di risparmio accumulato dalle famiglie e, senza un’inversione di tendenza, ne bruceranno altri 27 miliardi nel 2023.Il caro-vita svuota i carrelli – Anche se ha attutito l’impatto dell’inflazione, il sacrificio del risparmio non è però bastato a mantenere i livelli di consumo delle famiglie. Nel 2022 il volume delle vendite al dettaglio è calato del -0,8%, sintesi di un aumento del +1,9% registrato dai prodotti non alimentari e di un vero e proprio crollo del -4,2% per i beni alimentari. Una dinamica che si è aggravata nel primo trimestre del 2023: tra gennaio e marzo i volumi delle vendite alimentari sono scesi in media del -4,7%, mentre le vendite non alimentari hanno registrato una flessione del -1,6%, per un calo complessivo dei volumi del -3%.Il caso pasta – La situazione appare particolarmente grave per alcuni prodotti alimentari specifici. È il caso della pasta le cui vendite, nel primo trimestre di quest’anno, hanno subito un calo del 10,7% in volume. Un declino mai visto per il prodotto simbolo per eccellenza della tradizione gastronomica italiana nel mondo, e che rischia di avere pesanti ripercussioni sulle tante eccellenze produttive del nostro Paese ad esso legate.L’impatto sui negozi di vicinato – A diminuire rispetto al 2019, in numeri assoluti, sono soprattutto i negozi di moda (-8.553 unità rispetto al 2019, con un calo del -6,3%), anche se le riduzioni percentuali più elevate vengono registrate da Giornali e articoli di cartoleria (-13,5%, per 3.963 imprese in meno). In forte contrazione anche le imprese attive nella vendita di pane e torte, (-6,1%, per 679 attività in meno) e di carni (-5,7%, -1.663 imprese). Più contenuta la perdita per le librerie (-2%, o -112 imprese). Non tutti i comparti merceologici, però, vanno male. È il caso delle imprese specializzate nella vendita di frutta e verdura, che rispetto all’ultimo anno prima della pandemia crescono del 2%, per un totale di 432 imprese in più. Bene anche i negozi specializzati in Pesci, crostacei e molluschi (+107 attività, per una variazione positiva del +1,2%) e quelli della distribuzione bevande, che aumentano di 291 attività sul 2019, con una crescita del +4,5% rispetto al periodo precedente alla pandemia.Difficile aprire una nuova attività – Più che le chiusure di negozi, il problema è la mancanza di nuove aperture. Una dinamica evidente dai dati sulla natalità e mortalità delle imprese: nel 2022 sono nate solo 22.608 nuove attività, il 20,3% in meno del 2021. Un numero del tutto insufficiente a compensare le oltre 43mila imprese che hanno abbassato per sempre la saracinesca, e che fa chiudere l’anno con un bilancio negativo per oltre 20mila unità, per una media di oltre due negozi spariti ogni ora. E nel 2023 la situazione non migliora: nei primi tre mesi dell’anno le nuove aperture sono ancora il 18% inferiori a quelle registrate nello stesso periodo del 2019.Il futuro (e come cambiarlo) – “Considerando la tendenza attuale, è possibile stimare nei prossimi sette anni – da qui al 2030 – una contrazione di circa 73 mila attività commerciali di vicinato (-11% sul totale), ad un ritmo di 18 negozi spariti al giorno. Si tratta però di un futuro che può essere cambiato. Confesercenti propone una doppia piattaforma di interventi, per la ripresa dei consumi e per il sostegno di negozi e botteghe. Per far ripartire la spesa delle famiglie e contrastare il caro-vita, – evidenzia Confcommercio – è necessario dare attuazione velocemente alla delega fiscale, riducendo la pressione delle imposte sulle famiglie. In particolare, sarebbe opportuno detassare gli aumenti contrattuali per il prossimo biennio: una simile misura potrebbe generare 3 miliardi di euro di consumi aggiuntivi già a partire dalla prossima tornata contrattuale. Allo stesso tempo, per sostenere le attività di vicinato, occorre introdurre misure strutturali, con un pacchetto di formazione per gli imprenditori, sostegni all’innovazione, una fiscalità di vantaggio per le piccole imprese della distribuzione con fatturato inferiore ai 400mila euro annui, e la cedolare secca per le locazioni commerciali, subordinandone l’accesso alla concessione di un canone concordato al locatario, verificata e garantita dalle associazioni di categoria. Siamo convinti – conclude Confcommercio – che, con queste misure, sarebbe possibile ridurre l’erosione delle quote di mercato delle piccole superfici, recuperando 5,5 miliardi di euro di vendite, e salvando quasi 30mila attività commerciali di vicinato dalla scomparsa nei prossimi sette anni”. 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    Proiezioni UE, Gentiloni: in Italia la crescita maggiore tra le principali economie europee

    (Teleborsa) – “Nell’anno in corso proiettiamo per l’Italia la crescita più alta tra le maggiori economie europee, credo che non avvenisse da molto tempo”. È quando ha dichiarato il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni presentando le previsioni di primavera dell’esecutivo europeo sulle prospettive di crescita del Paese. “L’Italia ha avuto una crescita negli ultimi tre anni pari al 12%, molto significativa, che certamente era successiva a una crisi del -9% durante la pandemia” ma “la crescita è stata molto significativa”, ha aggiunto. Nello specifico, la Commissione europea ha rivisto al rialzo la crescita attesa in Italia: sarà dell’1,2% nel 2023 (rispetto allo 0,8% indicato nelle previsioni di febbraio). E all’1,1% nel 2024 (dall’1% delle stime precedenti). Inoltre la Commissione europea si attende che in Italia il deficit pubblico scenda al 4,5% nel 2023 e al 3,7% nel 2024. L’indebitamento pubblico è atteso al 140,4% nel 2023 e al 140,3% nel 2024.”Buone notizie da Bruxelles. Le previsioni della Commissione Europea danno in Italia +1,2 Pil per l’anno 2023, +1,1 per il 2024, disoccupazione in calo al 7,8% nel 2023, 7,7% nel 2024. Debito stabile. L’impegno del governo continua nel sostenere imprese e lavoratori favorendo il rilancio dell’Italia”, ha commentato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani su Twitter. “L’assorbimento del PNRR è destinato ad accelerare quest’anno e il prossimo”, ha proseguito Gentiloni in conferenza stampa. “L’assorbimento delle sovvenzioni del PNRR dovrebbe aumentare dallo 0,3% del PIL nel 2022 a circa lo 0,4% del PIL sia nel 2023 che nel 2024”, ha sottolineato. “Nel periodo 2021-24, la spesa finanziata dalle sovvenzioni del Pnrr dovrebbe essere superiore al 3,5% del PIL in Spagna e Grecia, superiore al 3% in Croazia e Portogallo, intorno al 2,5% in Slovacchia e Italia, intorno al 2% in Lettonia, Bulgaria e Romania, vicina o superiore all’1,5% in Lituania, Polonia, Ungheria, Cipro e Cechia, e superiore all’1% in Slovenia, Malta, Estonia e Francia”, ha poi spiegato poi il Commissario UE segnalando che tali “proiezioni si basano sul calendario previsto per le tappe e gli obiettivi stabiliti nelle decisioni di esecuzione del Consiglio” e “non devono essere considerate come un pregiudizio alla nostra valutazione del raggiungimento di tali obiettivi”. LEGGI TUTTO

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    USA, Empire State: peggiora settore manifatturiero a maggio

    (Teleborsa) – Peggiora a maggio l’indice manifatturiero Empire State di New York. L’indicatore si è portato a -31,8 punti dai +10,8 punti di aprile. Il dato è anche peggiore delle stime degli analisti che erano per un livello a -3,7 punti. L’indice misura le condizioni del settore manifatturiero nel distretto di New York. Si ricorda che un livello del dato superiore/inferiore allo 0 indica che la maggior parte delle compagnie riportano miglioramenti/peggioramenti delle condizioni. LEGGI TUTTO

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    Plenitude e LeasePlan insieme per soluzioni di ricarica elettrica dedicate

    (Teleborsa) – Plenitude (Eni), attraverso la sua società controllata Be Charge, ha siglato un accordo con LeasePlan Italia per offrire servizi di ricarica elettrica dedicati. La partnership – si legge in una nota congiunta – prevede per i clienti di LeasePlan molteplici opportunità e la fornitura di pacchetti di ricarica con soluzioni specifiche pensate per le esigenze della piccola e media impresa, dei clienti privati e delle grandi aziende. I servizi offerti da Plenitude comprendono anche la fornitura di wallbox, di colonnine di ricarica e la reportistica avanzata dei consumi.L’accordo – spiega la nota – rende più agevole il noleggio a lungo termine che rappresenta un’alternativa all’acquisto di un veicolo elettrico e una formula importante per contribuire concretamente allo sviluppo di una mobilità sostenibile in modo flessibile.”Lo sviluppo della mobilità elettrica – ha commentato Stefano Goberti, amministratore delegato di Plenitude – fa parte della nostra strategia a sostegno della transizione energetica. Siamo quindi lieti di mettere a disposizione dei clienti di LeasePlan soluzioni competitive insieme alla nostra rete di ricarica tecnologicamente avanzata, che attualmente conta oltre 15.000 punti e che sarà ampliata sia in Italia che in Europa sino a circa 30.000 punti entro il 2026″.”Il settore del noleggio a lungo termine – ha dichiarato Alberto Viano, amministratore delegato di LeasePlan Italia – ha avuto un grande ruolo negli ultimi anni immettendo nel mercato veicoli con emissioni sempre più contenute. La nuova tecnologia delle auto elettriche si sta sviluppando sia tra i clienti corporate storici sia nel segmento dei privati che vogliono affidare a un operatore specializzato il rischio dell’obsolescenza tecnologica. Grazie all’accordo con Plenitude, LeasePlan potrà avere un ruolo ancora maggiore nella diffusione della mobilità elettrica”. LEGGI TUTTO

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    Basket Bond: da CDP, MCC e Sella ulteriori 100 milioni per sostenere gli investimenti ESG di PMI e Mid Cap italiane

    (Teleborsa) – Investire nei progetti di crescita delle PMI e Mid Cap italiane e sostenerle al contempo nella generazione di un impatto positivo sull’economia, la società e l’ambiente. È questo l’obiettivo del programma “Sustainability-linked Basket Bond” da 100 milioni di euro di Cassa Depositi e Prestiti (CDP), Mediocredito Centrale (MCC) e Sella. Le risorse andranno ad ampliare il programma lanciato nel 2021, che raggiunge in questo modo i 200 milioni complessivi per sostenere i piani di crescita e sviluppo delle aziende italiane di minori dimensioni. La nuova finanza è legata al raggiungimento da parte delle imprese di obiettivi ESG (Environmental, Social e Governance) e il loro conseguimento garantirà una riduzione del costo di finanziamento.Il progetto – spiega una nota – rappresenta una nuova opportunità offerta alle aziende per acquisire sensibilità e consapevolezza su tematiche ESG e permettere loro di raccogliere le risorse adeguate a sostenere la realizzazione dei sempre più numerosi piani di investimento e sviluppo specificatamente orientati verso la sostenibilità. Per la prima volta in Italia, le singole emissioni saranno monitorate e certificate da operatori terzi specializzati rispetto ai principi di riferimento definiti dall’International Capital Market Association (ICMA), garantendo così una precisa valutazione dell’effettivo impatto ESG raggiunto. Per ogni emissione è prevista l’identificazione di specifici Sustainability Performance Targets (SPTs) coerenti con le politiche ESG attuate dalle imprese. L’attività di monitoraggio comprende la definizione di valori misurabili di sostenibilità (KPI ESG) che permettono di valutare l’allineamento dei progetti di investimento degli emittenti agli obiettivi di sviluppo sostenibile.Sella è arranger del programma tramite la divisione Corporate & Investment Banking. CDP e MCC agiscono come anchor investor , ciascuna sostenendo il progetto attraverso la sottoscrizione del 40% delle emissioni, mentre Banca Sella sottoscrive il restante 20%.Le emissioni obbligazionarie saranno quotate sull’ExtraMOT PRO3, il segmento di Borsa Italiana dedicato ai minibond, che garantisce visibilità sui mercati alle PMI e Mid-Cap che aderiranno all’iniziativa.Gardant partecipa all’iniziativa come servicer, corporate servicer e monitoring agent, mentre lo studio legale Chiomenti agisce come deal counsel. Cerved Rating Agency è Second Party Opinion provider per le caratteristiche ESG degli strumenti emessi. Deloitte è coinvolta nella definizione, monitoraggio e certificazione periodica del raggiungimento dei target di sostenibilità degli investimenti.(Foto: micheile dot com on Unsplash) LEGGI TUTTO

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    Germania, prezzi all’ingrosso in calo ad aprile

    (Teleborsa) – Risultano in diminuzione i prezzi all’ingrosso in Germania, che registrano ad aprile 2023 un decremento dello 0,4% su base mensile dopo il +0,2% di marzo. Gli analisti si aspettavano un aumento dello 0,3%.Lo annuncia l’Ufficio Federale di Statistica tedesco (Destatis), secondo cui i prezzi all’ingrosso su base annuale sono diminuiti dello 0,5% contro il +2% del mese precedente. Le stime di consensus erano per una crescita dello 0,7%. LEGGI TUTTO

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    Giappone, prezzi produzione in moderazione ad aprile

    (Teleborsa) – Risultano inferiori alle attese i prezzi alla produzione in Giappone ad aprile 2023. Secondo la Bank of Japan, i prezzi di fabbrica hanno registrato un incremento del 5,8% su base annua, contro il +7,4% del mese precedente (dato rivisto da un preliminare di +7,2%). Gli analisti si attendevano un aumento del 7,1%.Su base mensile, i prezzi all’industria sono aumentati dello 0,2%, dopo il +0,1% di marzo (dato rivisto da un preliminare di +0%).I prezzi import hanno segnato una diminuzione dell’1,4% su base mensile e un aumento del 9,6% su base tendenziale. I prezzi export sono aumentati dello 0,6% su base mensile e cresciuti del 7,1% annuale. LEGGI TUTTO

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    Big Data: dentro al business del nuovo “oro nero” digitale

    (Teleborsa) – Cresce il mercato italiano dei big data che, nel 2022, – secondo i dati dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics della School of Management del Politecnico di Milano – vale circa 2,41 miliardi di euro (+20% rispetto al 2021). Per le imprese si tratta del nuovo “oro nero” digitale: una volta estratti e raffinati i dati possono, infatti, essere distribuiti e monetizzati. “In Italia, tuttavia, le aziende che noleggiano o vendono dati sono principalmente estere e, sebbene le regole ci siano, molto spesso agiscono in quello che può essere definito un vero e proprio Far west. Specialmente le aziende che operano al di fuori dell’Unione europea, molto spesso, fanno quello che vogliono”. A parlare è Vincenzo Augurio, chairman and Group CEO di Media Asset. Agendo nel rispetto delle norme che regolano il settore, la società – con 16 milioni di anagrafiche – vanta il database proprietario più grande d’Italia. Si tratta del primo network totalmente autonomo che gestisce milioni di dati proprietari, creatività e strategie di mercato in ambito liste Telemarketing, Mailing, Display, Mobile e Leads in tutti i settori. L’azienda conta oltre 30 portali web proprietari e con il marchio BigData.it gestisce miliardi di dati ed offre mezzi efficaci per raggiungere oltre 15 milioni di utenti in tutta Italia profilati per sesso, età, CAP, data di nascita, nome e cognome.In cosa consiste il vostro business?”Il nostro core business – spiega Augurio – è commercializzare anagrafiche. Offriamo servizi gratuiti su vari canali – dalla cucina alle petizioni, dai coupon al lavoro fino alle vacanze – in cambio di una registrazione sul portale. I dati di chi ci autorizza li commercializziamo, quelli di chi non lo fa li teniamo esclusivamente al fine dell’invio di newsletter e di informazioni sulla tematica oggetto del sito in questione. Gestiamo e noleggiamo questi dati per un singolo uso, non li vendiamo. Dai nostri cinque canali raccogliamo mediamente 5mila nuovi nominativi al giorno”. Quali dati comprende un’anagrafica?”Nome, cognome, sesso, data di nascita, città, provincia e cap. Questi sono i classici dato che prendiamo abbinati a indirizzo mail e numero di cellulare”.Qual è il costo di noleggio?”Mediamente 12 centesimi. Il noleggio consiste nel poter contattare un’utente una sola volta nell’arco di 3 mesi dopodiché l’anagrafica deve essere cestinata”.Come fate ad essere sicuri che tali dati non vengano utilizzato anche oltre il periodo di noleggio?”In ogni fornitura di dati inseriamo anche numeri di telefono nostri interni assegnando un nome e un cognome a ogni civetta. Se dopo la data di scadenze del noleggio arriva una chiamata a quei numeri sappiamo che la società in questione non sta rispettando i termini”. Accade spesso? “Con le grandi aziende non è mai capitato, con le piccole qualche volta capita. Succede più frequentemente con i call center”. Voi vi occupate direttamente di raccogliere il consenso al trattamento dei dati e fornite contatti di persone di cui avete l’autorizzazione. Con l’intervento del Registro pubblico delle opposizioni è diventata più complessa la gestione dei dati?”È diventata molto più complessa. Già mediamente per ogni Fub (modulo che permette l’import e l’export delle liste aggiornate dei nominativi che richiedono di non essere più contattati ndr) perdiamo circa il 10% degli utenti. Significa che se noi ne inviamo un milione le persone che possiamo noleggiare sono 900mila e il numero, purtroppo, man mano aumenta sempre di più ogni giorno che passa. Una volta fatto il Fub chi risulta iscritto al registro delle opposizioni lo mettiamo in una black list e non lo contattiamo più”. Ogni quanto aggiornate queste liste?”Se dobbiamo fare dieci forniture in un giorno significa che dobbiamo fare dieci controlli in un giorno. Lavorare come si deve in Italia ormai è diventato veramente pesante”. Sul fronte della cessione dei dati ci sono anche dei fornitori che non si comportano correttamente. Ad oggi c’è una sorta di far west in questo settore?”Assolutamente si. Purtroppo parecchi vendono i dati di un’azienda, oppure dati rubati, senza passare per il Registro delle opposizioni. Sul web veramente c’è di tutto”.L’utente quando firma o “flagga” il consenso ai propri dati ha modo di sapere se li sta cedendo a un’azienda seria o se questi dati faranno una brutta fine?”L’utente può verificare all’interno della privacy del sito se è indicato il dbo (database owner), se si tratta di un’ azienda italiana, se è registrata in Italia, in che modo avviene il trattamento dei dati. Deve essere indicato un indirizzo mail al quale poter inviare richieste e variare i consensi. Un’azienda serie deve mettere a disposizione tutti i canali per far sì che l’utente possa cancellarsi o modificare i propri dati quando lo desidera”. I dati vengono definiti il nuovo oro nero. In cosa consiste il loro valore?”Il valore vero e proprio deriva dal noleggio del dato. Noleggiando a una grande società 500mila anagrafiche si possono incassare 70mila euro al mese. E una volta raccolto il dato non ha più spese di investimento. Se un negozio ha mille maglie, una volta vendute non le ha più. Un’azienda che raccoglie dati e li noleggia ce li ha sempre”. Le aziende che noleggiano i dati li usano per attività di telemarketing?”Le aziende utilizzano i dati per effettuare chiamate nelle quali offrono, principalmente, servizi di energia, telefonia, finanziamenti. Ma noi non noleggiamo a tutti, esistono, infatti, dei servizi borderline”.Voi avete dei siti dove offrite contenuti in questo caso coupon eccetera male. Ad oggi tutto il mercato delle app è fatto per raccogliere dati “Noi non facciamo quel tipo di lavoro però li il guadagno avviene in maniera diversa. Loro riescono a vedere uno dove si trova riescono ad ascoltare la voce a profilare l’utente tipo io dico parlo con mia moglie di batteria di pentole e guarda caso esce la pubblicità delle pentole “.Quando, visitando i siti internet, si autorizzazioni i cookies cosa accade invece?”I cookies servono per tracciare i siti visitati dall’utente e rivendere la pubblicità in base agli interessi. Se visita un sito di scarpe di un certo marchio verranno inviate all’utente pubblicità di quel prodotto. Il principio è lo stesso ma il valore di questi dati è molto inferiore perché non vi è un’anagrafica completa ma solo un indirizzo IP. Il valore più alto ce l’hanno le anagrafiche profilate come quelle raccolte dai comparatori relative, ad esempio, alla richiesta di offerte di gas e luce, che possono arrivare a costare anche 10-11 euro l’una in quanto, di fatto, si tratta di richieste di preventivo”.C’è un mercato anche della vendita delle anagrafiche?”Sì ma noi non le vendiamo. Il costo di vendita è di circa 10 centesimi. È inferiore al costo del noleggio perché c’è un mercato parallelo: se io vendo un’anagrafica non la vendo a una sola azienda, la posso vendere a 50 aziende. E questo è il problema che è nato in Italia: in questo modo un utente non sa più a chi rivolgersi per cancellare le autorizzazioni. Per legge bisognerebbe informare l’utente che si sta cedendo la sua anagrafica a una certa azienda e fargli firmare il relativo consenso ma quel tipo di mercato molte volte è illegale”.Voi dovete fate firmare a parte anche il consenso per la cessione dei dati a terzi?”Assolutamente sì. Si tratta di quattro flag. Per utilizzare i nostri servizi è necessario dare il consenso a termini e condizioni e alla privacy. Con quei due l’unica cosa che si può fare è inviare una newsletter. Un terzo flag ci consente di mandare la pubblicità ma non di cedere i dati e il quarto ci consente di cedere il dato. Il 70% degli utenti dà l’autorizzazione a tutti e quattro”.Fate una verifica sulle società a cui noleggiate i dati?”Facciamo una visura camerale, anche se nel 90% dei casi lavoriamo con grandi aziende molto note. Lo facciamo per i piccoli call center e non noleggiamo dati all’estero, soprattutto in Albania, per evitare di noleggiare ad aziende che una volta acquisiti i dati poi li rivendono 20 volte”.Ci sarebbe bisogno di regolamentare meglio il settore?”È stato appena siglato il Codice di autocondotta che prevede diversi requisiti tra cui il fatto che un’azienda deve essere italiana. Le regole stanno cambiando. Recentemente abbiamo fatto una riunione con il Mise per il Registro delle opposizioni”.Perché è importante che le aziende che trattano dati siano italiane?”È importante che le aziende che fanno dati abbiano server in Italia e certificati ISO 9001 e ISO 27001. In questo caso quando un utente si iscrive viene messo un ‘timbro’ direttamente sul server. In tal modo rimane traccia del fatto che l’utente abbia dato o meno le autorizzazioni al trattamento dei propri dati. Nel caso dei call center esteri il Garante non può vedere il dato sul server ed effettuare tale controllo”.Sul fronte del Registro delle opposizioni a suo avviso cosa andrebbe cambiato?”Sono talmente poche le aziende che lo usano che non funziona. Mediamente lo usa solo il 10% delle aziende iscritte”. E le aziende che non lo usano non incorrono in sanzioni?”Le sanzioni ci sono ma molto spesso le aziende che non rispettano le regole non vengono beccate perché stanno all’estero. Ci sono operatori illegali, prestanome. Vi sono poi delle vere e proprie truffe. Call center che chiamano per proporre offerte o servizi spacciandosi per qualcun altro al solo scopo di farsi mandare dei soldi o di far cambiare operatore telefonico a un cliente paventando un aumento della tariffa dell’operatore concorrente”. LEGGI TUTTO