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    USA, richieste di mutui settimanali in aumento dello 0,5%

    (Teleborsa) – Aumentano per la seconda settimana consecutiva le domande di mutuo negli Stati Uniti. Nella settimana al 16 giugno 2023, l’indice che misura il volume delle domande di mutuo ipotecario registra una crescita dello 0,5%, dopo il +7,2% della settimana precedente.L’indice relativo alle richieste di rifinanziamento è diminuito del 2%, mentre quello relativo alle nuove domande registra un incremento dell’1,5%.Lo rende noto la Mortgage Bankers Associations (MBA), indicando che i tassi sui mutui trentennali sono scesi, attestandosi al 6,73% dal 6,77% della settimana precedente. LEGGI TUTTO

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    Caro mutui, Giorgetti: pericolo stretta del credito, banche collaborino

    (Teleborsa) – Ci sono un po’ di temi su cui credo che ci debba essere la collaborazione di tutti e quindi anche del sistema bancario, soprattutto guardando in avanti, quindi c’è il problema degli interessi sui mutui e particolare, quelli a tasso variabile”. Così il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti a margine dell’ incontro con il comitato esecutivo dell’ABI, non nasconde la preoccupazione per il rischio di ‘stretta’ creditizia. “C’è un problema di un pericolo concreto di stretta creditizia in base anche a tutto quello che arriva dal regolatore da sopra e quello che accadrà fino a giugno” quando cioè avrà effetto il nuovo rialzo dei tassi BCE.Secondo il ministro inoltre “esiste complessivamente la necessità del sistema bancario di aiutare in questa fase di incertezza e di transizione l’economia italiana e soprattutto l’economia reale”.Il ministro ha incontrato l’esecutivo a pochi giorni dall’assemblea dell’Abi che si terrà il 5 luglio a Roma e alla quale, tradizionalmente, partecipa sia il responsabile del dicastero dell’economia sia il governatore della Banca d’Italia. Nel scorse settimane Giorgetti, escludendo l’ipotesi di una tassa sugli extraprofitti, aveva chiesto alle banche di adeguare verso l’alto i tassi sulla raccolta. Un invito arrivato peraltro anche dalla Bce. LEGGI TUTTO

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    Superbonus, ANCE: 30 miliardi di crediti incagliati, trovare soluzioni

    (Teleborsa) – “Vanno trovate soluzioni efficaci per i crediti incagliati che secondo stime ufficiali ammontano ormai a 30 miliardi. Purtroppo quello che temevamo è accaduto: le soluzioni messe in campo, diverse da quelle che avevamo proposto con Abi, sono miseramente fallite. Anzi non sono mai partite. Nel frattempo gli speculatori stanno lucrando sulle spalle di imprese e cittadini ormai estenuati”. Così la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, nella relazione all’assemblea dell’Ance. “Mi chiedo quanto ancora si vuole aspettare prima di intervenire per onorare gli impegni presi – ha aggiunto -. Naturalmente, visti i ritardi accumulati su moltissimi lavori, è assolutamente necessario offrire una proroga al completamento dei cantieri in corso”. “Non stiamo chiedendo concessioni al settore – ha concluso -, ma soluzioni per evitare una marea di fallimenti, contenziosi e disagi per i cittadini”.Sul superbonus: “al di là dei proclami e dei fanatismi delle opposte fazioni, andrebbe finalmente analizzato con lucidità e buon senso per recuperare gli elementi che hanno funzionato davvero e che possono ancora funzionare in futuro. Per noi è sempre stato chiaro che si trattava di una misura straordinaria con un tempo limitato, nata per rilanciare l’economia in un periodo di gravissima crisi. Non possiamo rinnegare i benefici che questo strumento ha prodotto sulla nostra economia”, sottolinea ancora Brancaccio. “Ci sono stati abusi, anche se molto meno di altri bonus, e il numero delle imprese nate in un anno per approfittare del nuovo business ci deve insegnare che non si può prescindere in futuro da una qualificazione non solo del settore, ma anche del mercato e dalla tutela delle imprese con un’elevata professionalità ed esperienza – ha concluso -. Ripartiamo quindi da un nuovo modello di incentivi fiscali efficaci e sostenibili con un orizzonte di lungo periodo e la giusta dose di risorse pubbliche che vanno previste già nella prossima legge di bilancio””Nel biennio 2021-2022 la crescita italiana è stata quasi l’11%, un punto e mezzo sopra alla media Ue e il doppio della Germania. Una crescita che, come ha evidenziato lo stesso Ministero dell’Economia, nella relazione depositata in Parlamento un mese fa, è stata trainata per oltre la metà dal settore delle costruzioni”. “Possiamo dire senza paura di essere smentiti che rimettendo in moto la lunga filiera Made in Italy delle costruzioni si è evitata quella che poteva essere una pesante recessione post pandemica e si è dato vita a un percorso di crescita che non vedevamo da più di un decennio – ha aggiunto -. Ci è toccato, quindi, un compito fondamentale per il nostro futuro. Proprio a noi che a fatica stavamo venendo fuori da una crisi devastante con migliaia di imprese e oltre 600 mila lavoratori persi. Non è stato facile reagire così velocemente, dopo anni di lavori a singhiozzo”Sul PNRR “non è solo risorse. Alcune riforme attese da anni sono in dirittura d’arrivo. Speriamo non si fermino all’ultimo miglio dei decreti attuativi. Si torna ad aprire cantieri e tante opere ferme da tempo stanno finalmente per essere realizzate”. “È ormai chiaro che la vulgata che vedeva in ritardo le infrastrutture rispetto ad altre voci del Piano era del tutto infondata. La relazione sullo stato di attuazione del Pnrr del Ministro Fitto conferma le nostre analisi e cioè che i cantieri sono quelli che viaggiano più veloci – ha aggiunto -. La spesa nelle costruzioni, anche al netto dei bonus, è infatti al 9%, mentre è al 3% per le altre misure. Ma al di là delle percentuali e delle innegabili criticità nell’attuazione del Piano dobbiamo avere ben chiari i nostri obiettivi”. “In gioco c’è molto di più di scadenze e parametri – ha concluso Brancaccio -. In gioco ci siamo noi, i nostri figli”. LEGGI TUTTO

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    Autostrade per l’Italia celebra 60 anni dal primo Eurobond

    (Teleborsa) – Autostrade per l’Italia celebra 60 anni dall’emissione del primo Eurobond nella storia dei mercati finanziari, con un evento organizzato dalla Borsa di Lussemburgo. La società ha di fatto aperto per prima il mercato a questi innovativi strumenti finanziari e, oggi, è ancora protagonista nel campo della Finanza sostenibile nel quadro di un ingente piano per rigenerare il sistema infrastrutturale in Italia. “Autostrade è stata pioniera nel mondo della Finanza aprendo nel 1963 il mercato degli Eurobond per finanziare, con uno strumento innovativo, la costruzione della rete autostradale del Paese – ha dichiarato il CFO di Autostrade per l’Italia Piergiorgio Peluso – la nostra priorità oggi è coprire tutte le esigenze di rifinanziamento della Società impegnata nell’ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture sviluppate negli anni ’60 e ’70, per rispondere alle esigenze presenti e future della mobilità, sempre più sicura, innovativa e green. Il nostro impegno – prosegue Peluso – è mantenere la credibilità acquisita negli anni da Autostrade sui mercati internazionali del debito, mantenendo una sana ed equilibrata struttura finanziaria, riconosciuta a livello investment grade dalle principali agenzie di rating”.La storia, il Piano di sviluppo del sistema autostradale degli anni ’60 – Negli anni ’60 l’Italia vide un traffico in fase di rapidissima espansione: il “Piano di sviluppo del sistema autostradale” prevedeva ingenti investimenti per completare la ramificazione delle autostrade del Paese, attraverso la realizzazione di una linea tirrenica, una infrastruttura centrale e una direttrice adriatica. La A1 Milano-Napoli, spina dorsale del Paese di quasi 800 chilometri, fu realizzata in tempi da record in soli 8 anni con soluzioni ingegneristiche all’avanguardia. In questo contesto, a luglio 1963, fu proprio Autostrade a emettere il primo “Eurobond” della storia dei mercati finanziari. Si trattava di un prestito obbligazionario quindicennale, con un rendimento a un tasso fisso del 5,5%, di 15 milioni di USD. Il bond era garantito dall’IRI e collocato sul mercato europeo.La sfida oggi – Come negli anni ’60 il mondo della mobilità sta attraversando una fase di nuovi profondi e rapidi cambiamenti: dalla rivoluzione tecnologica trainata dalla transizione energetica, allo sviluppo di tecnologie di supporto al guidatore fino alla guida assistita, autonoma e connessa. Oggi Aspi sta mettendo a terra un ingente piano per continuare ad ammodernare e potenziare la rete con l’obiettivo di allungare la vita utile delle infrastrutture, rafforzandone la resilienza. Per questo Autostrade ha emesso nel corso del 2023 due Sustainability Linked Bond il cui margine è legato al raggiungimento di specifici obiettivi relativi alla riduzione di emissioni di gas serra e all’installazione di punti di ricarica per veicoli elettrici lungo la rete autostradale. LEGGI TUTTO

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    Condizionatori, calano i costi in bolletta: -43% rispetto allo scorso anno

    (Teleborsa) – Quest’anno chi sceglierà di accendere l’aria per combattere il caldo dovrà mettere a budget – considerando le tariffe luce attuali – circa 124 euro, il 43% in meno rispetto allo scorso anno. È quanto emerge da un’analisi di Facile.it. Un vero sollievo per gli oltre 26 milioni di italiani che, secondo l’indagine commissionata da Facile.it a EMG Different, hanno un condizionatore in casa e, in particolare, per i 2 milioni di proprietari che, scottati dalla bolletta dello scorso anno, hanno dichiarato di non volerlo accendere.Se il prezzo dell’energia quest’anno sarà più clemente di quanto non sia stato lo scorso, è importante fare attenzione a come si usa l’apparecchio perché cattive abitudini potrebbero comunque avere un impatto negativo in bolletta. Per aiutare i consumatori, Facile.it ha realizzato un breve vademecum con alcuni consigli pratici per ridurre le spese, ma soprattutto gli sprechi, e risparmiare sul conto finale.La classe energetica fa la differenza – Il primo elemento da tenere in considerazione se si vuole risparmiare è scegliere con attenzione la classe energetica del condizionatore; migliore è l’efficienza dell’apparecchio, minori saranno i consumi. Chi è alle prese con l’acquisto, quindi, farebbe bene ad optare per un modello di classe A o superiore in modo da ridurre notevolmente il peso in bolletta; numeri alla mano, passare da un condizionatore di classe B ad uno di classe A++ significa ridurre il costo di circa il 40% all’anno (all’incirca 50 euro). Occhio, però, alle etichette energetiche; se è vero che a partire dal 2021 è entrata in vigore la nuova classificazione per molti degli elettrodomestici che utilizziamo all’interno delle mura domestiche, è altrettanto vero che la novità non ha ancora interessato il mondo dei climatizzatori.Chi ha già un condizionatore datato, invece, può sfruttare le detrazioni fiscali: cambiando un vecchio impianto si può godere di bonus fino al 65%.Freddo sì, ma non polare – Scegliere la temperatura corretta può sembrare una banalità ma non lo è: mantenere la temperatura troppo bassa non solo fa male alla salute, ma è anche uno spreco di denaro. Impostare 6-8 gradi in meno rispetto all’esterno è l’ideale e, se l’apparecchio ne è dotato, meglio ancora usare la funzione di deumidificazione; questa scelta permette di alleggerire la bolletta fino al 13%.Condizionatore inverter – Un altro consiglio da tenere a mente è quello di valutare l’istallazione di un condizionatore inverter, apparecchio che – a differenza di quello tradizionale – una volta raggiunta la temperatura ideale, rallenta la velocità del motore e funziona al minimo, evitando il consumo di energia necessario per fermarsi e ripartire. Scegliere questa tipologia di climatizzatore permette un risparmio energetico del 30% rispetto ad uno standard.L’importanza della manutenzione – Sottovalutare la manutenzione dell’impianto e la pulizia dei filtri può costare caro alla salute e al nostro portafogli tanto che, utilizzando un apparecchio mal conservato, possiamo arrivare a spendere fino all’8% in più.Il buon senso non guasta mai – Tenere le finestre aperte quando l’aria condizionatore è in funzione è una noncuranza che può rivelarsi dannosa per il conto finale. Per evitare sprechi di corrente (e di denaro), quindi, quando accendiamo il climatizzatore è bene verificare che il fresco non venga disperso. Oltre a chiudere le finestre, è utile anche abbassare le tapparelle per non far entrare il calore delle ore più calde e fare attenzione alle porte delle altre stanze; lasciarle aperte quando non necessario, disperdendo così il fresco, può incidere sino al 6% sui consumi.Funzione sleep – Durante le ore notturne, in alternativa alla deumidificazione, è bene preferire la funzione apposita per la notte oppure programmare in maniera corretta e sensata la temperatura e l’eventuale spegnimento dell’apparecchio; in questo modo la riduzione degli sprechi arriva al 10%. LEGGI TUTTO

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    INPS, nel 2022 lavoratori domestici in calo

    (Teleborsa) – Nell’anno 2022 i lavoratori domestici contribuenti all’Inps sono stati 894.299, con un decremento rispetto al 2021 pari a -7,9% (-76.548 lavoratori), dopo gli incrementi registrati nel biennio 2020-2021 dovuti a una spontanea regolarizzazione di rapporti di lavoro per consentire ai lavoratori domestici di recarsi al lavoro durante il periodo di lockdown e all’entrata in vigore della norma che ha regolamentato l’emersione di rapporti di lavoro irregolari. Lo stesso fenomeno si è registrato negli successivi al 2009 e al 2012 , anni in cui sono entrate in vigore regolarizzazioni di lavoratori, sia comunitari che extracomunitari. È quanto emerge dai dati dell’Osservatorio Inps.Dalla serie storica degli ultimi sei anni, si nota – si legge – che il trend decrescente fino al 2019 del numero di lavoratori domestici, riscontrato nel complesso, è simile tra maschi e femmine, anche se la composizione per genere evidenzia una netta prevalenza di femmine, il cui peso sul totale è aumentato nel corso del tempo ed ha raggiunto nel 2019 il valore massimo degli ultimi sei anni, pari all’88,6%. Il peso delle lavoratrici, con l’incremento di lavoratori del biennio 2020-2021, è diminuito e nel 2022 si attesta all’86,4%, mentre i maschi, scendendo nel 2022 sotto le 122mila unità, fanno registrare un decremento di oltre il 18% rispetto al 2021. Nel 2022 la distribuzione territoriale dei lavoratori domestici in base al luogo di lavoro evidenzia che il NordOvest è l’area geografica che, con il 30,8%, presenta il maggior numero di lavoratori, seguita dal Centro con il 27,2%, dal Nord-Est con il 20,3%, dal Sud con il 12,4% e dalle Isole con l’9,3%. La regione che presenta il maggior numero di lavoratori domestici, sia per i maschi che per le femmine, è la Lombardia, con 174.613 lavoratori nel 2022, pari al 19,5%, seguita dal Lazio (13,8%), dall’Emilia Romagna (8,8%) e dalla Toscana (8,7%). In queste quattro regioni si concentra poco più della metà dei lavoratori domestici in Italia.La composizione dei lavoratori per nazionalità evidenzia una forte prevalenza di lavoratori stranieri, che nel 2022 risultano essere il 69,5% del totale, quota che fa riprendere il trend decrescente, sospeso dopo 9 anni nel 2021. Nell’ultimo anno, infatti, il numero dei lavoratori stranieri è diminuito del -8,4% rispetto all’anno precedente, come si registra una diminuzione dei lavoratori italiani pari al -6,6%. Quanto alla distribuzione regionale per nazionalità, nel 2022 si osserva che la regione con il maggior numero di lavoratori domestici stranieri è la Lombardia, con 140.656 lavoratori (il 22,6% del totale dei lavoratori domestici stranieri), a seguire il Lazio (15,9%) e l’Emilia-Romagna (10,1%); la maggior parte dei lavoratori domestici italiani, invece, lavora in Sardegna (14,5% del totale dei lavoratori domestici italiani). Rispetto alla zona di provenienza nel 2022 l’Europa dell’Est continua ad essere la zona geografica da cui proviene la maggior parte dei lavoratori domestici con 316.817 lavoratori pari al 35,4% del totale dei lavoratori domestici, seguiti dai 272.583 lavoratori di cittadinanza italiana (30,5%), dai lavoratori del Sud America (7,8%) e dell’Asia Orientale (6,8%). Dieci anni fa la quota di lavoratori dell’Est europeo era pari a 44,5% contro il 21,2% dei lavoratori italiani.Analizzando i dati dei lavoratori domestici per tipologia di rapporto e zona geografica di provenienza, si osserva una prevalenza della tipologia di lavoro “Colf”, che nel 2022 interessa il 52% del totale dei lavoratori, contro il 48% della tipologia “Badante”, dieci anni fa la quota delle colf era decisamente maggioritaria, con il 61,4% dei lavoratori. La tipologia “Colf” è prevalente tra i lavoratori italiani e quasi tutti i lavoratori stranieri, ad eccezione di quelli provenienti dall’Europa dell’Est, dall’Asia Medio Orientale e dall’America Centrale, in cui prevale la tipologia “Badante”. Nel 2022 il numero di badanti, rispetto all’anno precedente, registra un decremento pari a -5,6%, che interessa tutte le zone di provenienza, la diminuzione più elevata riguarda i lavoratori provenienti dall’America del Nord (-20,8%). Risulta essere maggiore la diminuzione del numero di colf con -9,9%, in particolare dei lavoratori provenienti dall’Africa del Nord (-25,0%) e dall’Asia Orientale (+17,9%), mentre il minor decremento viene fatto registrare da quelli provenienti dalle Filippine (-3,2%). Sempre nel 2022, la classe d’età “50-54 anni” è quella con la maggior frequenza tra i lavoratori domestici, con un peso pari al 17,2% del totale, mentre il 21,4% ha un’età pari o superiore ai 60 anni e solo il 1,9% ha un’età inferiore ai 25 anni.Complessivamente nel 2022 i lavoratori domestici sotto i 45 anni rappresentano il 30,2% del totale, dieci anni fa i domestici sotto i 45 anni erano quasi la metà (49,7%). L’analisi dei dati sulle retribuzioni nel 2022 evidenzia che il gruppo più numeroso dei lavoratori domestici ha una retribuzione annua dai 13.000 euro in poi (130.478 lavoratori pari al 14,6% del totale). La stessa situazione si verifica sia per le femmine (14,9%), che per i maschi (12,3%). Le femmine in media hanno una retribuzione più alta rispetto ai maschi, infatti sotto i 5.000 euro l’anno si colloca il 46,5% dei domestici maschi, contro il 39,7% delle femmine. LEGGI TUTTO

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    UK, prezzi produzione maggio -0,5% mese +2,9% anno

    (Teleborsa) – Giungono dati positivi dai prezzi alla produzione del Regno Unito nel mese di maggio 2023. Secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica (ONS), l’indice dei prezzi alla produzione (output) è sceso dello 0,5% su base mensile, contro aspettative di mercato per un calo dello 0,1% e rispetto al -0,2% del mese precedente (rivisto da un preliminare di +0%). A livello annuale, si è registrata una variazione positiva del 2,9%, contro il +5,2% del mese precedente (rivisto da un preliminare di +5,4%) e il +3,6% atteso dal mercato. L’indice core, al netto di cibo, bevande, tabacchi e petrolio, è sceso su mese dello 0,3% (+0% ad aprile) e salito su base annuale del 4,1% dal +6% precedente. LEGGI TUTTO

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    UK, inflazione core maggio sale al 7,1%: record dal 1992 e attese deluse

    (Teleborsa) – Giungono dati deludenti dall’inflazione nel Regno Unito a maggio 2023. Secondo il report mensile dell’Office for National Statistics (ONS), i prezzi al consumo segnano una crescita dell’8,7% su base annua, uguale al +8,7% del mese precedente ma superiori rispetto al +8,4% atteso dagli analisti.L’aumento dei prezzi dei viaggi aerei, dei beni e servizi ricreativi e culturali e delle auto di seconda mano ha comportato i maggiori contributi al rialzo dei tassi annuali dell’inflazione, spiega l’ONS. Il calo dei prezzi dei carburanti ha portato il maggior contributo al ribasso, mentre i prezzi dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche sono aumentati a maggio 2023, ma in misura inferiore rispetto a maggio 2022, determinando un allentamento delle tariffe annuali.Su base mensile l’inflazione ha registrato un incremento dello 0,7%, dopo il +1,2% del mese precedente (+0,5% atteso).Il dato core dell’inflazione, che esclude le componenti più volatili quali cibo e carburanti, sale al +7,1% contro il +6,8% del mese precedente (+6,8% le attese). Si tratta del tasso più alto dal marzo 1992. Su base mensile si registra un +0,8% (+0,6% le attese del mercato) e rispetto al +1,3% precedente. LEGGI TUTTO