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    Come cresce l’export agroalimentare italiano: la fotografia ISMEA

    (Teleborsa) – Numeri decisamente positivi per l’export agroalimentare italiano che è cresciuto del 7,6% all’anno negli ultimi 10 anni: un incremento medio annuo superiore a quello mondiale, pari al +5,6% nel decennio. E, per l’agroalimentare made in Italy, la quota di mercato è passata dal 2,8% del 2012 al 3,4% nel 2022.È la fotografia scattata dal rapporto sull’Agroalimentare italiano presentato oggi a Roma da Ismea. Il peso dell’export tricolore sulle spedizioni comunitarie si attesta al 10%, al pari di quello spagnolo, più contenuto di quello francese e tedesco. Ma in generale, e presso la quasi totalità dei principali paesi acquirenti, l’Italia ha migliorato il suo posizionamento competitivo. Nel triennio più recente, tra il 2019 e il 2022, le esportazioni agroalimentari italiane sono aumentate del 34%, superando il record di 60 miliardi di euro nel 2022 e, nello stesso periodo, le importazioni sono cresciute del 37%. La bilancia commerciale agroalimentare, aggiunge Ismea, è migliorata nel triennio, con il saldo in attivo nel 2020 e nel 2021; mentre nel 2022 il saldo è tornato in negativo, anche se di poco. Nel confronto con i partner europei, il settore agroalimentare tedesco è quello che mostra il maggior livello d’integrazione commerciale internazionale; la Francia, al contrario, è il paese più orientato al proprio mercato interno (vini a parte). LEGGI TUTTO

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    Ex Ilva, Bernabè: futuro del sito molto incerto, rischio imminente di stop fornitura gas

    (Teleborsa) – Il presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè, ha avvertito che l’ex Ilva corre il “rischio imminente” di un’interruzione della fornitura di gas. Serve infatti un pagamento di 100 milioni di euro al fornitore, come caparra, che Acciaierie d’Italia “non è in grado di fare”, ha spiegato Bernabè nel corso di un’audizione nella commissione Attività produttive della Camera sulle prospettive del sito siderurgico di Taranto. Bernabè ha riferito che lo scorso anno la società ha accumulato un “debito rilevante con i fornitori di energia” che l’ha costretta a ridurre i livelli produttivi.Sulla vicenda dell’ex Ilva c’è un “senso di urgenza” in quanto è “tra le situazioni più complesse” dell’industria italiana, ha spiegato il presidente di Acciaierie d’Italia, sottolineando che “la situazione si è aggravata con la crisi energetica del 2022” e che la guerra in Medio Oriente “con l’aumento del costo dell’energia, in particolare del gas, rischia di far precipitare la situazione”. Bernabè ha spiegato che un fallimento della società è “difficile, ma rischia di spegnersi per consunzione”. “Nel 2022 – ha aggiunto – sono stati rinnovati gli accordi tra gli azionisti al 2024 e quando scadono questi accordi la società può andare in liquidazione”. Acciaierie d’Italia, ha sottolineato, “è una società che lavora con la cassa che viene generata con il ciclo di produzione. Questo giro di cassa ogni volta perde un pezzo, che va ad investimenti, ad altri fabbisogni e non può essere usata per comprare materie prime. A ogni giro di produzione diminuisce la cassa disponibile per circolante”.Il fattore tempo è “il nemico più temibile” per il rilancio del sito siderurgico di Taranto. “I ritardi accumulati rendono molto incerto il futuro del sito – ha spiegato Bernabè – spetta agli azionisti, pubblico e privato, intervenire tempestivamente per garantire le risorse necessarie al rilancio. Spetta agli azionisti trovare la modalità di governance che garantisca un equilibrio tra le esigenze dei due soci. Per parte mia ho cercato in ogni circostanza di rappresentare la natura delle difficoltà con cui la società si confronta; di descrivere il percorso attraverso il quale si può arrivare a rendere compatibile la produzione di acciaio con la tutela dell’ambiente; di sollecitare tutti i soggetti interessati a una forte azione di sostegno per rendere possibile il perseguimento degli ambiziosi obiettivi che la società si è data e che la comunità di Taranto si aspetta. Di più non posso fare dati i limiti del mio ruolo. Per questa ragione ho messo a disposizione del Governo il mio mandato in modo da lasciare la più totale libertà per intervenire nelle forme e nei modi che riterrà opportuno”.Intanto Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs e Uiltrasport hanno fatto sapere che anche i lavoratori dei servizi in appalto di pulizie civili e industriali e della ristorazione negli stabilimenti ex Ilva e dell’indotto di tutta Italia parteciperanno alla giornata di sciopero e alla mobilitazione del 20 ottobre, indette dal coordinamento nazionale Fim, Fiom e Uilm di Acciaierie d’Italia e dai sindacati di categoria degli appalti. Sono oltre 20mila gli addetti coinvolti dalla vertenza, di cui circa 2.000 riconducibili ai servizi in appalto. “La vertenza – sostengono le categorie – è ancora irrisolta dopo dieci anni e non si può più aspettare. Per il futuro delle Acciaierie Italia ex Ilva e per salvare migliaia di posti di lavoro è indispensabile cambiare rotta e gestione dell’intero gruppo, per realizzare un piano industriale ed ambientale concreto ed efficace”. LEGGI TUTTO

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    Riforma Patto di Stabilità, Dombrovskis fissa il perimetro

    (Teleborsa) – Con la riforma del Patto di stabilità e di crescita “è cruciale raggiungere consensus su regole realistiche e, anche dato il contesto attuale di alti tassi, dobbiamo riportare le finanze pubbliche in carreggiata mentre assicuriamo risorse per gli investimenti”. Lo ha affermato il Vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis nella conferenza stampa al termine dell’Ecofin. “La situazione geopolitica – ha aggiunto in riferimento alla tensione in Medio Oriente e alla guerra in Ucraina – resta altamente incerta”.La Commissione Europea non vede margini per concordare una “golden rule” sugli investimenti, nella riforma del Patto di stabilità e di crescita, e il vicepresidente Valdis Dombrovskis ribadisce che il 3% sul deficit-PIL “è effettivamente il limite massimo, e non un obiettivo”, peraltro la proposta della Commissione “mantiene questa logica”, ha detto Dombrovskis a margine dell’Ecofin durante il quale si è tornati a discutere della revisione delle regole Ue sui conti pubblici. Incalzato sulle richieste di “golden rule”, cioè di scomputo delle spese per investimenti di altro tipo dal calcolo dei deficit, “la proposta della Commissione prevede già degli incentivi per gli investimenti, se vanno in linea con le priorità Ue – ha risposto -. Consente agli Stati membri di estendere il periodo di aggiustamento da quattro fino a sette anni”. “Al tempo stesso stiamo ascoltando attentamente le discussioni tra i paesi membri e sulle nuove possibilità. Da quello che sentiamo – ha affermato – non ci sta nessun consenso vicino sulla cosiddetta golden rule”. Dombrovskis è stato poi interpellato sulle dichiarazioni del ministro delle Finanze della Germania, Christian Lindner, che ha rimarcato come il 3% al deficit-Pil vada inteso come un limite massimo (il tedesco ha anche chiesto di creare un requisito supplementare al ribasso per “i tempi normali”). “Vorrei sottolineare che il 3% è effettivamente un limite massimo nel sistema attuale”. E non un obiettivo: “nel sistema attuale gli obiettivi sono quelli strutturali di medio termine – ha ricordato -. Il 3% è il limite e la nostra proposta mantiene questa logica. Quindi mentre gli Stati membri attuano i loro piani, che devono portare il deficit su una traiettoria di calo sostenibile, devono prudentemente mantenere i disavanzi sotto il 3% del PIL”.Sulla riforma del Patto di stabilità e di crescita, all’Ecofin “i ministri hanno espresso i loro punti di vista in maniera costruttiva e hanno mostrato determinazione a raggiungere un accordo” per la fine dell’anno. Lo ha riferito Nadia Calvino, vicepremier e ministro delle Finanze della Spagna, paese che ha la presidenza di turno dell’Ue, nella conferenza stampa al termine dell’Ecofin. Oggi “abbiamo ascoltato tutti e penso che ci siamo capiti meglio. Lavoreremo intensamente per raggiungere un accordo prima della fine dell’anno”, ha concluso LEGGI TUTTO

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    Impianti fotovoltaici, l’appello di Federbeton e Anepla: “Velocizzare gli iter burocratici per l’installazione”

    (Teleborsa) – Iter burocratici più veloci per gli impianti fotovoltaici, per favorire la transizione verso le energie rinnovabili in Italia. È questa la richiesta alle istituzioni avanzata da Federbeton, Federazione che riunisce i produttori di cemento e calcestruzzo, e Anepla, che rappresenta il settore dei produttori estrattori lapidei ed affini. Una leva, quella del fotovoltaico, […] LEGGI TUTTO

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    Mercato elettrico UE, Pichetto: sulla riforma si punta a chiudere oggi

    (Teleborsa) – Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha dichiarato che sulla riforma del mercato europeo dell’elettricità “la discussione è aperta rispetto al disaccoppiamento tra il prezzo del gas e quello dell’energia elettrica, che è generata ormai in gran parte da fonti rinnovabili o nucleare”. “La speranza – ha spiegato parlando con la stampa a margine della riunione del Consiglio Energia dell’Ue, in corso oggi a Lussemburgo – è quella di riuscire a trovare entro la giornata un punto di convergenza fra le varie posizioni. Il tentativo è quello di chiudere oggi”. “Naturalmente – ha aggiunto Pichetto – c’è una proposta della Commissione, e si sta dibattendo su alcuni punti sui quali non si è ancora trovata la convergenza. Quindi è chiaro che tutti devono fare un passo avanti, o tutti un passo indietro, per riuscire a trovare un punto di equilibrio”. Il ministro ha fatto sapere di aver anche chiesto di rinnovare il meccanismo del “price cap” del gas, che era stato stabilito dall’Ue con un regolamento approvato nel dicembre 2022, valido un anno, e applicato a partire dal 15 febbraio scorso. La Commissione deve decidere se chiedere la proroga del meccanismo entro il prossimo primo novembre. Sui prezzi del gas, a causa del conflitto tra Hamas e Israele “c’è un’attenzione molto elevata, anche perché abbiamo visto quali sono già state le conseguenze della nuova guerra in Medio Oriente, con un rincaro del gas molto rilevante. E anzi questo è uno dei motivi, il motivo principale – ha affermato Pichetto – per cui io ho chiesto già questa mattina, e ho annunciato che formalmente lo farò questo pomeriggio, che venga rinnovato il price cap, che è un po’ questa clausola di riserva qualora, a fianco di quello che è un aumento del costo della materia prima, dovessero agganciarsi anche operazioni speculative, come rischio ordinario”.Quanto alla convergenza tra gli Stati membri sulla proroga del “price cap”, il ministro ha dichiarato di dover ancora verificare “eventuali dissensi” ma si è detto “fiducioso”: “è una clausola di garanzia per tutti, non è solo per l’Italia, è per tutta Europa”.Il ministro nel suo intervento in Consiglio ha indicato gli “elementi molto importanti e fortemente voluti dall’Italia” che contiene il testo della proposta di riforma del mercato elettrico, presentato dalla Commissione: innanzitutto, “il rafforzamento degli strumenti di lungo termine, Contratti per Differenza e PPA (‘Power Purchase Agreements’, ndr), per fornire gli adeguati segnali di prezzo per lo sviluppo di nuovi impianti, rinnovabili e nucleari. Questo promuove anche il desiderato disaccoppiamento di tali tecnologie inframarginali dal prezzo del gas naturale”. In secondo luogo, ha aggiunto Pichetto, “il focus sugli strumenti dedicati allo sviluppo della necessaria capacità flessibile, quale quella di accumulo di grandi dimensioni”. Infine, “il riconoscimento del ruolo strutturale dei meccanismi di capacità per l’adeguatezza, per cui ribadiamo la necessità di una semplificazione delle procedure di aggiornamento”. LEGGI TUTTO

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    Imposta europea sui grandi patrimoni, OXFAM lancia raccolta firme per ridurre le disuguaglianze

    (Teleborsa) – Parte oggi, in Italia, la raccolta firme #LaGrandeRicchezza, lanciata da Oxfam a supporto dell’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE), per chiedere alla Commissione UE l’istituzione di un’imposta europea sui grandi patrimoni, che in Italia, a titolo esemplificativo, potrebbe essere rivolta al solo 0,1% più ricco della popolazione con un patrimonio netto individuale sopra i 5,4 milioni di euro. Una misura il cui gettito verrebbe indirizzato al finanziamento degli investimenti per sostenere l’inclusione sociale e una transizione ecologica giusta nei Paesi membri dell’Unione, per la finanza climatica e a integrazione degli stanziamenti UE per le politiche di cooperazione internazionale allo sviluppo. La raccolta firme collegata alla campagna europea Tax The Rich e promossa in Italia da Oxfam in collaborazione con Campagna Sbilanciamoci, NENS, Rosa Rossa e Tax Justice Italia, ha di fronte a sé un obiettivo ambizioso: raggiungere in un anno 1 milione di sottoscrizioni da parte dei cittadini di almeno sette Paesi dell’Unione con quorum nazionali – 53.580 firme per l’Italia – proporzionali al numero degli eletti al Parlamento europeo in ciascun Paese membro dell’Unione.”Un milione di firme sono una grande sfida, ma l’occasione è imperdibile. Noi tutti abbiamo l’opportunità di chiedere alla Commissione UE di prendere in esame l’introduzione di un’imposta sulla grande ricchezza. Il gettito ricavato andrebbe in scuola, sanità, alloggi popolari, contrasto al lavoro povero, una transizione ecologica giusta – spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia fiscale di Oxfam Italia –. L’imposta permetterebbe inoltre di rallentare la crescita della concentrazione dei patrimoni e di aumentare il grado di equità dei sistemi impositivi. Contribuirebbe a ridurre, se non addirittura a superare, la paradossale situazione, per cui i percettori di redditi più elevati versano in Italia imposte dirette, indirette e contributi inferiori, in proporzione al reddito, a quanto corrisposto da chi ha redditi più bassi. Una palese ingiustizia, direi, una stortura che possiamo e dobbiamo correggere”. Fino a 23 miliardi di euro all’anno il gettito potenziale per l’Italia – L’imposta progressiva sui grandi patrimoni potrebbe generare risorse considerevoli per l’Unione europea. A seconda dei destinatari e di come sarà strutturata, gli introiti potrebbero attestarsi tra 150 miliardi e 213 miliardi di euro all’anno. Il potenziale gettito per l’Italia sarebbe di 13,2 – 15,7 miliardi di euro all’anno, se ad essere tassato fosse lo 0,1% dei contribuenti più ricchi; 23 miliardi di euro all’anno, se si considerasse lo 0,5% più facoltoso dei nostri connazionali e le aliquote marginali replicassero quelle dell’imposta in vigore in Spagna. Le entrate erariali potrebbero essere anche più consistenti, se si aumentasse il grado di progressività dell’imposta, introducendo ad esempio un maggior numero di scaglioni e ricorrendo, in corrispondenza, ad aliquote marginali più elevate. “L’entità delle entrate erariali dipende dall’effettività dell’imposta ovvero dal fatto che i titolari di grandi patrimoni non possano sfuggire a tassazione. La possibilità di evadere o eludere l’imposta non deve essere sottovalutata – continua Maslennikov –. Per minimizzare i rischi, bisogna evitare di offrire esenzioni per specifiche tipologie di asset patrimoniali, tassando il patrimonio netto complessivo, tra cui anche i capitali detenuti in società non quotate o trasferiti in trust. È poi fondamentale rendere più efficiente l’amministrazione finanziaria, rafforzando la sua capacità di ricevere informazioni da parti terze, su tutte i gestori dei patrimoni finanziari, circa la consistenza della ricchezza tassata. E ancora, sarà importante proseguire nel rafforzamento della cooperazione internazionale in materia fiscale tra paesi, per rendere più difficile l’occultamento offshore dei capitali. A chi paventa che i ricchi fuggirebbero dal territorio nazionale per non pagare il tributo, rispondiamo con la previsione di robuste forme di exit taxation, in caso di cambio del Paese di residenza fiscale. Una barriera o un disincentivo alla fuga dei capitali.” Due italiani su tre, già nel 2021 erano favorevoli a un’imposta sui grandi patrimoni – Il 67% dei cittadini europei, che hanno risposto all’indagine demoscopica Special Eurobarometer 529 condotta tra maggio e giugno 2022 su incarico della Commissione europea, ha concordato sull’importanza del prelievo fiscale a carico dei contribuenti più ricchi per finanziare misure di supporto alle fasce più povere della popolazione. Nel 2021 due terzi dei rispondenti italiani a un sondaggio, commissionato all’istituto di ricerca di mercato Glocalities, dal network dei multi-milionari Millionaires for Humanity e da Tax Justice Italia, si è espresso favorevolmente su un’imposta dell’1% sui patrimoni netti superiori a 8 milioni di euro, il cui gettito fosse destinato al finanziamento della ripresa post-pandemica e alle famiglie più bisognose. La proposta ha riscosso un favore trasversale tra i votanti delle più grandi forze politiche nazionali, ricevendo il supporto del 65% degli elettori della Lega, del 77% di quelli del Pd e del Movimento 5 Stelle, del 59% degli elettori di Fratelli d’Italia e del 66% di quelli di Forza Italia. A favore della misura anche illustri economisti, rappresentanti politici e i Patriotic Millionaires che si sono recentemente appellati al G20. La proposta è inoltre sostenuta da un ampio schieramento di economisti, rappresentanti politici in carica, leader del passato e componenti di network di persone facoltose come i Patriotic Millionaires, che recentemente si sono appellati ai leader G20, chiedendo di raggiungere un nuovo accordo internazionale sulla tassazione dei grandi patrimoni per contrastare l’esorbitante concentrazione di ricchezza, rendere più inclusive le nostre economie e più eque, dinamiche e coese le nostre società. LEGGI TUTTO

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    USA, vendite al dettaglio in aumento a settembre

    (Teleborsa) – Superano le attese i dati delle vendite al dettaglio negli Stati Uniti. Nel mese di settembre si è registrata una variazione positiva dello 0,7% su base mensile a 704,9 miliardi di dollari, dopo il +0,8% del mese precedente. Il dato comunicato dall’US Census Bureau è superiore alle attese degli analisti che avevano stimato un incremento dello 0,3%. Su base annua si è registrato un aumento del 3,7% dopo il +2,9% rivisto di agosto. Il dato “core”, ossia le vendite al dettaglio escluse le auto, registra un +0,6% su base mensile, superiore alle stime di consensus (+0,3%) dopo il +0,8% di agosto.(Foto: Alexander Kovacs on Unsplash) LEGGI TUTTO

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    Start-up, titolari di brevetti e marchi hanno 10 volte più successo nel reperire finanziamenti

    (Teleborsa) – I brevetti e i marchi possano rafforzare il successo delle start-up europee. Le start-up che possiedono questi due tipi di diritti di proprietà intellettuale (PI) durante le fasi di avviamento o di crescita iniziale hanno una probabilità fino a 10,2 volte maggiore di successo nell’ottenere finanziamenti. È quanto evidenzia il nuovo studio pubblicato oggi dall’Ufficio europeo dei brevetti (UEB) e dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO). In media, il 29 % delle start-up europee ha depositato diritti di PI registrati, con differenze significative tra i vari settori. Quello delle biotecnologie è di gran lunga il settore a maggiore intensità di PI, dato che quasi la metà delle start-up che vi operano fanno ricorso a brevetti o marchi registrati. Altri settori ad alta intensità di PI includono scienza e ingegneria (con il 25 % di utenti di brevetti e il 38 % di utenti di marchi), assistenza sanitaria (20 % di utenti di brevetti e 40 % di utenti di marchi) e settore manifatturiero (20 % di utenti di brevetti e 36 % di utenti di marchi).La titolarità di brevetti e marchi europei è associata a un vantaggio ancora più elevato, con un tasso di reperimento di finanziamenti nella fase iniziale cinque volte superiore rispetto a quello dei diritti di PI nazionali (la probabilità risulta più alta di 6,1 volte per i marchi e di 5,3 volte per i brevetti). Le cosiddette start-up “deep tech” devono affrontare particolari sfide nello sviluppo di tecnologie innovative, in quanto necessitano di notevoli investimenti e lunghi tempi di realizzazione. Tali start-up possono beneficiare in modo particolare di brevetti e marchi per attrarre investitori “pazienti”.”Le start-up sono catalizzatori dinamici per l’innovazione e la crescita economica. Possiedono le potenzialità per sviluppare nuove soluzioni in grado di affrontare le sfide più urgenti della società e realizzare un futuro più sostenibile. Dobbiamo quindi – ha affermato António Campinos, presidente dell’Ufficio europeo dei brevetti – trovare modi per sostenere maggiormente le nostre start-up. Quest’anno l’UEB ha compiuto notevoli progressi con l’introduzione del brevetto unitario, ma ora il nostro nuovo Osservatorio sui brevetti e la tecnologia introdurrà uno strumento innovativo, il Deep Tech Finder dell’UEB, che consentirà ai potenziali investitori di individuare e valutare le start-up con nuove tecnologie pionieristiche e promettenti. Mettiamo in contatto gli innovatori creativi con coloro che hanno le risorse per alimentare il motore dell’innovazione: può essere un vantaggio per tutti”.”Le risorse immateriali rappresentano oggi la grande maggioranza del valore di un’impresa e i diritti formali di proprietà intellettuale, come i marchi, non solo sono garanzie giuridiche per gli investimenti in beni immateriali, ma anche la chiave per assicurarsi finanziamenti e collaborazioni. Ciò – ha dichiarato João Negrão, direttore esecutivo dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale – è particolarmente importante per le imprese innovative di recente costituzione, che in genere dispongono di pochi attivi nella fase iniziale, a parte il loro capitale intellettuale. Lo studio pubblicato oggi mostra che il 27 % delle start-up prese in esame aveva presentato più domande di marchio che di qualsiasi altro diritto di PI. È per questo che il sostegno che possiamo fornire loro è così importante, non solo per compiere il primo passo e registrare il loro diritto di PI (e a tal fine il Fondo per le PMI della Commissione europea, attuato dall’EUIPO insieme agli uffici di PI nazionali e regionali dell’UE, è molto utile), ma anche nelle fasi successive con iniziative quali la valutazione della PI e il servizio di pre-diagnosi relativo all’applicazione dei diritti di PI. Vediamo tuttavia che l’Europa è in ritardo rispetto ad altre regioni del mondo per quanto riguarda il finanziamento delle start-up e dobbiamo intensificare gli sforzi per rafforzare la PI come strumento per l’accesso ai finanziamenti, la crescita e lo sviluppo sostenibile per le imprese dell’UE, in particolare per le PMI, affinché le nostre start-up innovative possano prosperare”.Titolarità di PI tra i diversi paesi – Esiste una variazione significativa nell’uso dei diritti di PI tra i paesi europei. La Finlandia e la Francia vantano la percentuale più elevata di start-up con un deposito di PI pari al 42 %. Le start-up stabilite in Germania (40 %), Austria (40 %), Italia (39 %), Norvegia (37 %), Svezia (34 %), Danimarca (34 %), Svizzera (32 %) e Repubblica ceca (31 %) presentano in media un numero maggiore di domande di diritti di PI. Le imprese di tali paesi sono anche quelle più propense a depositare domande di marchi e brevetti e a raggruppare i due diritti di PI. Ciò vale in particolare per le start-up stabilite in Austria, Svizzera, Francia e nei paesi nordici.Titolarità di PI tra i diversi settori – In termini di settori, quello della biotecnologia registra l’uso più intensivo sia per i brevetti che per i marchi: quasi la metà delle start-up europee nel settore delle biotecnologie presenta domande per uno o entrambi i diritti di PI. Il 48 % delle start-up biotecnologiche ha depositato una domanda di brevetto e il 47 % ha presentato una domanda di marchio. Si tratta del settore con la più alta percentuale di start-up titolari sia di un brevetto sia di un marchio (31 %). Il settore con la seconda percentuale più elevata di start-up titolari di diritti di PI è quello della scienza e dell’ingegneria (47 %), con il 38 % delle imprese che ha presentato una domanda di marchio e il 25 % che ha depositato un brevetto. I risultati sono simili nell’assistenza sanitaria e nel settore manifatturiero, con il 40 % delle imprese di ciascun settore che ha registrato un brevetto o un marchio. Mentre tutti i prodotti e servizi possono essere oggetto di marchio e tali marchi possono essere protetti mediante registrazione, esistono molti settori, in particolare nei servizi, le cui innovazioni non sono brevettabili. Tra gli altri settori con un uso intensivo di brevetti, dopo quelli sopra menzionati, figurano media e intrattenimento (21 %), tecnologie dell’informazione (20 %), energia (19 %), risorse naturali (18 %) e sostenibilità (17 %). Per quanto riguarda i marchi, altri settori ad alta intensità di utilizzo sono sostenibilità (37 %), energia (36 %), intelligenza artificiale (36 %), agricoltura e allevamento (36 %) e risorse naturali (35 %).Sostenere l’economia moderna – Negli ultimi anni l’ecosistema delle start-up ha registrato una crescita esponenziale in Europa. Secondo il quadro di indicatori 2023 dell’OCSE sul finanziamento delle PMI e degli imprenditori, tutte le economie hanno registrato un aumento significativo dell’attività di capitale di rischio a seguito della crisi COVID-19, con un aumento della mediana del 58,6 % nel 2021 (rispetto a una crescita del 4,18 % registrata nel 2020). Tuttavia, le associazioni nazionali di capitale di rischio hanno riferito nella stessa relazione che l’aumento dell’importo degli investimenti in capitale di rischio è stato particolarmente significativo nelle fasi più avanzate e nelle imprese consolidate, ma meno marcato nelle fasi di avviamento e iniziali. Un progetto di relazione della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo, pubblicato nel settembre 2023, ha evidenziato che l’accesso al capitale rimane un ostacolo significativo per le start-up e le scale-up. Molte faticano a reperire investimenti nelle fasi iniziali, in particolare capitali di rischio, che sono fondamentali per la crescita delle loro operazioni, lo sviluppo dei prodotti e l’ingresso in nuovi mercati. Sono già state avviate varie iniziative dell’UE per affrontare queste sfide, tra cui la creazione del Consiglio europeo per l’innovazione (CEI) quale sportello unico per individuare, sviluppare e ampliare le tecnologie deep tech emergenti e le innovazioni pionieristiche. Nel complesso panorama delle imprese start-up, i brevetti e i marchi emergono come strumenti essenziali per la competitività. I brevetti conferiscono a queste imprese emergenti un diritto fondamentale: il potere di impedire ad altri di appropriarsi delle loro tecnologie pionieristiche. Ciò non solo salvaguarda il loro vantaggio in termini di innovazione, ma le spinge anche in una posizione strategica all’interno del mercato. I marchi fungono da baluardo giuridico, rafforzando gli investimenti in risorse immateriali. Tali simboli o nomi distintivi, se giuridicamente protetti, diventano uno scudo efficace che protegge l’identità del marchio di una start-up da eventuali violazioni.Nuovo Osservatorio e lancio di un nuovo strumento digitale – Il nuovo Osservatorio sui brevetti e la tecnologia dell’UEB ospita oggi il suo evento inaugurale, durante il quale i capi economisti dell’UEB e dell’EUIPO illustreranno ulteriormente le conclusioni della relazione congiunta. Il workshop sarà moderato da VIVA Technologies e verrà inoltre presentato il Deep Tech Finder dell’UEB, un nuovo strumento digitale gratuito destinato ad aiutare i potenziali investitori a individuare e valutare le start-up che apportano invenzioni rivoluzionarie sul mercato in settori tecnologici critici. LEGGI TUTTO