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    Sostenibilità Welfare italiano: necessari 176 miliardi di euro aggiuntivi entro il 2030

    (Teleborsa) – Il ruolo trasversale della prevenzione per rispondere alle sfide evolutive del sistema di welfare in quanto elemento capace di ridurre i costi sistemici, la sostenibilità di medio-lungo termine del sistema di welfare, il ruolo del privato e degli investimenti sociali. Questi alcuni dei temi di dibattito affrontati al Welfare Italia Forum dal titolo “Quali opportunità per creare valore nel sistema di Welfare” che si è tenuto oggi a Roma presso le Corsie Sistine di Santo Spirito in Sassia. Durante l’evento, aperto dal messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è stato presentato il Rapporto 2024 del Think Tank “Welfare, Italia” supportato da Unipol Gruppo con la collaborazione di The European House – Ambrosetti (TEHA), e con il sostegno di un comitato scientifico composto da Veronica De Romanis, Giuseppe Curigliano, Giuseppe Guzzetti e Stefano Scarpetta.Il sistema di welfare italiano è chiamato a rispondere ai crescenti bisogni di protezione all’interno di un sistema economico con pochi margini di spazio fiscale, in quanto inevitabilmente condizionato da un quadro di finanza pubblica complesso e dalle nuove regole relative alla governance economica europea (nuove clausole del Patto di Stabilità e Crescita). Seppur in progressivo miglioramento, il quadro di finanza pubblica resta uno dei più complessi a livello europeo. La correzione di bilancio per l’Italia è quantificabile in circa 13 miliardi di euro/l’anno per i prossimi sette anni. Se a questa correzione si aggiungono gli incrementi della spesa previsti nelle diverse voci di welfare, entro il 2030 sarà necessario reperire 176 miliardi di euro addizionali per garantire la sostenibilità del sistema di welfare e del Paese. Inoltre, dalle dinamiche tendenziali e congiunturali delle componenti del welfare emerge come l’Italia risulti il primo Paese tra i Big-4 europei per incidenza della spesa in previdenza sul PIL (16,2% vs 12,3%). Al contrario, l’Italia si trova ultima sia con riferimento al valore dell’istruzione (che incide solo per il 4,1% del PIL italiano, rispetto ad una media dell’Eurozona pari a 4,6%) che a quello delle politiche sociali (5,7% del PIL italiano, contro una media dell’Eurozona pari a 7,3%) e penultima con riferimento alla sanità (7,1% del PIL italiano, contro una media dell’Eurozona del 7,9%). Secondo le stime del Think Tank, in Italia il welfare (inteso come Sanità, Politiche Sociali, Previdenza e Istruzione) rappresenta nel 2023 la principale voce di spesa pubblica con 662,7 miliardi di euro (circa il 57,9% della spesa pubblica). La spesa previdenziale assorbe la metà delle risorse, ovvero il 50,9% della spesa sociale totale, a seguire, la spesa sanitaria (20,9%), quella in politiche sociali (16,1%) e la spesa in istruzione (12,1%). Per il 2030 si prevedono risorse aggiuntive così ripartite: 60,6 miliardi di spesa previdenziale, 19,8 miliardi di spesa sanitaria, 6,8 miliardi di spesa per le politiche sociali, 7,6 miliardi di spesa in istruzione.La prevenzione – si legge nell’analisi – rappresenta uno strumento per contrastare la dinamica crescente dei costi di welfare e stimolare la crescita economica: un euro investito in prevenzione genera a sua volta un ritorno di 14 euro sull’intera filiera socio-assistenziale del Paese. Attraverso un’inedita ri-classificazione delle voci di spesa del welfare, TEHA ha evidenziato come la spesa in welfare in Italia risulti troppo sbilanciata sulla “gestione del presente” con una quota complessiva sulla spesa totale del 78,9%, un valore 6,1 punti percentuali più alto rispetto alla media europea del 72,8%, e superiore rispetto alla quota della Francia (76,4%) e della Germania (75,4%). Di contro, la spesa dedicata alla “costruzione del futuro”, ovvero gli investimenti rivolti alle nuove generazioni e alla prevenzione pesano solo per il 21,1% sulla spesa totale di welfare, un valore inferiore di 6,1 punti percentuali rispetto alla media europea del 27,2% e più basso rispetto alla quota dedicata a queste voci di spesa da Francia (23,6%) e Germania (24,6%). In termini assoluti, la Francia spende 150 miliardi di euro in più rispetto all’Italia mentre la Germania 279 miliardi di euro. Alla luce di quanto esposto, la prevenzione rappresenta una leva fondamentale per invertire questa tendenza, soprattutto alla luce dei suoi importanti ritorni economici: infatti, 1 euro investito in prevenzione genera a sua volta un ritorno di 14 euro sull’intera filiera socio-assistenziale del Paese. Il Think Tank “Welfare, Italia” ha quantificato per la prima volta in Italia, la filiera estesa del welfare italiano. Dalle analisi è emerso come la filiera del welfare italiano coinvolge oltre 425mila enti pubblici e privati (profit e no profit) e l’erogazione di queste prestazioni è assicurata dall’apporto di 4,3 milioni di lavoratori, a cui si sommano gli oltre 4,6 milioni di persone che forniscono attività volontaristica nell’ambito del Terzo Settore. Infine, l’impatto generato dalle attività svolte da questi enti e professionisti è quantificabile in 206 miliardi di euro in termini di valore della produzione delle attività legate al welfare.Un ruolo chiave all’interno della filiera è svolto dalle professioni di welfare: l’Italia è chiamata a reclutare tra 250mila e 440mila tra infermieri, medici e docenti per allinearsi ai benchmark e da formare alla luce delle dinamiche demografiche e dell’evoluzione tecnologica e digitale. Quello delle competenze rappresenta un tema cruciale per lo sviluppo e la sostenibilità del sistema di welfare: a tal proposito, sono ancora diversi i gap che il Paese è chiamato a colmare. Con riferimento, per esempio, all’inclusione formativa, nel 2023 il 10,5% dei giovani italiani tra i 18 e 24 anni ha ottenuto al massimo la licenza media e non ha seguito percorsi formativi di livello superiore (5° valore più alto in UE e superiore di 1 p.p. rispetto alla media europea). Per quanto riguarda invece la disponibilità di competenze avanzate, necessarie per assicurare innovazione e competitività, nel 2023 solo il 19,2% della popolazione italiana nella fascia 15-64 anni deteneva un titolo di studio terziario, il secondo valore più basso nell’Unione Europea e inferiore di 11,7 punti percentuali rispetto alla media europea. Occorre affrontare inoltre gli impatti dello skills mismatch (disallineamento tra le competenze offerte dai lavoratori e quelle richieste dalle imprese): in media, infatti, il 45% delle entrate di lavoratori previste dalle imprese, pari a 2,5 milioni di lavoratori, sono di difficile reperimento con un costo di 43,9 miliardi di euro per il Paese. L’incessante evoluzione tecnologica, accelerata dall’introduzione dell’Intelligenza artificiale, è destinata a determinare inevitabilmente una riconfigurazione dello scenario delle professioni e una carenza di adeguate competenze tra i lavoratori. Alla luce di ciò, gli investimenti in formazione, rappresentano una leva strategica fondamentale per prevenire gli effetti disruptive determinati dall’innovazione tecnologica. Il Welfare Italia Index: nel 2024 aumenta la divisione tra Nord, Centro e Sud nella capacità di risposta dei sistemi di welfare regionaliNel 2020 il Think Tank “Welfare, Italia” ha messo a punto uno strumento di monitoraggio, basato su 22 KPI (Key Performance Indicator), che valuta, all’interno di un indicatore sintetico, sia aspetti legati alla spesa in welfare sia aspetti legati ai risultati che questa spesa produce. In questi termini, l’indicatore sintetico, che prende in considerazione gli ambiti di politiche sociali, sanità, previdenza e formazione, consente di identificare a livello regionale i punti di forza e le aree di criticità in cui è necessario intervenire. Nel Welfare Italia Index 2024, l’amministrazione territoriale con il punteggio più elevato è la P.A. di Trento (79,7 punti), seguita dall’Emilia Romagna (79,5 punti) e dalla P.A. di Bolzano (78,5 punti). Dal lato opposto del ranking, si posizionano la Basilicata (59,5 punti), la Campania (58,6 punti) e la Calabria (56,1 punti). L’edizione 2024, rispetto ai dati 2023, segnala una costante polarizzazione nella capacità di risposta del sistema di welfare delle Regioni italiane. Il divario tra Regione best e worst è infatti pari a 23,6 punti (in aumento di 0,7 punti rispetto all’edizione precedente).Le 3 priorità di azione per il sistema di welfare italiano Il Think Tank “Welfare, Italia” ha individuato tre ambiti d’azione su cui il Paese dovrebbe agire prioritariamente per sostenere l’evoluzione del sistema di welfare. Alla base di questi ambiti d’azione il concetto della prevenzione assume un ruolo fondamentale per rispondere alle criticità del sistema di welfare, in quanto abilita una riduzione dei costi sistemici, promuove la sostenibilità economica generale di medio-lungo termine e sostiene approcci innovativi che consentono di anticipare le sfide future riducendo i gap formativi e agendo positivamente sull’offerta dei servizi di welfare. 1) Promuovere il contributo della Long-Term Care – La proposta del Think Tank “Welfare, Italia” è quella di introdurre una normativa nell’ambito della Long-Term Care, che la renda di tipo mutualistico collegata ai Fondi pensione o anche ai fondi di sanità integrativa attraverso tre elementi specifici: l’introduzione di una polizza di base obbligatoria di LTC; la previsione di agevolazioni più ampie di quelle attualmente riconosciute ai fini IRPEF a chi stipula un contratto di assicurazione LTC (al momento limitate al 19% dei premi sostenuti nei limiti di 1.291,14 euro annui); l’introduzione di schemi di incentivazione per le imprese che contribuiscono alla diffusione dello strumento.2) Lanciare un piano di sviluppo delle competenze del welfare – Il Think Tank “Welfare, Italia” propone di realizzare un Piano strategico di sviluppo delle competenze del welfare, coinvolgendo le istituzioni nazionali e internazionali oltre che i diversi stakeholder provenienti dal mondo delle imprese e della società civile, che focalizzi il cambiamento indotto dall’evoluzione demografica e tecnologica e includa: l’analisi dei fabbisogni attuali e prospettici delle professioni legate al welfare, anche grazie all’evoluzione demografica e tecnologica; l’identificazione dei percorsi formativi necessari per le nuove competenze, coinvolgendo sia le istituzioni educative pubbliche (scuole superiori, ITS, università, ecc.) sia l’offerta dei soggetti formativi privati (centri di formazione, ecc.); l’introduzione di specifici schemi di incentivazione, sul modello dei Conti individuali di apprendimento (Individual Learning Account, ILA[4]) che incentivino l’accesso dei cittadini a programmi di formazione, con particolare riguardo a quelli certificati, nonché su innovativi modelli di finanziamento (sull’esempio di condivisione del debito di SURE). 3) Creare un punto di accesso unico digitale per i servizi di welfare come obiettivo di digitalizzazione del Paese – In materia di digitalizzazione, il Think Tank “Welfare, Italia” propone la creazione di un punto di accesso unico digitale per i servizi di welfare – integrato nell’attuale ecosistema di servizi e piattaforme pubbliche digitali (App IO, It Wallet, ecc.) – che consenta ai cittadini di consultare attivamente tutti i servizi di welfare: nell’ambito della formazione (es. consultazione del “libretto” relativo ai diversi cicli di istruzione e alle competenze acquisite, accesso ai crediti per la formazione, certificazioni, borse di studio e voucher, ecc.); in ambito sanitario (es. prenotazioni per prestazioni e servizi di telemedicina, consultazione del libretto vaccinale, integrazione di patologie e prestazioni previste sul fascicolo sanitario, ecc.); nell’ambito delle politiche sociali (es. richieste di ammortizzatori sociali, sostegno al reddito, ecc.); nell’ambito della previdenza (es. consultazione della posizione previdenziale pubblica, consultazione e modifica della posizione privata, ecc.). 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    Patuelli (ABI): da BCE mi aspetto a breve altro taglio interessi

    (Teleborsa) – “Mi aspetto, e auspico, che visti gli andamenti ridotti dell’inflazione fra 48 ore la BCE abbia un altro non trascurabile taglio, che la porterebbe ulteriormente all’avanguardia rispetto agli Usa e alle valute europee non euro, dando una grande speranza non solo nella moneta unica, ma anche a famiglie e Paesi per fare investimenti”. Lo ha detto Antonio Patuelli, presidente di Abi, intervenendo a un convegno, a Firenze, su Luigi Einaudi. “In due anni – ha aggiunto – l’inflazione è stata piegata senza molta collaborazione degli stati nazionali, i quali non hanno ridotto il loro debito pubblico: se ci fossero stati dei segnali già dal 2022 di riduzione dei debiti pubblici di Italia, Francia, Germania, e anche degli altri, le aspettative inflazionistiche si sarebbero ulteriormente ridotte. Ha fatto tutto la BCE”.”Le banche non sono mai le prime che chiudono, che tirano giù la saracinesca, sono normalmente tra le ultime. Ma se la chiudono gli altri è difficile che la tengano aperta solamente le banche”. “Per combattere l’uscita delle banche dalle località minori – ha affermato Patuelli – bisogna sostenere gli altri settori produttivi. Bisogna che siano sviluppate delle politiche da parte delle istituzioni europee e nazionali per favorire le attività economiche nelle località minori. Questo è il punto. Quando nei paesi chiudono i negozi, cala la popolazione, è difficile che possa essere la banca l’unico esercizio economico, o quasi, che rimane, soprattutto se cala la popolazione. Non ci si può limitare a gridare alla desertificazione”. “Serve un’analisi più ampia e approfondita, studiare i flussi degli abitanti. Gli abitanti a Firenze nel 1964 sono 150 mila in meno di oggi, per fare un esempio. Bisogna sostenere con politiche europee e nazionali le presenze di attività economiche nei luoghi cosiddetti disagiati, che sono quelli non servizi di grandi mezzi di trasporto”, ha concluso Patuelli.Sull’ipotesi di contributi richiesti alle banche in legge di bilancio: “Il dialogo in queste settimane, in questi giorni, in queste ore è dall’Abi e da me stesso delegato alla direzione generale di Abi, e quindi innanzitutto al direttore generale Rottigni”. LEGGI TUTTO

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    Anticipazioni PAC, AGEA: dal 16 ottobre al 30 novembre 1 miliardo e 300 milioni per 467mila aziende

    (Teleborsa) – AGEA, l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, annuncia l’avvio delle erogazioni delle anticipazioni degli interventi SIGC-PAC per la Campagna 2024. I pagamenti, che interesseranno complessivamente 467.476 aziende agricole, partiranno mercoledì 16 ottobre e riguarderanno sia gli aiuti diretti del fondo FEAGA che gli interventi FEASR SIGC (superficie e animali) dello sviluppo rurale della vecchia (2014-2022) e della nuova programmazione (2023-2027). Le risorse erogate fino al 30 novembre ammonteranno a 1 miliardo e 300 milioni di euro, di cui poco più di un miliardo destinato agli Aiuti Diretti. Le percentuali di anticipazione applicate saranno quelle massime previste dalla normativa UE: 70% per gli Aiuti Diretti e 85% per lo Sviluppo Rurale, con alcune eccezioni a seconda della tipologia di misura richiesta.Beneficeranno delle anticipazioni le 405.039 aziende che hanno presentato la Domanda Unificata, la nuova modalità digitale introdotta quest’anno che ha semplificato la richiesta dei sostegni europei, riducendo gli oneri amministrativi e il numero di istanze ricevute di 126.145 unità. A queste si aggiungono 62.437 istanze relative allo sviluppo rurale della vecchia programmazione.L’avvio delle anticipazioni, nel rispetto delle scadenze previste dalla normativa europea, – fa sapere l’AGEA – è stato possibile grazie anche ai controlli anticipati effettuati in tempi brevissimi attraverso l’utilizzo della Carta dei Suoli e dell’AMS (Area Monitoring System), le nuove procedure informatiche realizzate all’interno del SIAN con tecnologie satellitari, algoritmi di elevata specializzazione e con l’Intelligenza Artificiale, che hanno integrato l’imponente base dati fotocartografica aerea e alfanumerica già presente nel Sistema Informativo AgricoloNazionale. Le nuove procedure e i nuovi strumenti hanno sostituito il precedente Refresh che consentiva un’interpretazione manuale del suolo agricolo, di conseguenza eliminando l’errore umano, rendendo oggettivi ed automatici i controlli e segnalando ex ante e non più ex post le incongruenze dichiarative, attraverso un sistema grafico e multi-temporale di monitoraggio che è in grado di rilevare le attività agricole praticate. Il nuovo sistema così integrato ha supportato l’agricoltore a classificare correttamente a livello geo-spaziale i propri appezzamenti con una precisione di 5 volte superiore a quella ottenuta con la metodologia precedente.”Dal 16 ottobre al 30 novembre sarà immesso nel sistema agricolo nazionale un importante volume di liquidità che sosterrà la produzione e consentirà alle imprese e agli agricoltori di programmare le attività future – dichiara Fabio Vitale, Direttore di AGEA –. Non è stato facile riuscire per il secondo anno consecutivo ad avviare i pagamenti delle anticipazioni nel rispetto delle scadenze europee, a causa delle importanti novità tecnologiche introdotte come la Carta dei Suoli e l’AMS. Tali misure andavano introdotte per snellire l’iter burocratico, rendere più efficaci i controlli e puntuali i pagamenti. Ci siamo riusciti grazie all’impegno del personale AGEA e al confronto con tutti gli attori del sistema. Prosegue così la sinergia tra Agea e il Ministero, grazie anche alla sensibilità del Ministro Lollobrigida che, sin dal suo insediamento, ha dimostrato di saper raccogliere le istanze di tutte le realtà che compongono il mondo dell’agricoltura. Il nuovo sistema è stato testato con esiti positivi e i benefici delle novità saranno ancor più tangibili dalla prossima campagna”.”Le nuove procedure automatizzate di interpretazione delle parcelle agricole sono state estese a tutti gli Organismi Pagatori regionali per rendere omogenee le attività di verifica e controllo sull’intero territorio nazionale – dichiara Salvatore Carfì, Direttore di AGEA Coordinamento –. Oggi abbiamo una mappatura totale del suolo nazionale, un patrimonio di informazioni geospaziali che potrà favorire e orientare nuove politiche agricole”.Dal primo dicembre saranno poi avviati i pagamenti dei saldi della Campagna 2024, che dovranno concludersi entro il 30 giugno 2025. LEGGI TUTTO

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    USA, Empire State: peggiora il settore manifatturiero nel distretto di New York

    (Teleborsa) – Peggiora e torna in territorio negativo, a ottobre, l’indice manifatturiero Empire State di New York. L’indicatore si è portato a -11,9 punti dai +11,5 punti di settembre. Il dato è anche peggiore delle stime degli analisti, che erano per un calo fino a +3,4 punti. L’indice misura le condizioni del settore manifatturiero nel distretto di New York. Si ricorda che un livello del dato superiore/inferiore allo 0 indica che la maggior parte delle compagnie riportano miglioramenti/peggioramenti delle condizioni. Fra le varie componenti dell’indice, quella sui nuovi ordini è peggiorata a -10,2 punti (da +9,4) mentre quella sulle consegne cala a -2,7 punti. Quella sulle scorte si porta a -7,5 punti da 0 punti. LEGGI TUTTO

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    Lavoro, da immigrati l’8,8 % del PIL italiano: punte in agricoltura (16,4%) e costruzioni (15,1%)

    (Teleborsa) – I lavoratori immigrati producono 164,2 miliardi di Valore Aggiunto, dando un contributo al PIL pari all’8,8%, con picchi superiori al 15% in Agricoltura e Costruzioni. Il tasso di occupazione degli stranieri nel 2023 torna ai livelli pre-Covid (61,6%). Gli occupati stranieri sono 2,4 milioni (10,1% del totale). Tra il personale qualificato gli stranieri salgono al 29,2%, mentre tra le professioni qualificate e tecniche sono appena il 2,5%, segno di una forte segmentazione del mercato del lavoro. È quanto emerge dal Rapporto annuale 2024 sull’economia dell’Immigrazione, curato dalla Fondazione Leone Moressa che sarà presentato domani, 16 ottobre, al Viminale e alla Camera dei Deputati.Contributo demografico positivo – Sono 5,1 milioni gli stranieri residenti nel 2023 in Italia (8,7% della popolazione totale). La presenza straniera è mediamente più giovane (35,7 anni stranieri / 46,9 anni italiani) e offre un contributo positivo nel contrastare l’inverno demografico in corso: tra gli stranieri vi sono 10,4 nati ogni mille abitanti e 1,9 morti; tra gli italiani, 6,3 nati e 13,1 morti per mille abitanti. Significativo anche il numero di stranieri “naturalizzati” italiani: 213 mila nel 2023, per un totale di 1,5 milioni negli ultimi 10 anni.Fabbisogno di manodopera – Secondo le previsioni Unioncamere – Excelsior, nel quinquennio 2024-2028 le imprese italiane avranno bisogno di 3 milioni di nuovi occupati (esclusa P.A.), di cui 640 mila immigrati (21,3%). Il fabbisogno di manodopera in Italia dipenderà per l’80% dal ricambio legato ai pensionamenti e solo per il 20% alla crescita economica. Nelle regioni del Centro-Nord la percentuale di immigrati sul fabbisogno totale supera il 25%, con punte del 31% in Toscana e Trentino Alto Adige.Continua espansione degli imprenditori immigrati – In continuo aumento gli imprenditori immigrati, che nel 2023 sono 776 mila (10,4% del totale). In dieci anni (2013-23), gli immigrati sono cresciuti (+27,3%) mentre gli italiani sono diminuiti (-6,4%). Incidenza più alta al Centro-Nord e nei settori di Costruzioni, Commercio e Ristorazione.Il sostegno ai Paesi d’origine – Nel 2023 gli immigrati in Italia hanno inviato 8,2 miliardi di euro a sostegno delle famiglie nei Paesi d’origine. Considerando le rimesse “informali” (es. consegne a mano o regali), il volume complessivo potrebbe arrivare a 12 miliardi. Rapportando questo dato alla popolazione straniera residente, mediamente ciascun immigrato ha inviato in patria 133 euro al mese. Valori che aumentano tra i cittadini del Bangladesh (558 euro mensili) e del Pakistan (393 euro mensili).Impatto fiscale positivo – I contribuenti immigrati in Italia sono 4,6 milioni (11,0% del totale) e nel 2023hanno dichiarato redditi per 72,5 miliardi di euro e versato 10,1 miliardi di Irpef. Rimane alto il differenziale di reddito pro-capite tra italiani e immigrati (oltre 8 mila euro annui di differenza), conseguenza diretta della struttura occupazionale. Confrontando le entrate per lo Stato (gettito fiscale e contributivo) con la spesa pubblica per i servizi di welfare, il saldo per la componente immigrata è positivo (+1,2 miliardi di euro): gli immigrati, prevalentemente in età lavorativa, hanno infatti un basso impatto sulle principali voci di spesa pubblica come sanità e pensioni. LEGGI TUTTO

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    UE autorizza acquisizione di Epicor da parte di CD&R e CVC

    (Teleborsa) – La Commissione europea ha approvato, ai sensi del Regolamento sulle concentrazioni dell’UE, l’acquisizione del controllo congiunto della statunitense Epicor da parte dei colossi del private equity Clayton, Dubilier & Rice (CD&R) e CVC Capital Partners. Epicor era precedentemente controllata esclusivamente da CD&R. La transazione riguarda principalmente la fornitura di software applicativo aziendale.La Commissione ha concluso che la transazione notificata non solleverebbe preoccupazioni in materia di concorrenza, data l’assenza di sovrapposizioni orizzontali e i collegamenti verticali molto limitati tra le attività delle società. La transazione notificata è stata esaminata ai sensi della procedura di revisione semplificata delle concentrazioni. LEGGI TUTTO

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    Manovra stasera in CdM. Giorgetti prosegue trattative a oltranza

    (Teleborsa) – Prosegue “ad oltranza” il colloquio con le banche per mettere a punto gli ultimi dettagli della Manovra. Lo hanno chiarito ieri sera alcune fonti vicine al Ministero dell’Economia, chiarendo che il ministro Giorgetti “sta lavorando con gli uffici competenti per la definizione della manovra” e che “il confronto con le banche è in corso e andrà avanti a oltranza”. Confermati “interventi in favore dei redditi medio bassi e delle famiglie con figli”, mentre sul fronte delle entrate, la soluzione si concentrerà “soprattutto” su “tagli e razionalizzazione delle spese”, mentre viene confermato che “non ci sarà aumento di tasse per le persone e le aziende”.Il Consiglio die Ministri è stato convocato per questa sera alle ore 20, con all’rodine del giorno il Documento programmatico di Bilancio e, a sorpresa, anche la Legge di bilancio, che avrebbe dovuto essere approvata entro il 20 ottobre prossimo. Il CdM chiuderà una giornata molto impegnativa per la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che in mattinata riferirà alle Camere in vista del Consiglio europeo, per chiudere la giornata con la sua terza Manovra economica.Riassumendo per grandi numeri la finanziaria, il governo ha in programma interventi per una cifra compresa fra i 23 ed i 25 miliardi di euro, ma le entrate si fermano a 16 miliardi, generando un deficit di 9 miliardi, che verrà coperto perlopiù con la Spending review dei ministeri, che vale circa 3 miliardi, con il contributo della tassazione degli extraprofitti delle banche, che potrebbe valere altri 1,3 miliardi circa, e con il gettito da accise, posto che si ragiona sul riallineamento delle accise su gasolio e benzina. Sul fronte degli impegni, i più importanti riguardano la conferma del taglio del cuneo fiscale e la riduzione dell’Irpef a tre aliquote, che verrebbero finanziari dal concordato preventivo delle imprese e dal ravvedimento operoso. L’altra fetta consistente di risorse dovrebbe riguardare il sostegno alla natalità e l’assegno unico. Sono poi previsti altri 2 miliardi, forse anche 3 miliardi, per la sanità e lo smaltimento delle liste d’attesa. Possibile anche il mantenimento del bonus ristrutturazioni al 50% anche per l’anno prossimo, mentre sul fronte delle pensioni, si parla di un incentivo alla permanenza sul lavoro e di un innalzamento delle pensioni minime oltre a quanto previsto dalla piena indicizzazione all’inflazione. Risorse anche per il rinnovo dei contratti nella PA. LEGGI TUTTO

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    FMI, debito sale al 93% del PIL quest’anno. Necessari aggiustamenti fiscali più ampi

    (Teleborsa) – Il debito pubblico globale supererà i 100 trilioni di dollari, ovvero circa il 93 percento del prodotto interno lordo (PIL) globale entro la fine di quest’anno e si avvicinerà al 100 percento del PIL entro il 2030. Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale (FMI), spiegando che si tratta di 10 punti percentuali del PIL in più rispetto al 2019, ovvero prima della pandemia.Sebbene il quadro non sia omogeneo – si prevede che il debito pubblico si stabilizzi o diminuisca per due terzi dei paesi – il Fiscal Monitor di ottobre 2024 del FMI mostra che i livelli di debito futuri potrebbero essere persino più alti di quanto previsto e che sono necessari aggiustamenti fiscali “molto più ampi di quelli attualmente previsti” per stabilizzarlo o ridurlo con un’alta probabilità.Il rapporto sostiene che i paesi dovrebbero affrontare i rischi del debito ora con politiche fiscali attentamente progettate che proteggano la crescita e le famiglie vulnerabili, sfruttando al contempo il ciclo di allentamento della politica monetaria.Peggio del previstoLe prospettive fiscali di molti paesi potrebbero essere peggiori del previsto per tre motivi: grandi pressioni sulla spesa, pregiudizio di ottimismo delle proiezioni del debito e debito non identificato considerevole, scrive l’FMI.Precedenti ricerche del FMI hanno dimostrato che il discorso fiscale in tutto lo spettro politico si è sempre più orientato verso una spesa maggiore. E i paesi dovranno spendere sempre di più per far fronte all’invecchiamento e all’assistenza sanitaria; alla transizione verde e all’adattamento climatico; e alla difesa e alla sicurezza energetica, a causa delle crescenti tensioni geopolitiche.D’altro canto, l’esperienza passata suggerisce che le proiezioni del debito tendono a sottostimare i risultati effettivi con un margine considerevole. I rapporti debito/PIL realizzati a cinque anni di distanza possono essere di 10 punti percentuali del PIL superiori a quelli previsti in media.Il nuovo quadroIl Fiscal Monitor presenta un nuovo quadro di “debt-at-risk” che collega le attuali condizioni macrofinanziarie e politiche all’intero spettro di possibili risultati futuri del debito. Questo approccio va oltre la tipica attenzione alle stime puntuali delle previsioni del debito e aiuta i decisori politici a quantificare i rischi per le prospettive del debito e a identificarne le fonti.Questo quadro mostra che in uno scenario fortemente avverso il debito pubblico globale potrebbe raggiungere il 115 percento del PIL in tre anni, quasi 20 punti percentuali in più rispetto alle attuali previsioni. Ciò potrebbe essere dovuto a diverse ragioni: crescita più debole, condizioni di finanziamento più rigide, scostamenti fiscali e maggiore incertezza economica e politica. È importante sottolineare che i paesi sono sempre più vulnerabili ai fattori globali che influenzano i loro costi di prestito, tra cui le ricadute derivanti da una maggiore incertezza politica in paesi sistematicamente importanti, come gli Stati Uniti.Maggiore consolidamento fiscale”Se il debito pubblico è più alto di quanto sembri, gli attuali sforzi fiscali sono probabilmente inferiori al necessario”, afferma l’organizzazione.L’aggiustamento fiscale svolge un ruolo cruciale nel contenere i rischi del debito. Con l’inflazione in moderazione e le banche centrali che abbassano i tassi di riferimento, le economie sono ora meglio posizionate per assorbire gli effetti economici del restringimento fiscale. “Ritardare sarebbe costoso e rischioso, poiché la correzione richiesta aumenta con il passare del tempo; e l’esperienza dimostra che un debito elevato e la mancanza di piani fiscali credibili possono innescare una reazione avversa del mercato, limitando lo spazio di manovra di fronte alle turbolenze”, viene sottolineato.L’analisi del FMI, tenendo conto dei rischi specifici per paese che circondano le prospettive del debito, suggerisce che gli attuali aggiustamenti fiscali, in media pari all’1 percento del PIL in sei anni entro il 2029, anche se implementati per intero, non sono sufficienti a ridurre o stabilizzare significativamente il debito con un’alta probabilità. Un inasprimento cumulativo di circa il 3,8 percento del PIL nello stesso periodo sarebbe necessario affinché un’economia media garantisca un’alta probabilità di stabilizzazione del debito. Nei paesi in cui non si prevede che il debito si stabilizzi, come Cina e Stati Uniti, lo sforzo richiesto è sostanzialmente maggiore. Ma queste due economie più grandi hanno un insieme molto più ricco di scelte politiche rispetto ad altri paesi. LEGGI TUTTO