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    Dl Pnrr: presentati 1.390 emendamenti in commissione Camera

    (Teleborsa) – Valanga di emendamenti al decreto “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Pnrr”. Sono 1.390 quelli presentati in Commissione bilancio alla Camera dove è in corso l’esame del provvedimento: 550 sono stati presentati dai gruppi di maggioranza (274 da Forza Italia, 166 dalla Lega, 95 da Fratelli D’Italia e 15 da Noi Moderati); altri 327 dal Pd; 184 dal M5S; 137 da Avs; 55 da Azione; 33 da Iv, 103 dalle Minoranze linguistiche e uno da +Europa. Lunedì alle 15 è prevista la seduta della Commissione per il vaglio delle ammissibilità degli emendamenti. Nel decreto che conta 46 articoli, ed è di fatto un omnibus, figurano – oltre alle misure di revisione del Pnrr, di rifinanziamento dei progetti che dal Piano sono usciti e di semplificazione e accelerazione delle procedure – disposizioni su varie materie tra cui quelle sul personale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, l’incremento delle risorse per la remunerazione del trattamento accessorio dell’Avvocatura dello Stato, interventi sui sistemi informatici del Ministero del turismo, norma sulla società Autostrada Pedomentana Lombarda, disposizioni urgenti sulla digitalizzazione all’interno delle quali figura la cessione di PagoPa, oggi detenuta al 100% dal Mef, al Poligrafico e a Poste Italiane.Nel testo anche misure su l’esonero contributivo per 24 mesi per l’assunzione a tempo indeterminato di badanti che assistono anziani ultraottantenni a basso reddito, la realizzazione di strutture di accoglienza di migranti in Albania, disposizioni sul fascicolo sanitario elettronico. LEGGI TUTTO

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    DdL Calderoli, GIMBE: “Punto di non ritorno nell’equità dell’assistenza sanitaria tra le Regioni italiane”

    (Teleborsa) – “Il DdL Calderoli sull’autonomia differenziata, approvato al Senato e ora in discussione alla Camera potrebbe segnare un punto di non ritorno nell’equità dell’assistenza sanitaria tra le Regioni italiane in un contesto caratterizzato dalla grave crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)”. È quanto rileva la Fondazione GIMBE nel Report “L’autonomia differenziata in sanità”. Un’analisi volta a esaminare le criticità del testo del DdL e analizzare il potenziale impatto sul SSN delle maggiori autonomie richieste dalle Regioni in materia di “tutela della salute”.”Le nostre analisi – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – documentano dal 2010 enormi divari in ambito sanitario tra il Nord e il Sud del Paese e sollevano preoccupazioni riguardo all’equità di accesso alle cure”. Dagli adempimenti ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) – le prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire gratuitamente o previo il pagamento del ticket – valutati con la griglia LEA nel decennio 2010-2019 emerge – si legge nel report – che nelle prime 10 posizioni non c’è nessuna Regione del Sud e che le tre Regioni che hanno richiesto maggiori autonomie si collocano nella top five della classifica. E con il Nuovo Sistema di Garanzia che ha sostituito la griglia LEA, nel 2020 delle 11 Regioni adempienti l’unica del Sud è la Puglia, a cui nel 2021 si aggiungono Abruzzo e Basilicata. E sia nel 2020 che nel 2021 le Regioni del Sud sono ultime tra quelle adempienti.Nel 2022 a fronte di un’aspettativa di vita alla nascita di 82,6 anni (media nazionale), si registrano notevoli differenze regionali: dagli 84,2 anni della Provincia autonoma di Trento agli 81 anni della Campania, un gap ben 3,2 anni. E in tutte le 8 Regioni del Mezzogiorno l’aspettativa di vita è inferiore alla media nazionale, spia indiretta della bassa qualità dei servizi sanitari regionali.L’analisi della mobilità sanitaria conferma la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord e la fuga da quelle del Centro-Sud: infatti, nel periodo 2010-2021 tutte le Regioni del Sud ad eccezione del Molise (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia) hanno accumulato complessivamente un saldo negativo pari a 13,2 miliardi di euro, mentre sul podio per saldo attivo si trovano proprio le tre Regioni che hanno già richiesto le maggiori autonomie (figura 5). Nel 2021 su 4,25 miliardi di valore della mobilità sanitaria, il 93,3% della mobilità attiva si concentra in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, mentre il 76,9% del saldo passivo grava su Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo.Il raggiungimento degli obiettivi della Missione Salute del PNRR è rallentato dalle scarse performance delle Regioni del Centro-Sud: dagli over 65 da assistere in ADI con abnormi obiettivi di incremento di circa il 300% per Campania, Lazio, Puglia e oltre il 400% per la Calabria, all’attuazione del fascicolo sanitario elettronico con percentuali di attivazione e alimentazione molto basse; dal numero di strutture da edificare (Case della Comunità, Centrali Operative Territoriali, Ospedali di Comunità), alla dotazione di personale infermieristico, ben al di sotto della media nazionale soprattutto in Campania, Sicilia e Calabria.”Complessivamente questi dati – spiega Cartabellotta – confermano che in sanità, nonostante la definizione dei LEA nel 2001, il loro monitoraggio annuale e l’utilizzo da parte dello Stato di strumenti quali Piani di rientro e commissariamenti, persistono inaccettabili diseguaglianze tra i 21 sistemi sanitari regionali. Siamo oggi davanti ad una frattura strutturale Nord-Sud che compromette qualità dei servizi sanitari, equità di accesso, esiti di salute e aspettativa di vita alla nascita, alimentando un imponente flusso di mobilità sanitaria dal Sud al Nord. Di conseguenza, l’attuazione di maggiori autonomie in sanità, richieste proprio dalle Regioni con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione, non potrà che amplificare le diseguaglianze già esistenti. Considerato che la richiesta della Fondazione GIMBE di espungere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie sinora non è stata presa in considerazione dal Governo, né sostenuta con vigore e costanza dalle forze di opposizione – continua Cartabellotta – è cruciale ribadire le motivazioni che portano a sostenere questa posizione. Perché non è ammissibile che venga violato il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto alla tutela della salute, legittimando normativamente il divario tra Nord e Sud”.Il SSN attraversa una gravissima crisi di sostenibilità e il sotto-finanziamento costringe anche le Regioni virtuose del Nord a tagliare i servizi e/o ad aumentare le imposte per evitare il Piano di rientro. “E se da un lato ­non si intravedono risorse né per rilanciare il finanziamento pubblico della sanità, né tantomeno per colmare le diseguaglianze regionali – spiega Cartabellotta – dall’altro con l’autonomia differenziata le Regioni potranno trattenere il gettito fiscale, che non verrebbe più redistribuito su base nazionale, impoverendo ulteriormente il Mezzogiorno”.Il CLEP, ovvero il comitato istituito per determinare i livelli essenziali delle prestazioni non ha ritenuto necessario definirli per la materia “tutela della salute” in quanto esistono già i LEA, ai quali tuttavia non corrisponde alcun fabbisogno finanziario. “Una pericolosissima scorciatoia ­– commenta Cartabellotta – rispetto alla necessità di garantire i LEP secondo quanto previsto dalla Carta Costituzionale: infatti, senza definire, finanziare e garantire in maniera uniforme i LEP in tutto il territorio nazionale è impossibile ridurre le diseguaglianze tra Regioni”.In sanità il gap tra Nord e Sud configura ormai una “frattura strutturale”, come dimostrano sia i dati sugli adempimenti ai LEA sia quelli sulla mobilità sanitaria. Alla maggior parte dei residenti al Sud non sono garantiti nemmeno i LEA, alimentando il fenomeno della mobilità sanitaria verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi per le maggiori autonomie. Di conseguenza è impossibile, come spesso affermato, che le maggiori autonomie in sanità possano ridurre le diseguaglianze esistenti.Le maggiori autonomie già richieste da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto ne potenzieranno le performance sanitarie, indebolendo ulteriormente quelle delle Regioni del Sud, incluse quelle a statuto speciale. Alcuni esempi: la maggiore autonomia in termini di contrattazione del personale provocherà una fuga dei professionisti sanitari verso le Regioni in grado di offrire condizioni economiche più vantaggiose, impoverendo ulteriormente il capitale umano del Mezzogiorno; l’autonomia nella definizione del numero di borse di studio per scuole di specializzazione e medici di medicina generale determinerà una dotazione asimmetrica di specialisti e medici di famiglia; le maggiori autonomie sul sistema tariffario rischiano di aumentare le diseguaglianze nell’offerta dei servizi e favorire l’avanzata del privato. “Ecco perché suona autolesionistica e grottesca – commenta il presidente della Fondazione – la posizione favorevole all’autonomia differenziata dei Presidenti delle Regioni meridionali governate dal Centro-Destra, dimostrando che gli accordi di coalizione partitica prevalgono sulla tutela della salute delle persone”.L’ulteriore indebolimento dei servizi sanitari nel Mezzogiorno – sottolinea Fondazione GIMBE – rischia di generare un effetto paradosso nelle ricche Regioni del Nord che, per la grave crisi di sostenibilità del SSN, non possono aumentare in maniera illimitata la produzione di servizi e prestazioni sanitarie. Di conseguenza un massivo incremento della mobilità verso queste Regioni rischia di peggiorare l’assistenza sanitaria per i propri residenti. “In tal senso una”spia rossa” si è già accesa in Lombardia – commenta il Presidente – che nel 2021 si trova sì al primo posto per mobilità attiva (€ 732,5 milioni), ma anche al secondo posto per mobilità passiva (-€ 461,4 milioni): in altre parole un numero molto elevato di cittadini lombardi va a curarsi fuori Regione”.Tutte le Regioni del Mezzogiorno (eccetto la Basilicata) si trovano insieme al Lazio in regime di Piano di rientro, con Calabria e Molise addirittura commissariate, status che impongono una”paralisi” nella riorganizzazione dei servizi. “Contrariamente agli entusiastici proclami sui vantaggi delle maggiori autonomie per il Meridione – spiega Cartabellotta – nessuna Regione del Sud oggi può avanzare richieste di maggiori autonomie in sanità”.Il PNRR persegue il riequilibrio territoriale e il rilancio del Sud come priorità trasversale a tutte le missioni. “In tal senso l’impianto normativo del Ddl Calderoli – chiosa il presidente della Fondazione GIMBE – contrasta proprio il fine ultimo del PNRR, occasione per il rilanciare il Mezzogiorno, teso ad accompagnare il processo di convergenza tra Sud e Centro-Nord quale obiettivo di crescita economica, come più volte ribadito nelle raccomandazioni della Commissione Europea. Al di là di accattivanti slogan e illusori proclami – conclude Cartabellotta – è certo è che l’autonomia differenziata non potrà mai ridurre le diseguaglianze in sanità, perché renderà le Regioni del Centro-Sud sempre più dipendenti dalle ricche Regioni del Nord, le quali a loro volta rischiano paradossalmente di peggiorare la qualità dell’assistenza sanitaria per i propri residenti. Ovvero, l’autonomia differenziata per la materia”tutela della salute” non solo porterà al collasso la sanità del Mezzogiorno, ma darà anche il colpo di grazia al SSN, causando un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti. Stiamo di fatto rinunciando alla più grande conquista sociale del Paese e ad un pilastro della nostra democrazia solo per un machiavellico”scambio di cortesie” nell’arena politica tra i fautori dell’autonomia differenziata e i fiancheggiatori del presidenzialismo. Due riforme che, oltre ogni ragionevole dubbio, spaccheranno l’unità del Paese Italia”. LEGGI TUTTO

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    USA, vendita di case esistenti a febbraio sopra attese

    (Teleborsa) – Segnali di ottimismo giungono ancora dal mercato immobiliare statunitense. Le vendite di case esistenti negli Stati Uniti hanno registrato a febbraio un incremento del 9,5%. È quanto comunicato dall’Associazione Nazionale degli Agenti Immobiliari (NAR), dopo il +3,1% riportato a gennaio.Sono state vendute 4,3 milioni di abitazioni rispetto ai 4 milioni di gennaio e contro i 3,95 milioni di unità previsti dagli analisti. LEGGI TUTTO

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    USA, S&P Global: settore manifatturiero in aumento a marzo, frena il terziario

    (Teleborsa) – Migliora l’attività manifatturiera mentre frena quella dei servizi degli Stati Uniti, nel mese di marzo. La stima flash sull’indice PMI Manifatturiero elaborato da S&P Global indica infatti un livello di 52,5 punti, in salita dai 52,2 punti di febbraio e sopra i 51,8 punti attesi dagli analisti. L’indicatore si conferma dunque sopra la soglia chiave dei 50 punti, che fa da spartiacque tra espansione e contrazione. In calo, invece, l’indice del settore terziario, sempre nel mese di marzo. La stima flash sul PMI dei servizi, pubblicata da S&P Global, indica un valore di 51,7 punti, che si confronta con i 52,3 di febbraio ed i 52 del consensus. Il PMI composito si attesta così a 52,2 punti dai 52,5 precedenti e rispetto ai 52,2 attesi. LEGGI TUTTO

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    USA, sale a sorpresa l’attività manifatturiera nell’area di Philadelphia

    (Teleborsa) – Migliora, a sorpresa, l’attività del settore manifatturiero nell’area di Philadelphia (Stati Uniti). A marzo, l’indice relativo all’attività manifatturiera del distretto Fed di Philadelphia (Philly Fed) si è portato a +3,2 punti dai +5,2 di febbraio. Il dato è nettamente migliore delle attese degli analisti, che indicavano un livello di -2,6 punti. Va detto che un indice superiore allo zero indica che all’interno del distretto di Philadelphia ci sono nel settore manifatturiero più imprese ottimiste che pessimiste, viceversa un indice sotto lo zero indica il prevalere del numero di imprese pessimiste.Fra le componenti dell’indice, quello dei nuovi ordini si è attestato a +5,4 punti da -5,2 punti, quello sulle condizioni di business è salito a +38,6 punti da +7,2 e quello sulla spesa per investimenti (capex) è pari a 23,6 da 12,7, mentre l’indice sull’occupazione si attesta a -9,6 da -10,3 punti e quello sui prezzi a 3,7 da 16,8 punti. LEGGI TUTTO

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    TLC, Open Fiber completa i lavori a Villa San Giovanni

    (Teleborsa) – Chiusi i lavori di Open Fiber nell’ambito del Piano governativo per lo sviluppo di internet veloce a Villa San Giovanni (Reggio Calabria) dove è entrata in funzione la nuova rete pubblica di telecomunicazioni a banda ultralarga realizzata nell’ambito del Piano BUL (Banda Ultra Larga). L’infrastruttura di ultima generazione copre 280 unità immobiliari, attraverso la modalità FTTH (Fiber-to-the-home, cioè la fibra ottica stesa fino all’interno degli edifici) l’unica in grado di restituire velocità di connessione fino a 10 Gigabit al secondo. Le aree comunali interessate dall’intervento – fa sapere Open Fiber – sono nello specifico il borgo di Piale e l’area industriale Corap. La rete di telecomunicazioni si estende per circa 6 chilometri e, tra gli altri edifici, raggiunge in particolare l’Istituto Nautico “Fermi” che potrà dunque avvalersi di tutti quei servizi ad alto tasso tecnologico finora impossibili da implementare. L’importo complessivo del progetto è di circa 300mila euro. I lavori sono stati condotti da Open Fiber, società per azioni chiamata a realizzare l’infrastruttura che consente a cittadini e imprese di accedere a Internet con prestazioni efficaci e all’avanguardia. Le risorse stanziate non gravano sul bilancio del Comune: l’infrastruttura è infatti finanziata con fondi regionali e statali e resterà di proprietà pubblica. Le attività sono coordinate da Infratel Italia, società in house del Ministero dello Sviluppo Economico, con l’attenta supervisione della Regione Calabria.”Grazie alla rete FTTH e al progetto di cablaggio di Open Fiber, la zona industriale di Villa e la frazione di Piale – zone finora ai margini del processo di digitalizzazione – si dotano di una rete ultrabroadband in grado di erogare volumi di traffico dati sempre maggiori. Questo permette così a cittadini, operatori economici ed enti presenti in quelle aree di poter finalmente competere alla pari con altri territori maggiormente interessati in passato da investimenti tecnologici”, spiega Giuseppe Crupi, field manager dell’azienda guidata dall’amministratore delegato Giuseppe Gola. LEGGI TUTTO

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    Trasporti, Polo Logistica FS e Marcegaglia insieme per nuovi terminal e raccordi ferroviari

    (Teleborsa) – Mercitalia Logistics, capofila del Polo Logistica del Gruppo FS, e Marcegaglia Carbon Steel, “core” dell’omonimo gruppo siderurgico mantovano, hanno firmato un accordo per la progettazione e la realizzazione di nuovi terminal e raccordi ferroviari e per la gestione di un nuovo parco vagoni in grado di soddisfare le più ampie esigenze di trasporto del Gruppo. La partnership prevede, inoltre, nuove soluzioni logistiche per il trasporto su ferro dei prodotti siderurgici in entrata e in uscita dagli stabilimenti Marcegaglia. Nello specifico, il progetto permetterà la realizzazione di un nuovo raccordo ferroviario di circa 11 km tra la stazione di Castellucchio e lo stabilimento Marcegaglia di Gazoldo degli Ippoliti, in provincia di Mantova. A questo si aggiungerà, successivamente, la costruzione di un nuovo terminal ferroviario a servizio della zona industriale dei Comuni di Gazoldo degli Ippoliti e Rodigo.”L’accordo con il Gruppo Marcegaglia conferma il nostro impegno per garantire servizi sempre più tailor made verso i nostri clienti e partner, anche attraverso progetti pluriennali e strutturati che possano portare valore aggiunto a tutta la catena della logistica – ha dichiarato Sabrina De Filippis, amministratore delegato di Mercitalia Logistics –. Il nostro piano prosegue con una nuova partnership che ha valenza strategica sia per lo sviluppo economico che per la sostenibilità ambientale con grande attenzione al territorio”.”Con questo accordo si pongono le basi concrete per la realizzazione di un’infrastruttura importante non solo per la nostra azienda, ma soprattutto per il mantovano. Alle istituzioni regionali e locali, e al polo logistica di FS va il nostro apprezzamento per il lavoro che abbiamo fatto insieme – sottolineano Antonio ed Emma Marcegaglia, alla guida dell’omonimo Gruppo –. La nuova modalità di trasporto andrà ad integrare le soluzioni che già oggi utilizziamo per i flussi sul territorio e si rende necessaria per le prospettive di crescita, in primis, dello stabilimento di Gazoldo degli Ippoliti. Inoltre, si muove in direzione di una maggiore sostenibilità ambientale, tematica cui siamo da sempre molto attenti”. L’opera infrastrutturale aumenterà l’utilizzo del trasporto su ferro, consentendo di diminuire il traffico di camion sulle strade della provincia di Mantova. Con un duplice obiettivo: di sostenibilità ambientale, perché contribuirà efficacemente alla riduzione dei gas serra e delle altre sostanze nocive emesse nell’atmosfera dai mezzi di trasporto su gomma; e di maggiore sicurezza stradale, perché un solo treno toglie dalla strada 30 camion, garantendo condizioni di maggiore sicurezza per il trasporto merci, ma anche per tutti coloro che utilizzano l’auto per i loro spostamenti. LEGGI TUTTO

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    Nomisma, Osservatorio Immobiliare: nel 2023, 48mila nuclei familiari scelgono l’affitto invece di acquistare

    (Teleborsa) – “In attesa che la prospettiva economica si faccia più nitida, il mercato immobiliare italiano restituisce segnali di ulteriore indebolimento. Il progressivo incremento dei tassi di interesse, unito alla ritrovata selettività del ceto bancario, hanno bruscamente interrotto un meccanismo che pareva destinato ad accrescere in maniera costante anche le aspirazioni più fragili”. È quanto si legge nel primo Osservatorio sul Mercato Immobiliare di Nomisma presentato oggi, che analizza la congiuntura del settore con focus su 13 mercati intermedi (Ancona, Bergamo, Brescia, Livorno, Messina, Modena, Novara, Parma, Perugia, Salerno Taranto, Trieste e Verona). A fare da metronomo della risalita del mercato sarà, secondo Nomisma, la componente creditizia, la cui imprescindibilità risulta ormai acclarata, specie in una fase di debolezza ciclica. L’elevato costo del denaro ha fatto si che la quota di compravendite assistita da mutuo si sia ridotta dal 48,4% del 2022 al 39,9% del totale degli acquisti del 2023. Le difficoltà di accesso al mercato della compravendita hanno favorito un potenziale spostamento di interesse della domanda verso l’affitto, che rispetto allo scorso anno ècresciuta di 3 punti percentuali. In altre parole, nel 2023, 48mila nuclei familiari hanno rinunciato ad acquistare una casa a favore dell’affitto. In questo contesto la rigidità dei valori immobiliari, che in Italia caratterizza storicamente le fasi di inversione ciclica, finisce inevitabilmente per ampliare le distanze tra aspettative dell’offerta e disponibilità della domanda, contribuendo a rallentare ulteriormente l’attività transattiva. Nel 2023 le compravendite hanno subito un calo prossimo al 10% con quasi 710mila abitazioni totali che sono passate di mano sul mercato. Secondo Nomisma, il calo delle compravendite registrato nel 2023 è imputabile esclusivamente alla componente di domanda che è uscita dal mercato perchè dipendente dal credito (-26%), mentre gli acquisti senza mutuo continuano a crescere (+4,8%). La variazione positiva che ha interessato i valori delle abitazioni dei mercati intermedi, seppur di modesta entità (+1,2% per l’usato e 1,7% per l’ottimo stato) èuna sintesi di dinamiche locali tutt’altro che omogenee. Ad esempio, se i mercati di Messina e Ancona fanno segnare una flessione nominale dei prezzi (rispettivamente -2,2% e -1%), quelli di Trieste e Novara (rispettivamente +3,2% e +3%) evidenziano una variazione positiva di entità doppia rispetto alla media dei mercati. Alla luce di tale quadro, per Nomisma non basterà un atteggiamento più accomodante da parte della BCE per determinare un’immediata risalita delle transazioni, ma sarà necessaria una fase di normalizzazione che agevoli il ripristino di condizioni più favorevoli alla domanda. “L’incertezza sulle prospettive rappresenta un fattore di inevitabile differimento delle scelte, soprattutto di quelle che presuppongono un ingente impegno di capitale, come l’acquisto della casa. Non deve pertanto stupire che nell’ultimo anno la domanda di acquisto si sia ridimensionata rispetto ai livelli del 2022, quando il vento dell’euforia ingrossava le fila degli aspiranti proprietari. Ad essere venuto meno non ètanto l’interesse potenziale, che nel nostro Paese rimane strutturalmente sovrabbondante, quanto la disponibilità del settore bancario a supportare il percorso degli aspiranti mutuatari – commenta Luca Dondi, Amministratore Delegato di Nomisma -. Non sono poche le incognite che punteggiano la traiettoria del mercato immobiliare italiano nel 2024, anche se la principale rimane legata all’orientamento delle istituzioni finanziarie ad ogni livello. Il possibile ritorno a condizioni di maggior favore, in termini di propensione all’erogazione e di onerosità del credito, consentirebbe di scongiurare riflessi sui prezzi della flessione di domanda e transazioni. Se nel primo semestre il quadro non pare ormai destinato a mutare, dal secondo è lecito attendersi un cambio di rotta, con effetti che almeno inizialmente saranno piuttosto timidi”.Sul fronte della locazione non si arresta la crescita dei canoni (+2,9% annuo). La media sintetizza una certa variabilità tra i mercati monitorati: dal calo di Messina (-1,3%), alla stabilità di Bergamo (+5,1%) fino ad arrivare al picco di Perugia (+5,2%). Lo spostamento di interesse verso la locazione metterà ancora più in evidenza il sovraffollamento di un comparto che già oggi sconta un’evidente carenza di offerta. Nel residenziale la migliore performance del segmento locativo rispetto a quello dell’acquisto ha sostenuto la crescita – anche se lieve – dei rendimenti lordi da locazione che si attestano al 5,6% annuo. Considerando i tempi medi di vendita nel residenziale si assiste ad una certa stabilizzazione, nell’ordine di 5,2 mesi per le abitazioni in ottimo stato e di 5,6 mesi per quelle in buono stato. Anche in questo caso tra i mercati si assiste a una certa variabilità, con i tempi di vendita che oscillano tra i 3,5 mesi di Trieste e i 6 mesi di Ancona. Infine, dall’Osservatorio Immobiliare emerge come la domanda abitativa, sia rivolta all’acquisto che alla locazione, sia sempre di più è orientata a privilegiare le dotazioni interne quali il balcone o terrazzo, il doppio bagno, la luminosità degli ambienti e la disponibilità del posto auto o del garage, oltre a servizi di connettività. A seguire, la ricerca privilegia le caratteristiche del contesto, quali la presenza di verde e la vicinanza ai servizi e trasporti pubblici e, infine, la tipologia dell’edificio, che viene valutata in termini di condizione d’uso e performance energetica. “Gli operatori immobiliari prevedono, per il 2024, una ulteriore diminuzione delle quantità scambiate sul mercato (47,5% dei giudizi) o, tuttalpiù, un’invarianza sui livelli dello scorso anno (44,3%). Solo l’8,2% degli intervistati prevede una ripresa delle compravendite per effetto di una maggiore accessibilità al credito, della disponibilità di nuove abitazioni in vendita e di un’accresciuta propensione all’acquisto, sostenuta anche dall’onerosità dei canoni di locazione”, conclude Elena Molignoni, Head of Real Estate Nomisma.(Foto: Tierra Mallorca on Unsplash) LEGGI TUTTO