More stories

  • in

    Mercato veicoli industriali: nessun accenno alla ripresa (-0,9%)

    (Teleborsa) – Il comparto dei veicoli industriali registra a marzo una leggera contrazione (-0,9%), con un totale di 2.610 veicoli immatricolati rispetto ai 2.635 dello stesso periodo dell’anno precedente. Esaminando le diverse categorie di peso, si nota un incremento delle immatricolazioni dei veicoli leggeri fino a 6 t, che segnano un avanzo del 65,7%, mentre soffrono i mezzi medio-leggeri sotto le 16 t, in calo a -8,6%. Allo stesso modo, risultano in flessione i veicoli pesanti di massa uguale o superiore a 16 t, il cui volume di mercato è pari all’87,4%, che perdono quasi 30 unità rispetto a marzo 2023 (-1,2%). Questa la stima del mercato dei veicoli industriali per il mese di marzo 2024 effettuata dall’Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri (UNRAE) sulla base dei dati di immatricolazione forniti dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. “Non sorprendono i dati dell’immatricolato di marzo, coerenti con le previsioni UNRAE di inizio anno. Il mercato inizia a riflettere le ben note difficoltà dell’autotrasporto e la flessione in volume dei mezzi pesanti potrebbe diventare molto più preoccupante se il Governo non interverrà con urgenti misure a sostegno del settore – commenta Paolo A. Starace, presidente della Sezione Veicoli Industriali dell’UNRAE –. Purtroppo, appare chiaro che attualmente le istanze del trasporto pesante non rientrino tra le priorità dell’Esecutivo. Coerentemente con quanto previsto per gli altri comparti, come quello dell’auto e dei veicoli commerciali, riteniamo indifferibile un intervento concreto ed efficace per far ripartire il mercato e sostenere in maniera fattiva il rinnovo del parco circolante. Il trasporto delle merci e la logistica sono settori di importanza strategica per il nostro Paese, eppure, a causa del gravissimo ritardo degli interventi pubblici, le imprese italiane sono fortemente svantaggiate rispetto ai competitor internazionali, che possono contare su contributi, diretti o indiretti, all’acquisto e all’utilizzo di veicoli di ultima generazione a bassissime o zero emissioni, come ad esempio l’esenzione dal pagamento delle tariffe autostradali. In questo contesto, pur riconoscendo l’importanza di questioni operative come l’attraversamento delle Alpi, – conclude Starace – crediamo che la politica non debba trascurare l’assoluta necessità di svecchiare il parco veicolare in linea con i target ambientali comunitari. A tal proposito, auspichiamo che i principi e i criteri del Regolamento sulla riduzione delle emissioni di CO2 per i veicoli pesanti, confermati dalla votazione di ieri del Parlamento europeo sul testo finale del provvedimento, non vengano stravolti in prossimi riesami, vanificando gli ingenti investimenti e la pianificazione industriale già da tempo intrapresa dalle Case”. LEGGI TUTTO

  • in

    Snam premiata con il “Transition Bond of the Year”

    (Teleborsa) – Snam si è aggiudicata per il secondo anno consecutivo il premio “Transition Bond of the Year” conferito da Environmental Finance, rivista specialistica che affronta tematiche legate alla finanza sostenibile. Quest’anno Snam ha ricevuto il riconoscimento per il successo del collocamento dell’EU taxonomy-aligned transition bond convertibile in azioni ordinarie esistenti di Italgas, il primo nel suo genere emesso in assoluto sul mercato. Con un importo di 500 milioni di euro e una scadenza fissata al 29 settembre 2028, il bond offre una cedola annua del 3,250%.La transizione – fa sapere Snam in una nota – rappresenta un elemento cardine della strategia di Snam nel percorso verso la finanza sostenibile, per supportare le iniziative di transizione e decarbonizzazione, riaffermando il ruolo di leader della Società in questo settore. L’emissione di questo bond ha contribuito al raggiungimento dell’obiettivo di finanza sostenibile di Snam, tre anni prima del previsto. In occasione del Piano Strategico presentato lo scorso gennaio, Snam ha quindi aggiornato il proprio obiettivo di finanza sostenibile, incrementandolo dall’80% all’85% entro la fine del 2027.Per raggiungere questo traguardo, Snam ha recentemente pubblicato il Sustainable Finance Framework, un aggiornamento del Framework del 2021 che segna un passo ulteriore verso un approccio che integra il mondo Green a quello Sustainability-Linked, puntando sulla trasparenza nell’allocazione del capitale e sulla chiarezza negli obiettivi della Società.La strategia sostenibile di Snam – si legge nella nota – si adatta ad un mercato in costante evoluzione, sempre più incentrato sulla trasparenza e sullo sviluppo di strategie di transizione credibili e ambiziose. In linea con questo impegno, nel febbraio 2024, Snam ha emesso il primo bond che combina una tranche Green volta al finanziamento di specifici progetti e una tranche Sustainability-linked legata ad obiettivi di riduzione delle emissioni scope 3, oltre che scope 1&2. L’operazione ha consentito di associare, da parte di una Società europea, per la prima volta in assoluto due strumenti in un’unica emissione, rispondendo così alle crescenti esigenze del mercato. LEGGI TUTTO

  • in

    GenAI: al settore pubblico oltre 1.750 miliardi di dollari di produttività ogni anno entro il 2033

    (Teleborsa) – Molti governi hanno iniziato a sperimentare l’intelligenza artificiale generativa (GenAI) per migliorare la qualità e la velocità dei processi decisionali e aumentare efficienza ed efficacia di politiche, programmi e servizi pubblici. Proprio quando le finanze pubbliche sono messe alla prova da una crescita economica che va a rilento, la GenAI offre infatti l’opportunità ai governi nel mondo di migliorare i servizi offerti a cittadini e imprese, così come di generare valore. Come già illustrato nello studio di Boston Consulting Group (BCG), Generative AI for the Public Sector: From Opportunities to Value, infatti, le amministrazioni pubbliche potrebbero aumentare la propria produttività grazie all’uso di strumenti basati su GenAI, quantificabile a livello globale in 1.750 miliardi di dollari all’anno entro il 2033. Trasformazione possibile attraverso l’attivazione di sei abilitatori cruciali: Leadership, Persone e Competenze, Partnership, Tecnologia, Dati e Politiche e Governance. Ognuno di questi abilitatori gioca un ruolo fondamentale nel garantire l’implementazione e la scalabilità delle soluzioni GenAI all’interno del settore pubblico. In Italia, queste tecnologie possono generare un guadagno quantificabile intorno ai 25 miliardi di dollari annui. Ma cosa pensano i cittadini di questa rivoluzione? BCG e Salesforce hanno condotto un’analisi congiunta su 41.600 utenti abituali del web in 48 giurisdizioni nel mondo. Dal report “Gen AI: The Trust Multiplier for Government”, emerge che, sebbene molti cittadini si sentano a proprio agio con l’idea che il governo utilizzi l’AI, sono due le principali fonti di preoccupazione: la velocità di implementazione e sviluppo della stessa AI e il potenziale impatto su posti di lavoro ed economia. Inoltre, più di un terzo dei cittadini intervistati non si fida affatto dell’uso responsabile dell’AI da parte dei governi, a fronte di circa tre intervistati su cinque a livello globale che invece dichiarano di fidarsi. È evidente, quindi, che il punto di partenza è costruire (o ricostruire) la fiducia di molti cittadini.”Implementando la GenAI in aree mirate, il settore pubblico – afferma Roberto Ventura, Managing Director e Partner di BCG – può ottenere miglioramenti significativi nell’erogazione dei servizi, nell’efficienza operativa e nel coinvolgimento dei cittadini. Inoltre, i governi potranno usare la maggiore produttività per affrontare le esigenze dei cittadini non soddisfatte appieno o impegnarsi in attività ad alto valore aggiunto per la comunità.”Per comprendere meglio il modo in cui i cittadini si sentono, l’analisi ha misurato innanzitutto il loro grado di familiarità con la tecnologia. In media, il 27% degli intervistati utilizza gli strumenti di GenAl almeno una volta alla settimana e il 16% almeno una volta al giorno (43% complessivamente). Le tendenze nell’uso quotidiano variano in modo significativo a seconda dell’area, ad esempio, solo il 4% degli intervistati in Italia utilizza gli strumenti di GenAl almeno una volta al giorno, rispetto al 15% degli Stati Uniti e al 42% del Qatar. Vi è tuttavia un 23% di persone a livello globale a non aver mai usato questi strumenti.Dal momento che il 74% degli intervistati ha dichiarato di aver avuto problemi con i servizi digitali della pubblica amministrazione negli ultimi due anni, quasi la stessa percentuale (75%) si aspetta che la qualità dei servizi digitali arrivi ad essere al pari di quella delle migliori aziende del settore privato grazie all’uso dell’AI e della GenAI. Il 40% degli intervistati nel mondo ritiene poi che i benefici dell’AI nella pubblica amministrazione siano superiori ai rischi, il 31% afferma che sono uguali e il 21% che i rischi sono maggiori. Tuttavia, gli intervistati con maggiore conoscenza dell’AI hanno una probabilità doppia di affermare che i benefici superano i rischi rispetto a quelli che conoscono meno la tecnologia e una probabilità doppia rispetto a quelli che non hanno alcuna conoscenza dell’AI. Gli italiani si dicono preoccupati principalmente per la perdita di posti di lavoro (36%) e per le capacità degli individui che usano questi strumenti (30%).Il 63% degli intervistati si sente a proprio agio nell’interagire con l’AI per accedere ai servizi governativi, percentuale che in Italia è più bassa ma non molto lontana (48%). Nel dettaglio, il 71% a livello globale si sente a proprio agio se il governo utilizza la GenAI per comunicare in più lingue, il 69% se gli agenti del servizio clienti utilizzano strumenti di supporto basato su GenAI e il 67% è d’accordo con l’uso di GenAI per snellire le attività amministrative. Il livello di comfort dei cittadini è molto più basso quando si parla di utilizzare la GenAI per prendere decisioni automatizzate sull’accesso ai servizi pubblici o per monitorare il sentiment pubblico.”Sebbene molti potrebbero aspettarsi che l’applicazione della GenAI nelle amministrazioni pubbliche generi conseguenze negative, questa tecnologia ci si aspetta trasformi radicalmente la natura in cui il settore opera come già osservato in altri ambiti – conclude Ventura –. Il processo non deve tuttavia lasciare fuori i cittadini, che ne sono parte integrante e a cui i governi devono assicurare piena trasparenza sull’utilizzo responsabile delle tecnologie così come dei loro dati”. Per aumentare la fiducia dei cittadini nell’uso dell’AI nelle pubbliche amministrazioni, infatti, gli stessi hanno indicato la creazione di leggi per assicurarne il corretto utilizzo e di regolamenti specifici per la salvaguardia dei dati personali come i principali modi per fidarsi maggiormente, citati a livello globale rispettivamente dal 38% e dal 34% degli intervistati, analogamente a quanto fatto dal 32% e 35% degli italiani. Tuttavia, il 10% degli intervistati globali rimane sfiduciato nell’uso di queste tecnologie, dichiarando che nulla potrebbe fargli cambiare idea. LEGGI TUTTO

  • in

    Fisco, UPB: “Spese fiscali complessive salgono a 105 miliardi, raddoppiate dal 2018”

    (Teleborsa) – È molto basso, ad oggi, l’impatto delle politiche di razionalizzazione sulle spese fiscali. Salgono a 105 miliardi le spese fiscali complessive, raddoppiate dal 2018. Con la riforma del 2023 taglio medio di circa 152 euro per 1,4 milioni di contribuenti e anziché diminuire, il numero delle agevolazioni aumenta di un terzo e arriva a 625. È quanto emerge dal focus dell’Ufficio parlamentare di bilancio sui recenti interventi normativi in materia di detrazioni ed agevolazioni fiscali. Nel report l’Upb fa il punto su detrazioni per oneri ed erogazioni liberali e sugli effetti delle modifiche apportate con la legge di bilancio per il 2020 e con il primo modulo della riforma dell’Irpef a fine 2023 e accenna a possibili approcci alternativi.L’UPB ricorda che sin dal 2009 in Italia sono state avviate iniziative al fine di contenere le spese fiscali, quell’insieme di sconti, esenzioni e regimi speciali di tassazione che contribuiscono a rendere il sistema tributario meno equo e trasparente, più distorsivo e che comportano una rilevante perdita di gettito. Da allora, sono stati disposti monitoraggi annuali come base conoscitiva e, dal 2016, una specifica Commissione produce ogni anno un rapporto tecnico che costituisce la base di un documento programmatico allegato alla NADEF, in cui il Governo dovrebbe indicare gli interventi di riduzione o riforma da disporre nella successiva legge di bilancio. Nonostante queste azioni, negli ultimi anni il numero delle agevolazioni fiscali è aumentato ulteriormente: tra il 2018 e il 2024 è cresciuto di un terzo, passando da 466 a 625, e la perdita di gettito complessiva è quasi raddoppiata, da 54 a 105 miliardi. Sono aumentati in particolare i regimi speciali e le esenzioni, ed eccezionale è stato l’incremento dei crediti di imposta (in particolare quelli legati ai lavori edilizi); a ciò si aggiunge il maggiore ricorso a forme specifiche di esenzione quale il welfare aziendale. Tale fenomeno è inoltre accompagnato dal rafforzamento delle agevolazioni già esistenti, influenzate dall’evoluzione demografica, dalle dinamiche economiche e dei mercati, dall’aumento del ricorso alle strutture private in ambito sanitario ma anche dalla stessa diffusione della dichiarazione precompilata, che ha indotto un incremento della fruizione delle detrazioni sanitarie.In questo contesto di generale incremento delle spese fiscali, i tentativi per ridurle si sono concentrati sul contenimento delle detrazioni per oneri ed erogazioni liberali ai fini Irpef, che valgono complessivamente solo il 6 per cento di tutte le agevolazioni, attraverso due distinti interventi:la legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019) ne ha disposto l’indetraibilità parziale per contribuenti oltre 120mila euro di reddito e totale oltre 240mila; il primo modulo della riforma dell’Irpef (D.Lgs. 216/2023) ha ridotto di 260 euro le detrazioni per i contribuenti con reddito complessivo superiore a 50mila euro.Dall’analisi UPB emerge che, escludendo da entrambi i provvedimenti le detrazioni per spese sanitarie, che costituiscono il 65 per cento del totale delle agevolazioni, e limitando gli interventi ai soli contribuenti con redditi elevati, il recupero di gettito è contenuto, con un risparmio complessivo di 250 milioni (31 il primo provvedimento, 220 il secondo). I due provvedimenti hanno inoltre utilizzato criteri diversi per la riduzione dei benefici, che si sono sovrapposti in una combinazione di scelte non coerenti tra loro sia sull’insieme delle detrazioni da tagliare sia sui meccanismi applicativi, comportando anche una maggiore complessità di gestione per il contribuente.Come evidenziato dalle analisi svolte con il modello di microsimulazione UPB, il primo modulo della riforma dell’Irpef ha interessato circa 1,4 milioni di contribuenti, poco più della metà della platea dei contribuenti con più di 50mila euro. Il taglio medio applicato ai contribuenti coinvolti (pari a 152 euro) è minore della franchigia, e ciò deriva dal fatto che solo una parte dei contribuenti presenta detrazioni fiscali oggetto del taglio superiori a 260 euro (circa il 36 per cento).Nel Focus, inoltre, sono riportate le stime degli effetti delle modifiche tra l’intervento definitivo e quello contenuto nell’originario schema di decreto legislativo, che hanno riguardato la salvaguardia di alcune erogazioni liberali, di cui hanno beneficiato circa 157mila contribuenti che effettuano erogazioni liberali con redditi superiori a 50mila euro (sui circa 900mila totali). Non sarebbero comunque stati interessati dal taglio i circa 500mila contribuenti che effettuano erogazioni liberali optando per il regime di deduzione. Rispetto agli obiettivi di razionalizzazione originari, il fatto di essersi concentrati esclusivamente sulle detrazioni relative agli oneri e alle erogazioni liberali attraverso limiti e franchigie sembra non aver generato un progresso tangibile nella riduzione delle spese fiscali. La stessa delega fiscale, pur auspicando un riordino delle agevolazioni, continua a salvaguardare le componenti più cospicue.Continuano dunque a permanere nel sistema frammentazione e scarsa trasparenza, la tendenza a beneficiare principalmente i contribuenti ad alto reddito e le difficoltà dei soggetti a basso reddito nell’ottenere vantaggi a causa dell’incapienza fiscale, un fenomeno in espansione anche a seguito del progressivo aumento delle soglie di esenzione dall’Irpef e del maggiore ricorso anche ad altre forme di detrazione, ad esempio quelle edilizie.Tra le alternative percorribili per il riordino delle spese fiscali, – evidenzia l’Upb – potrebbe esserci la revisione delle agevolazioni coordinata con le politiche di spesa e di entrata, incluse le compartecipazioni alla spesa. Nel cospicuo capitolo della sanità, ad esempio, le agevolazioni potrebbero essere ripensate nell’ambito di una più ampia riflessione sul livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, sul ruolo delle assicurazioni sanitarie (già oggetto di agevolazioni fiscali nell’ambito del welfare aziendale) e sui meccanismi di compartecipazione alla spesa come i ticket, che da soli corrispondono ad agevolazioni potenziali per circa 500 milioni.Per le altre agevolazioni minori, la trasformazione delle detrazioni in programmi di spesa (bonus ad hoc) di durata definita e rinnovabili mediante successivi interventi legislativi potrebbe essere, se le circostanze lo giustificassero, un’ulteriore valida alternativa, regolata dall’efficienza gestionale di diverse piattaforme già ampiamente utilizzate. Un approccio sistematico a questa trasformazione, secondo l’Upb, potrebbe comportare un miglioramento della selettività delle agevolazioni incentivanti in direzione della equità e della efficienza, migliorare la trasparenza e favorire una maggiore coerenza con le esigenze contingenti. Un trasferimento monetario può infatti rivelarsi più efficace per i soggetti in condizioni economiche più disagiate. In questo ambito, inoltre, si potrebbe superare il concetto di reddito individuale, favorendo invece misure che considerano l’insieme di risorse e bisogni del nucleo familiare. LEGGI TUTTO

  • in

    USA, prezzi alla produzione marzo sotto attese

    (Teleborsa) – Frenano i prezzi alla produzione nel mese di marzo. Secondo il Dipartimento del Lavoro americano (BLS), i prezzi alla produzione sono saliti dello 0,2% dopo il +0,6% del mese precedente. Le attese degli analisti erano per una crescita dello 0,3%. Su base annua i prezzi hanno registrato un incremento del 2,1%, superiore rispetto al consensus (+2,2%) e rispetto al +1,6% del mese precedente.I prezzi dei beni e servizi “core”, ovvero l’indice depurato dalle componenti più volatili quali il settore alimentare e quello dell’energia, segnano una variazione di +0,2% su mese (+0,3% il mese precedente e +0,2% atteso), mentre su anno registrano un +2,4% dopo il +2,1% precedente (+2,3% atteso).(Foto: PublicDomainPictures / Pixabay) LEGGI TUTTO

  • in

    Produzione industriale, “dati pessimi”: i commenti delle Associazioni

    (Teleborsa) – L’Istat stima che a febbraio 2024 l’indice destagionalizzato della produzione industriale in Italia sia aumentato dello 0,1% rispetto a gennaio, contro aspettative degli analisti per una crescita dello 0,6%. Numeri che deludono le associazioni.Il Codacons parla di “nuovo tonfo per l’industria italiana, con la produzione che a febbraio segna un calo del -3,1% su base annua e un misero +0,1% su mese. Da oltre un anno, per la precisione 13 mesi, il dato tendenziale della produzione registra numeri negativi, spiega il presidente Carlo Rienzi. A febbraio gli indici calano in tutti i settori, ad eccezione dei beni strumentali, ma il vero allarme riguarda i beni di consumo che scendono su base mensile del -0,8% e addirittura del -5,3% su anno, con punte del -6,1% per quelli durevoli”.Sull’ industria italiana si fa ancora sentire l’onda lunga del caro-prezzi che ha imperversato negli ultimi due anni, e che ha avuto effetti negativi diretti sulla spesa e sui consumi delle famiglie, prosegue Rienzi – Per questo ribadiamo la necessità di intervenire in maniera più efficace sui prezzi, perchè solo calmierando i listini sarà possibile tutelare la capacità di acquisto delle famiglie, sostenere i consumi e aiutare industria, commercio ed economia”.Anche l’UNC parla di “dati pessimi. Dopo l’anno nero 2023 e il crollo di gennaio, -1,4% in un solo mese, a febbraio ci si attendeva perlomeno un rimbalzo significativo. Invece si sale di un misero 0,1%, mentre su base annua prosegue indisturbata la caduta, che, come rileva l’Istat, dura da 13 mesi, ma che non riguarda solo la produzione complessiva. Anche i beni di consumo, totali, durevoli e non durevoli, precipitano da febbraio 2023. Per i beni intermedi la flessione si registra ininterrottamente addirittura dal giugno del 2022. Insomma, dati allarmanti e preoccupanti” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”E’ evidente che se i consumi non tirano, le vendite latitano e di conseguenza la produzione industriale resta ferma. urge ridare capacità di acquisto alle famiglie meno abbienti” , conclude Dona.(Foto: Clayton Cardinalli su Unsplash) LEGGI TUTTO

  • in

    Approvato il Patto per la migrazione e l’asilo: un passo decisivo per l’UE

    (Teleborsa) – Il Parlamento Europeo ha approvato il nuovo Patto per la migrazione e l’asilo, segnando un importante traguardo per la Commissione Ue sotto la guida di Ursula von der Leyen. Questo rappresenta uno dei dossier cruciali di questa legislatura, dopo un intenso lavoro durato quattro anni e il fallimento nel tentativo di riformare la gestione dell’asilo e della migrazione nella precedente legislatura. Ora il Patto passerà al Consiglio per il definitivo via libera.Il nuovo Patto si propone di semplificare l’accoglienza dei richiedenti asilo e di agevolare il rimpatrio di coloro che non hanno diritto di rimanere in Europa. Si tratta di una riforma necessaria del sistema attuale di gestione delle politiche migratorie, che si è dimostrato inadeguato di fronte alle sfide degli ultimi anni. Coloro che lo sostengono lo considerano un successo storico dell’Unione europea, equiparabile all’acquisto congiunto dei vaccini contro il covid e al Next Generation EU.Il pacchetto include nove atti legislativi, con la normativa sulla gestione dell’asilo e della migrazione come elemento principale, destinata a sostituire il Regolamento di Dublino. Quest’ultimo stabilisce le norme per determinare quale Stato membro è competente nell’esaminare una domanda di asilo. Per correggere il sistema attuale, che vede solo pochi Stati membri di ingresso (tra cui l’Italia) responsabili della maggior parte delle domande di asilo, il Patto introduce un nuovo meccanismo di solidarietà obbligatoria e misure per prevenire abusi e movimenti secondari.La votazione, durata un’ora, è stata preceduta da una tensione alimentata principalmente dal dissenso interno ai socialisti: la delegazione francese e soprattutto il Pd hanno annunciato il loro voto contrario. Tuttavia, i democratici hanno fatto un’eccezione per il regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione, che include il meccanismo di solidarietà. Al di là di ciò, il Patto per la migrazione e l’asilo è stato nettamente respinto dal Nazareno. Gli eurodeputati democratici hanno protestato, affermando che il compromesso raggiunto non supera il sistema di Dublino, non alleggerisce i Paesi di primo ingresso ed è fortemente orientato verso un approccio securitario. In sintesi, il nuovo Patto mira a rispondere alla necessità di definire regole uniformi in tutta Europa, cosa che finora non è stata realizzata.Gli Stati membri dell’UE affrontano la pressione migratoria con un nuovo sistema che offre due opzioni: ricollocare i richiedenti asilo sul proprio territorio o versare contributi finanziari. Il calcolo del contributo considera la popolazione e il PIL di ciascuno Stato. Il nuovo regolamento stabilisce una soglia minima di 30.000 ricollocamenti e un contributo finanziario di 600 milioni di euro. In caso di ricollocamenti insufficienti, gli Stati possono essere chiamati a esaminare le domande di protezione internazionale. Un secondo regolamento crea una procedura comune per l’asilo a livello UE, rendendo più rapide ed efficienti le decisioni fino a 12 settimane. Le persone con minacce alla sicurezza o provenienti da Paesi con bassi tassi di riconoscimento dell’asilo saranno soggette a una procedura di asilo alla frontiera. Sono previsti centri di accoglienza nei paesi di primo ingresso con una capacità di 30.000 posti. Un terzo regolamento stabilisce norme per affrontare situazioni di crisi migratoria, prevedendo meccanismi di solidarietà e deroghe. Il regolamento Eurodac sarà riformato per migliorare l’identificazione e la sicurezza, includendo le impronte digitali e le immagini del volto. Un regolamento di screening uniformerà l’identificazione dei cittadini di Paesi terzi e la procedura di ingresso nell’UE, con controlli biometrici e sanitari entro sette giorni. Il Patto comprende anche regolamenti per l’Agenzia europea per l’asilo, miglioramento delle condizioni di accoglienza e un quadro per il reinsediamento dei richiedenti asilo.La commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, volto di questa proposta insieme al vicepresidente Margaritis Schinas, ha scritto su X: “Grazie per il coraggio di scendere a compromessi. Il voto di oggi è un grande risultato. Potremo tutelare meglio le nostre frontiere esterne, i vulnerabili e i rifugiati, rimpatriano rapidamente coloro che non hanno diritto a restare, con la solidarietà obbligatoria tra gli Stati membri”.Entusiasmo anche dalla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola: “Storia fatta. Abbiamo creato un solido quadro legislativo su come gestire la migrazione e l’asilo nell’Ue. Sono passati più di dieci anni di lavoro ma abbiamo mantenuto la parola data. Un equilibrio tra solidarietà e responsabilità. Questa è la via europea”, ha commentato su X.”Dopo quasi un decennio di stallo, il Parlamento europeo ha adottato il Patto su migrazione e l’asilo, la riforma completa delle leggi sull’immigrazione dell’Ue. È fatta. L’Europa gestirà la migrazione in modo ordinato e alle nostre condizioni”, ha sottolineato il vice presidente della Commissione Ue, Margaritis Schinas. LEGGI TUTTO

  • in

    DEF, Upb valida previsioni: presupposta “piena attuazione PNRR”

    (Teleborsa) – Il consiglio dell’Ufficio parlamentare di Bilancio “ha validato lo scenario macroeconomico tendenziale del DEF 2024”, in quanto “le stime sulle principali variabili del quadro sono ricomprese in un intervallo accettabile, sebbene in diversi casi si collochino sull’estremo superiore delle valutazioni del panel UPB”. È quanto si legge in una nota dell’Upb, che precisa che “le previsioni sono validate assumendo la piena e tempestiva realizzazione dei progetti del PNRR e il graduale venire meno delle tensioni geopolitiche internazionali”. Il ministero dell’Economia e delle finanze (MEF) ha predisposto il Def “recependo i rilievi trasmessi dall’UPB il 28 marzo scorso su una precedente versione” spiega l’Ufficio. “Nel dettaglio, la validazione delle stime tendenziali del DEF poggia su previsioni del PIL (1 per cento nel 2024, 1,2 nel 2025, 1,1 nel 2026 e 0,9 nel 2027) che non eccedono gli estremi dell’intervallo di previsione del panel UPB e non si discostano eccessivamente dalle valutazioni mediane, eccetto che nel 2027; inoltre, la previsione governativa del PIL nominale, variabile direttamente rilevante per la finanza pubblica, è simile a quella dell’UPB e comunque non supera l’intervallo delle stime” si legge nella nota. “L’instabilità del quadro globale è però tale per cui le prospettive potrebbero cambiare, anche velocemente e in misura non trascurabile, nel corso dell’orizzonte di previsione. I rischi, che pure appaiono bilanciati nel breve termine, sono giudicati complessivamente orientati al ribasso per i prossimi anni” conclude.Dunque, priorità al rifinanziamento del taglio del cuneo fiscale sul lavoro. E ancora, nell’immediato, “il Governo intende continuare nell’adozione di misure volte a intervenire sul profilo del deficit, migliorandolo ulteriormente anche attraverso una revisione della disciplina dei crediti d’imposta al fine di ricondurlo al di sotto del 3 per cento del PIL entro il 2026, come previsto nella Nadef. Tali azioni saranno rivolte a migliorare non solo i saldi di competenza, ma anche quelli di cassa, abbassando così il profilo del rapporto debito/PIL già nel breve periodo”, si legge nel Documento di economia e finanza trasmesso alle Camere. LEGGI TUTTO