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    Ex Ilva, Corte UE: “L’impianto deve essere sospeso se dannoso”

    (Teleborsa) – “Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’esercizio dell’acciaieria ex Ilva di Taranto dovrà essere sospeso. Spetta al Tribunale di Milano valutarlo”. Lo afferma una sentenza della Corte Ue, sottolineando che “la nozione di “inquinamento” ai sensi della direttiva relativa alle emissioni industriali include i danni all’ambiente e alla salute umana”. La previa valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria ex Ilva deve “quindi costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio previsti da tale direttiva”. Nel procedimento di riesame “occorre considerare le sostanze inquinanti connesse all’attività dell’installazione, anche se non sono state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale. In caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso”. La Corte Suprema ha analizzato il caso Ilva, una delle più grandi acciaierie d’Europa, in attività dal 1965 e nota per i significativi effetti negativi sull’ambiente e sulla salute. Nel 2019, tali danni sono stati confermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Nonostante le misure di riduzione dell’impatto previste dal 2012, i termini di attuazione sono stati spesso prorogati. Gli abitanti hanno citato in giudizio l’acciaieria, sostenendo la non conformità alle direttive sulle emissioni industriali. La Corte ha evidenziato l’importanza di proteggere sia l’ambiente che la salute umana, stabilendo che l’impatto sanitario deve essere considerato durante il rilascio e il riesame delle autorizzazioni. In caso di gravi rischi per l’ambiente e la salute, l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso e le misure di protezione non possono essere ripetutamente prorogate. LEGGI TUTTO

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    Mef: riduzione emissioni CO2 per quasi 70 milioni di tonnellate. Effetti sul PIL per circa 20 miliardi di euro

    (Teleborsa) – Pubblicato il “Rapporto 2024 su Allocazione e Impatto – BTP Green” del ministero dell’Economia e delle Finanze che illustra quali sono gli interventi finanziati attraverso le emissioni del BTP Green tenutesi nel 2023, per un valore complessivo di 13,9 miliardi di euro. Tra le categorie di spesa presenti nel “Quadro di riferimento per l’emissione di titoli di Stato green” e selezionate nel bilancio dello Stato, figurano l’ammodernamento sostenibile nel settore trasporti, la realizzazione di progetti per l’efficienza energetica, azioni a tutela dell’ambiente e della diversità biologica, della prevenzione e controllo dell’inquinamento ed economia circolare, la ricerca in materia di sostenibilità ambientale, nonché la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili.Il documento fornisce inoltre un’analisi dettagliata delle tipologie di spesa (agevolazioni fiscali, spese in conto capitale e spese correnti) e la loro ripartizione temporale nel quadriennio di riferimento 2020–2023. In particolare, nel periodo considerato, con il 41,5% del totale (pari a 5,75 miliardi di euro) gli interventi nella categoria “trasporti” costituiscono la principale voce di finanziamento (infrastrutture ferroviarie, elettrificazioni di tratte ferroviarie, nuove tratte di AV/AC, promozione di mezzi di trasporto sostenibili, realizzazione di metropolitane, acquisto di mezzi di trasporto pubblico ad alimentazione prevalentemente elettrica, ibrida, idrogeno e metano; creazione e manutenzione di reti ciclabili, contributi di sostegno alla mobilità ferroviaria di persone e merci).All’efficienza energetica degli edifici è destinata una quota pari al 32,7% del totale (pari a 4,53 miliardi di euro), mentre alla tutela dell’ambiente e della diversità biologica (difesa del suolo e contrasto al dissesto idrogeologico, parchi e riserve naturali, infrastrutture idriche) è indirizzata una quota pari all’11,2% (pari a 1,55 miliardi di euro). L’8,6% delle risorse (pari a 1,19 miliardi di euro) è riservata alle misure di prevenzione e controllo dell’inquinamento ed economia circolare mentre il 5,3% è stato destinato alla ricerca in materia di sostenibilità ambientale. L’impatto di queste misure – fa sapere il Mef – consente di ridurre le emissioni di CO 2 per oltre 67 milioni di tonnellate.Da un punto di vista socio-economico, gli interventi finanziati producono effetti in termini di valore aggiunto quantificabili in circa 20 miliardi di euro corrispondenti all’1% del PIL italiano del 2023. Tale incremento della produzione dà luogo, inoltre, a importanti effetti sulla domanda di lavoro, con una ricaduta occupazionale quantificabile in oltre 320 mila posti di lavoro. LEGGI TUTTO

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    USA, scende fiducia consumatori a giugno

    (Teleborsa) – Diminuisce la fiducia dei consumatori americani. Il sondaggio del Conference Board degli Stati Uniti sul sentiment dei consumatori ha segnalato un decremento dell’indice a 100,4 punti nel mese di giugno rispetto ai 101,3 punti del mese di maggio e contro un calo di 100 punti atteso dal consensus. Nello stesso periodo l’indice sulla situazione presente si porta a 141,5 punti dai 140,8 precedenti, mentre l’indice sulle attese è sceso a 73 punti da 74,9 punti.Il sondaggio sulla fiducia dei consumatori è basato su un campione rappresentativo di 5.000 famiglie americane ed è condotto per il Conference Board dal NFO WorldGroup.(Foto: © Bred2k8 / Dreamstime) LEGGI TUTTO

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    USA, Fed Richmond: settore manifatturiero peggiora a giugno

    (Teleborsa) – Peggiora a giugno l’indice Fed di Richmond sullo stato del settore manifatturiero. L’indicatore che sintetizza lo stato dell’attività del distretto si porta in territorio negativo a -10 punti da 0 di maggio e contro i -3 punti delle aspettative. Il dato, pubblicato dal Distretto Fed della capitale della Virginia, evidenzia un peggioramento anche della componente delle consegne che si porta a -9 punti dai +13 del mese precedente, mentre quella dei servizi si porta a -11 da +3 punti. LEGGI TUTTO

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    Transizione energetica e carburanti alternativi, Gruppo FS ed Eni firmano lettera d’intenti

    (Teleborsa) – Sviluppare iniziative congiunte per accelerare la transizione energetica verso nuove fonti di energia. È il principale obiettivo della Lettera d’Intenti firmata a Roma dal Gruppo FS Italiane e da Eni: la collaborazione tra i due gruppi industriali prevede di identificare nuove opportunità nell’ambito dei trasporti, dell’energia e dei materiali attraverso studi di fattibilità, analisi e sperimentazioni di soluzioni tecnologiche innovative.L’intesa, della durata di tre anni e che rinnova una precedente Lettera d’Intenti, è stata siglata da Roberto Tundo, chief Technology, Innovation & Digital officer del Gruppo FS Italiane e da Giuseppe Ricci, direttore generale Energy Evolution di Eni.L’utilizzo dei biocarburanti sui treni e sugli autobus rientra a pieno in questa strategia. Il Gruppo FS ed Eni dal luglio 2023 hanno avviato una sperimentazione per l’uso del biocarburante HVO in purezza, in sostituzione del diesel, utilizzando anche i treni ibridi Blues di Trenitalia di ultimissima generazione in servizio in Calabria. HVOlution, il biocarburante da fonti rinnovabili (ai sensi della Direttiva UE RED II) di Enilive, può contribuire alla riduzione fino all’80% delle emissioni di CO2eq (calcolate lungo l’intera catena del valore del prodotto, in base alla materia prima utilizzata, rispetto al mix fossile di riferimento).Nel dettaglio, FS ed Eni si impegnano a collaborare per identificare e sviluppare nuove opportunità, come l’utilizzo di combustibili alternativi per i trasporti, soluzioni di logistica intermodale, best practice di efficientamento energetico. Tra i punti dell’accordo anche la definizione di regolamenti, metodologie e standard tecnici e la sperimentazione di nuove tecnologie legate alla sostenibilità e all’economia circolare. LEGGI TUTTO

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    Immobiliare USA, S&P case-Shiller e FHFA indicano rallentamento prezzi case

    (Teleborsa) – Segnali di rallentamento giungono dal mercato immobiliare statunitense, dove i prezzi delle case hanno subito una frenata ad aprile, riportando una crescita tendenziale meno robusta. L’indice S&P Case-Shiller, che misura l’andamento dei prezzi nelle principali venti aree metropolitane degli Stati Uniti, ha evidenziato un incremento su base annua del 7,2% rispetto al +7,5% del mese precedente, al di sopra del +7% del consensus. Su base mensile si registra un aumento dell’1,4%, dopo il +1,6% del mese precedente. L’indice destagionalizzato ha riportato invece una crescita dello 0,4% su base mensile, dopo il +0,3% di marzo.L’indice FHFA elaborato dalla Federal Housing Finance Agency, che misura i prezzi delle abitazioni statunitensi, ha registrato una crescita mensile dello 0,2%, dopo il +0,1% del mese precedente. Le stime degli analisti erano per un incremento dello 0,3%. L’indice, calcolato sui prezzi dichiarati degli immobili all’accensione del mutuo presso Fannie Mae e Freddie Mac, è salito su base annua del 6,3% rispetto al +6,7% del mese precedente.(Foto: Gerd Altmann / Pixabay) LEGGI TUTTO

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    USA, indice CFNAI migliora a +0,18 punti a maggio

    (Teleborsa) – Giungono segnali positivi per la crescita dell’attività economica americana. L’indice FED Chicago sull’attività nazionale (CFNAI) è pari a +0,18 punti a maggio 2024 rispetto ai -0,26 punti di aprile.La media mobile a tre mesi, sempre a maggio, si è portata a -0,09 punti rispetto ai -0,05 precedenti.L’indice CFNAI è una media pesata di ben 85 indicatori che riflettono lo stato di salute dell’attività economica nazionale.(Foto: Nik Shuliahin on Unsplash ) LEGGI TUTTO

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    Imprese, Mediobanca: “Le medie imprese performano meglio rispetto al pre-Covid”

    (Teleborsa) – Sprint delle medie imprese, punta di diamante della manifattura italiana. Tra il 2019 e il 2021, ovvero rispetto al periodo pre-Covid, hanno registrato un aumento medio del 5,6% del fatturato (contro il +4% del resto delle manifatturiere), del 4,6% delle esportazioni (contro il +4,2%) e dell’1,1% della forza lavoro (contro il +0,01%). Nel 2022 la crescita e` proseguita a conferma di un trend che dura da 27 anni. Esse sono gia` avanti sul cammino della transizione digitale: l’82,6% ha investito o investira` dal 2021 al 2026 in tecnologie 4.0 e il 37,9% adottera` l’Intelligenza Artificiale nei prossimi tre anni, soprattutto per migliorare l’efficienza interna; mentre il 69,6% ha investito o investira` in green nel periodo considerato. Dopo un 2023 all’insegna della stabilita` (+0,1% le vendite), per quest’anno le attese sono di un calo dell’1,2%. Alcune medie imprese rimangono ottimiste: quelle che operano nell’alta gamma – ovvero il 37,1% del totale – stimano una crescita delle vendite nell’ordine dell’1,8% in linea con il 2023. Mismatch tra domanda e offerta di lavoro, riduzione dei margini, competizione sui prezzi, approvvigionamento delle materie prime sono tra le principali difficolta` lamentate dalle imprese. Anche per questo una media impresa su due chiede all’Unione Europea di garantire la sicurezza energetica. E` quanto emerge nel XXIII Rapporto sulle medie imprese industriali italiane e nel Report “La competitivita` delle medie imprese tra percezione dei rischi e strategie di innovazione” realizzati dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere e presentati oggi a Modena. Si tratta di una realta` produttiva composta nel 2022 da poco piu` di 4mila imprese che da sole rappresentano il 16% del fatturato dell’industria manifatturiera italiana, il 15% del suo valore aggiunto, il 14% delle esportazioni e il 13% degli occupati totali. “Le medie imprese spingono la transizione digitale e green del Paese: al 2026 quasi la totalita` avra` investito nella digitalizzazione, rispetto alla quale crescera` molto nei prossimi anni l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, e nella sostenibilita` ambientale, puntando in larga parte sulle tecnologie finalizzate al raggiungimento di una neutralita` delle emissioni – ha detto Andrea Prete, presidente di Unioncamere –. Ma ci sono anche dei rischi che le medie imprese ci segnalano fortemente: la difficolta` di reperire e trattenere talenti, la complessita` del quadro normativo e la mancanza di sicurezza informatica”. “L’incertezza del momento – ha dichiarato Gabriele Barbaresco, direttore dell’Area Studi Mediobanca – impone alle medie imprese obiettivi chiari e selettivi, ad esempio in termini di posizionamento su mercati e linee di prodotto. Cio` richiede Capitale Umano di qualita`, arduo da reperire e trattenere, una difficolta` che, un po’ sorprendentemente, riguarda anche i siti produttivi all’estero. L’IA, sotto questo profilo, interviene come possibile fattore mitigante e si sta facendo strada nelle agende degli imprenditori, ma a sua volta richiede competenze specialistiche. Quelle meno sofisticate possono invece essere soddisfatte da lavoratori provenienti da oltre confine: in questo senso le medie imprese si candidano anche a svolgere un preziosissimo ruolo di integratori culturali”. “Il territorio ancora oggi continua ad essere un importante fattore di accumulazione e di know how anche per le medie imprese, al punto che oggi piu` del 40% di queste aziende ha sede nei distretti industriali o in sistemi produttivi locali – ha sottolineato Giuseppe Molinari, presidente del Centro Studi Tagliacarne –. Pur trattandosi di realta` molto aperte ai mercati internazionali dove esportano il 42% del fatturato, la base produttiva resta radicata ai territori di origine. Solo l’11% delle medie imprese disloca, infatti, la produzione all’estero e una grande maggioranza preferisce rifornirsi da suppliers nazionali, a testimonianza della forte affidabilita` e reputazione che, anche per queste aziende, riveste la componentistica italiana”. Mismatch al top delle preoccupazioni, oltre la meta` delle medie imprese assumera` stranieriLa forza lavoro delle medie imprese conta 555.580 dipendenti (il 25,8% sono donne e il 18% under 30). La difficolta` a reperire profili professionali adeguati e` per il 51,6% delle medie imprese in cima alle criticita` incontrate nel 2023. Anche per questo, il 52,5% ha assunto o assumera` entro i prossimi tre anni lavoratori extra-UE. In particolare, la richiesta di stranieri e` orientata principalmente all’acquisizione di operai specializzati (68,7%). Tra le altre principali difficolta` fronteggiate nel 2023 dalle imprese, il 43,5% ha subi`to una riduzione dei margini, il 36,1% la competizione sui prezzi, il 33% il mancato utilizzo della propria capacita` produttiva a causa del ridotto potere d’acquisto dei clienti, il 26,2% problemi dovuti all’approvvigionamento di materie prime. Proprio per superare le problematiche legate alla supply chain, piu` della meta` delle medie imprese punta a diversificare i fornitori, mentre circa una su tre intende rafforzare la collaborazione con i fornitori attuali (30,7%). Sicurezza energetica in cima alle richieste rivolte all’UE Per superare alcune delle principali criticita`, le medie imprese vedono nell’Unione Europea un importante alleato. In particolare, il 51,2% di queste realta` produttive ritiene che l’UE debba garantire la sicurezza energetica, il 45,5% una maggiore tutela dalla concorrenza sleale dei Paesi extra-UE, il 32,2% accordi internazionali per la sicurezza dell’approvvigionamento delle materie prime. Mentre un’impresa su quattro vorrebbe che l’Unione potenziasse il mercato unico facilitando gli scambi tra gli Stati membri. Futuro difficile da decifrare, ma l’alta gamma continua a premiare Dal 1996 le vendite delle medie imprese sono cresciute del 187,7%, superando nettamente le grandi (+130,8%). Il loro prezioso contributo allo sviluppo del Paese e` ancor piu` evidente se si considera che il recupero medio sul pre-Covid (2019-2021) e` stato migliore di quello messo a segno dal resto della manifattura italiana, tanto nel fatturato (+5,6% vs il +4%), quanto nelle esportazioni (+4,6% vs +4,2%), nel valore aggiunto (+5,6% vs +4,4%) e nella forza lavoro (+1,1% vs +0,01%). Il 2022 ha visto crescere ulteriormente il fatturato (+17,1% nominale, +2,9% a valori reali) con le vendite oltreconfine in aumento del 16,2% (3,6% deflazionato). Esse confermano dunque la grande capacita` di adattamento che le ha rese meno sensibili agli shock, ma guardano al futuro con cautela. Le incertezze del contesto competitivo hanno portato il 2023 a chiudere con vendite invariate (+0,1%) ed esportazioni in lieve incremento (+0,5%). Le prospettive per il 2024 sono invece di un calo contenuto del fatturato (-1,2%), piu` acuto sui mercati esteri (-4%) soprattutto per alcuni comparti dell’alimentare, per il metallurgico e per i settori diversificati. Note positive vengono dagli operatori dell’alta gamma (il 37,1% del totale) che hanno congedato il 2023 con vendite in incremento dell’1,8% e che si attendono una crescita di pari entita` per il 2024. Export: la recessione della Germania “pesera`” piu` della Brexit Il 41,6% del fatturato delle medie imprese italiane e` realizzato oltreconfine: Unione Europea, America del Nord e Regno Unito sono le principali destinazioni dei loro prodotti. Proprio dal mercato europeo proviene la principale minaccia alle esportazioni: per il 36,1% delle medie imprese la crisi economica della Germania produrra` effetti sfavorevoli, piu` di quanto non abbia fatto la Brexit che ha pesato negativamente solo sul 5,5% del totale. In particolare, a causa della recessione tedesca, l’83,4% prevede una riduzione dell’export, soprattutto di beni finali di consumo e materie prime o semilavorati e, in misura minore, di servizi. I rischi percepiti dalle medie imprese La gestione dei rischi riveste un ruolo fondamentale, ancor piu` in un contesto carico di incertezze. Il 70,1% delle medie imprese attribuisce un’alta e medio-alta rilevanza al rischio connesso alle difficolta` di reperimento e trattenimento delle competenze professionali; preoccupano inoltre la complessita` del quadro normativo e legale (68,8%) e il cyber risk (64,1%). I rischi inerenti alla sicurezza e agli infortuni sul lavoro destano apprensione al 58,8% delle medie imprese e sono seguiti a breve distanza da quelli derivanti dall’instabilita` geopolitica e macroeconomica (58,5%). Osservando la sinistrosita` dei rischi sopra riportati registrata negli ultimi 24 mesi, si rileva che il 44,7% delle medie imprese ha subi`to eventi avversi legati alle difficolta` di reperimento e trattenimento del personale e il 35,2% ai danni da infortuni e alle problematiche connesse alla sicurezza sul lavoro. Benche´ percepita come mediamente meno rischiosa, l’esposizione a eventi meteo di tipo catastrofale ha interessato il 29,2% del totale. Occorre infatti segnalare che il 7,3% dei comuni in cui sono localizzate le medie imprese e` esposto a un rischio idrogeologico elevato e un ulteriore 16,7% presenta una media pericolosita`. In aggiunta, il 5,4% delle aree di insediamento delle Mid-Cap e` associato a un’alta probabilita` di eventi franosi. Infine, il 33% dei territori in cui hanno sede le medie imprese e` classificato in zone ad alto rischio sismico. La gestione del rischio aziendale e` affidata per lo piu` al proprio management (69,2%). La formazione sulla gestione dei rischi e` quindi un driver di competitivita` importante, tanto che il 47% delle medie imprese ha gia` provveduto a investire in tal senso nel triennio 2021-2023 e il 47,8% lo fara` nel 2024-2026. Il 33,7% delle imprese che ha svolto tale attivita` prevede un aumento del fatturato nel 2024 contro il 27,2% che non vi ha ancora provveduto. A che punto sono le medie imprese nelle attivita` innovative, nell’IA e nel green? Prosegue il cammino verso la transizione digitale delle medie imprese: l’82,6% ha investito in tecnologie 4.0 nel triennio 2021-2023 o lo fara` entro il 2026. Tra i principali investimenti in innovazione si segnalano quelli in macchinari, attrezzature e impianti tecnologicamente avanzati che hanno riguardato il 77,7% delle medie imprese, seguiti dalle migliorie di prodotto e processo (69,6%) e dallo sviluppo di software e database operativi (51,3%). Ma ancora una volta il principale ostacolo all’innovazione e` rappresentato dalla mancanza di personale competente: se ne lamenta il 42,7% delle aziende. Al momento sono ancora poche le imprese che utilizzano l’Intelligenza Artificiale (solo il 5,8%), ma il 37,9% prevede di cominciare ad adoperarla nel prossimo triennio. Nello stesso arco di tempo, l’80% delle Mid-Cap prevede di investire in attivita` innovative volte all’efficienza e al risparmio energetico, confermando un ruolo primario anche nella transizione verde. In particolare, il 49,8% delle imprese green sta investendo in tecnologie strategiche per la neutralita` climatica (Net-Zero). La burocrazia frena oltre la meta` delle imprese all’uso del PNRR Avvalersi delle risorse del PNRR e` fondamentale per una buona parte degli imprenditori che puntano alla duplice transizione. A dirlo e` il 41,2% delle societa` che intendono investire in digitale e il 34% di quelle che hanno in programma di puntare sul green. Ma l’eccessiva burocrazia e` per il 59,1% un ostacolo all’utilizzo del Piano. Anche per questo, un quinto delle medie imprese dichiara la necessita` di dover ricorrere all’assistenza tecnica da parte delle istituzioni. LEGGI TUTTO