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    Ponte sullo Stretto, il MIT: mancata registrazione fisiologica dopo stop a delibera Cipess

    (Teleborsa) – La mancata registrazione del decreto interministeriale che assentisce il III atto aggiuntivo del Ponte sullo Stretto arriva alla fine di un’ampia discussione svoltasi oggi innanzi alla Corte dei conti nel corso della quale è emerso, innanzitutto, il tema preliminare dell’effetto di preclusione che la mancata registrazione della delibera Cipess ha sulla decisione odierna. Il MIT rimane fiducioso sulla prosecuzione dell’iter amministrativo in attesa delle motivazioni della Corte. LEGGI TUTTO

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    Fitch: il divario di inflazione tra Regno Unito ed Eurozona si ridurrà nel 2026

    (Teleborsa) – Fitch Ratings prevede che l’inflazione complessiva del Regno Unito convergerà verso i livelli dell’Eurozona, ponendo fine all’insolita divergenza che ha prevalso tra i due paesi quest’anno. Lo si legge in un report sul tema, dove viene segnalato che il ritorno dell’inflazione complessiva e di fondo verso l’obiettivo rafforza la previsione che la Bank of England taglierà ancora una volta l’inflazione prima della fine dell’anno e di altri 50 punti base nel 2026.L’indice dei prezzi al consumo (CPI) complessivo del Regno Unito è aumentato di 1,3 punti percentuali quest’anno, attestandosi al 3,8% a settembre, mentre l’indice HICP dell’Eurozona è rimasto sostanzialmente stabile intorno al 2%. Circa metà di questa divergenza è dovuta al settore energetico. L’inflazione dell’elettricità e del gas nel Regno Unito è attualmente superiore al 9% su base annua, dopo essere aumentata dal -6,8% di dicembre 2024, riflettendo le modifiche al tetto massimo di prezzo dell’autorità di regolamentazione dell’energia Ofgem, legate alle variazioni dei prezzi all’ingrosso del gas. Il divario dovrebbe ridursi a ottobre, poiché il tetto massimo dei prezzi nel Regno Unito è stato aumentato solo del 2%, rispetto al 9,5% di ottobre 2024.Anche l’inflazione dei servizi ha contribuito alla divergenza. L’inflazione dei servizi nel Regno Unito si è mantenuta appena al di sotto del 5% quest’anno, mentre nell’eurozona è rallentata al 3,4% a ottobre 2025. Ciò può essere in parte spiegato dai forti aumenti dei prezzi amministrati nel Regno Unito, che usciranno dall’inflazione nel 2026. Tuttavia, anche la rigidità salariale, in parte legata all’aumento del salario minimo nazionale, ha sostenuto l’inflazione dei servizi.”La combinazione di una crescita salariale ostinatamente elevata, unita alle crescenti aspettative di inflazione al consumo, ha spinto la Bank of England a cercare il “posto giusto” della BCE – ha affermato Jessica Hinds, Director di Fitch Ratings – Tuttavia, riteniamo che l’indebolimento del mercato del lavoro britannico significhi che salari e inflazione dei prezzi siano ora saldamente in calo. Manteniamo la nostra previsione di un calo del tasso di sconto al 3,75% entro la fine dell’anno e al 3,25% entro la fine del 2026″. LEGGI TUTTO

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    Credemleasing punta a +25% di clienti e nuovi contratti entro il 2028

    (Teleborsa) – 18.000 clienti attivi, 113 dipendenti, 220 milioni di euro di utile cumulato negli ultimi 10 anni (dal 1/1/2015 al 31/12/2024). Questi sono i principali indicatori registrati da Credemleasing, società del Gruppo Credem specializzata nel leasing finanziario e guidata dal Direttore Generale Gabriele Decò, nei suoi primi 45 anni di attività. La società, che non ha mai chiuso un bilancio in perdita ed è membro e socio fondatore di ASSILEA ha l’obiettivo di stipulare il +25% di nuovi contratti entro il 2028 puntando a consolidare la propria quota di mercato del 3,38% posizionandosi al 5° posto nella classifica dell’Associazione Italiana Leasing, toccando punte del 5,71% nel leasing finanziario.”Celebrare i 45 anni di Credemleasing è motivo per me di grande orgoglio. Un traguardo figlio dell’impegno e della professionalità di tutte le persone che lavorano e hanno lavorato in azienda, della fiducia dei nostri clienti e del supporto del Gruppo Credem – ha dichiarato Gabriele Decò, Direttore Generale di Credemleasing – In un contesto come quello del 2025, dinamico e in evoluzione, la società saprà accompagnare famiglie e imprese nel raggiungimento dei propri obiettivi, anche attraverso un importante focus sulla digitalizzazione e sostenibilità, con la forza del Gruppo Credem e la capacità di stare vicino agli imprenditori”. “Credemleasing da anni è sinonimo di competenza, una società nella quale si sviluppa un’energia contagiosa grazie all’integrazione tra l’oro dei nostri giovani e il valore dei nostri expert in un’anima unica, a beneficio della customer experience dei nostri clienti”, ha concluso Decò.Credemleasing ha da sempre ricoperto un importante valore strategico per il Gruppo Credem nel sostenere gli investimenti delle imprese attraverso il servizio di leasing finanziario. La sinergia tra Credemleasing e le reti commerciali di Credem, di Credem Euromobiliare Private Banking e delle società specializzate del Gruppo, ha consentito di creare valore sostenibile nel tempo, anche attraverso i canali digitali, per poter supportare le diverse esigenze della clientela con l’obiettivo di ottimizzare la gestione finanziaria, preservare la liquidità e beneficiare di vantaggi fiscali.Con 18 filiali distribuite su tutto il territorio nazionale e servizi accessibili da remoto, Credemleasing ha consolidato la sua posizione in segmenti chiave come il leasing nautico (raggiungendo il 25% circa di quota di mercato) ed immobiliare. LEGGI TUTTO

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    Giappone, frena il PIL del 3° trimestre: -0,4%

    (Teleborsa) – Confermata in frenata la crescita economica del Giappone nel 3° terzo trimestre dell’anno. Secondo l’Istituto di ricerca economica e sociale del Cabinet Office giapponese, il Prodotto Interno Lordo (PIL) nei tre mesi è sceso dello 0,4% rispetto al calo dello 0,6% indicato nella stima preliminare. Nel trimestre precedente, il PIL era salito dello 0,6%.Anche su base annua, il Prodotto Interno Lordo registra una flessione dell’1,8% rispetto al +2,2% del trimestre precedente. LEGGI TUTTO

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    Manovra, Tfr dipendenti pubblici in 3 mesi ma si perdono 750 euro

    (Teleborsa) – Per ovviare all’annosa questione del ritardo nel pagamento del TFS/TFR dei dipendenti del pubblico impiego – che oggi attendono anche cinque anni prima di ricevere la liquidazione – nella nuova legge di Bilancio il Governo ha deciso di destinare un pacchetto economico da circa 550 milioni di euro. A partire dal 2027, attraverso una nuova linea di credito attivata da Cassa Depositi e Prestiti, l’Inps potrà anticipare fino a 50mila euro delle somme dovute entro tre mesi dal pensionamento. Ma la misura non piace alla Cgil che definisce la manovra “l’ennesima beffa” ai danni dei lavoratori pubblici.L’intervento – evidenzia la Cgil – “sottrae ancora una volta risorse a chi ha già subito anni di penalizzazioni: oltre 22,6 milioni di euro prelevati direttamente dai Tfs/Tfr delle persone che vanno in pensione”. La confederazione e le categorie dei lavoratori della conoscenza (Flc), funzione pubblica (Fp) e pensionati (Spi) spiegano che “l’articolo 44, presentato come misura per migliorare i tempi di pagamento del Tfs e del Tfr, è un’operazione di facciata, che finisce invece per aggravare ulteriormente la condizione economica dei lavoratori”. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 130 del 2023, aveva chiesto al legislatore di eliminare la disparità irragionevole tra pubblico e privato nei tempi di liquidazione del Tfs/Tfr. Ma – evidenzia la Cgil – “il Governo risponde con un anticipo di soli tre mesi per le sole pensioni di vecchiaia, lasciando immutati i lunghissimi differimenti e la rateizzazione che può arrivare fino a sette anni. In questo modo, il problema strutturale resta intatto, il monito della Corte viene ignorato e la discriminazione continua senza alcuna correzione”. Di fatto l’anticipo dei tre mesi cancella automaticamente la detassazione prevista fino a 50mila euro per i pagamenti effettuati a partire da dodici mesi dalla cessazione. Con il nuovo anticipo questo requisito non si matura più e ogni lavoratore non riceverà 750 euro. Su una platea di 30.122 pensionamenti di vecchiaia, come indicato nella relazione tecnica, le risorse recuperate raggiungeranno 22,6 milioni di euro”. Per il sindacato tale norma “inutile e sbagliata, si somma alla pesante perdita del potere d’acquisto delle liquidazioni che, come abbiamo già calcolato, può variare tra 17mila e 41mila euro a causa dell’inflazione e del mancato rendimento: quasi 18mila euro per chi percepisce 30mila euro, oltre 25mila euro per chi ha uno stipendio di 40mila euro e più di 41mila euro per retribuzioni pari a 60mila euro. LEGGI TUTTO

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    Manovra, Eurispes: “Ceto medio classe a maggior rischio, giusto taglio Irpef”

    (Teleborsa) – Il ceto medio è “oggi la classe sociale a maggior rischio e a minor sostegno pubblico”. È quanto emerge dall’analisi del Laboratorio Eurispes sulle Politiche fiscali che analizza le misure a sostegno del ceto medio. “Nella Legge di bilancio 2026 il Governo intende sostenere il ceto medio attraverso un taglio dell’Irpef che comporterà vantaggi in busta paga per chi percepisce un reddito superiore ai 28mila euro annui. L’intervento coinvolgerà oltre 13 milioni di contribuenti, rendendo strutturale la riduzione dell’aliquota sul secondo scaglione Irpef, portandola dal 35% al 33% per la parte di reddito appunto compresa tra 28mila e 50mila euro, lordi. Un beneficio che – ricorda l’Eurispes – interesserà soprattutto i lavoratori dipendenti e i pensionati, con un risparmio massimo di circa 440 euro l’anno e con una valutazione redistributiva che, visto il nostro sistema di tassazione per il quale non esiste un reddito ‘familiare’ ma una Irpef personale e progressiva, deve essere condotta sui redditi individuali e non su quelli familiari e che, dunque, per circa tre quarti riguarderà chi dichiara redditi inferiori a 50mila euro”.”Accanto al taglio delle aliquote – spiega il rapporto – la Legge di bilancio 2026 introduce una serie di ulteriori misure fiscali complementari, pensate per aumentare il reddito netto dei lavoratori, in particolare nel settore privato, anche delle fasce reddituali inferiori a quella sopra indicata, che, comunque, negli anni scorsi ha beneficiato di misure di sostegno al reddito. Per esempio, per il 2026, gli aumenti stipendiali derivanti da accordi contrattuali firmati nel 2025 o nel 2026 saranno tassati con una imposta sostitutiva del 5%, al posto dell’Irpef ordinaria e delle relative addizionali. L’agevolazione, riservata ai lavoratori dipendenti del settore privato con reddito fino a 28mila euro, consentirà di trattenere fino al 18% in più dell’aumento lordo, lasciando invariati i contributi previdenziali”. “Prevista anche – sottolinea l’Eurispes – la detassazione per il lavoro straordinario e per le maggiorazioni notturne e festive, con una tassazione agevolata al 15% fino a un massimo di 1.500 euro lordi all’anno. La misura è destinata ai dipendenti privati con reddito fino a 40mila euro e verrà applicata direttamente dal datore di lavoro. Un regime analogo è previsto per il settore pubblico, ma in forma più contenuta: il trattamento economico accessorio (indennità, maggiorazioni e compensi per straordinari) sarà assoggettato a un’imposta sostitutiva del 15% entro un tetto massimo di 800 euro lordi annui, a condizione che il reddito complessivo non superi i 50mila euro”.L’Eurispes ritiene “dovuto” il taglio dell’Irpef previsto dalla legge di bilancio. Il reddito familiare netto mediano in Italia è 30.039 euro, secondo il Rapporto Istat sulle condizioni di vita e reddito delle famiglie 2023-2024, e l’Eurispes considera come fascia media le famiglie tra i 22.529 e i 60.078 euro. Stima inoltre che le famiglie con il reddito netto percepito mediano (2.310 euro al mese, pari a 30.039 annui) risultano in “perdita”, visto che la spesa media per consumi è di 2.738 euro (dati Istat 2023). Inoltre, la diffusa evasione fiscale fa sì che in Italia metà dei cittadini contribuenti non versi Irpef. “Il peso del fisco – si legge nell’analisi – grava quasi completamente sul ceto medio, che subisce un carico fiscale fortemente sbilanciato. In sostanza, meno di un terzo dei contribuenti paga oltre tre quarti dell’Irpef nazionale”, ed è stato finora considerato “troppo ricco” per avere diritto a misure di sostegno fiscale”. “I 2,9 miliardi previsti nel Ddl bilancio 2026 – conclude l’Eurispes – sono solo il minimo (dovuto) contributo per contribuenti fino ad oggi esclusi per il loro reddito da tutti i benefici fiscali, contributivi e assistenziali”. LEGGI TUTTO

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    Rekeep, perdita 9 mesi cala a 6,5 milioni di euro. Ricavi +2,1%

    (Teleborsa) – Rekeep, player italiano attivo nell’integrated facility management, ha chiuso i primi nove mesi del 2025 con ricavi pari a 914,9 milioni di euro, in aumento del 2,1% rispetto agli 896 milioni di euro al 30 settembre 2024, grazie principalmente alla crescita del Gruppo nei mercati internazionali e, in particolare, al contributo positivo della controllata Rekeep Polska, il cui fatturato nei primi nove mesi 2025 è incrementato di circa il 7% rispetto al 30 settembre 2024. L’EBITDA Adjusted al 30 settembre 2025 è pari a 78 milioni di euro, in leggero calo rispetto ad un valore Adjusted pari a 88 milioni di euro al 30 settembre 2024. Il Risultato Netto è negativo per 6,5 milioni di euro, rispetto ad una perdita pari a 15,5 milioni di euro al 30 settembre 2024.L’Indebitamento Finanziario Netto al 30 settembre 2025 è pari a 578,9 milioni di euro, rispetto ai 527 milioni di euro al 31 dicembre 2024, per effetto dell’incremento del capitale circolante e di costi non ammortizzati relativi all’operazione di rifinanziamento della parte principale dell’indebitamento finanziario di Gruppo avvenuta a febbraio 2025.Al 30 settembre 2025, il Gruppo Rekeep si è aggiudicato e riaggiudicato mediante nuove gare d’appalto, nuovi contratti per un importo complessivo pluriennale pari a circa 416 milioni di euro, in forte incremento rispetto ai 259 milioni di euro al 30 settembre 2024. In particolare, il valore dei contratti aggiudicati in ambito sanitario è risultato pari a circa il 60,5% del totale.Il portafoglio totale commesse e riaggiudicazioni del Gruppo Rekeep al 30 settembre 2025 è pari a 2,6 miliardi di euro, sostanzialmente in linea rispetto ai 2,7 miliardi di euro al 31 dicembre 2024. LEGGI TUTTO

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    “Energie per il futuro dell’export”: il Roadshow di Sace fa tappa a Napoli

    (Teleborsa) – Prosegue il Roadshow itinerante di SACE, l’Export Credit Agency italiana interamente partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze. Dopo Milano e Venezia, “Energie per il futuro dell’export”, è approdato a Napoli lo scorso 14 novembre, terza tappa di un percorso dedicato all’ascolto e al confronto diretto con le imprese italiane. Un viaggio di oltre 1.300 chilometri con cui SACE sta attraversando la Penisola da Nord a Sud – e che toccherà anche Bari, Bologna, Firenze e Roma – attraverso le sedi territoriali di SACE, vere e proprie Case delle Imprese, dove ogni giorno è al fianco delle aziende per sostenerle nei loro percorsi di crescita e apertura ai mercati esteri. Con questo Roadshow, SACE mira a rafforzare il dialogo con i territori, raccogliendo le voci delle imprese e traducendole in soluzioni concrete a supporto della loro competitività sui mercati globali. L’obiettivo – spiega SACE in una nota – è ascoltare per agire: costruire, insieme al tessuto produttivo, un modello di sostegno sempre più vicino alle esigenze delle imprese, capace di valorizzare il potenziale del Made in Italy e di supportare le principali filiere, distretti e settori strategici del Paese.”Continuiamo ad ascoltare da vicino i territori per comprendere le esigenze e le priorità delle imprese, in linea con la nostra missione istituzionale e con il mandato della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’Economia e delle Finanze – ha dichiarato l’Amministratore Delegato di SACE, Michele Pignotti –. Confrontarsi costantemente con chi ogni giorno fa impresa ci consente di rafforzare gli strumenti a sostegno della crescita, dell’innovazione e della competitività del Made in Italy, contribuendo al tempo stesso allo sviluppo sostenibile del Paese”.”Le imprese italiane esprimono eccellenze uniche, radicate nei territori e nelle loro specificità – ha dichiarato Guglielmo Picchi, Presidente di SACE –. Valorizzare queste caratteristiche e promuovere un export sempre più diversificato è essenziale per rafforzare la competitività del nostro sistema produttivo. Con questo Roadshow vogliamo consolidare il legame con i territori e offrire strumenti concreti per accompagnare le aziende nei loro percorsi di crescita”.La tappa napoletana si è svolta presso la Casa delle Imprese SACE, guidata da Gianluca Amero – Regional Director di SACE, e ha visto la partecipazione di 40 imprese del territorio, rappresentative delle principali filiere economiche regionali. Tra queste Com-Cavi, Seri Industrial, Ciro Paone (marchio Kiton e altri) e Proma che hanno portato la propria testimonianza sui progetti di crescita estera realizzati con SACE. All’incontro ha preso parte anche l’Amministratore Delegato Michele Pignotti, che ha rinnovato l’impegno di SACE a supportare da vicino le aziende campane.Oggi, in Campania, SACE affianca più di 2mila imprese e, tra il 2024 e i primi mesi del 2025, ha supportato export e investimenti per oltre 2,4 miliardi di euro. Con oltre 22 miliardi di euro di esportazioni, pari a circa il 3,5% del totale nazionale, la Campania si conferma la prima regione del Mezzogiorno per valore esportato, a testimonianza della forte vocazione internazionale del suo tessuto produttivo, composto da oltre 385mila imprese attive. È seguita da Sicilia (13 miliardi di euro di esportazioni) e Puglia (10 miliardi): insieme concentrano circa il 70% delle esportazioni meridionali. Tre sono le direttrici su cui SACE intende continuare a sostenere le filiere esportatrici italiane. La prima riguarda il rafforzamento della competitività, aiutando le imprese a trasformare la qualità riconosciuta del Made in Italy in una presenza commerciale più solida e strutturata sui mercati esteri. La seconda è l’investimento in innovazione, sostenibilità e digitalizzazione, leve indispensabili per aumentare la produttività e affrontare le sfide globali. La terza è la diversificazione, che significa ampliare la presenza in nuove aree geografiche ad alto potenziale e ridurre la dipendenza da pochi mercati di riferimento, facendo leva sul supporto assicurativo-finanziario e sulla conoscenza internazionale che SACE mette a disposizione delle imprese.Due terzi dell’export campano è destinato a mercato maturi e avanzati – dall’Europa agli Stati Uniti – e una maggiore diversificazione è oggi fondamentale per cogliere a pieno le opportunità e garantire alle esportazioni regionali maggiore resistenza agli shock esogeni e un trend di crescita sostenibile e duraturo. Segnali positivi provengono infatti da geografie meno presidiate: il Brasile, ad esempio, cresciuto del 6,6% nel 2024 e in ulteriore forte accelerazione nel primo semestre del 2025 (+44,6%) trainato da automotive, agrifood e mobili, ma anche l’Arabia Saudita, grazie alle potenzialità della meccanica strumentale, dei materiali da costruzione (come vetro, pietre e ceramica) e dell’elettronica. Allargando lo sguardo al Mezzogiorno, la dinamica è simile, con un export prevalentemente concentrato nei mercati maturi e avanzati e ampi margini di diversificazione per i settori che guidano l’export meridionale, tra cui alimentari e bevande (10 miliardi di euro) farmaceutica (quasi 10 miliardi di euro) e mezzi di trasporto (8,4 miliardi). Da tenere d’occhio anche la meccanica strumentale, la metallurgia che hanno performato molto bene nel primo semestre 2025. Al Sud SACE è al fianco di oltre 6mila imprese, seguite da vicino anche con le sedi di Bari e Palermo, e nell’ultimo anno ha supportato progetti di export e investimenti per un totale di circa 6 miliardi di euro. LEGGI TUTTO