(Teleborsa) – A fine 2022 le banche estere in Italia rappresentavano il 18% circa del totale (438, di cui 79 estere) con una quota di mercato aumentata sia nei depositi da residenti che nei prestiti alle imprese, raggiungendo rispettivamente il 9,7% e il 16%. In particolare, è aumentato il peso delle filiazioni nel comparto dei mutui e si è confermato un ruolo preminente anche nel comparto del credito al consumo. È quanto emerge dal report annuale dell’AIBE (Associazione Italiana Banche Estere), pubblicato in occasione dell’assemblea annuale.”Il 2022 ha rilevato alcuni cambiamenti nel ruolo delle banche estere – ha commentato Guido Rosa, presidente dell’AIBE – un riposizionamento di alcune attività che è il risultato dei fenomeni esogeni che hanno impattato profondamente sullo scenario internazionale, e quindi sull’Italia, e che merita una riflessione. Se da un lato si riscontra una leggera diminuzione della quota nel collocamento azionario e obbligazionario, d’altra parte invece, il mercato dell’M&A mostra numeri in forte crescita”.Nel dettaglio, il 2022 conferma l’importanza del Corporate Investment Banking (CIB), settore di attività strategico ed introdotto in Italia dalle banche estere. In particolare il mercato dei prestiti sindacati nel 2022 è cresciuto di circa 24 miliardi di euro, con un controvalore complessivo delle operazioni pari a 94 miliardi di euro e con nuovi massimi rispetto ai valori dell’ultimo decennio. Le banche estere hanno partecipato al 77% dei collocamenti, confermando una posizione rilevante in qualità di bookrunner.Il mercato del capitale di debito ha registrato in Italia, nel 2022, un controvalore di emissioni di poco inferiore a 111 miliardi di euro (-29% su base annua). In tale mercato si conferma un ruolo ormai consolidato per i bookrunner esteri: le emissioni assistite da almeno un intermediario estero sono state pari al 74% del mercato (in diminuzione rispetto al 91% del 2021). Tra le tranche di maggior valore, ovvero pari ad almeno 1 miliardo di euro, le banche estere sono state coinvolte in 22 delle 27 operazioni concluse, corrispondenti a volumi per circa 46 miliardi di euro, ovvero oltre i 2/3 della dimensione complessiva.Il mercato del capitale di rischio (equity) ha sofferto ila debolezza dello scenario macroeconomico e i fattori di incertezza sui mercati. Nel 2022 nel mercato domestico delle emissioni di equity sono state registrate 43 operazioni, per un controvalore complessivo di 4,5 miliardi di euro (–40% su base annua), di cui circa il 77% relativo ad operazioni che hanno visto coinvolti bookrunner esteri.Il mercato dell’M&A italiano, che si è contratto di circa il 16% rispetto al 2021 in termini di controvalore (da 100 a 84 miliardi di euro), ha registrato un forte incremento delle operazioni cross-border in entrata, passate da 17 a 32 miliardi di euro. Advisor esteri a supporto di acquirenti e target sono stati coinvolti in oltre il 90% delle controvalore delle operazioni.Nel 2022 la raccolta sul mercato italiano del Private Equity e Venture Capital è aumentata da 11,2 a 12,6 miliardi di euro, con una crescita del contributo dei fondi pan-europei con base in Italia (6,7 miliardi di euro, +23% su base annua). Nella raccolta indipendente, la componente estera pesa per circa il 45% (1,7 miliardi di euro, circa 4 volte il dato 2021). Nel 2022 gli operatori internazionali hanno investito circa 15,4 miliardi di euro (65% del totale), con un taglio medio delle operazioni pari a circa 6 volte quelle degli operatori domestici.Nel 2022 la massa gestita (Assets Under Management) dagli operatori dell’industria del risparmio gestito – conteggiando complessivamente gestioni collettive e gestioni di portafoglio – in Italia è diminuita del 15% su base annua, passando da circa 2.594 a 2.210 miliardi di euro, con un calo che ha interessato sia gruppi italiani sia gruppi esteri. Il patrimonio riconducibile a gruppi esteri è pari a circa 760 miliardi di euro, corrispondente al 34% del totale, stabile rispetto allo stock di fine 2021.”I dati parlano di un Made in Italy fatto di eccellenze (le imprese italiane) che piacciono agli investitori esteri perché creano valore, e di un’Italia meno attrattiva legata al debito, al funzionamento della macchina pubblica, agli investimenti, alle riforme mancate, alla capacità di mettere concretamente a terra gli investimenti produttivi previsti dal PNRR – ha spiegato Rosa – Infatti, c’è da registrare un’accelerazione nel disinvestimento di titoli del debito pubblico da parte di soggetti non residenti, un processo, a dire il vero, in atto da alcuni anni, dovuto probabilmente alla percezione di un maggiore rischio per l’alto livello di debito pubblico”. LEGGI TUTTO