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    Banche etiche, più solide e redditizie delle “to big to fail”: generano il 5 per cento del PIL dell’Ue

    (Teleborsa) – Generando, attraverso le loro attività e investimenti, il 5 per cento del PIL dell’Unione, le 22 banche etiche europee sono più redditizie dei principali colossi bancari europei, più solide, e più coerenti con le scelte strategiche dichiarate e realmente perseguite. È quanto emerge dal sesto Rapporto “La finanza etica in Europa” che le ha messe a confronto con 60 istituti convenzionali “significativi” – vale a dire con attivi superiore ai 30 miliardi e vigilati direttamente dalla Banca Centrale Europea; ovvero quelle che vengono anche considerate come le “to big to fail” – sotto il profilo della redditività, dell’adeguatezza patrimoniale e della performance finanziaria considerando i dieci anni dal 2011 al 2021. Presentato a Milano, il Rapporto è il risultato del lavoro di ricerca internazionale frutto della collaborazione tra Fondazione Finanza Etica, Fundación Finanzas Éticas e Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative (FEBEA). Dallo studio emerge che le banche etiche europee registrano una redditività del capitale proprio (ROE) del 5,23%, contro il 2,21% delle banche convenzionali. Un vantaggio che si rileva anche per la redditività degli attivi (ROA), che ha premiato le banche etiche con una media dello 0,46% contro lo 0,25% delle banche convenzionali. Il dato dà sostanza a una distintività positiva di carattere strutturale delle banche etiche, considerato che si è affermato lungo un decennio di rilevazioni, includendo anche l’anno 2020, quando sia le banche etiche sia gli istituti tradizionali subivano i colpi della crisi pandemica. Le differenze si registrano anche su altre voci di gestione, mostrando non solo vocazioni e impostazioni contrapposte, ma anche dimostrando che l’alternativa “etica” nel perseguimento del profitto dell’impresa bancaria è possibile, virtuosa e solida e coerente, a cominciare dalla centralità dell’esercizio stesso dell’attività creditizia. Il credito rimane infatti di gran lunga la principale attività per le banche etiche: nel 2021 è pari al 65,4% del totale degli attivi, contro il 50,8% registrato dalle banche tradizionali; una differenza pressoché costante in quasi tutti gli anni del decennio. Questo indica che le banche etiche sono più propense all’attività bancaria “classica”, cioè alla raccolta di risparmi e concessione di crediti. Invece le banche “significative” associano all’attività “classica”, che ha un’importanza relativamente minore, attività finanziarie come investimenti in titoli, vendita di prodotti finanziari, servizi finanziari, partecipazioni in imprese. I depositi dei clienti risultano poi la fonte di maggior liquidità nelle banche etiche (81,1% delle passività totali), mentre le banche convenzionali si affidano a varie fonti di liquidità, con un conseguente rapporto depositi/patrimonio netto inferiore. Quanto alla solidità patrimoniale, le banche etiche hanno mantenuto costante nel tempo una forte capitalizzazione – con un rapporto tra patrimonio netto e passività totali pari in media all’8,2%, mentre le banche convenzionali hanno migliorato la loro posizione patrimoniale, ma partendo da una posizione più debole, crescendo dal 4,3% nel 2012 al 6,20% nel 2021.Sul fronte della liquidità, il rapporto prestiti/depositi (LDR) si è mantenuto stabile e inferiore, da 77% a 81,5% di media, nelle banche etiche rispetto a quelle convenzionali, dove invece è stato incrementato negli anni, da 86% a 102,5%, mostrando per questi istituti, potenzialmente, un rischio di liquidità più elevato. “Mentre i colossi del sistema bancario convenzionale pronunciano impegni di sostenibilità che spesso vengono poi smentiti e non scalfiscono un modello di business complessivamente orientato al massimo profitto a ogni costo, le banche etiche europee si distinguono invece per la coerenza tra azioni svolte e principi sostenuti – ha detto Teresa Masciopinto, presidente di Fondazione Finanza Etica –. La ricerca sottolinea l’importanza di allontanare dal settore finanziario le ombre di greenwashing e socialwashing e offre uno spaccato di conoscenza sulla finanza etica in Europa: un movimento che lancia una sfida di trasformazione valoriale alla finanza globale. Tanto più oggi, a pochi mesi dal prossimo voto per il rinnovo dell’Europarlamento”. “La visione della finanza etica – sottolinea Anna Fasano, presidente di Banca Etica – sta rivoluzionando il settore bancario e finanziario in Europa. Il dialogo con le istituzioni di Bruxelles e Francoforte e con gli attori della società civile insieme alla collaborazione con i network internazionali della finanza etica, Febea e Gabv, sono gli strumenti per amplificare la nostra capacità influenzare tali processi. Vogliamo condividere valori e buone pratiche per ridurre l’arbitrarietà di ciò che l’Europa definisce ‘investimento sostenibile’, per disincentivare il greenwashing e, grazie all’attesa tassonomia sociale, per arricchire le prescrizioni di sostenibilità ambientale con le dimensioni economica e sociale. La finanza può tornare ad essere strumento al servizio dell’economia, delle persone e del pianeta in un sistema in cui i risparmiatori sono resi consapevoli dell’impatto potenziale, positivo o negativo, che può avere il denaro gestito dai diversi operatori”. LEGGI TUTTO

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    Challenger bank alla prova dei tassi alti: pressioni su funding e finanziamenti

    (Teleborsa) – Il settore del fintech è stato sulla cresta dell’onda per quasi un decennio, con i tassi di interesse a zero che hanno favorito miliardi di finanziamenti da parte del venture capital nei confronti di società che promettevano di rivoluzionare il settore bancario e dei pagamenti, portando a valutazioni da capogiro per i nomi più in vista, come N26 e Revolut. L’ondata di innovazione, entusiasmo e finanziamenti ha coinvolto anche un insieme eterogeneo di banche, le cosiddette challenger bank, ovvero istituti piccoli e nati da poco, che mirano a competere direttamente – o sfidare – le banche tradizionali utilizzando strumenti tecnologici e processi innovativi. Ora però l’abbondanza di finanziamenti si è fermata a causa dell’aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali e dei dubbi su alcuni dei modelli di business di queste banche sfidanti, che sebbene abbiano attratto milioni di clienti spesso faticano a realizzare un profitto.Segnali negativi per il settore sono arrivati a inizio ottobre, quando la britannica Metro Bank, nata nel 2010 e focalizzata sulla clientela retail, è stata costretta a un aumento di capitale e a un rifinanziamento del debito. L’operazione è arrivata dopo una serie di battute d’arresto negli ultimi anni, tra cui errori contabili, allontanamenti della leadership e ritardata approvazione normativa per importanti sgravi patrimoniali.La gestione del capitale e del funding è un tema sensibile non solo per le challenger bank in difficoltà, ma anche per gli istituti in crescita che si trovano ad affrontare un ambiente macroeconomico e di politica monetaria totalmente diverso da quello di pochi mesi fa.Banca CF+, challenger bank italiana specializzata in soluzioni di finanziamento alle imprese in situazioni performing o re-performing, ha collocato il mese scorso la sua prima emissione obbligazionaria, un Tier 2 del valore nominale di 25 milioni di euro, con scadenza 2033 e cedola annuale del 14,5%. L’AD Iacopo De Francisco sottolinea che “investitori professionali e qualificati hanno evidentemente apprezzato il nostro progetto” e ritiene che la cedola offerta “sia coerente con il mercato di riferimento, considerando sia il livello assoluto dei tassi di interesse che la complessità del contesto macroeconomico e internazionale”. De Francisco evidenzia comunque che la competizione con le grandi banche “ha un costo, poiché le challenger bank non godono delle stesse condizioni di funding del sistema bancario tradizionale, caratterizzato da elevato livello di resilienza della raccolta retail a costi non sempre agganciati alle dinamiche di mercato”. Per colmare questo gap, secondo il banchiere, occorre offrire “anche sul fronte della raccolta diversificazione, personalizzazione, velocità, convenienza economica – in una parola una user experience molto positiva – che con il tempo consenta anche al depositante on line di “affezionarsi” alla banca, sposarne il progetto e di non concentrarsi solo sul rendimento offerto”.Quello del pricing è un elemento importante, perché i clienti retail cercano prodotti meglio remunerati e il numero di opzioni è aumentato dopo la decisa stretta monetaria della BCE. Secondo un recente rapporto di Scope Ratings, le banche europee si trovano ad affrontare dinamiche “dirompenti” nella raccolta retail e una cattiva gestione del nuovo scenario potrebbe avere “implicazioni strutturali per la redditività e l’asset-liability management, tra cui l’aumento dei rapporti prestiti/depositi e una maggiore dipendenza dai finanziamenti wholesale”.”Il mercato è profondamente cambiato negli ultimi 18 mesi, anche perché abbiamo attraversato un contesto finanziario in cui la liquidità era abbondante, a costo zero (i tassi ufficiali sono stati negativi per lungo tempo), e nel quale molti istituti bancari quasi rifiutavano il deposito di liquidità da parte dei clienti – fa notare Stefano Aldrovandi, Responsabile BU Core Banking e BU Wealth Management di Cherry Bank – Oggi la liquidità è tornata ad essere una ricchezza, soprattutto se stabile nel tempo”.”La raccolta stabile è oggi premiante e una delle principali fonti per stabilizzarla sono i conti deposito vincolati”, aggiunge il manager di Cherry Bank, che non si descrive come una challenger bank ed è attiva in diverse nicchie di mercato (NPL, Crediti fiscali, Special Situation e Alternative Investment), ma anche in settori più tradizionali come il Corporate ed il Wealth Management.Definire chiaramente una challenger bank non è infatti facile, perché si potrebbe fare riferimento a banche piccole (che hanno filiali e mirano a sfidare ampiamente le grandi banche sul loro territorio fornendo servizi e/o prodotti migliori a gruppi di clienti specifici o in generale), banche digitali (che mirano a coinvolgere i clienti digitalmente, scommettendo sui cambiamenti nel comportamento dei clienti lontano dalle filiali verso servizi più rapidi ed efficienti) o banche specializzate (che spesso non hanno filiali e cercano di rivolgersi a particolari gruppi di clienti o prodotti che sono meno al centro dell’attenzione delle banche tradizionali). “Sono convinto che gestire una challenger bank possa essere, da un lato, facile, non avendo alle spalle il peso di una legacy, dall’altra più difficile, poiché occorre creare una presenza sul mercato – afferma De Francisco – In un momento di mercato discontinuo come quello attuale, però, gli attaccanti riescono ad avere spazio”.L’attacco di quote di mercato delle banche tradizionali entrerà presto in una nuova fase, successiva a quella dei tassi zero e dei tassi alti, ovvero quella in cui un costo del denaro elevato ha un effetto significativo sul rallentamento dell’economia. “Al momento, il ritrovato scenario di tassi ufficiali nell’intorno del 4% è stato un boost per il conto economico delle banche avendo fatto lievitare gli interessi attivi e, in maniera meno che proporzionale, quelli passivi – afferma Aldrovandi – Questo effetto placebo ha però dei riflessi che si vedranno nei prossimi mesi, se e quando l’annunciata crisi economica inizierà a mordere il freno e le imprese strutturalmente più deboli non riusciranno a superare le difficoltà. Inoltre, nelle nostre aspettative c’è anche la crescita del costo della raccolta tradizionale per via dell’effetto scarsità di liquidità e, di conseguenza, della concorrenza”.Questo nuovo scenario andrà anche affrontato senza la prospettiva di nuove iniezioni di capitale da parte di fondi e venture capital, i cui investimenti in ambito financial e fintech si sono asciugati dopo anni di abbondanza. “In Italia il fintech negli ultimi anni è passato dal non essere un settore di riferimento all’essere il primo settore in termini di investimenti, con un trend crescente – spiega Giovanni Fusaro, responsabile area Venture Capital di AIFI e project manager per il Venture Capital Monitor (osservatorio di LIUC Business School e AIFI) – Nel 2023 c’è stato un rallentamento generalizzato, in realtà partito a fine 2022, sugli investimenti venture. Il tema è che i deal più grandi, anche nel fintech, sono stati fatti da fondi internazionali, e il loro rallentamento globale si è riflesso anche in Italia”.Secondo i dati del Venture Capital Monitor, gli investimenti di VC in startup fintech italiane sono crollati a 14 in numero e 81 milioni di euro in valore nei primi 9 mesi del 2023, rispetto ai 34 e 624 milioni di euro per l’intero 2022 e ai 37 e 218 milioni di euro per l’intero 2021. La grande crescita negli ultimi potrebbe comunque aver portato cambiamenti strutturali nel settore, che potrebbe ripartire quando la situazione globale si rasserenerà. “Il fintech è quello che negli ultimi anni è cresciuto più velocemente e ha attratto più capitale, e quindi potenzialmente è quello che potrebbe attrarne ancora”, aggiunge Fusaro.(Foto: Towfiqu barbhuiya on Unsplash) LEGGI TUTTO

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    Banche, FABI: 2023 anno da incorniciare, ora riconoscimenti a lavoratori

    (Teleborsa) – Sono stati quasi 16 miliardi di euro di utili quelli registrati nei primi nove mesi del 2023 dalle prime cinque banche italiane. L’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea ha infatti spinto i risultati del settore bancario del paese: il “fatturato” si è attestato, dopo tre trimestri, a 47,4 miliardi, sostenuti prevalentemente dai ricavi legati agli interessi sul credito a imprese e famiglie (27,6 miliardi), ambito che corrisponde quasi al doppio di quanto incassato, tra altro, con le commissioni su servizi e attività di risparmio gestito (15,9 miliardi). Rispetto al totale delle entrate, i primi cinque gruppi hanno realizzato il 58,3% col margine d’interesse e il 33,7% con le commissioni, mentre l’8% (3,7 miliardi) è rappresentato altri ricavi (trading e altri proventi finanziari). È la fotografia del settore tracciata dalla FABI (Federazione autonoma bancari italiani), importante organizzazione sindacale della categoria.I primi 9 mesi del 2023 sembrano rilanciare, nel settore bancario italiano, l’importanza delle attività tradizionali, che avevano subito, nel 2020 e nel 2021, il sorpasso a vantaggio delle commissioni. Già lo scorso anno, il margine d’interesse era tornato a essere la prima fonte di ricavo degli istituti di credito italiani.Inoltre, il netto miglioramento della qualità del credito si è tradotto, per i primi cinque gruppi, in minori accantonamenti sui rischi e minori svalutazioni. L’aumento di utili e redditività, frutto anche di una attenta gestione sul fronte delle spese, si riflette anche sul versante del cost/income: il risultato medio per i primi cinque gruppi è pari al 46% (si va dal 39% al 49,5%): questo parametro, che indica l’efficienza di una banca (più è basso, più è positivo), non è mai stato così contenuto e solo cinque anni fa, nel 2018, per l’intero settore, si attestava al 62% medio.Secondo la FABI, quelli dei primi nove mesi sono i migliori risultati di sempre sia per utili sia ricavi, con gli obiettivi dei piani industriali che sono stati ampiamente realizzati con largo anticipo e i non performing loan (NPL) che ormai non catalizzano più l’attenzione come in passato perché la qualità del credito si mantiene decisamente buona.”Se a questo si aggiunge il miglioramento degli indici patrimoniali e dei livelli di liquidità, il 2023 sarà un anno da incorniciare e il prossimo biennio, stando anche alle indicazioni contenute nei documenti delle principali banche, porterà a risultati analoghi se non migliori”, si legge nella nota della FABI.I dati “dimostrano, ancora una volta, che col nuovo contratto nazionale vanno garantiti alle lavoratrici e ai lavoratori importanti riconoscimenti economici – ha affermato il segretario generale della FABI, Lando Maria Sileoni – I 435 euro medi mensili chiesti da tutti i sindacati rappresentano una richiesta legittima e giustificata tanto dal recupero dell’inflazione tanto dal riconoscimento per la produttività”. LEGGI TUTTO

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    Banca Ifis, Ferrari: senior bond nel 2024, flessibili per sfruttare finestre mercato

    (Teleborsa) – “Pensiamo di collocare un senior bond il prossimo anno, anche se dipenderà dalle condizioni del mercato, ma siamo molto flessibili e quindi potremo sfruttare le finestre di opportunità che si presenteranno”. Lo ha affermato il CFO di Banca Ifis, Roberto Ferrari, nella call che ha seguito la pubblicazione dei risultati al 30 settembre 2023.Sempre sul tema del funding, Ferrari ha detto: “Stiamo cercando di accrescere il retail funding, attraverso diversi canali e scadenze, per il quale comunque dobbiamo competere con altre grandi banche”. LEGGI TUTTO

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    Banca Ifis, Geertman: non vediamo peggioramento in nostro book, asset quality confermata

    (Teleborsa) – Banca Ifis “è concentrata sulla buona gestione del core business, mantenendo gli investimenti”, e mostrando una “continua enfasi sullo short term lending con interessanti rapporti rischio/rendimento”, mantenendo cioè un balance sheet “short”, per rispondere in modo efficace al rallentamento macroeconomico che sta emergendo in Italia, con imprese più caute. Lo ha affamato Frederik Geertman, amministratore delegato di Banca Ifis, nella call che ha seguito la pubblicazione dei risultati al 30 settembre 2023.L’AD ha spiegato che “l’attività commerciale nel terzo trimestre 2023 riflette la stagionalità tipica del mercato e del terzo trimestre”, mentre nel factoring “dopo la forte resilienza dei mesi precedenti, il mercato mostra alcuni segnali di rallentamento a causa del calo delle fatture e della domanda di credito”, ma la crescita di Banca Ifis rimane “al di sopra del mercato mantenendo disciplina su sottoscrizione e pricing”. Sul fronte del leasing, “dalla fine di agosto abbiamo visto i primi segni di ritardi nelle decisioni in materia di capex da parte delle PMI”.Geertman ha spiegato che “la qualità dell’attivo è confermata e le overlay esprimono pienamente la prudenza della banca”, con LLP del terzo trimestre a 15 milioni di euro e la qualità dell’attivo che è protetta da overlay stabili a 65 milioni di euro. Il “costo del rischio è ora più normale per una banca come la nostra”, ha sottolineato.Il numero uno di Banca Ifis ha detto che “nel nostro book non si stanno materializzano segnali di macro credit risk”, con “le aziende che sono piuttosto liquide (giorni di pagamento nel factoring inferiori al livello del 2022) e probabilità di default stabile, e quindi – anche se c’è un rallentamento della crescita economica e vediamo altri segnali di difficoltà come quelli in alcune industrie – non si sta materializzando questo rischio nel nostro book”.Sul fronte del funding, ha spiegato che “la liquidità disponibile è prevista superiore a 1 miliardo di euro post rimborso TLTRO, mentre la liquidità disponibile è a 1,7 miliardi di euro al 30 settembre 2023, al di sopra del nostro livello target e forse leggermente inefficiente, ma questi livelli per l’emissione anticipata di un prestito obbligazionario senior per ragioni prudenziali”.Secondo la nuova dividend policy, “ci saranno dividendi complessivi potenziali pari a 110 milioni di euro (oltre 2 euro per azione), di cui 63 milioni di euro (1,2 euro per azione) come acconto sul dividendo in pagamento il 22 novembre 2023”. Il dividend yield 2023 è al 12,3%. LEGGI TUTTO

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    EQUITA, utile 9 mesi in calo a 9,7 milioni. Confermata remunerazione

    (Teleborsa) – EQUITA, investment bank indipendente quotata su Euronext STAR Milan, ha chiuso i primi nove mesi del 2023 con Ricavi Netti Consolidati pari a 59,5 milioni di euro (-7% sullo stesso periodo 2022). L’area dell’Investment Banking ha registrato Ricavi Netti pari 24 milioni di euro (-24%). La performance è stata influenzata dall’effetto comparativo con l’anno precedente e da un contesto caratterizzato dal perdurare delle politiche monetarie restrittive delle banche centrali, oltre a uno scenario macroeconomico instabile che ha impattato le attività di finanza straordinaria a livello globale.L’area dell’Alternative Asset Management ha chiuso con Ricavi Netti pari a 6,5 milioni di euro (+8%). Le masse in gestione (AuM) al 30 settembre 2023 risultano pari a 917 milioni di euro (937 milioni al 30 giugno 2023 e 921 milioni al 31 dicembre 2022), con il mix di asset in continua crescita verso asset illiquidi proprietari (42% degli AuM totale), dunque a maggiore marginalità.Il Cost/Income ratio si è attestato al 74,6% (68,1% nei 9M’22). L’Utile Netto Adjusted, che esclude le voci non ricorrenti al netto del relativo effetto fiscale, è pari a 10,3 milioni di euro (-22%), con un margine netto adjusted del 17%. L’Utile Netto Consolidato si è attestato a 9,7 milioni di euro (-26%).”I dati dei primi nove mesi del 2023 confermano la capacità di EQUITA di saper reagire positivamente anche in contesti di mercato particolarmente sfidanti – ha commentato il CEO Andrea Vismara – I ricavi del terzo trimestre, per esempio, sono risultati in crescita e il mese di ottobre e i primi giorni di novembre hanno visto un numero importante di mandati, sia sul fronte dell’M&A che sul fronte dell’Equity e del Debt Capital Markets, con un contributo significativo alla crescita dell’Utile Netto”.”La remunerazione dei nostri azionisti resta la priorità – ha aggiunto – In considerazione dei risultati ottenuti sino ad oggi, delle attese per i prossimi mesi e degli utili non distribuiti in questi anni per dare stabilità al dividendo, riteniamo appropriato considerare un dividendo di 0,35 euro per azione – in linea con l’anno precedente – e confermare la distribuzione di più di 50 milioni di euro di dividendi nel triennio 22-24″. LEGGI TUTTO

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    BPER, utile 9 mesi a 1,087 miliardi

    (Teleborsa) – BPER chiude i primi nove mesi del 2023 con un utile netto consolidato di 1.087,1 milioni di euro e ricavi “core” di 3.862,9 milioni, in crescita del 44,2% sullo stesso periodo del 2022. Nel terzo trimestre, l’utile netto è stato pari a 382,5 milioni di euro dopo aver spesato 125,8 milioni di costi sistemici. Il margine d’interesse dei 9 mesi + in crescita a 2.381,5 milioni , il cost/income ratio è sceso a al 49,6% dal 64,1% del settembre 2022. “I risultati registrati nei primi nove mesi dell’anno sono motivo di particolare soddisfazione e confermano la persistente capacità della Banca di generare ricavi e di assicurare un efficace controllo dei costi di gestione” ha detto l’AD Piero Luigi Montani -. “Nel corso del periodo, la strategia commerciale ed organizzativa messa in campo ha consentito di ottenere una positiva dinamica dei risultati operativi: i proventi operativi netti pari a 4.026,0 milioni hanno fatto rilevare un’ottima performance con una crescita del 43,1% rispetto ai primi nove mesi del 2022, in particolare grazie al risultato del margine di interesse e a una solida performance commissionale”. “La qualità del credito presenta tassi di default ancora molto contenuti, bassa incidenza dei crediti problematici con un NPE ratio che si è attestato al 2,8% lordo (1,2% netto) e un grado di copertura dei crediti deteriorati pari al 57,3% – ha aggiunto Montani -. Si confermano molto solidi i livelli di patrimonializzazione: i profili di capitale e liquidità della Banca rimangono infatti elevati grazie ad una generazione organica di capitale che permette al CET1 ratio proforma di raggiungere il 14,9%; anche la posizione di liquidità presenta indici regolamentari ben oltre le soglie minime previste”. “I risultati sino ad oggi registrati sono in linea con il nostro posizionamento di grande banca italiana, in ascolto costante dei bisogni dei nostri clienti e dei territori, rivolta ad offrire una risposta sempre più sostenibile ed evoluta” – ha concluso l’AD l’ad. “Consapevoli delle incertezze sugli sviluppi macroeconomici, i trend operativi sin qui osservati ci rendono fiduciosi, anche per l’ultima parte del 2023, nel riuscire a consolidare i livelli di redditività finora ottenuti” LEGGI TUTTO

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    Intesa Sanpaolo promuove incontro su etica, legalità ed economia

    (Teleborsa) – L’etica come soluzione ai problemi, l’etica “efficace”, è il tema al centro dell’incontro organizzato questa mattina da Intesa Sanpaolo a Napoli, presso il suo museo delle Gallerie d’Italia di via Toledo. L’incontro ha visto alternarsi momenti di riflessione alla presentazione di casi concreti da parte di soggetti del Terzo settore impegnati a ricostruire il senso di comunità attraverso l’etica e la legalità, per uno sviluppo economico sostenibile e inclusivo. Sono tra gli altri intervenuti il Presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, Anna Maria Tarantola, Presidente Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, e Vincenzo Linarello, Co-fondatore e Presidente GOEL Gruppo Cooperativo. Ha chiuso i lavori Andrea Lecce, Responsabile Direzione Impact Intesa Sanpaolo.L’etica efficace – sottolinea Intesa Sanpaolo in una nota – è un concetto potente e innovativo perché contribuisce concretamente a garantire occupazione, a delegittimare la criminalità, a costruire un solido sviluppo sostenibile. Essa permea – o dovrebbe permeare – l’economia, la politica, la scuola, i media, l’amministrazione pubblica e naturalmente il Terzo settore, il non profit e il volontariato. L’etica efficace può aprire prospettive dirompenti in diversi ambiti indirizzando i processi di cambiamento sociale, il mercato e l’impresa, i diritti civili e democratici. Ha come criterio fondante la parte più debole, chi patisce i problemi e la sofferenza, e si misura sulla sua capacità di rimuovere le cause e gli effetti di tale condizione.”Intesa Sanpaolo interviene in tutta Italia in aree periferiche caratterizzate da forti problematiche socio-economiche, dove, in assenza di alternative, – ha dichiarato Gros-Pietro – le persone sono facilmente preda della criminalità organizzata. Mai come in questo momento è importante recuperare nell’analisi economico sociale il concetto di valore della persona, del rispetto di se stessa, degli altri, dell’ambiente che la circonda. L’etica e la legalità, su cui la Banca interviene anche tramite il Fondo di Beneficenza, sono la chiave di sviluppo di una società sana e costruttiva, come hanno evidenziato alcuni degli esempi rigenerativi del senso di comunità illustrati oggi”.Il Fondo di Beneficenza nel 2023 ha stanziato 20 milioni di euro per sostenere i progetti degli enti del Terzo settore impegnati a contrastare situazioni di difficoltà rese ancora più gravi dalla crisi sanitaria, economica e sociale di questi anni. Un impegno prevalentemente a livello nazionale, in linea con il tradizionale posizionamento del Fondo, che storicamente concentra le risorse sul territorio italiano ma con una particolare attenzione anche per le Regioni del Sud Italia. Nel 2022 il Mezzogiorno e le Isole sono stati destinatori del 25% delle risorse, con la Sicilia e la Campania che si attestano quali prime regioni beneficiarie nell’area e, rispettivamente, sesta e settima regione ricevente in termini assoluti, con erogazioni per circa 1 milione di euro alla prima e 800mila euro alla seconda, pari al 7% e al 6% circa dei fondi stanziati.Tra i progetti sostenuti dal Fondo di Beneficenza anche il “Villaggio Goel” a Siderno, in provincia di Reggio Calabria, dove in un unico spazio saranno incubate diverse attività di economia sociale dando vita a un Centro di Innovazione Sociale che contribuirà a soddisfare i bisogni della comunità e al suo sviluppo socio-economico. Il “Villaggio Goel” sosterrà l’economia locale offrendo un’alternativa etica a lavoratori e imprenditori e sarà un avamposto visibile di riappropriazione del territorio situato nel cuore della Locride. Le testimonianze e i progetti illustrati nel corso dell’incontro – Rita Caprio, Presidente L’Uomo e il Legno Cooperativa Sociale, realtà che opera nel carcere di Secondigliano di Napoli per il reinserimento lavorativo dei detenuti e ridurre, quindi, il rischio di recidive; Chiara Ciccarelli, Coordinatore Associazione Compare, impegnata sul territorio di Scampia con bambini provenienti da famiglie a rischio (fascia 6-10 anni) e relative famiglie per la prevenzione e promozione di stili di vita socialmente positivi che allontanino i minori dalla illegalità; Simmaco Perillo, Presidente di Al di là dei Sogni Cooperativa Sociale, che ha raccontato il progetto la Fattoria dei Sogni realizzato sul bene confiscato alla camorra “Alberto Varone” situato a Sessa Aurunca, nell’alto Casertano, affidato alla Cooperativa, nel quale vengono svolte attività di fattoria didattica, agricoltura sociale e turismo sostenibile e lavorano operatori e soggetti appartenenti a fasce deboli, che trovano la dignità di nuovi percorsi di vita attraverso l’inserimento lavorativo; Angelica Viola, Responsabile sviluppo Orsa Maggiore Cooperativa Sociale, costituita a Napoli nel 1995 e composta prevalentemente da donne, con la finalità di contribuire alla costruzione di una società migliore, accogliente e solidale, attraverso la promozione dei diritti e la realizzazione di servizi alle persone vulnerabili ed alle famiglie. Tra le testimonianze di chi lavora in modo integrato ed efficace a favore di chi sceglie di operare nella legalità, gli interventi di Salvatore Cuoci, Coordinatore Comitato don Peppe Diana, l’associazione, in memoria di Don Giuseppe Diana, vittima di camorra, che promuove e supporta attività ed iniziative su temi di utilità sociale. Gestisce un bene confiscato, Casa don Diana, dove si svolgono manifestazioni volte a promuovere l’impegno civile, il riutilizzo di beni confiscati, la cultura della legalità, in collaborazione con numerosi enti del terzo settore e scuole del territorio; Don Tonino Palmese, Presidente Fondazione Pol.i.s. che è lo strumento operativo della Regione Campania attraverso il quale sviluppare azioni di sistema per rendere più efficace il riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità ed interviene a favore delle vittime di reati al fine di limitare le più rilevanti situazioni di disagio personale o sociale della vittima o dei suoi familiari conseguenti al reato stesso. LEGGI TUTTO