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    EBA: nel 2024 è aumentata la dipendenza da funding in dollari delle banche europee

    (Teleborsa) – La quota di mercato delle filiali UE di gruppi bancari di paesi terzi ammontava al 9,8% del totale degli asset nell’Unione europea a dicembre 2024 (in calo rispetto al 10,17% dell’anno precedente). È quanto emerge da un report dell’Autorità bancaria europea (EBA).La presenza di operatori di paesi terzi era più pronunciata in segmenti specifici, rappresentando il 29% dei derivati, l’8% dei prestiti e il 6% dei titoli di debito. Ciò rappresenta un leggero calo rispetto a dicembre 2023, quando la loro quota di mercato complessiva si attestava al 10,2%, principalmente a causa della riduzione delle quote in prestiti e derivati. Il calo è stato particolarmente evidente tra le filiali controllate da entità domiciliate negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Al contrario, la quota di mercato è rimasta stabile per le entità legate alla Cina ed è aumentata per quelle legate a Giappone e Svizzera.A dicembre 2024, le filiali di gruppi bancari di paesi terzi hanno dichiarato che due terzi del loro patrimonio totale erano detenuti in prodotti verso istituti di credito e altre società finanziarie. Inoltre, l’86% del patrimonio totale dichiarato era situato al di fuori della giurisdizione in cui le filiali stesse avevano sede, evidenziando la vocazione internazionale dei loro modelli di business.In relazione alle voci di conto economico, la quota di mercato delle filiali di gruppi bancari di paesi terzi rappresentava il 6% del reddito da interessi, il 2% del reddito da dividendi, il 10% del reddito da commissioni e il 12% degli altri proventi operativi. Le filiali di gruppi bancari di paesi terzi hanno registrato un’elevata quota di mercato per i ricavi da commissioni derivanti da materie prime (65%), transazioni fiduciarie (48%), servizi amministrativi di banche centrali per investimenti collettivi (30%), finanza aziendale (29%), custodia (24%) e cambi (19%).I rapporti mostrano inoltre che le banche UE/SEE detengono quasi il 32% delle loro esposizioni in valuta estera, mentre ricevono il 21,1% dei finanziamenti totali in valuta estera (in aumento rispetto al 28,4% e al 20,5% rispettivamente a dicembre 2023). Di questi, il funding in dollari rappresenta il 23% delle esposizioni totali e il 13,1% dei finanziamenti totali (in aumento rispetto al 19,3% e al 12,4% rispettivamente a dicembre 2023).Il funding unsecured wholesale e repo rappresenta oltre il 75% dei finanziamenti denominati in tutte le valute estere. Su base annua fino a dicembre 2024, la quota di finanziamenti in dollari è aumentata maggiormente per i repo e i finanziamenti all’ingrosso non garantiti, raggiungendo il 28% per i repo e il 18,3% per i finanziamenti all’ingrosso non garantiti. I dati di reporting individuali mostrano una minore dipendenza dai finanziamenti in dollari per i repo, gli ABS e i finanziamenti al dettaglio. Ciò indica che le banche UE/SEE utilizzano le filiali per ottenere finanziamenti repo e finanziamenti al dettaglio denominati in valuta estera. LEGGI TUTTO

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    Banca Ifis accetta 85 milioni di euro da Banca Sella per quota detenuta da illimity in Hype

    (Teleborsa) – Banca Ifis ha accettato l’offerta di Banca Sella Holding per l’acquisizione del 50% del capitale di Hype detenuto da illimity Bank. L’offerta, che è attualmente soggetta all’ottenimento delle autorizzazioni normative previste per inizio 2026, prevede un corrispettivo economico pari a 85 milioni di euro. Con l’operazione, il Gruppo Banca Ifis otterrebbe un beneficio patrimoniale di circa 55 bps in termini di CET1.L’offerta è stata formulata da Banca Sella Holding, che ha individuato Banca Sella quale acquirente, in conformità alla procedura prevista dai patti parasociali sottoscritti nel giugno 2023 dall’allora amministratore delegato di illimity Bank, Corrado Passera, e da Banca Sella Holding.”La cessione della partecipazione in Hype rappresenta un passo importante nella definizione del nuovo perimetro del Gruppo, che avverrà anche attraverso la cessione di ulteriori asset non strategici – dichiara Ernesto Furstenberg Fassio, Presidente di Banca Ifis – Con questa operazione, che permette di liberare capitale utile a rafforzare i ratio patrimoniali, acceleriamo il processo di realizzazione delle sinergie dichiarate al mercato per dar vita ad un gruppo bancario sempre più a supporto delle PMI del sistema Italia”.Banca Sella ha deliberato di acquistare anche il restante 50% del capitale detenuto dalla capogruppo Banca Sella Holding, con l’obiettivo di procedere alla fusione per incorporazione di Hype.L’operazione, dal punto di vista di Banca Sella, rientra nei piani di crescita e sviluppo del Gruppo e della banca e ha l’obiettivo di potenziare ulteriormente il posizionamento e le strategie sia di Banca Sella, che di Hype, attraverso l’arricchimento e l’integrazione delle rispettive offerte. L’operazione, infatti, è finalizzata a rafforzare la competitività di entrambe, in segmenti di mercato complementari e caratterizzati da forte innovazione.Hype, nata nel 2015 proprio in Banca Sella e oggi Istituto di Moneta Elettronica che conta 1,9 milioni di clienti. L’operazione genererà sul Cet1 di Banca Sella un impatto pari a -3,46% che verrà neutralizzato dalle ottimizzazioni patrimoniali in corso di realizzazione, mantenendo comunque il livello del coefficiente patrimoniale a fine anno superiore al 20%. LEGGI TUTTO

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    BPER, JPMorgan ha una partecipazione potenziale del 5,167%

    (Teleborsa) – JP Morgan Chase ha una partecipazione potenziale del 5,167% in BPER. È quanto emerge dalle comunicazioni della CONSOB relative alle partecipazioni rilevanti, dove viene segnalato che l’operazione risale al 28 ottobre 2025.In particolare, il 4,649% sono diritti di voto riferibili ad azioni, lo 0,236% sono obbligazioni convertibili con data di scadenza 28/10/2025 e Right to Recall senza data di scadenza, lo 0,281% sono Equity Swaps con date di scadenza comprese tra il 11/02/2026 ed il 09/09/2032.La partecipazione è detenuta tramite le società controllate JP Morgan Securities PLC, JP Morgan Securities LLC e J.P. Morgan Markets Limited. LEGGI TUTTO

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    MPS, BlackRock ha una partecipazione potenziale del 5,009%

    (Teleborsa) – BlackRock, il più grande asset manager al mondo, ha una partecipazione potenziale del 5,009% in Banca Monte dei Paschi di Siena. È quanto emerge dalle comunicazioni della CONSOB relative alle partecipazioni rilevanti, dove viene segnalato che l’operazione risale al 29 ottobre 2025. La partecipazione è detenuta tramite 15 società controllate.In particolare, il 4,402% sono diritti di voto riferibili ad azioni, lo 0,204% sono azioni oggetto di contratti di prestito titoli con possibilità di restituzione in qualsiasi momento senza scadenza e lo 0,402% sono “Contracts for Difference” senza data di scadenza. LEGGI TUTTO

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    FinecoBank supera ampiamente i requisiti patrimoniali fissati dalla BCE

    (Teleborsa) – A conclusione del Supervisory Review and Evaluation Process (SREP), la Banca Centrale Europea ha comunicato che il requisito patrimoniale Pillar 2 Capital Requirement (P2R) per il Gruppo FinecoBank resta invariato rispetto al precedente.Il Gruppo FinecoBank è tenuto a rispettare i seguenti requisiti complessivi di capitale su base consolidata: 8,68% in termini di CET1 Ratio;10,55% in termini di T1 Ratio; 13,05% in termini di Total Capital Ratio.I coefficienti di capitale sopra riportati includono il requisito aggiuntivo di Pillar 2 pari a 2,00% e il Combined Buffer Requirement (CBR), da soddisfarsi con strumenti di capitale primario CET1, composto dalla Riserva di conservazione del capitale (Capital Conservation Buffer – CCB) per 2,50%, dalla Riserva di capitale anticiclica specifica (Countercyclical Capital Buffer – CCyb) per 0,14% e dalla Riserva di capitale a fronte del rischio sistemico (Systemic Risk Buffer, SyRB) per 0,40%.Al 30 giugno 2025, i coefficienti di capitale del Gruppo FinecoBank erano i seguenti: 23,46% CET1 Ratio; 32,07% T1 Ratio; 32,07% Total Capital ratio. LEGGI TUTTO

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    Amundi, Fitch: rischio di mancato rinnovo dell’accordo con UniCredit pesa su rating

    (Teleborsa) – Il profilo di credito standalone (SCP) di Amundipotrebbe essere messo a dura prova se UniCredit non rinnovasse l’accordo di distribuzione tra le due entità. Lo afferma Fitch Ratings, specificando tuttavia che il Long-Term Issuer Default Rating (IDR; A+/Stabile) di Amundi non ne risentirebbe, grazie all’altissima probabilità di supporto da parte dell’azionista di maggioranza Credit Agricole (A+/Stabile). Amundi ha dichiarato nella presentazione dei risultati del terzo trimestre 2025, il 28 ottobre 2025, che il suo accordo di distribuzione con UniCredit (A-/Stabile), in scadenza a luglio 2027, “potrebbe essere rinnovato o meno, secondo termini che al momento non sono noti”.UniCredit sta rivedendo il suo accordo di distribuzione con Amundi e il suo mancato rinnovo indebolirebbe probabilmente la valutazione di Fitch sulla performance patrimoniale, sugli utili e sulla redditività di Amundi. Entrambi questi fattori chiave del rating presentano outlook negativi e la loro revisione al ribasso potrebbe innescare una revisione al ribasso di un livello del SCP di Amundi. Le prospettive negative riflettono il fatto che il mancato rinnovo da parte di UniCredit comporterebbe la perdita da parte di Amundi di un canale di distribuzione retail primario e una potenziale contrazione significativa del margine operativo lordo di Amundi, che Fitch stima fino al 23%.La stima di Fitch presuppone l’immediato deflusso degli attuali asset in gestione (AUM) di UniCredit e si basa sui 12 mesi fino alla fine del primo semestre del 2025, prima della realizzazione dei risparmi previsti e potenziali sui costi di non distribuzione e prima dei ricavi aggiuntivi derivanti dalle iniziative di crescita di Amundi. La contrazione del margine operativo lordo stimata da Fitch riflette il margine netto da commissioni superiore alla media di Amundi sugli AUM raccolti tramite UniCredit, pari a circa 40 punti base al netto dei costi di distribuzione, rispetto ai 17 punti base dell’intera attività a fine primo semestre del 2025.Fitch afferma che Amundi ha generato oltre il 10% delle sue commissioni ricorrenti nette sugli AUM raccolti tramite UniCredit (fine terzo trimestre 2025: 88 miliardi di euro, di cui circa 70 miliardi di euro in Italia e il resto in Germania, Austria e altri paesi dell’Europa centro-orientale). Questo nonostante gli AUM relativi a UniCredit rappresentassero meno del 5% degli AUM totali di Amundi, escludendo le joint venture e la distribuzione negli Stati Uniti (fine terzo trimestre 2025: 1.903 miliardi di euro). I deflussi dagli AUM relativi a UniCredit hanno superato i 10 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2025 e sono probabili ulteriori deflussi nei prossimi due anni.Secondo Fitch, il controllo delle banche sulla distribuzione al dettaglio è un fattore chiave per i nuovi flussi netti di denaro presso i gestori di investimenti tradizionali, e il rischio di rinnovo prima della scadenza del contratto evidenzia l’esposizione dei gestori di investimenti terzi ai cambiamenti di strategia bancaria. I cambiamenti di strategia bancaria includono la re-internalizzazione delle attività di gestione degli investimenti, e la propensione delle banche ad acquisire gestori di investimenti tradizionali rimane elevata, in quanto ricercano ricavi basati su commissioni e a basso impiego di capitale.Amundi pubblicherà il suo nuovo piano strategico triennale il 18 novembre. Il piano, secondo il management, includerà proiezioni finanziarie che terranno conto “dell’incertezza relativa alla distribuzione di UniCredit dal 2027 in poi”. LEGGI TUTTO

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    Gruppo BCC Iccrea supera ampiamente i requisiti patrimoniali fissati dalla BCE

    (Teleborsa) – BCC Banca Iccrea ha ricevuto da parte della Banca centrale europea la notifica della decisione prudenziale (SREP decision), contenente gli esiti del processo annuale di revisione e valutazione prudenziale (Supervisory Review and Evaluation Process – SREP). Tenuto conto delle analisi e delle valutazioni effettuate dall’Autorità di Vigilanza, la BCE ha determinato per il 2026, per il Gruppo BCC Iccrea, un “Pillar 2 Requirement” pari a 2,25% (tale requisito era pari al 2,52% nel 2025).Per effetto di tale decisione prudenziale il requisito di Common Equity Tier 1 ratio da rispettare su base consolidata sarà pari a 9,36%, anche in considerazione dell’inclusione del Gruppo BCC Iccrea fra le istituzioni finanziarie significative del nostro Paese da parte della Banca d’Italia che ne conferma la rilevanza sistemica. In particolare, tale requisito comprende: il requisito minimo di Pillar 1 pari al 4,50%; un requisito di capitale Pillar 2 (P2R) pari a 1,27%; la riserva di conservazione del capitale pari al 2,50%; la riserva O-SII buffer pari a 0,25%; la nuova riserva di capitale a fronte del rischio sistemico, recentemente introdotta, (Systemic Risk Buffer – SyRB) pari a 0,84%.Inoltre, per effetto di tale decisione, gli ulteriori requisiti che il Gruppo BCC Iccrea deve rispettare sono i seguenti: 11,28% in termini di Tier 1 capital ratio; 13,84% in termini di Total capital ratio. Al 30 Giugno 2025 i coefficienti patrimoniali del Gruppo BCC Iccrea erano ampiamente superiori ai requisiti richiesti; il Common Equity Tier 1 ratio si è attestato al 25,31% ed il Total Capital ratio al 25,82%. LEGGI TUTTO

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    Intesa, Messina: non vediamo occasioni di M&A quindi capitale in eccesso va agli azionisti

    (Teleborsa) – “Abbiamo appena registrato il nostro miglior utile netto di sempre nei primi nove mesi, pari a 7,6 miliardi di euro, di cui 2,3 nel terzo trimestre, con un rapporto CET1 aumentato di oltre 100 punti base. Il Return on Equity è del 20%, mentre l’utile per azione è aumentato del 9%. Questi sono risultati eccellenti, che confermano la nostra posizione di leader, e siamo sulla buona strada per raggiungere il nostro obiettivo di utile netto per l’intero anno di ben oltre 9 miliardi di euro, considerando anche le elezioni manageriali del quarto trimestre che rafforzeranno la profittabilità futura”. Lo ha detto Carlo Messina, CEO di Intesa Sanpaolo, nella call con gli analisti che ha seguito la pubblicazione dei risultati.”Sia nei primi nove mesi che nel terzo trimestre abbiamo registrato risultati record per commissioni e reddito da assicurazioni, la qualità degli asset rimane di prim’ordine e le attività finanziarie dei clienti si attestano a oltre 1,4 trilioni di dollari – ha spiegato – Continuiamo a investire in modo significativo in tecnologia, accelerando il ricambio generazionale della nostra forza lavoro. Quest’anno restituiremo 8,3 miliardi di dollari ai nostri azionisti, inclusi i 3,2 miliardi di dollari di acconto sul dividendo che saranno pagati a novembre. Un’ulteriore distribuzione di capitale sarà quantificata con i risultati annuali”.”Ancora una volta, la resilienza del nostro modello di business ben diversificato è stata confermata, ulteriormente convalidata dallo stress test EBA, in cui Intesa Sanpaolo è risultato nettamente un vincitore – ha fatto notare Messina – Questi risultati eccezionali rafforzano la nostra posizione di leadership in Europa e ciò si riflette anche nell’upgrade di due notch da Fitch, che ha portato Intesa al di sopra dell’Italia, e un upgrade da parte di DBRS”.”Siamo una banca con un ROE sostenibile del 20%, una delle poche in Europa in grado di coniugare un’elevata redditività con una solidità a lungo termine – ha sottolineato il CEO – Stiamo offrendo uno dei più alti rendimenti nel settore bancario europeo, mantenendo al contempo una solida posizione patrimoniale”.Rispondendo alle domande degli analisti, ha detto che “ovviamente la distribuzione del capitale e l’eccesso di capitale sono correlati al modello di business. Da un lato, abbiamo un fabbisogno di capitale molto limitato e – come emerge dai nuovi dati dello stress test dell’EBA – la nostra resilienza è davvero forte. Quindi il nostro reale eccesso di capitale è davvero significativo rispetto al passato e a tutti gli altri concorrenti. Allo stesso tempo, la distribuzione del capitale è un aspetto che rivaluteremo nel nuovo piano aziendale”. “Abbiamo prove evidenti di altri attori che stanno lavorando a un payout ratio in contanti molto più elevato di quello che abbiamo in Intesa Sanpaolo – ha aggiunto – Quindi, è qualcosa che stiamo valutando e allo stesso tempo cosa possiamo fare con il capitale in eccesso, non solo l’attuale capitale in eccesso ma anche quello che genereremo nei prossimi anni perchè a un ROE del 20% per definizione creeremo un significativo capitale in eccesso per il futuro. Questo fa parte di ciò che stiamo studiando per il nuovo piano industriale. All’inizio di febbraio, annunceremo una nuova politica sui dividendi. Ma ovviamente il capitale in eccesso è significativo e non vediamo alcun tipo di opportunità di M&A quindi, per definizione, il capitale in eccesso è per i nostri azionisti”.Per quanto riguarda le richieste del governo alle banche per la manovra, “ovviamente per quanto riguarda la cifra reale dovremo aspettare fino alla fase finale in Parlamento, ma quello che posso dire è che l’impatto che possiamo avere sia sul net income che sul net equity è totalmente gestibile e il nostro impegno sta includendo anche un potenziale impatto derivante dalla tassazione. Quindi non siamo assolutamente preoccupati per questo tipo di impatto”.A una domanda sullo scenario M&A in Italia, Messina ha detto non pensa che ci saranno “mosse significative nei prossimi mesi, mentre “nel 2026 vedremo cosa potrà accadere tra i competitori che non hanno completato operazioni nel 2025. In ogni caso, Intesa Sanpaolo non sarà parte di alcun consolidamento nel mercato bancario e assicurativo”. LEGGI TUTTO