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    Clima: S&P, aumenti temperatura più dannosi per economie in via di sviluppo

    (Teleborsa) – Un aumento della temperatura media annua di 1 grado Celsius per un solo anno risulta più dannoso per i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo che per le economie avanzate. Lo rivela un’analisi condotta da S&P Global Ratings sui dati di 190 Paesi. Lo studio S&P ha rilevato che sette anni dopo tale aumento, il PIL pro capite è inferiore di 0,6-0,7 punti percentuali nei Paesi con temperature medie annue attuali di 22-24 gradi (principalmente nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo) rispetto a quelli con temperature medie di 15 gradi (Paesi con economie avanzate), a parità di altre condizioni. Inoltre, S&P ha riscontrato perdite permanenti di reddito dovute alla riduzione della produttività e degli investimenti, con il settore agricolo che subisce un impatto a lungo termine. Quando le temperature annue sono in media di 24°C, il PIL pro capite dei Paesi meno pronti ad affrontare il cambiamento climatico rimane inferiore di 2 punti percentuali, mentre i Paesi più pronti non registrano perdite durature, a sette anni dallo shock termico di 1°C.Negli ultimi decenni le economie si sono parzialmente adattate ai singoli aumenti di temperatura: la sensibilità del PIL agli shock termici è diminuita di circa il 30% negli ultimi 20 anni. Anche le risposte di politica macroeconomica di sostegno hanno aiutato le economie a riprendersi dagli shock climatici; una politica monetaria restrittiva sembra amplificare lo shock, mentre i bassi tassi di interesse reali sono associati a pochi danni.(Foto: © designua/123RF) LEGGI TUTTO

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    Ambiente, Covid: Enea, SNPA e ISS presentano i risultati del progetto “Pulvirus”

    (Teleborsa) – Come sono cambiate durante lockdown le emissioni e le concentrazioni di inquinanti atmosferici e di gas a effetto serra? Qual è stata l’influenza sulla composizione chimica del particolato atmosferico? Esiste una associazione tra particolato atmosferico e bioaerosol attraverso il quale si trasferisce il virus SARS-CoV-2? Sono alcuni degli interrogativi ai quali ha cercato di dare risposte il progetto Pulvirus, nato nella primavera del 2020 in piena crisi pandemica dall’alleanza fra ENEA, Istituto Superiore di Sanità (ISS) e Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (SNPA).”Il Progetto si è articolato in sei obiettivi principali con la finalità di approfondire il discusso legame fra inquinamento atmosferico e diffusione della pandemia, le interazioni fisico-chimiche-biologiche fra polveri atmosferiche e virus, gli effetti del lockdown sulle concentrazioni atmosferiche degli inquinanti e dei gas serra” ha sottolineato Gabriele Zanini, responsabile scientifico del progetto Pulvirus per ENEA, nel corso del recente evento organizzato dall’Agenzia per illustrare i risultati dopo due anni di lavoro.”L’obiettivo generale del Progetto – ha dichiarato Alfredo Pini, responsabile scientifico del progetto per il sistema SNPA –era quello di effettuare un’analisi seria e approfondita su queste tematiche, fondata su protocolli scientifici verificabili, cosi` da fornire a istituzioni e cittadini informazioni attendibili utili per la migliore comprensione dei fenomeni e l’assunzione delle opportune decisioni”.”Dai risultati – ha spiegato Ilaria D’Elia, ricercatrice ENEA del Laboratorio inquinamento atmosferico – emerge che nel corso del lockdown a trainare la riduzione delle emissioni inquinanti è stato principalmente il trasporto stradale, con una riduzione di circa il 60% degli ossidi di azoto, del 66% del PM2.5 e dell’87% del monossido di carbonio”.Il settore industriale ha maggiormente inciso sulla riduzione delle emissioni di ossidi di zolfo (circa 90%) e di composti organici volatili non metanici (circa 80%), mentre il residenziale/terziario ha registrato un incremento delle emissioni di PM2.5, per la maggiore presenza delle persone nelle abitazioni e quindi un maggior utilizzo della biomassa (legna e pellet) per il riscaldamento. Il settore marittimo ha contribuito ad una riduzione delle emissioni di ossidi di azoto di circa l’8% e di ossidi di zolfo di circa il 3%. “In particolare, gli effetti del calo generalizzato delle emissioni sulle concentrazioni di inquinanti e sulle polveri sottili secondarie – ha aggiunto D’Elia – sono stati particolarmente complessi. Si sono osservati: un calo evidente di NO2, un aumento di ozono in aree urbane e un calo modesto di polveri sottili a dimostrazione che interventi mirati in un unico settore non necessariamente portano alle riduzioni di concentrazione auspicate, soprattutto per quanto concerne le polveri sottili”.Per ottenere un quadro più approfondito ENEA ha messo a disposizione i dati del suo Osservatorio climatico di Lampedusa, che per caratteristiche geografiche è un sito rappresentativo delle condizioni del Mediterraneo centrale. “Nonostante rispetto al 2019 le emissioni annuali di CO2 si siano ridotte dell’8,9% a livello nazionale e del 5,4% a livello globale, – ha commentato Giandomenico Pace, responsabile del Laboratorio ENEA di Osservazioni e misure per l’ambiente e il clima – l’aumento annuo della concentrazione atmosferica di CO2 di fondo non ha subito variazioni evidenti rispetto al periodo precedente al lockdown”.Una questione molto controversa, che fin dagli inizi della pandemia ha suscitato un acceso dibattito nella comunità scientifica, è stata la possibilità che il particolato atmosferico possa agire da carrier in fase aereodispersa, ovvero trasportare il virus SARS-CoV-2 in atmosfera. I ricercatori ENEA hanno provato a rispondere a tale domanda sfruttando il supercalcolatore CRESCO 6 per disegnare modelli molecolari e testare le loro interazioni, mediante simulazioni numeriche di dinamica molecolare classica. “Si tratta di un approccio innovativo e di grande interesse scientifico: la strategia adottata in Pulvirus – ha concluso Caterina Arcangeli, ricercatrice ENEA del Laboratorio Salute e ambiente – è consistita nella realizzazione di una possibile interfaccia PM-virus, a partire da modelli semplificati di PM2.5 e SARS-CoV-2, che non ha escluso il ruolo del PM come carrier. Ad ogni modo questo primo esperimento numerico non consente di confermare l’esistenza di un legame stabile per tutta la durata dei processi di dispersione e trasformazione del PM in atmosfera e se lo stesso virus rimanga vivo e attivo”.(Foto: © Gerd Altamann / Pixabay) LEGGI TUTTO

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    ISTAT: “La crisi riduce la pressione sull'ambiente, stabile la spesa per la sua protezione”

    (Teleborsa) – Nel 2020 i principali indicatori di pressione dei conti ambientali si riducono dall’anno precedente in misura analoga alla caduta del PIL (-9% in volume). Il consumo netto di energia si attesta a 6,5 milioni di terajoule (-8,8%), le emissioni climalteranti a 392 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 equivalente (-10,2%); il consumo materiale interno a 459 Mt (-7,7%). Più marcata la riduzione del gettito delle imposte ambientali che scendono a 50,4 miliardi di euro (-13,5%). Nello stesso anno diminuisce il valore dei beni e servizi che l’economia produce per la tutela ambientale, che scende a 104 miliardi (-3,6%) mentre la spesa per la protezione dell’ambiente rimane stabile a 43 miliardi.I consumi energetici delle famiglie calano del 9,5% rispetto al 2019; -21% i consumi energetici per il trasporto delle famiglie. Aumenta del 2,7% il numero delle famiglie che nel 2018 effettuano la raccolta differenziata della plastica e del 2,2% il numero di quelle che raccolgono in modo differenziata la carta. +4,0% Aumentano del 4,0% nel 2018 le famiglie servite dal servizio di raccolta dei rifiuti “porta a porta” e un quarto delle famiglie si dichiarano “molto soddisfatte” di tale servizio di raccolta. Il valore aggiunto dei beni e servizi ambientali cala del 3,0%. L’incidenza complessiva sul PIL passa dal 2,3% al 2,5 %. Queste le principali evidenze che emergono dal Report “Economia e Ambiente” dell’Istat relativo agli anni 2018-2020.Effetto della crisi pandemica la riduzione di pressioni e fiscalità ambientale – Nel 2020 i principali indicatori delle pressioni derivati dai conti satellite ambientali sono diminuiti, dal 2019, con ordini di grandezza paragonabili a quelli della contrazione dell’attività produttiva (misurata da una riduzione in volume del PIL del 9%). La dinamica del consumo di energia delle unità residenti, in calo dell’8,8% per effetto soprattutto della riduzione dei consumi delle attività produttive, è risultata in linea con la contrazione del PIL. È invece risultata più accentuata la riduzione delle emissioni di gas climalteranti in atmosfera da attività produttive e famiglie italiane (-10,2%). Diminuisce in misura più contenuta il consumo materiale interno (-7,7% circa) con il conseguente incremento dell’intensità d’uso di materia per unità di PIL. La dinamica delle pressioni per l’economia nel suo complesso è accompagnata da asimmetrie settoriali (osservabili per energia e emissioni). Il settore dei Servizi, che nel complesso registra la maggiore flessione in termini sia di consumo di energia (-13,2) sia di emissioni (-16,5%), comprende, da un lato, le attività con le contrazioni maggiori come il Trasporto aereo (con oltre il 60% di riduzione sia per i consumi energetici sia per le emissioni), dall’altro, quelle per le quali si è osservato un aumento, come Sanità e assistenza sociale e Pubblica amministrazione (rispettivamente del 16,0% e del 9,9% per i consumi di energia e del 13,5 e 20,2% per le emissioni). La contrazione dei consumi di prodotti energetici si è riversata sul gettito delle imposte pagate da imprese e famiglie per il loro uso (principale determinante del calo del gettito complessivo derivante da fiscalità ambientale, -13,5%), che rappresenta uno dei principali indicatori delle risposte che il sistema economico attiva per la protezione ambientale o la gestione delle risorse naturali. In flessione anche il valore aggiunto generato dal settore dei beni e servizi a finalità ambientale, che diminuisce del 3,0% (a prezzi correnti), ma cresce in termini di incidenza sul PIL (dal 2,3% del 2019 al 2,5% nel 2020). Stabili (-0,02%) le risorse spese per la tutela dell’ambiente da famiglie, imprese e Amministrazioni pubbliche. L’incidenza della spesa ambientale sul PIL aumenta al 2,6% dal 2,4% dell’anno precedente.In contrazione i consumi energetici delle attività produttive e delle famiglie – Il fabbisogno complessivo di energia per le attività di produzione e consumo, misurato dal Consumo di energia delle unità residenti (Net domestic energy use, Ndeu), si è ridotto dell’8,8% tra il 2019 e il 2020, a causa della caduta dell’attività economica e delle limitazioni agli spostamenti, attestandosi a 6.477 mila terajoule (era pari a 7.102 nel 2019). Sulla contrazione complessiva dei consumi energetici ha inciso quella delle attività produttive in misura pari a 416 mila terajoule (-8,5%), mentre per le famiglie si è registrato un calo di 208 mila terajoule (-9,5%). Pressoché stabile (+0,3%) l’intensità dei consumi energetici rispetto al PIL, pari nel 2020 a 4,12 terajoule per milione di euro (valori concatenati con anno di riferimento 2015). Nella dinamica dei consumi energetici delle famiglie prevale nettamente la riduzione del trasporto (189 mila terajoule, -20,9%) dovuta alle chiusure e all’adozione diffusa del lavoro a distanza. I consumi in ambito domestico, per riscaldamento e altre finalità, registrano una diminuzione di 19 mila terajoule (-1,5%). Tra le attività produttive, il settore dei Servizi nel suo complesso (Ateco G-S), con 226 mila terajoule in meno, ha contribuito più degli altri settori alla contrazione dei consumi di energia, registrando anche la maggiore riduzione percentuale tra il 2019 e il 2020 (-13,2%). L’attività che ha visto la maggiore riduzione, in termini sia assoluti (-80 mila terajoule circa) sia percentuali (-62,8%) è quella del trasporto aereo (Ateco 51). In un contesto di riduzione dei consumi pressoché generalizzato, fanno eccezione attività che risultano invece in crescita: tra queste figurano quelle che hanno svolto un ruolo di contrasto alla crisi pandemica, quali i servizi sanitari (Ateco 86, +21,2%), l’Amministrazione Pubblica (Ateco O, +9,9%) e la ricerca scientifica (Ateco 72, +4,4%). Nel settore dell’Industria (Ateco B-F), è soprattutto la contrazione del Manifatturiero (Ateco C, -123 mila terajoule, pari a -6,8%) a incidere sul calo complessivo dei consumi energetici (-189 mila terajoule; -6,2%), anche se in termini percentuali la riduzione più pronunciata interessa l’Industria estrattiva (Ateco B -8,2%).Emissioni in atmosfera in calo più del PIL – La contrazione economica indotta dalla crisi è stata accompagnata da un generale rallentamento delle emissioni in atmosfera. Nel 2020 le attività produttive e le famiglie italiane hanno immesso in atmosfera il 10,2% in meno di gas climalteranti rispetto all’anno precedente, l’11,3% in meno di sostanze inquinanti responsabili del fenomeno dell’acidificazione e il 9,5% in meno di inquinanti precursori dell’ozono troposferico. Le stime provvisorie del 2021 mostrano una ripresa delle emissioni di CO2 e degli altri gas climalteranti rispetto al 2020 (+6,2%) con livelli che, tuttavia, non raggiungono quelli del periodo pre-pandemico, confermando la tendenza alla riduzione che si osserva a partire dal 2008 (-28,7% nell’intero periodo 2008-2021). Alla riduzione complessiva delle emissioni climalteranti nel 2020, pari a circa 44 milioni e mezzo di tonnellate di CO2 equivalente (da 436 a 392 Mt di CO2 eq.), contribuiscono soprattutto le attività produttive (-30 Mt di CO2 eq.), da cui derivano circa i tre quarti delle emissioni di gas serra dell’economia italiana (con un lieve incremento del peso dal 74,1 al 74,8%). Le emissioni delle famiglie si riducono in misura proporzionalmente maggiore rispetto a quelle delle attività produttive (rispettivamente -12,7% e -9,3%). Di conseguenza, cala il contributo delle famiglie alla produzione di gas serra dell’Italia, dal 25,9% al 25,2%. Tra le attività produttive, l’Agricoltura, il Trattamento dei rifiuti, la Sanità e l’assistenza sociale e l’Amministrazione pubblica mostrano un andamento in controtendenza rispetto al resto dell’economia, registrando incrementi delle rispettive emissioni tra il 2019 e 2020. L’intensità di emissione scende nel 2020 a 249 tonnellate di CO2 eq. per milione di euro di Pil, dalle 252 del 2019. Tale riduzione (-1,3%) è più debole rispetto a quella degli anni dal 2015 al 2019 (-2,1% medio annuo), periodo nel quale si era verificato un disaccoppiamento assoluto tra le emissioni in diminuzione (-4,2%) e il PIL in aumento (4,4%). In calo anche i flussi di materia – Nel 2020, il consumo materiale interno (Domestic material consumption, Dmc) si è ridotto, in controtendenza rispetto alla sostanziale stabilità negli anni precedenti, attestandosi a 459 milioni di tonnellate (Mt), in calo di 38 Mt rispetto all’anno precedente (-7,7%). Alla riduzione contribuisce sia la componente dell’Estrazione interna (Ei), passata da 331 a 319,5 Mt (-3,5%), sia quella dei Flussi netti dall’estero (Physical trade balance, Ptb; -16,1%). In termini di materiali, impatta sul Ptb soprattutto il calo dei minerali energetici e prodotti da essi derivati (-13,7%, pari a 18 milioni di tonnellate), mentre in termini relativi i minerali metalliferi e prodotti derivati si riducono più marcatamente, passando da 14 a 9,5 milioni di tonnellate (-32%). È soprattutto l’Estrazione interna a contribuire alla diminuzione (da 221 Mt a 208 Mt) della componente del Dmc relativa ai minerali non metalliferi. Nell’ambito dell’Estrazione interna aumenta la quota delle biomasse (dal 30,9% al 32,2% del totale del peso dei materiali estratti internamente e incorporati in prodotti) il cui prelievo in quantità resta stabile tra i 102 Mt e i 103 Mt. Crescono invece le estrazioni dirette dalla natura di minerali energetici (dal 2,3% al 2,7% della Ei). L’intensità del consumo materiale sul PIL è leggermente aumentata, in linea con la tendenza degli ultimi anni, passando da 288 a 292 tonnellate per milione di euro. La quantità e la composizione della materia da cui il sistema socioeconomico italiano trae energia e beni materiali generando residui (tra i quali le emissioni in atmosfera) sono mutate notevolmente nel corso dei decenni, in maniera corrispondente alle modifiche strutturali dell’economia. Le variazioni annuali dovute alle misure di gestione della pandemia devono essere lette nel lungo periodo: soltanto dagli anni 1990 si è invertita la tendenza alla crescita registrata dal dopoguerra e si sono quindi progressivamente ridotte le quantità “consumate”, con una composizione che continua a cambiare in favore dei flussi dall’estero e dei combustibili fossili a scapito dei minerali da costruzione e delle biomasse di estrazione interna.Scende il gettito delle imposte ambientali su energia e trasporti – La generale riduzione delle transazioni economiche che ha caratterizzato il nostro Paese nel 2020 ha comportato anche una riduzione del gettito delle imposte pagate da imprese e famiglie. Le imposte ambientali, che ne rappresentano un sottoinsieme, ammontano nel 2020 a circa 50 miliardi di euro, con una contrazione di 7,8 miliardi rispetto al 2019 più pronunciata rispetto alla media delle imposte (-13,5% a fronte di -7,4%). Diminuiscono anche la quota delle imposte ambientali sul totale delle imposte e contributi sociali (da 7,7% nel 2019 a 7,1%) e l’incidenza sul PIL (da 3,2% a 3,0%), come effetto della contrazione più limitata delle basi di confronto. Nel 2021 si osserva invece una ripresa del gettito delle imposte ambientali, che superano i 53 miliardi di euro, accompagnata tuttavia dalla ulteriore riduzione del loro peso sul totale delle imposte e contributi sociali (6,9%). Quasi il 55% della riduzione complessiva del gettito delle imposte ambientali nel 2020 rispetto all’anno precedente è dovuta al minor esborso da parte delle famiglie residenti, pari a 4,2 miliardi di euro. Con 27,6 miliardi di euro pagati per le imposte ambientali, le famiglie si confermano il soggetto economico che contribuisce maggiormente al gettito complessivo (54,9% nel 2020, quota pressoché stabile rispetto al 2019). Le attività produttive corrispondono nel 2020 circa 22 miliardi euro (43,7% del gettito, quota in lieve aumento rispetto al 43,1% del 2019) con una riduzione di circa 3 miliardi. Per le famiglie, la riduzione del gettito pagato nel 2020 riguarda per il 70% le imposte sugli oli minerali (-3 miliardi circa), soprattutto a causa della contrazione del consumo di carburanti per il trasporto legata alle restrizioni alla circolazione e alle altre misure adottate nel corso della pandemia. Anche per le attività economiche la riduzione complessiva del gettito dipende dalle imposte sugli oli minerali (-1 miliardo circa, pari al 33,2% della riduzione totale) nonché, in misura ancora maggiore, da quelle per l’utilizzo dell’energia elettrica (-1,4 miliardi, pari al 46% del totale). In quest’ultimo caso, la riduzione è legata sia alla contrazione degli impieghi nel contesto del blocco, totale o parziale, dei processi produttivi durante la crisi sanitaria, sia alla riduzione nel corso dell’anno degli oneri di sistema per il sostegno alle fonti rinnovabili. I macro-settori più interessati dalla riduzione del gettito sono le Costruzioni, i Servizi, i Trasporti e il Commercio. È direttamente riconducibile alle restrizioni alla circolazione interna e internazionale anche la riduzione del gettito corrisposto da stranieri e imprese estere di trasporto operanti in Italia (unità non residenti), per l’acquisto di carburanti (imposta sugli oli minerali -38,2%) e l’esercizio del trasporto aereo (imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili -21,6%).Anche nelle ecoindustrie calo della produzione – Nel 2020 la produzione ai prezzi base di beni e servizi ambientali (ecoindustrie) si è attestata a 104 miliardi di euro (a prezzi correnti) e il valore aggiunto a 40,9 miliardi di euro, con una flessione rispettivamente del 3,8% e del 3,0% sull’anno precedente. La contrazione del valore aggiunto del comparto è risultata minore rispetto a quella del PIL(-7,6% in valori correnti), consentendo di registrare una leggera crescita dell’incidenza sul Prodotto interno lordo, passata dal 2,3% del 2019 al 2,5% nel 2020. La produzione delle ecoindustrie è realizzata in prevalenza dal settore degli operatori market, con un valore che si attesta a 78 miliardi nel 2020, corrispondente al 74,8% del valore complessivo del comparto e a un valore aggiunto di 32,3 miliardi di euro. Il restante 25,2% della produzione di questo comparto, stimata per la prima volta dall’Istituto, è realizzata dagli operatori non market (Pubblica amministrazione e Istituzioni sociali al servizio delle famiglie) o svolta in proprio da tutti gli operatori economici, per essere destinata al reimpiego nel processo produttivo (ad esempio attività di recupero di materiali da reimmettere nel processo di produzione) o al proprio consumo finale (ad esempio l’energia solare prodotta e consumata all’interno delle famiglie). Nel 2020 si conferma la prevalenza delle attività svolte in campo energetico, che assorbono quasi il 40% del valore complessivo del comparto, seguite dai servizi di depurazione delle acque e di gestione dei rifiuti, che generano un terzo del valore aggiunto complessivo delle ecoindustrie. La riduzione complessiva osservata per il settore rispetto al 2019 è il risultato di dinamiche differenti a seconda delle finalità ambientali perseguite. Il campo energetico è uno degli ambiti con dinamiche negative, con una flessione del valore aggiunto sia nel valore degli interventi per l’efficienza energetica e dei materiali prodotti per questa finalità (-12,2%), sia nel settore delle energie rinnovabili (-4,4%). In quest’ultimo caso, pur in presenza di un’accresciuta quantità di energia prodotta, è l’andamento del prezzo base a determinare la dinamica negativa. Per contro, i servizi di depurazione delle acque reflue, il comparto dei rifiuti e le attività di disinquinamento, non hanno risentito degli effetti compressivi della pandemia, registrando incrementi del valore aggiunto (rispettivamente di 1,4%, 0,6% e 2,4%). Stabili le spese per la protezione dell’ambiente – Per la prevenzione e riduzione dell’inquinamento e di ogni altra forma di degrado ambientale, l’economia mobilita risorse, principalmente consumi e investimenti, misurate dalla Spesa nazionale per la protezione dell’ambiente. Nel 2020, la spesa è risultata di 43,2 miliardi di euro, pari all’2,6% del Pil, con una riduzione rispetto al 2019 dello 0,02%.La metà della spesa (oltre 22 miliardi nel 2020, sul 2019 +2,0%) ha riguardato attività di gestione dei rifiuti, quali prevenzione della loro produzione, raccolta, trattamento e smaltimento. Il 23% delle risorse per la protezione dell’ambiente (quasi 10 miliardi nel 2020, in aumento dello 0,8% sul 2019) è stato speso per la gestione delle acque reflue, ovvero per la riduzione degli scarichi, la raccolta e il trattamento dei reflui. Le spese sostenute per le altre attività di protezione dell’ambiente – per aria e clima, decontaminazione del suolo inquinato, riduzione del rumore, salvaguardia della biodiversità e del paesaggio, protezione dalle radiazioni e Ricerca e sviluppo – ammontano complessivamente a più di 11 miliardi correnti (-4,4% nel periodo). Sono le imprese a sostenere la maggior parte delle spese per la depurazione delle acque e per la gestione dei rifiuti (rispettivamente il 62% e 53% del totale 2020), investendo e acquistando tali servizi per la realizzazione delle proprie attività. La spesa delle famiglie per i due settori considerati copre il 27% della spesa totale nel caso della depurazione e oltre il 30% per la gestione dei rifiuti. La parte restante (oltre un miliardo per la depurazione delle acque e circa 3,5 miliardi per la gestione dei rifiuti) è rappresentata dalla spesa delle Amministrazioni pubbliche, costituita da consumi collettivi delle Amministrazioni pubbliche, da acquisti dei servizi in questione e da investimenti di operatori pubblici. Per le attività di protezione dell’ambiente diverse dalla gestione delle acque reflue e dei rifiuti complessivamente considerate, le Amministrazioni pubbliche contribuiscono per oltre il 60% alla spesa complessiva, seguono le imprese, che coprono il 36% circa del totale. La spesa nazionale comprende anche i trasferimenti al Resto del mondo, quali ad esempio i contributi a meccanismi finanziari connessi ad accordi internazionali per la protezione dell’ambiente, al netto dei finanziamenti ricevuti. Questi ultimi prevalgono nei due anni considerati, determinando un saldo negativo. LEGGI TUTTO

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    UE, 1 miliardo di euro per transizione climatica a Taranto e Sulcis Iglesiente

    (Teleborsa) – L’Italia riceverà un miliardo di euro nell’ambito del Fondo per la Transizione Giusta (Just Transition Fund) a seguito dell’approvazione del suo piano territoriale per una transizione giusta. Il sostegno contribuirà al conseguimento di una transizione climatica giusta a Taranto (Puglia) e nel Sulcis Iglesiente (Sardegna) in quanto incoraggerà la diversificazione economica e la creazione di posti di lavoro in settori verdi, tra cui quello dell’energia rinnovabile.Il Fondo per la Transizione Giusta è uno strumento finanziario nel quadro della politica di coesione UE, che mira a fornire sostegno ai territori che devono far fronte a gravi sfide socio-economiche derivanti dalla transizione verso la neutralità climatica.”Il programma italiano è mirato e specificamente concepito per supportare le regioni alle prese con una trasformazione impegnativa nel settore del carbone e dell’acciaio – ha commentato Elisa Ferreira, commissaria per la Coesione e le riforme – Il Sulcis Iglesiente e Taranto riceveranno finanziamenti e investimenti ad hoc per sostenere i lavoratori e l’economia e sormontare al tempo stesso le criticità ambientali”.Sostegno all’occupazione a TarantoPoiché nella provincia di Taranto un terzo dei lavoratori dell’industria è impiegato nel settore siderurgico – per la presenza dell’Acciaierie d’Italia (ex Ilva) – il Fondo supporterà la riqualificazione di 4.300 lavoratori in vista di un loro reimpiego in posti di lavoro verdi connessi alla transizione verso l’energia pulita e all’economia circolare.Inoltre, il Fondo sosterrà: la costruzione di turbine eoliche, lo sviluppo di idrogeno verde e la produzione di impianti geotermici per gli edifici della provincia; la realizzazione di centri servizi che aiuteranno le PMI a diversificare, nonché di hub e di acceleratori di impresa per lo sviluppo di competenze, la specializzazione intelligente e un supporto alla transizione industriale; concorrerà alla creazione di una cintura verde intorno alla città di Taranto con parchi urbani e aree naturalistiche.Nuove opportunità economiche a Sulcis IglesienteIl Fondo investirà a Sulcis Iglesiente (Sardegna) – sede dell’ultima miniera di carbone italiana – per stimolare la diversificazione economica negli ambiti dell’economia verde, dell’agricoltura, del turismo e dell’economia del mare. Il supporto sarà destinato in particolare alle microimprese per introdurre innovazioni di processo, di prodotto, organizzative e di marketing, mentre le PMI e le start-up beneficeranno di progetti di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico, soprattutto in chiave di economia circolare. Il Fondo aiuterà 2.250 lavoratori ad acquisire nuove competenze attraverso corsi di formazione e rafforzerà il sostegno alle persone in cerca di lavoro e ai servizi dedicati alla creazione di nuove imprese.Sarà agevolata la creazione di comunità energetiche rinnovabili volte a ridurre la povertà energetica. Il Fondo concorrerà anche a ridurre e ottimizzare il consumo energetico delle PMI incoraggiando l’uso di tecnologie pulite per la produzione di energia eolica, solare e marina. I siti contaminati saranno bonificati, riabilitati e destinati a nuove attività economiche. LEGGI TUTTO

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    Ischia, Pichetto Fratin: aumento rischio da urbanizzazione intensa

    (Teleborsa) – “L’intensa e non sempre programmata urbanizzazione di estese aree dell’isola di Ischia ha comportato l’innalzamento del livello di rischio idrogeologico al massimo grado”. Lo ha spiegato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, nel corso del Question time alla Camera.”Il 49% del territorio dell’isola è classificato a pericolosità elevata e molto elevata per frane nei Piani di Assetto Idrogeologico e sono oltre 13.000 gli abitanti residenti nelle aree a maggiore pericolosità per frane. Purtroppo – ha aggiunto – è amaro ricordare che per la ‘messa in sicurezza della zona costiera’ e per ‘la riduzione dell’erosione e la stabilizzazione dei versanti nel comune di Casamicciola’ sono stati stanziati 12 anni fa dal Ministero dell’Ambiente complessivamente 3 milioni e 100 mila euro, ma gli interventi risultano ancora in fase di progettazione”. Il Ministro ha precisato che “in merito alla situazione del territorio ischitano, la fragilità e la naturale predisposizione del territorio è accertata e documentata, anche tramite gli studi effettuati dalla competente Autorità di bacino distrettuale, che trovano riscontro nel vigente Piano di Assetto Idrogeologico”.In vista della predisposizione del Piano per la mitigazione del rischio di dissesto idrogeologico relativo al 2022 “non si ravvisano proposte della Regione Campania, ricadenti nei comuni dell’Isola d’Ischia”, ha detto ancora il Ministro spiegando che gli uffici del Dicastero che guida provvedono alla programmazione delle risorse finanziarie presenti nei capitoli del bilancio “su proposta delle Regioni e delle Province autonome, che sono i soggetti preposti alla programmazione degli interventi urgenti e prioritari”. Il Piano relativo al 2022 “è in via di formale definizione, contemplando un corpus di 139 interventi e una spesa di oltre 350 milioni di euro a carico del bilancio MASE, nell’ambito dei quali – ha sottolineato – non si ravvisano proposte della Regione Campania, ricadenti nei comuni dell’Isola d’Ischia”.Il Ministro ha anche escluso che il governo possa varare nuove forme di condono edilizio, che sarebbero incompatibili con l’impegno assunto dal Consiglio dei Ministri di presentare a breve il Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. “L’ultimo Consiglio dei ministri, riunitosi con urgenza dopo i tragici eventi di Ischia – ha spiegato Pichetto Fratin nel corso del question time alla Camera – oltre ad avere deliberato lo stato di emergenza e appostato le prime risorse per gli interventi urgenti di soccorso alla popolazione, si è espressamente impegnato nell’adozione entro fine anno di un Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico, che chiaramente avrà nella lotta al dissesto idrogeologico un suo punto fermo. Se ci impegniamo all’approvazione e all’attuazione del predetto Piano – ha aggiunto – mi sembra del tutto evidente l’impossibilità di avallare tutte quelle misure che andrebbero a minare dalle fondamenta la capacità di aumentare la sicurezza del nostro territorio e il raggiungimento delle finalità del Piano stesso”. LEGGI TUTTO

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    Ischia, Procura indaga su “allarmi inascoltati”

    (Teleborsa) – “E’ una delle ipotesi che abbiamo avanzato proprio nei giorni scorsi in sede di consiglio dei ministri. Quando il Comune, la provincia o la Regione non sono nelle condizioni di mantenere il rispetto di una scadenza, serve nominare un commissario con poteri sostitutivi”. Lo ha detto il ministro per la Protezione Civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, a Radio 24 sulla necessità sbloccare gli interventi contro il rischio sismico e idrogeologico finanziati ma non operativi perché i fondi non si spendono. “Insomma che sia il gatto rosso, che sia il gatto nero a noi non interessa. L’importante è che l’uno o l’altro prendano il topo. E’ una delle ipotesi che abbiamo avanzato proprio nei giorni scorsi in sede di consiglio dei ministri”, ha spiegato. Da parte sua, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, a Omnibus su La7, osserva che ” il Paese deve darsi delle regole per non andare sempre in deroga, perché si possano avere percorsi certi. Non è neppure una questione di fondi, perché i fondi ci sono. E’ una questione di procedure. Anche i condoni nascono dal blocco del sistema, da una illegalità amministrativa che va avanti. Distinguiamo fra alcune situazioni di condono ed essere su luoghi dove c’è il rischio della vita. Bisogna avere il coraggio di fare una valutazione caso per caso”.Intanto, la Procura di Napoli indaga sugli allarmi inascoltati. Giuseppe Conte, ex sindaco di Casamicciola, ha riferito di avere lanciato 4 giorni prima della tragedia, cioè il 22 novembre, delle pec alle autorità competenti (al prefetto di Napoli, al commissario prefettizio di Casamicciola, al sindaco Manfredi e alla Protezione Civile della Campania) per avvertirle dei rischi che correvano i cittadini di Casamicciola a causa delle abbondanti precipitazioni previste. “Nel momento che l’isola di Ischia si trova in questa situazione e ci sono degli allarmi, che io ho dato, era necessario che questi cittadini fossero avvertiti, voi di qua ve ne dovete andare perché è pericoloso”, ha detto ad Agorà Rai Tre, condotto da Monica Giandotti, sulla tragedia di IschiaSono proseguite anche nel corso della notte le ricerche degli ultimi quattro dispersi di via Celario. Nelle scorse ore sono stati rinvenuti, purtroppo, i corpi di 3 ragazzi e, proprio in questi minuti, dei loro genitori. LEGGI TUTTO

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    Deforestazione, Parlamento UE approva a larga maggioranza nuovo regolamento

    (Teleborsa) – Una serie di obblighi agli operatori economici per evitare di immettere sul mercato dei prodotti legati alla deforestazione. È quanto prevede la versione rafforzata e più ambientalista della proposta di regolamento Ue per la protezione delle foreste, che la Commissione aveva presentato nel novembre 2021, approvata oggi a Strasburgo a larghissima maggioranza dalla plenaria del Parlamento europeo.Il testo del Parlamento europeo, con gli emendamenti introdotti dalla sua commissione Ambiente, ha ottenuto 453 voti a favore, 57 contrari e 123 astensioni. Il regolamento proposto dalla Commissione europea mira a ridurre la deforestazione e il degrado forestale causati dall’espansione dei terreni agricoli per produrre determinate materie prime come cacao, caffè, olio di palma, soia e legno o per consentire l’allevamento di bovini. Il Parlamento europeo chiede di responsabilizzare le imprese imponendo obblighi “due diligence” agli operatori che immettono sul mercato dell’Ue, e esportano fuori dall’Ue, queste materie prime o altri prodotti legati alla deforestazione.Gli Stati membri, responsabili dell’attuazione del regolamento, dovrebbero imporre sanzioni in caso di sue violazioni. La plenaria di Strasburgo ha chiesto inoltre di estendere l’ambito di applicazione delle nuove norme anche agli allevamenti di suini, ovini e caprini, pollame, e alle coltivazioni di granturco e gomma, prodotti a base di olio di palma, nonché al carbone di legna e alla carta. Gli emendamenti che avrebbero voluto escludere dall’ambito di applicazione i prodotti di cuoio e pellame sono stati bocciati. Sono stati respinti anche degli emendamenti che avrebbero annacquato la definizione di “degrado delle foreste”, che fa scattare gli obblighi del regolamento, aggiungendo la condizione che il degrado sia “irreversibile” o addirittura che riguardi solo le foreste “primarie” ormai pressoché inesistenti in Europa. Infine, l’Europarlamento ha chiesto di includere nel campo di applicazione del regolamento anche banche e istituzioni finanziarie, che dovranno ora controllare che non vi siano prodotti o attività legati alla deforestazione in tutti i titoli in cui investono o nelle attività che finanziano. Con il voto di oggi, la plenaria di Strasburgo ha dato mandato alla sua commissione Ambiente per iniziare il negoziato a tre (“trilogo”) con il Consiglio Ue e la Commissione europea sul testo finale del regolamento. L’obiettivo è giungere all’approvazione definitiva in tempo per i vertici delle Nazioni Unite sul clima e la biodiversità alla fine del 2022.(Foto: © European Union 2019 – Source : EP) LEGGI TUTTO

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    Mostra del Cinema di Venezia, A2A presenta “In viaggio con Azzurra”

    (Teleborsa) – Si terra` oggi la proiezione del cortometraggio “In viaggio con Azzurra”, che sara` presentato alle 19.30 presso l’Hotel Excelsior in occasione della Mostra del Cinema al Lido di Venezia all’interno del programma di appuntamenti curati dalla Fondazione Ente dello spettacolo. Presentato in anteprima nella cornice del Giffoni Film Festival lo scorso 27 luglio, “In viaggio con Azzurra” e` uno short movie dedicato ai giovani e alla salvaguardia del Pianeta. La breve pellicola ha come protagonisti alcuni adolescenti e Azzurra, il personaggio a fumetti nato da un’idea di A2A e icona di una generazione sensibile ai temi ambientali, che – spiega A2A in una nota – con la sua ironia e la sua schiettezza vuole dare consigli per rispettare risorse quali energia e acqua e a tutela dell’ambiente. Prodotta da Giffoni Innovation Hub per la regia di Emanuele e Claudio Pisano, il corto racconta il “viaggio sostenibile” di quattro ragazzi che decidono di raggiungere un concerto a piedi e vuole sottolineare l’importanza dei comportamenti individuali a beneficio di tutta la comunita`. “La presentazione dello short movie in occasione del Festival del Cinema di Venezia – sottolinea la società nella nota – e` un ulteriore tassello dell’impegno di A2A per dare voce ai giovani e promuovere il dialogo intergenerazionale per diffondere comportamenti quotidiani rispettosi dell’ambiente. A2A ha infatti scelto di parlare ai ragazzi percorrendo la strada della creativita`: oltre alla realizzazione di ‘In viaggio con Azzurra’, lo scorso luglio e` stato inoltre presentato il primo bilancio di sostenibilita` del Gruppo rivolto alla Generazione Z e Alpha, realizzato con strumenti innovativi che traducono il Bilancio Integrato nel linguaggio dei piu` giovani”. LEGGI TUTTO