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    IWB, emissione di prestito obbligazionario per supportare nuove acquisizioni

    (Teleborsa) – Il CdA di Italian Wine Brands, gruppo vinicolo quotato su AIM, ha deliberato l’emissione di un prestito obbligazionario senior, non convertibile, non subordinato e non garantito per un ammontare nominale compreso tra un minimo di 100 milioni di euro e un massimo di 130 milioni di euro.L’operazione servirà a dotare la società delle risorse necessarie per supportare la strategia di crescita del gruppo attraverso linee esterne e, in particolare, per operazioni di acquisizione e consolidamento di società target nel mercato italiano del “wine & food”, oltre che per diversificare le fonti di finanziamento. La società, subordinatamente all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni e compatibilmente con le condizioni di mercato, stima che l’offerta del prestito obbligazionario possa concludersi entro il 30 maggio 2021.La durata del prestito è stabilita in sei anni a decorrere dalla data di emissione, con un tasso di interesse fisso, non inferiore al 2% lordo su base annua e un rimborso totalmente bullet a scadenza. Le obbligazioni verranno emesse ad un prezzo pari al 100% del loro valore nominale di sottoscrizione, con un taglio pari a 1.000 euro e verranno offerte per la sottoscrizione attraverso la piattaforma del Mercato Telematico delle Obbligazioni (MOT) di Borsa Italiana. Previo rilascio delle necessarie approvazioni da parte della Banca Centrale d’Irlanda, IWB prevede un dual listing anche sul mercato regolamentato (Regulated Market) dell’official list (Official List) dell’Irish Stock Exchange – Euronext Dublin (Euronext Dublin). LEGGI TUTTO

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    Agroalimentare, Ambrosetti: “In Italia settore regge a impatto pandemia”

    (Teleborsa) – All’interno dei confini nazionali l’industria agroalimentare ha saputo reggere l’urto violento della pandemia e il settore, nonostante la crisi economica innescata dal Covid, ha registrato addirittura una crescita sul fronte export. Nel 2020 il comparto ha generato un valore aggiunto pari a 64,1 miliardi di euro, di cui 31,2 miliardi derivanti dal settore food&beverage, in leggero calo dell’1,8% rispetto al 2019, e 32,9 miliardi provenienti dal comparto agricolo. Un andamento che ha accusato gli effetti della pandemia, ma segnando pur sempre una performance generale migliore rispetto al dato di contrazione avvertito sul PIL nazionale (- 8,9%). Queste le principali evidenze emerse dal Rapporto di The European House – Ambrosetti sugli scenari e le sfide per il settore agroalimentare, temi portanti della quinta edizione del Forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni”, che si terrà a Bormio il prossimo 4 e 5 giugno. I dati sono stati annunciati in anteprima presso la sede della Regione Lombardia nel corso di una conferenza stampa di presentazione dell’evento che ha voluto sottolineare l’importanza della scelta del territorio della Valtellina come sede del Forum e modello di sviluppo per l’agroalimentare. “L’Italia, dopo la Spagna (4%), è il secondo Paese in Europa per incidenza del settore agroalimentare sul PIL (3,8%). Un’incidenza più alta di quella che si registra in Francia (3,0%) e Germania (2,1%) – ha spiegato Valerio De Molli, managing partner & ceo di The European House – Ambrosetti –. Con 64,1 miliardi di euro di valore aggiunto generato nel 2020, il settore agroalimentare si conferma al primo posto tra le ‘4A’ del Made in Italy, 1,9 volte l’automazione, 2,8 volte l’arredamento e 3,2 volte l’abbigliamento. Il valore aggiunto generato dal settore agroalimentare italiano vale 3 volte il settore automotive di Francia e Spagna e più del doppio della somma dell’aerospazio di Francia, Germania e Regno Unito. Non solo. Il settore Food&Beverage si è dimostrato il più resiliente alla crisi Covid-19 tra tutti i settori della manifattura italiana, con una riduzione del valore aggiunto pari a -1,8% nel 2020, rispetto al -8,9% del totale dell’economia italiana”. Sul fronte dell’export, nonostante le oggettive difficoltà legate allo spostamento delle merci da un Paese all’altro e alle restrizioni che hanno penalizzato molti canali di vendita, le esportazioni dei prodotti agroalimentari italiani hanno segnato lo scorso anno una crescita dell’1,8%, raggiungendo un valore record di 46,1 miliardi di euro. Le bevande rappresentano la categoria più venduta al di fuori dei confini e generano oltre un quinto del fatturato (20,6%), mentre Germania, Francia e Stati Uniti rimangono i Paesi di maggiore approdo dell’export made in Italy. L’export regge e cresce, ma – sottolinea il Rapporto – c’è comunque del terreno da recuperare rispetto ai principali peers europei dell’Italia che esportano di più a livello di food&beverage, vale a dire Germania (75,2 miliardi), Francia (62,5 miliardi) e Spagna (54,8 miliardi). L’Italia potrebbe colmare tale divario cercando ulteriori spazi in mercati in crescita, in primis quello cinese che non rientra ancora nei primi dieci bacini di approdo delle merci italiane. A complicare tale sfida vi sono anche i possibili e indesiderati effetti della Brexit che potrebbero pesare quest’anno sull’export nostrano. Un timore che per The European House – Ambrosetti non è da sottovalutare dal momento che il Regno Unito conta per il 12% sull’intero fatturato dai prodotti agroalimentari italiani commercializzati al di fuori dei confini nazionali.Al centro del Forum di Bormio anche il rapporto tra alimentazione, salute e sport. A causa del perdurare della pandemia molti studi prevedono, infatti, un aumento dell’incidenza dell’obesità, patologia che in Italia coinvolge già il 45,5% degli italiani adulti e quasi il 30% dei bambini. L’altra faccia della medaglia vede, sempre a causa della crisi Covid-19, secondo stime Onu-Fao da 83 a 132 milioni di nuove persone denutrite nel 2020 nel pianeta. LEGGI TUTTO

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    Ferrero entra nel settore dei gelati confezionati: da aprile in Italia e 4 Paesi europei

    (Teleborsa) – Il Gruppo Ferrero è entrato nel mercato dei gelati confezionati con il lancio lancia degli stecchi Ferrero Rocher – nelle versioni Classic, Dark e Raffaello – e i ghiaccioli Estathé Ice, nei gusti limone e pesca. Le cinque ricette nel corso del mese di aprile saranno presenti in tutti i canali della grande distribuzione. Oltre che in Italia – dove il settore vale 1,9 miliardi di euro – gli stecchi verranno lanciati in altri quattro Paesi europei: Francia, Germania, Austria e Spagna. LEGGI TUTTO

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    Maltempo, CIA: “Subito piano emergenza per ristoro danni da gelate nei campi”

    (Teleborsa) – Le gelate della scorsa settimana hanno colpito il 60% dell’agricoltura italiana con gravi danni riscontrati in tutto il Paese da nord a sud, fino in Sardegna. Ne deriva, secondo le stime di Cia-Agricoltori Italiani, un taglio della produzione anche totale e per diversi milioni che richiede – questo l’appello lanciato oggi dalla Confederazione – un piano d’emergenza con risorse ancora più straordinarie e nuove strategie contro i cambiamenti climatici. “Servono – sottolinea Cia – migliori strumenti di gestione del rischio e incentivi, attraverso il PNRR, allo sviluppo di sistemi tecnologici di protezione delle colture. La straordinarietà delle forti e brusche variazioni meteorologiche nel momento di piena fioritura delle piante, fa evidenziare, ora, l’urgenza di un nuovo approccio al problema delle calamità naturali da affrontare anche in Europa e in chiave Green Deal”. Dal Veneto al Piemonte, dall’Emilia-Romagna alla Toscana, ma anche in Umbria, Lazio e Sardegna, fino in Campania, Basilicata e Puglia, – spiega la Confederazione – si è trattato di gelate che non si vedevano da 20 o 30 anni, ma che oggi si possono affrontare con consapevolezza e strumenti diversi e più innovativi, anche in piena crisi economica da pandemia.”La rapidità del confronto sui territori perché si attivino le istituzioni a livello regionale è ora nelle ore decisive – ha dichiarato il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino –. Sul piano nazionale va fatta con urgenza una ricognizione degli strumenti vigenti e un’analisi del problema nell’ambito del PNRR e del Next Generation Eu per ragionare sul lungo periodo, ma dare anche, subito, risposte concrete”. Diversi gli esempi riportati da Cia. In Puglia, un intero campo di tulipani a Foggia, il primo e l’unico in tutta la regione, è andato completamente distrutto. Nella regione, vigneti, frutteti, ortaggi, seminativi, mandorleti e fiori sono stati pesantemente danneggiati e, in molti casi, – sottolineano gli agricoltori italiani – i prossimi raccolti potrebbero essere in parte o del tutto compromessi. Le gelate hanno colpito duro anche nel Barese, nella Bat, in provincia di Taranto, nel Brindisino e nel Leccese. Un disastro che porta – prosegue Cia – a chiedere lo stato di calamità, ma anche un fondo assicurativo per tutelare le aziende agricole dagli eventi naturali e dalle crisi di mercato, in parte coperto dalla fiscalità generale e in parte dai fondi del Psr, per svincolare gli agricoltori sui rischi da assicurare e ridurre le franchigie. In Umbria, – si legge nella nota della Confedrazione – sono ore critiche per le verifiche sull’olio, ma è certo che i -8 gradi hanno lasciato il segno sul territorio. Colpito il settore ortofrutticolo e quello vitivinicolo, con il Sangiovese e il Grechetto che registrano un danno di produzione notevole, ma non ancora quantificabile. Le due varietà della vite sono, infatti, – spiega Cia – le più precoci, oltre a essere quelle maggiormente coltivate in Umbria. Nel corso delle passate settimane, con punte di 27 gradi ad anticipare l’estate, si sono visti i primi germogli. Ora, la gelata ha bloccato lo sviluppo delle viti nel momento più importante. Con un clima ottimale da adesso fino alla vendemmia, si avrà una pianta ancora in salute, forse, ma con ben pochi frutti. LEGGI TUTTO

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    Export ortofrutta, nel 2020 volume in calo ma crescita in valore

    (Teleborsa) – Cambiano le abitudini di consumo di ortofrutta in Italia. Nel 2020, con l’arrivo della pandemia, gli acquisti al dettaglio siano rimasti sostanzialmente stabili (-1% in quantità rispetto al 2019), ma sono cambiati i comportamenti di acquisto e consumo, con effetti che si risentiranno anche nel post-Covid 19. Parallelamente l’export di ortofrutta, pur con un calo in termini di volumi del 4% nel 2020, ha registrato una crescita in valore del 5%. Il comparto ha quindi tenuto nello scenario dell’emergenza pandemica. Questo il quadro emerso nel corso dell’evento online “L’ortofrutta nello scenario post Covid: come sono cambiati imprese, mercati e consumatori dopo un anno di pandemia” promosso e organizzato da CSO Italy e Nomisma, nell’anno dedicato dalle Nazioni Unite all’ortofrutta.Per quanto riguarda l’export – come ha spiegato Barbara Brunello di CSO Italy – la diminuzione dei volumi è in alcuni casi una diretta conseguenza della minore offerta disponibile per alcune referenze, mentre in altri casi è un calo imputabile allo scoppio della pandemia, come mostrano le analisi temporali dei volumi spediti (nei mesi di marzo e aprile 2020 l’export di frutta e ortaggi è diminuito rispettivamente del 12% e del 10% rispetto allo stesso periodo del 2019). A fronte di una stabilità delle spedizioni verso il mercato intra Ue e una crescita di quello verso i Paesi europei extra Ue (+6% sul 2019), si registra invece un crollo delle esportazioni frutticole nei più lontani mercati degli altri continenti (-24% sul 2019). Sul fronte delle abitudini di consumo – rileva Nomisma – si è registrata una maggiore attenzione alla stagionalità, all’origine italiana dell’alimento, alla sua conservabilità e al prodotto ‘locale’. È cambiato, in sostanza, il profilo del consumatore di ortofrutta, che ora guarda a questi prodotti soprattutto alla ricerca di una vita sana ed equilibrata. Si moltiplicano le occasioni di consumo (un italiano su 3 mangia frutta anche fuori dai pasti, per merenda o per uno spuntino), si diversificano i canali di vendita (nel 2020 il 22% dei consumatori ha acquistato frutta o verdura online o tramite ordini telefonici), c’è grande attenzione alla varietà. Fra i criteri di scelta la stagionalità è citata dal 43% degli italiani, ma fondamentali per il 56 % dei consumatori sono origine e caratteristiche del processo produttivo (origine italiana, locale, biologico, tracciabilità, ecc.). mentre stenta ancora ad affermarsi la marca. Nel periodo del lockdown si è verificato un incremento importante degli acquisti (+13%), grazie alle ottime performance di prodotti come mele, arance, kiwi, patate, carote, solo per fare alcuni esempi, che grazie alle loro caratteristiche di elevata conservabilità, sono risultati i preferiti dai consumatori. La pandemia ha inoltre rimescolato le carte sul fronte dei canali di acquisto. I supermercati, il dettaglio specializzato, le superette e i discount proprio nel periodo di lockdown hanno aumentato la loro quota di mercato, mentre gli ipermercati, i mercati rionali e gli ambulanti hanno vissuto una importante contrazione. È cresciuta in modo significativo anche la vendita del prodotto confezionato che nel 2020 rappresenta il 23% del totale per la frutta e il 31% per gli ortaggi recuperando in entrambi i casi due punti percentuali rispetto al 2019. Cambia, inoltre, anche la mappa dei valori e nello scenario post Covid acquisteranno sempre maggiore importanza rispetto al passato: la preferenza per l’ortofrutta di origine italiana (sarà più rilevante per il 45% degli italiani), con una forte impronta “local” (35%); l’attenzione alla qualità, intesa come prodotto di stagione (42%), fresco (33%) e con garanzie di tracciabilità (34%); la spinta al “green”, sia in termini di packaging riciclabileecosostenibile (36%) che di produzioni biologiche (23%). Crescerà anche l’attenzione al prezzo, ma in maniera meno marcata (27%). Anche il packaging è un driver attivo nella scelta di un prodotto alimentare (il 25% dei consumatori considera anche le caratteristiche dei materiali della confezione tra i criteri di acquisto): è importante il ruolo di protezione del prodotto (citata dal 66% dei consumatori), ma anche il contributo attivo alla sostenibilità del prodotto (47%) e come “strumento” di comunicazione dei valori del prodotto (35%). In questo contesto anche il packaging dei prodotti ortofrutticoli ha un ruolo determinante: nel 2020 sono state vendute 2,6 miliardi di confezioni (+80 milioni rispetto al 2019), effetto legato alle nuove esigenze di sicurezza del consumatore che hanno spinto la ricerca di prodotto confezionato. Infine, l’indagine Nomisma sulle imprese ortofrutticole, che ha coinvolto una campione di 40 aziende, evidenzia la capacità di resilienza del settore ortofrutticolo in un contesto di eccezionale gravità, sia per effetto della pandemia che degli impatti negativi sulla produzione dovuti ad eventi climatici e avversità fitopatologiche (che hanno coinvolto oltre il 70% delle aziende). Le imprese sono state sempre attive, anche durante il lockdown, ed hanno prontamente adottato tutte le misure necessarie per evitare il contagio, nonostante le maggiori complessità organizzative (registrate dal 70% delle imprese del campione), la dilatazione dei tempi (55%), la minore efficienza del lavoro (60%) e conseguentemente l’incremento dei costi (65%). Le imprese si preparano ad affrontare un nuovo scenario post-Covid intercettando le nuove esigenze del consumo e pianificando il rilancio nei prossimi due anni, con attenzione soprattutto all’ampliamento e alla diversificazione dei mercati esteri (azioni pianificate nel 38% delle imprese), alla transizione ecologica nei sistemi produttivi e nel packaging (33% rispettivamente per confezioni più ecosostenibili o riciclabili e adozione di pratiche a maggiore sostenibilità ambientale), al confezionamento del prodotto fresco (31%) ed alla transizione digitale dell’industria 4.0 (23%). LEGGI TUTTO

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    Valsoia, nel 2020 utile sale del 6% a 7,7 milioni. Obiettivo nuove acquisizioni

    (Teleborsa) – Valsoia, azienda attiva nel settore alimentare e quotata sul MTA di Borsa Italiana, ha chiuso il 2020 con ricavi in crescita dell’11,6% a 83,5 milioni di euro, in particolare accelerazione sui mercati esteri (+26,9%). L’EBITDA è cresciuto del 7,6% a 11,97 milioni di euro, mentre l’utile netto è stato di 7,7 milioni di euro, registrando un +6,2% sull’esercizio precedente.Al 31 dicembre 2020 la posizione finanziaria netta complessiva della società risulta positiva per 21,5 milioni di euro rispetto ai 25,4 milioni al 31 dicembre 2019; pesa, sottolinea Valsoia, l’esborso effettuato a dicembre 2020, per circa 13 milioni di euro, per l’acquisizione del ramo di azienda Piadina Loriana. Il CdA ha deciso di proporre all’assemblea degli azionisti un dividendo di 0,38 euro per azione (stabile rispetto allo scorso anno), per complessivi 4 milioni di euro.”I risultati raggiunti da Valsoia nel 2020 mostrano una crescita significativa in entrambi i segmenti in cui operiamo, quello food e quello salutistico, grazie ad un portafoglio prodotti ben diversificato”, ha commentato il presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi. “La società rimane anche post operazioni straordinarie concluse nel corso del 2020 con una ottima posizione finanziaria netta positiva per oltre 21 milioni di euro in grado, pertanto, di consentirci ulteriori operazioni straordinarie di crescita sia in Italia che all’estero”, ha aggiunto. LEGGI TUTTO

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    Italian Wine Brands, ricavi 2020 in crescita del 30%. Dividendo di 0,25 euro

    (Teleborsa) – Italian Wine Brands, società quotata su AIM Italia e attiva nella produzione e vendita diretta di vini, ha chiuso il 2020 con ricavi in crescita del 29,7% a 204,3 milioni di euro, supportata sia da un aumento delle vendite dei marchi proprietari che dall’ingresso in portafoglio di nuovi. Il contributo dei mercati esteri è cresciuto del 32,8% e ormai rappresenta oltre l’80% delle entrate.L’EBITDA Restated del 2020 ha raggiunto i 25,6 milioni di euro (12,5% sui ricavi), contro i 18,1 milioni del 2019. Il risultato netto è cresciuto a 14,2 milioni, dai 7,9 milioni del 2019 (+79,7%). Al 31 dicembre 2020 il gruppo presenta una situazione di liquidità attiva pari a 1,4 milioni di euro, in miglioramento rispetto agli 0,6 milioni al 31 dicembre 2019.La società ha affermato che sono allo studio possibili operazioni di acquisizione di aziende riconosciute sul mercato e operanti nella produzione e distribuzione di vino italiano nel mondo. Perciò il CdA ha deciso di procedere alla distribuzione di un dividendo pari a 0,25 euro per azione, in modo da “mantenere adeguate risorse di cassa per essere pronta a cogliere eventuali opportunità di crescita”.”L’obiettivo che ci poniamo – ha affermato Alessandro Mutinelli, presidente e AD del gruppo – è quello di diventare il primo gruppo vinicolo italiano per dimensione, sia attraverso lo sviluppo organico delle attività sia attraverso operazioni di acquisizione di altre realtà vinicole che condividano la nostra stessa vision, i valori e gli obiettivi ambiziosi che ci poniamo”. LEGGI TUTTO