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    Vinitaly, Intesa Sanpaolo: “Nel Piano d'Impresa 2022-2025 8 miliardi di nuovo credito alle PMI dell'agro-alimentare”

    (Teleborsa) – Lo scenario in cui si muoveranno le imprese italiane del vino si è fatto più complesso dopo lo scoppio della guerra Ucraina-Russia. L’impatto più evidente e immediato è sui prezzi degli input produttivi, in primis quelli energetici, a cui la filiera agro-alimentare risulta particolarmente esposta, sia direttamente sia indirettamente, attraverso i costi della logistica e l’acquisto di materiali energivori. Hanno registrato forti rincari infatti anche molti altri prodotti fondamentali nella filiera, come i fertilizzanti, l’alluminio (gabbiette, tappi), il vetro, il packaging in legno o in cartone. Molte di queste commodities evidenziavano già degli elevati incrementi dei prezzi prima della guerra: spicca il balzo di quasi il 40% per l’alluminio e di oltre il 30% per i fertilizzanti registrato nei primi due mesi del 2022. Questo il quadro tracciato Stefania Trenti, responsabile Industry Research della Direzione Studi nel suo intervento al convegno “Filiera Vitivinicola. Le nuove sfide in un contesto 4.0″, promosso da Intesa Sanpaolo, in occasione del Vinitaly, per presentare la Direzione Agribusiness della banca e uno studio curato dalla Direzione Studi e Ricerche della banca sullo scenario in cui si trovano ad operare le imprese vitivinicole italiane, sempre più mutevole e competitivo e dove export e transizione digitale svolgono un ruolo fondamentale per aumentare qualità, sostenibilità e competitività.L’impatto dei rincari delle bollette energetiche – secondo quanto emerge dallo studio – peserà sui bilanci delle famiglie portando ad una minore dinamica attesa nei consumi, in particolare per quanto riguarda i paesi europei. Spicca la contrazione attesa nei consumi della Russia, paese che con 150 milioni di euro nel 2021, pari al 2,1% del totale esportato, risulta il nostro 12esimo sbocco commerciale. Si tenga, inoltre, conto che – sottolinea Intesa Sanpaolo – circa il 75% dell’export italiano di vino verso la Russia rientra nel pacchetto di sanzioni europee che blocca la vendita di beni di lusso. Tuttavia, – rileva il rapporto – per il mondo del vino la domanda potrà giovarsi dell’effetto positivo della fase di riapertura post-pandemia: nel complesso dei principali sbocchi commerciali del vino Made in Italy le attese sui consumi rimangono orientate ampiamente in positivo, grazie alla riattivazione delle attività sociali e dei movimenti turistici. Le imprese italiane della filiera vitivinicola appaiono ben posizionate per sfruttare al meglio queste opportunità: anche nel 2020, pur in un contesto difficile, gravemente segnato dal contesto pandemico, l’Italia è riuscita a guadagnare quote sui mercati internazionali, avvicinandosi ancora di più alla Francia. Da un gap di quote di mercato pari a 17 punti percentuali nel 2008 si è scesi a 11,3% nel 2019 e a 8,4% nel 2020.I successi del Made in Italy del vino sono diffusi anche sul territorio, con tutti i principali distretti protagonisti di una forte crescita sui mercati internazionali nel corso dell’ultimo decennio. Anche i dati relativi al 2021 evidenziano una forte capacità di recupero con i livelli di export che hanno ampiamente superato quelli pre-pandemia.Dal confronto con il posizionamento francese, emerge ancora un forte potenziale ancora da sfruttare sui mercati asiatici, in primis Giappone e Cina. Per cogliere al meglio queste opportunità – evidenzia il report – occorrerà puntare sempre di più sull’innovazione, fondamentale anche per fronteggiare i cambiamenti climatici e venire incontro alle esigenze dei consumatori che richiedono prodotti sempre più sostenibili.Nuovi trend di consumo stanno emergendo, legati alle nuove generazioni (e non solo) come il vino rosato, che piace sempre di più, o il vino senza alcol, che amplia le occasioni di consumo da parte di quelle fasce di consumatori finora precluse per motivi salutistici o religiosi.Bisognerà continuare, poi, a percorrere la strada della digitalizzazione, sia nei processi produttivi (transizione ad una Agricoltura 4.0), sia nel marketing digitale e nell’e-commerce, sfruttando la visibilità dei siti di enoteche on-line, particolarmente importanti nel contesto altamente frammentato che caratterizza la filiera vitivinicola italiana. Innovazione e digitalizzazione richiedono maggiori investimenti in capitale umano e un maggiore ricambio generazionale: in Italia solo l’8% delle aziende agricole vitivinicole ha un capo under 40 (contro il 15% della Francia). La formazione dovrà saper valorizzare il tema della biodiversità (l’Italia è il primo paese al mondo per numero di vitigni autoctoni), le sinergie tra filiere (enoturismo) e la collaborazione con il mondo della degustazione professionale che richiede esperienza, preparazione e competenze elevate.”Il ritorno del Vinitaly in presenza rappresenta un’occasione unica, soprattutto alla luce dell’attuale contesto, – ha commentato Massimiliano Cattozzi, responsabile della Direzione Agribusiness – per valorizzare l’eccellenza che in Italia vantiamo in ambito enogastronomico attivando sinergie, progettualità e nuovi sbocchi commerciali. In tale senso Intesa Sanpaolo, forte del presidio della Direzione Agribusiness sulle aziende di questo comparto, continua a offrire il proprio supporto. Una vicinanza concreta su temi chiave come la transizione digitale ed ecologica oltre che, per far fronte all’attuale contesto di mercato, il sostegno offerto alle imprese per i fabbisogni di liquidità nei pagamenti e garantirne la continuità produttiva. Nell’arco del Piano d’Impresa 2022-2025 mettiamo a disposizione 8 miliardi di nuovo credito a medio e lungo termine alle piccole e medie imprese dell’agro-alimentare”.Nel suo intervento Cattozzi ha illustrato la Direzione Agribusiness, il centro di eccellenza del Gruppo Intesa Sanpaolo dedicato alle piccole e medie imprese dell’agricoltura, che – con oltre 90mila clienti, circa 13 miliardi di euro di impieghi, 250 punti operativi di cui 85 filiali, si mette a disposizione circa 1.000 professionisti sul territorio – punta a sostenere le enormi potenzialità di uno dei settori produttivi più importanti del Paese. Tra i prodotti e le iniziative specifiche della Direzione Agribusiness, figurano i finanziamenti per nuovi progetti di impianto agricolo/fattorie/innovazione tecnologica/agricoltura di precisione e sostenibilità, ma anche progetti di filiera che attraverso lo strumento del confirming soddisfano l’esigenza di sostenere i fornitori del capo-filiera. Tra i servizi specializzati, il ‘pegno rotativo non possessorio’ che, con oltre 41 milioni di euro già erogati, consente lo smobilizzo del magazzino di prodotti alimentari soggetti a invecchiamento come in particolar modo il vino, ma anche prosciutto crudo, formaggio stagionato e aceto balsamico. Intesa Sanpaolo ha inoltre creato una struttura per lo sviluppo e monitoraggio dei servizi di agritech e di digitalizzazione del mondo agricolo e punta a sviluppare, insieme ad imprese agricole e Consorzi, logiche di crescita sostenibile in coerenza anche con le iniziative previste dal PNRR. In questo ambito, la banca messo a disposizione dei propri clienti gratuitamente una piattaforma digitale Incent Now, frutto della collaborazione con Deloitte, che sarà costantemente aggiornata con le informazioni relative alle misure e ai bandi resi pubblici da enti istituzionali nazionali ed europei nell’ambito della pianificazione del PNRR. Ciascun cliente, inclusi quelli del settore agro alimentare, potrà individuare rapidamente le migliori opportunità sulla base del suo profilo, del suo settore di attività e del suo territorio e raccogliere le informazioni utili per presentare i propri progetti di investimento concorrendo all’assegnazione dei fondi pubblici.In merito all’impegno verso la sostenibilità la Direzione Agribusiness ha concesso erogazioni tramite finanziamenti s-Loan pari a oltre 120 milioni di euro per favorire la transizione green. LEGGI TUTTO

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    Beyond Meat, pollo senza carne in 8.000 nuovi punti vendita

    (Teleborsa) – Beyond Meat, azienda statunitense che produce sostituti per la carne e prodotti caseari a base di vegetali, ha annunciato che sta aumentando significativamente la disponibilità dei suoi Beyond Chicken Tender presso i principali punti vendita al dettaglio in tutti gli Stati Uniti, inclusi supermercati e farmacie. A partire da oggi, il pollo di “finta carne” è disponibile presso selezionati negozi Albertsons, CVS, Sprouts e Whole Foods Market a livello nazionale e arriverà in tutti i negozi Kroger entro fine aprile, per un totale di circa 8.000 nuovi punti vendita. Realizzato con ingredienti a base vegetale, Beyond Chicken Tenders ha il 50% in meno di grassi saturi rispetto al marchio leader di crocchette di pollo impanate tradizionali e non contiene antibiotici, ormoni o colesterolo, evidenzia la società. La proteina usata per la produzione di Beyond Chicken Tenders deriva dalla fava.”Sulla base dello slancio positivo dei nostri recenti lanci, siamo entusiasti di espandere in modo significativo la disponibilità dei nostri Beyond Chicken Tender presentandoci in più posti per i nostri consumatori, dal loro supermercato o farmacia preferita, ai grandi magazzini”, ha affermato Deanna Jurgens, Chief Growth Officer di Beyond Meat. LEGGI TUTTO

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    Ecofin, fallisce accordo su direttiva per tassazione minima multinazionali

    (Teleborsa) – La Polonia torna a mettersi di traverso all’Ecofin, riunitosi in Lussemburgo, sulla direttiva europea che introduce l’aliquota minima del 15% sulle multinazionali, cioè il “secondo pilastro” dello storico accordo Ocse sulla tassazione globale sulle imprese, che necessità del sì unanime deli Ventisette. La Polonia ha mantenuto le sue riserve ed ha posto il veto sulla direttiva, nonostante il notevole sforzo della presidenza di turno francese per risolvere tutte le problematiche sollevate da Varsavia e da altri Paesi europei. Non si è espressa l’Ungheria, che probabilmente si è nascosta dietro a Varsavia per bloccare la direttiva. Dietro l’opposizione dei due stati membri si sospetta un interesse politico a far pesare il proprio veto su un tema di grande interesse per la UE, che ha attivato un meccanismo di condizionalità e bloccato i PNRR dei due Paesi per le mancate riforme del sistema giudiziario (Polonia) e del sistema anti-corruzione (Ungheria).”Dopo cinque anni di lavoro, quando abbiamo risolto tutte le difficoltà tecniche e abbiamo 26 paesi membri che ormai sostengono questa tassazione minima”, ha affermato visibilmente irritato il Ministro francese Bruno Le Maire, chiedendo “quali sono i motivi per cui la Polonia è ancora contraria a un consenso di tutti i paesi membri su quello che rappresenta un progresso significativo in materia di giustizia e di efficacia fiscale a livello internazionale?”. “Manteniamo la nostra posizione secondo cui entrambi i pilastri devono essere considerati come un pacchetto”, ha ribadito la ministra delle Finanze polacca Magdalena Rzeczkowska, aggiungendo “la Polonia vuole introdurre un regime globale equo per impedire l’evasione e l’elusione fiscale, e rimane immutata questa sua dedizione”.Le Maire allora ha espresso il suo “rammarico” per questa posizione ed ha ammesso di non essere “affatto convinto delle argomentazioni addotte dalla Polonia”.Altri Paesi, come Estonia, Svezia, Malta, e Lituania, che in precedenza avevano posto delle riserve, hanno votato a favore della direttiva e ringraziato la presidenza di turno francese per lo sforzo di mediazione e per la soluzione di tutti i “problemi tecnici” che avevano indicato. LEGGI TUTTO

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    Masi Agricola, utile 2021 sale a 5,4 milioni. Cresce il peso dell'Italia

    (Teleborsa) – Masi Agricola, società quotata nell’Euronext Growth Milan e tra i leader italiani nella produzione di vini premium, ha chiuso il 2021 con ricavi netti consolidati 66,4 milioni di euro (51,7 milioni di euro nel 2020, +28,4%), EBITDA pari a 12,9 milioni di euro (5,5 milioni di euro nel 2020), utile netto pari a 5,4 milioni di euro (0,8 milioni di euro nel 2020) e un indebitamento finanziario netto a 2,7 milioni di euro (6,4 milioni di euro al 31 dicembre 2020). Il CdA proporrà all’assemblea la distribuzione di un dividendo unitario ordinario, al lordo delle ritenute di legge, pari a 0,08 euro per azione (totali 2.572.092,48 euro, pari al 51% circa dell’utile netto dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2021).”Il conto economico del 2021 registra il ritorno della performance numerica al pre-Covid, nonostante diversi mesi in cui l’horeca è stata assoggettata a misure restrittive e nonostante la persistente rarefazione dei viaggi internazionali, che continua a penalizzarci nel canale Duty Free, nell’hotellerie di lusso e nelle metropoli – ha commentato il presidente Sandro Boscaini – Questi incoraggianti risultati derivano sia dalla forza del brand, che dall’utilizzo coordinato di tutti i canali distributivi e dalla segmentazione di gamma”.Analizzando il trend dei ricavi a livello geografico si nota il rilevante incremento dell’Italia, che cresce del 51% registrando una quota di oltre il 26% sul totale, una percentuale mai raggiunta dalla quotazione in borsa a oggi. “Riteniamo che questa espansione del mercato domestico rappresenti un fattore strategico estremamente positivo, in quanto in Italia il gruppo distribuisce i propri marchi in modo diretto, senza anelli intermedi della catena del valore”, sottolinea Masi Agricola.Per sopperire agli aumenti dei costi la società ha aumentato il proprio posizionamento-prezzo e conseguentemente i propri listini di vendita, “ma è possibile che nel breve termine il gap non venga pienamente colmato”, viene evidenziato. L’incertezza e l’aumento del costo della vita in generale potrebbero inoltre causare una minore propensione alla spesa da parte dei consumatori. LEGGI TUTTO

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    Patuanelli: su prezzo grano evidenti speculazioni

    (Teleborsa) – “La pandemia è stata una crisi simmetrica che ha colpito tutti i paesi, le filiere e i settori e in qualche modo con un sostegno adeguato il mercato avrebbe potuto superare quella crisi rendendo più forti filiere che erano forti. Questo era un vantaggio per il nostro paese, che avrebbe potuto mettere la testa fuori dal guado prima di altri. La crisi scatenata dal conflitto russo-ucraino invece è asimmetrica, ci sono paesi e settori che la pagano più di altri”.Lo ha detto il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, intervenendo alla conferenza organizzata da Afidop, l’associazione dei formaggi italiani DOP e IGP, contro l’etichetta a semaforo sottolineando che, in particolare, “il costo dell’energia per l’Italia è insopportabile: se oggi non abbiamo la forza di intervenire supportando le imprese con strumenti adeguati, l’asimmetria di questa crisi taglierà fuori dal mercato le nostre imprese e non recupereremo più le fasce di mercato perse”, ha detto. “L’impegno del governo e le misure da mettere in campo – ha proseguito il ministro – devono quindi partire dal presupposto che i paesi più colpiti devono avere la capacità e la possibilità di mettere in campo risorse e strumenti adeguati a chi fa impresa per permettergli di continuare a farla”.Patuanelli ha anche sottolineato che la filiera casearia “è una di quelle che sta pagando il prezzo più alto” degli aumenti di energia e materie prime e l’accordo stipulato al tavolo latte al Mipaaf “ormai segna il passo, visto che il prezzo medio alla produzione è di 0,46-0,47 centesimi a litro”. Quanto al prezzo del grano “ci sono evidentemente speculazioni, è aumentato in modo incomprensibile, come per tute le merci scambiate nei sistemi borsistici”, ha detto Patuanelli, a margine dell’incontro promosso da Afidop, l’associazione dei formaggi italiani DOP e IGP, per dire no al Nutriscore. “A livello europeo dobbiamo incrementare le produzioni interne di mais, grano e soia”, ha aggiunto il ministro ricordando che anche sulla mangimistica “c’è un forte aumento del prezzo legato all’energia. Non c’è per ora alcuna materia prima che non abbia subito un incremento di costi”. “Il decreto sarà pronto quando sarà pronto, ma sicuramente entro la settimana. Serve un intervento che sia percepibile da parte di aziende e cittadini”, ha detto in merito al decreto contro il caro-energia. “Si stanno facendo valutazioni sul costo dei carburanti – ha spiegato Patuanelli – il settore trasporti è in ginocchio e ha grande incidenza anche sul costo delle materie: vanno accelerate le capacità di produrre energia da rinnovabili slegando il prezzo delle rinnovabili da quello del gas” ha aggiunto, spiegando che invece a livello europeo “bisogna mettere un tetto al mercato del gas perchè c’è una speculazione al rialzo immotivata: si deve interrompere questa spirale speculativa”. Il taglio delle accise, ha detto, “è uno degli elementi che stiamo valutando come Governo e non è differibile a mio avviso, come altre tipologie di intervento non solo a livello nazionale ma anche europeo”. LEGGI TUTTO

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    FAO, prezzi generi alimentari potrebbero aumentare del 22% con conflitto

    (Teleborsa) – I cereali saranno pronti per la raccolta a giugno, ma ogni settimana di guerra che passa rende sempre più improbabile che gli agricoltori ucraini saranno in grado di raccoglierli e consegnarli al mercato. Con il conflitto in corso, gli uomini arruolati nell’esercito e il resto delle famiglie in fuga, l’accesso ai campi è difficile, così come l’allevamento di bestiame e pollame o la produzione di frutta e verdura. Inoltre, i porti ucraini sul Mar Nero sono chiusi e, anche se l’infrastruttura del trasporto interno rimane intatta, il trasporto di grano su rotaia è impossibile a causa della mancanza di un sistema ferroviario operativo. È questo lo scenario da incubo per quello che è definito il “granaio d’Europa” e i cui problemi secondo le Nazioni Unite potrebbero far aumentare i costi alimentari globali fino al 22%.Un nuovo report della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, analizza l’importanza dell’Ucraina e della Russia per i mercati agricoli globali ei rischi associati all’attuale conflitto. Entrambi i paesi sono esportatori netti di prodotti agricoli e svolgono ruoli di primo piano nell’approvvigionamento nei mercati globali di prodotti alimentari e fertilizzanti, dove le forniture esportabili sono spesso concentrate in una manciata di paesi. “Questa concentrazione potrebbe esporre questi mercati a una maggiore vulnerabilità agli shock e alla volatilità”, sottolinea la FAO. Nel 2021, la Federazione Russa o l’Ucraina (o entrambe) si sono classificate tra i primi tre esportatori mondiali di grano, mais, colza, semi di girasole e olio di girasole, mentre il paese guidato da Vladimir Putin è stato anche il primo esportatore mondiale di fertilizzanti azotati e il secondo fornitore di fertilizzanti potassici e fosforici.Le simulazioni della FAO che misurano i potenziali impatti di un’improvvisa e drastica riduzione delle esportazioni di cereali e semi di girasole da parte dei due paesi indicano che queste carenze potrebbero essere solo parzialmente compensate da fonti alternative durante la stagione di commercializzazione 2022/23. “La capacità di molte di queste alternative di aumentare la produzione e le spedizioni può essere limitata dagli elevati costi di input di produzione – viene sottolineato – È preoccupante che il conseguente divario di approvvigionamento globale potrebbe far aumentare i prezzi internazionali di alimenti e mangimi dall’8 al 22% al di sopra dei livelli già elevati”.Se il conflitto mantiene i prezzi del greggio a livelli elevati e prolunga la ridotta partecipazione alle esportazioni globali dei due paesi oltre la stagione 2022/23, rimarrebbe un notevole divario di offerta nei mercati globali di grano e semi di girasole, anche se i paesi produttori alternativi espandono la loro produzione in risposta ai prezzi più elevati. Ciò manterrebbe i prezzi internazionali elevati ben al di sopra dei livelli di base.”L’intensità e la durata del conflitto rimangono incerte – ha commentato il direttore generale della FAO Qu Dongyu – Le probabili interruzioni delle attività agricole di questi due principali esportatori di materie prime di base potrebbero gravemente aggravare l’insicurezza alimentare a livello globale, quando i prezzi internazionali dei prodotti alimentari e dei fattori di produzione sono già elevati e volatili. Il conflitto potrebbe anche limitare la produzione agricola e il potere d’acquisto in Ucraina, portando a una maggiore insicurezza alimentare a livello locale”. LEGGI TUTTO

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    Vino, Uiv: a rischio export in Russia

    (Teleborsa) – A rischio 375 milioni di dollari di export di vino italiano in Russia a causa delle contro-sanzioni, dei danni indiretti derivanti dal crollo del rublo e dei prezzi energetici alle stelle. A fare i conti è Uiv, l’Unione italiana vini, che segnala già diverse difficolta dovute alla guerra tra Russia e Ucraina, tra cui lunghe code di camion alla frontiera lettone-russa, oltre a merci non ritirate in dogana. A ciò si stanno aggiungendo problemi di carattere finanziario: per effetto delle sanzioni alle banche russe si prevede infatti la sospensione dei pagamenti da Mosca, in uno scenario di stato di guerra che farà perdere le tutele assicurative sui pagamenti delle merci.Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly su base dogane, solo lo scorso anno si sono registrati ordini dalla Russia per un valore di 375 milioni di dollari, in crescita dell’11% sull’anno precedente, a fronte di 1,155 miliardi di dollari di importazioni complessive di vino dall’estero.L’Italia, primo Paese fornitore con una quota di mercato di circa il 30% davanti a Francia e Spagna, ha registrato nel 2021 un boom della domanda di spumanti (25%) e un incremento del 2% per i fermi imbottigliati. Tra le denominazioni più richieste da Mosca, il Prosecco, il Lambrusco e l’Asti spumante, oltre ai vini Dop toscani, siciliani, piemontesi e veneti. Anche l’Ucraina, dove l’Italia è leader di mercato, nei primi 9 mesi 2021 ha registrato un import di vino italiano a +20% per i vini fermi e frizzanti in bottiglia, e +78% per gli spumanti.Il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti, commenta: “ci troviamo costretti a dover rinunciare a una piazza strategica per l’Italia, che è il primo Paese fornitore di vino in Russia, proprio in una fase di forte risalita degli ordini. In attesa fare luce sulle ipotesi di fermo delle esportazioni, consigliamo alle imprese italiane di vino di effettuare consegne verso la Russia solo dopo aver conseguito adeguate garanzie sui pagamenti”. LEGGI TUTTO

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    Biologico, Italia prima in Ue come numero produttori

    (Teleborsa) – Con 2,1 milioni di ettari, 102mila in più rispetto al 2019, l’Italia nel 2020 si conferma il terzo Paese in Ue come superficie coltivata a biologico, la precedono Spagna (2,4 milioni di ettari) e Francia (2,5 milioni di ettari). Globalmente le superfici bio in Ue hanno raggiunto i 14,9 milioni di ettari globali. L’Italia (che brilla anche come incidenza di superficie bio sul totale 16,6 %, la più elevata in Ue che ha raggiunto una media del 9,2%) mantiene il primato come numero di produttori biologici attivi (71.590), seguono la Francia con 53.255 e la Spagna con 44.493. Questa la fotografia che emerge dai dati internazionali presentati dall’Istituto di ricerca sull’agricoltura biologica FiBL in collaborazione con IFOAM, la Federazione delle associazioni del biologico a livello mondiale. L’andamento del mercato bio fa registrare un incremento record del 15,1%, raggiungendo un valore delle vendite al dettaglio di 44,8 miliardi di euro in Ue che diventano 52 miliardi di euro considerando l’intera Europa. L’Unione europea diventa così il secondo mercato mondiale dopo gli Stati Uniti. “Anche se la Francia sta crescendo a un ritmo piu’ sostenuto, l’Italia continua a mantenere la leadership europea sia come numero di produttori che come percentuali di superficie coltivata”, commenta Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio, secondo cui “il boom delle vendite di prodotti conferma come il biologico possa davvero essere il motore di rilancio dell’intero sistema agroalimentare. E’ necessario però investire a livello nazionale per aumentare i consumi interni che crescono in misura inferiore rispetto agli altri Paesi”.Occorrono perciò politiche e un quadro normativo adeguato a sostenere la conversione agroecologica, oltre a investimenti in ricerca, innovazione, formazione. Mammuccini spiega quindi come sia “prioritaria la promulgazione della Legge sul bio, che dopo essere stata modificata il 9 febbraio dalla Camera deve adesso tornare in Senato per la definitiva approvazione. Ci auguriamo che si arrivi in tempi molto stretti alla definitiva approvazione di questa norma fondamentale per supportare la transizione ecologica e sostenere il futuro stesso dell’agricoltura italiana”. LEGGI TUTTO