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    Ecofin, fallisce accordo su direttiva per tassazione minima multinazionali

    (Teleborsa) – La Polonia torna a mettersi di traverso all’Ecofin, riunitosi in Lussemburgo, sulla direttiva europea che introduce l’aliquota minima del 15% sulle multinazionali, cioè il “secondo pilastro” dello storico accordo Ocse sulla tassazione globale sulle imprese, che necessità del sì unanime deli Ventisette. La Polonia ha mantenuto le sue riserve ed ha posto il veto sulla direttiva, nonostante il notevole sforzo della presidenza di turno francese per risolvere tutte le problematiche sollevate da Varsavia e da altri Paesi europei. Non si è espressa l’Ungheria, che probabilmente si è nascosta dietro a Varsavia per bloccare la direttiva. Dietro l’opposizione dei due stati membri si sospetta un interesse politico a far pesare il proprio veto su un tema di grande interesse per la UE, che ha attivato un meccanismo di condizionalità e bloccato i PNRR dei due Paesi per le mancate riforme del sistema giudiziario (Polonia) e del sistema anti-corruzione (Ungheria).”Dopo cinque anni di lavoro, quando abbiamo risolto tutte le difficoltà tecniche e abbiamo 26 paesi membri che ormai sostengono questa tassazione minima”, ha affermato visibilmente irritato il Ministro francese Bruno Le Maire, chiedendo “quali sono i motivi per cui la Polonia è ancora contraria a un consenso di tutti i paesi membri su quello che rappresenta un progresso significativo in materia di giustizia e di efficacia fiscale a livello internazionale?”. “Manteniamo la nostra posizione secondo cui entrambi i pilastri devono essere considerati come un pacchetto”, ha ribadito la ministra delle Finanze polacca Magdalena Rzeczkowska, aggiungendo “la Polonia vuole introdurre un regime globale equo per impedire l’evasione e l’elusione fiscale, e rimane immutata questa sua dedizione”.Le Maire allora ha espresso il suo “rammarico” per questa posizione ed ha ammesso di non essere “affatto convinto delle argomentazioni addotte dalla Polonia”.Altri Paesi, come Estonia, Svezia, Malta, e Lituania, che in precedenza avevano posto delle riserve, hanno votato a favore della direttiva e ringraziato la presidenza di turno francese per lo sforzo di mediazione e per la soluzione di tutti i “problemi tecnici” che avevano indicato. LEGGI TUTTO

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    Masi Agricola, utile 2021 sale a 5,4 milioni. Cresce il peso dell'Italia

    (Teleborsa) – Masi Agricola, società quotata nell’Euronext Growth Milan e tra i leader italiani nella produzione di vini premium, ha chiuso il 2021 con ricavi netti consolidati 66,4 milioni di euro (51,7 milioni di euro nel 2020, +28,4%), EBITDA pari a 12,9 milioni di euro (5,5 milioni di euro nel 2020), utile netto pari a 5,4 milioni di euro (0,8 milioni di euro nel 2020) e un indebitamento finanziario netto a 2,7 milioni di euro (6,4 milioni di euro al 31 dicembre 2020). Il CdA proporrà all’assemblea la distribuzione di un dividendo unitario ordinario, al lordo delle ritenute di legge, pari a 0,08 euro per azione (totali 2.572.092,48 euro, pari al 51% circa dell’utile netto dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2021).”Il conto economico del 2021 registra il ritorno della performance numerica al pre-Covid, nonostante diversi mesi in cui l’horeca è stata assoggettata a misure restrittive e nonostante la persistente rarefazione dei viaggi internazionali, che continua a penalizzarci nel canale Duty Free, nell’hotellerie di lusso e nelle metropoli – ha commentato il presidente Sandro Boscaini – Questi incoraggianti risultati derivano sia dalla forza del brand, che dall’utilizzo coordinato di tutti i canali distributivi e dalla segmentazione di gamma”.Analizzando il trend dei ricavi a livello geografico si nota il rilevante incremento dell’Italia, che cresce del 51% registrando una quota di oltre il 26% sul totale, una percentuale mai raggiunta dalla quotazione in borsa a oggi. “Riteniamo che questa espansione del mercato domestico rappresenti un fattore strategico estremamente positivo, in quanto in Italia il gruppo distribuisce i propri marchi in modo diretto, senza anelli intermedi della catena del valore”, sottolinea Masi Agricola.Per sopperire agli aumenti dei costi la società ha aumentato il proprio posizionamento-prezzo e conseguentemente i propri listini di vendita, “ma è possibile che nel breve termine il gap non venga pienamente colmato”, viene evidenziato. L’incertezza e l’aumento del costo della vita in generale potrebbero inoltre causare una minore propensione alla spesa da parte dei consumatori. LEGGI TUTTO

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    Patuanelli: su prezzo grano evidenti speculazioni

    (Teleborsa) – “La pandemia è stata una crisi simmetrica che ha colpito tutti i paesi, le filiere e i settori e in qualche modo con un sostegno adeguato il mercato avrebbe potuto superare quella crisi rendendo più forti filiere che erano forti. Questo era un vantaggio per il nostro paese, che avrebbe potuto mettere la testa fuori dal guado prima di altri. La crisi scatenata dal conflitto russo-ucraino invece è asimmetrica, ci sono paesi e settori che la pagano più di altri”.Lo ha detto il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, intervenendo alla conferenza organizzata da Afidop, l’associazione dei formaggi italiani DOP e IGP, contro l’etichetta a semaforo sottolineando che, in particolare, “il costo dell’energia per l’Italia è insopportabile: se oggi non abbiamo la forza di intervenire supportando le imprese con strumenti adeguati, l’asimmetria di questa crisi taglierà fuori dal mercato le nostre imprese e non recupereremo più le fasce di mercato perse”, ha detto. “L’impegno del governo e le misure da mettere in campo – ha proseguito il ministro – devono quindi partire dal presupposto che i paesi più colpiti devono avere la capacità e la possibilità di mettere in campo risorse e strumenti adeguati a chi fa impresa per permettergli di continuare a farla”.Patuanelli ha anche sottolineato che la filiera casearia “è una di quelle che sta pagando il prezzo più alto” degli aumenti di energia e materie prime e l’accordo stipulato al tavolo latte al Mipaaf “ormai segna il passo, visto che il prezzo medio alla produzione è di 0,46-0,47 centesimi a litro”. Quanto al prezzo del grano “ci sono evidentemente speculazioni, è aumentato in modo incomprensibile, come per tute le merci scambiate nei sistemi borsistici”, ha detto Patuanelli, a margine dell’incontro promosso da Afidop, l’associazione dei formaggi italiani DOP e IGP, per dire no al Nutriscore. “A livello europeo dobbiamo incrementare le produzioni interne di mais, grano e soia”, ha aggiunto il ministro ricordando che anche sulla mangimistica “c’è un forte aumento del prezzo legato all’energia. Non c’è per ora alcuna materia prima che non abbia subito un incremento di costi”. “Il decreto sarà pronto quando sarà pronto, ma sicuramente entro la settimana. Serve un intervento che sia percepibile da parte di aziende e cittadini”, ha detto in merito al decreto contro il caro-energia. “Si stanno facendo valutazioni sul costo dei carburanti – ha spiegato Patuanelli – il settore trasporti è in ginocchio e ha grande incidenza anche sul costo delle materie: vanno accelerate le capacità di produrre energia da rinnovabili slegando il prezzo delle rinnovabili da quello del gas” ha aggiunto, spiegando che invece a livello europeo “bisogna mettere un tetto al mercato del gas perchè c’è una speculazione al rialzo immotivata: si deve interrompere questa spirale speculativa”. Il taglio delle accise, ha detto, “è uno degli elementi che stiamo valutando come Governo e non è differibile a mio avviso, come altre tipologie di intervento non solo a livello nazionale ma anche europeo”. LEGGI TUTTO

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    FAO, prezzi generi alimentari potrebbero aumentare del 22% con conflitto

    (Teleborsa) – I cereali saranno pronti per la raccolta a giugno, ma ogni settimana di guerra che passa rende sempre più improbabile che gli agricoltori ucraini saranno in grado di raccoglierli e consegnarli al mercato. Con il conflitto in corso, gli uomini arruolati nell’esercito e il resto delle famiglie in fuga, l’accesso ai campi è difficile, così come l’allevamento di bestiame e pollame o la produzione di frutta e verdura. Inoltre, i porti ucraini sul Mar Nero sono chiusi e, anche se l’infrastruttura del trasporto interno rimane intatta, il trasporto di grano su rotaia è impossibile a causa della mancanza di un sistema ferroviario operativo. È questo lo scenario da incubo per quello che è definito il “granaio d’Europa” e i cui problemi secondo le Nazioni Unite potrebbero far aumentare i costi alimentari globali fino al 22%.Un nuovo report della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, analizza l’importanza dell’Ucraina e della Russia per i mercati agricoli globali ei rischi associati all’attuale conflitto. Entrambi i paesi sono esportatori netti di prodotti agricoli e svolgono ruoli di primo piano nell’approvvigionamento nei mercati globali di prodotti alimentari e fertilizzanti, dove le forniture esportabili sono spesso concentrate in una manciata di paesi. “Questa concentrazione potrebbe esporre questi mercati a una maggiore vulnerabilità agli shock e alla volatilità”, sottolinea la FAO. Nel 2021, la Federazione Russa o l’Ucraina (o entrambe) si sono classificate tra i primi tre esportatori mondiali di grano, mais, colza, semi di girasole e olio di girasole, mentre il paese guidato da Vladimir Putin è stato anche il primo esportatore mondiale di fertilizzanti azotati e il secondo fornitore di fertilizzanti potassici e fosforici.Le simulazioni della FAO che misurano i potenziali impatti di un’improvvisa e drastica riduzione delle esportazioni di cereali e semi di girasole da parte dei due paesi indicano che queste carenze potrebbero essere solo parzialmente compensate da fonti alternative durante la stagione di commercializzazione 2022/23. “La capacità di molte di queste alternative di aumentare la produzione e le spedizioni può essere limitata dagli elevati costi di input di produzione – viene sottolineato – È preoccupante che il conseguente divario di approvvigionamento globale potrebbe far aumentare i prezzi internazionali di alimenti e mangimi dall’8 al 22% al di sopra dei livelli già elevati”.Se il conflitto mantiene i prezzi del greggio a livelli elevati e prolunga la ridotta partecipazione alle esportazioni globali dei due paesi oltre la stagione 2022/23, rimarrebbe un notevole divario di offerta nei mercati globali di grano e semi di girasole, anche se i paesi produttori alternativi espandono la loro produzione in risposta ai prezzi più elevati. Ciò manterrebbe i prezzi internazionali elevati ben al di sopra dei livelli di base.”L’intensità e la durata del conflitto rimangono incerte – ha commentato il direttore generale della FAO Qu Dongyu – Le probabili interruzioni delle attività agricole di questi due principali esportatori di materie prime di base potrebbero gravemente aggravare l’insicurezza alimentare a livello globale, quando i prezzi internazionali dei prodotti alimentari e dei fattori di produzione sono già elevati e volatili. Il conflitto potrebbe anche limitare la produzione agricola e il potere d’acquisto in Ucraina, portando a una maggiore insicurezza alimentare a livello locale”. LEGGI TUTTO

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    Vino, Uiv: a rischio export in Russia

    (Teleborsa) – A rischio 375 milioni di dollari di export di vino italiano in Russia a causa delle contro-sanzioni, dei danni indiretti derivanti dal crollo del rublo e dei prezzi energetici alle stelle. A fare i conti è Uiv, l’Unione italiana vini, che segnala già diverse difficolta dovute alla guerra tra Russia e Ucraina, tra cui lunghe code di camion alla frontiera lettone-russa, oltre a merci non ritirate in dogana. A ciò si stanno aggiungendo problemi di carattere finanziario: per effetto delle sanzioni alle banche russe si prevede infatti la sospensione dei pagamenti da Mosca, in uno scenario di stato di guerra che farà perdere le tutele assicurative sui pagamenti delle merci.Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly su base dogane, solo lo scorso anno si sono registrati ordini dalla Russia per un valore di 375 milioni di dollari, in crescita dell’11% sull’anno precedente, a fronte di 1,155 miliardi di dollari di importazioni complessive di vino dall’estero.L’Italia, primo Paese fornitore con una quota di mercato di circa il 30% davanti a Francia e Spagna, ha registrato nel 2021 un boom della domanda di spumanti (25%) e un incremento del 2% per i fermi imbottigliati. Tra le denominazioni più richieste da Mosca, il Prosecco, il Lambrusco e l’Asti spumante, oltre ai vini Dop toscani, siciliani, piemontesi e veneti. Anche l’Ucraina, dove l’Italia è leader di mercato, nei primi 9 mesi 2021 ha registrato un import di vino italiano a +20% per i vini fermi e frizzanti in bottiglia, e +78% per gli spumanti.Il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti, commenta: “ci troviamo costretti a dover rinunciare a una piazza strategica per l’Italia, che è il primo Paese fornitore di vino in Russia, proprio in una fase di forte risalita degli ordini. In attesa fare luce sulle ipotesi di fermo delle esportazioni, consigliamo alle imprese italiane di vino di effettuare consegne verso la Russia solo dopo aver conseguito adeguate garanzie sui pagamenti”. LEGGI TUTTO

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    Biologico, Italia prima in Ue come numero produttori

    (Teleborsa) – Con 2,1 milioni di ettari, 102mila in più rispetto al 2019, l’Italia nel 2020 si conferma il terzo Paese in Ue come superficie coltivata a biologico, la precedono Spagna (2,4 milioni di ettari) e Francia (2,5 milioni di ettari). Globalmente le superfici bio in Ue hanno raggiunto i 14,9 milioni di ettari globali. L’Italia (che brilla anche come incidenza di superficie bio sul totale 16,6 %, la più elevata in Ue che ha raggiunto una media del 9,2%) mantiene il primato come numero di produttori biologici attivi (71.590), seguono la Francia con 53.255 e la Spagna con 44.493. Questa la fotografia che emerge dai dati internazionali presentati dall’Istituto di ricerca sull’agricoltura biologica FiBL in collaborazione con IFOAM, la Federazione delle associazioni del biologico a livello mondiale. L’andamento del mercato bio fa registrare un incremento record del 15,1%, raggiungendo un valore delle vendite al dettaglio di 44,8 miliardi di euro in Ue che diventano 52 miliardi di euro considerando l’intera Europa. L’Unione europea diventa così il secondo mercato mondiale dopo gli Stati Uniti. “Anche se la Francia sta crescendo a un ritmo piu’ sostenuto, l’Italia continua a mantenere la leadership europea sia come numero di produttori che come percentuali di superficie coltivata”, commenta Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio, secondo cui “il boom delle vendite di prodotti conferma come il biologico possa davvero essere il motore di rilancio dell’intero sistema agroalimentare. E’ necessario però investire a livello nazionale per aumentare i consumi interni che crescono in misura inferiore rispetto agli altri Paesi”.Occorrono perciò politiche e un quadro normativo adeguato a sostenere la conversione agroecologica, oltre a investimenti in ricerca, innovazione, formazione. Mammuccini spiega quindi come sia “prioritaria la promulgazione della Legge sul bio, che dopo essere stata modificata il 9 febbraio dalla Camera deve adesso tornare in Senato per la definitiva approvazione. Ci auguriamo che si arrivi in tempi molto stretti alla definitiva approvazione di questa norma fondamentale per supportare la transizione ecologica e sostenere il futuro stesso dell’agricoltura italiana”. LEGGI TUTTO

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    Speranza, promuovere Dieta Mediterranea su piano internazionale

    (Teleborsa) – La Dieta mediterranea “migliora le condizioni di salute della popolazione e si accompagna a un aumento del consumo di prodotti salutari come l’ortofrutta. Bisogna lavorare per comunicare i valori della Dieta mediterranea e serve una strategia che promuova questo stile di vita sul piano internazionale, garantendo visibilità e comunicazione”. Lo ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza, intervenendo a un evento di presentazione dello schema di etichettatura nutrizionale “Nutrinform Battery”, proposto dall’Italia nel quadro del negoziato sull’armonizzazione del sistema di etichettatura a livello UE. L’evento, organizzato dalla Farnesina in collaborazione con Federalimentare, riunisce rappresentanti della diplomazia, della politica, delle istituzioni, del settore industriale e del mondo accademico.”Dalla prospettiva della Sanità pubblica è fondamentale indirizzare le strategie politiche per fare leva sugli effetti nutrizionali di una dieta equilibrata. In questo l’Italia è in vantaggio, produzioni agricole e cucina da un lato assicurano qualità organolettica e dall’altro il rispetto di criteri etici e ambientali”, ha detto Speranza ricordando che il modello della Dieta mediterranea “è associato a un migliore profilo nutrizionale e a una bassa incidenza di patologie correlate alla mancanza di nutrienti”. Il ministro ha ricordato che purtroppo anche in Italia sono invalsi negli ultimi anni “stili alimentari meno salutari” legati a una maggiore diffusione dell’obesità, “fattore di rischio per molte malattie. Anche il Covid 19 – ha detto – ha fatto arretrare in misura significativa il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e dobbiamo attuare politiche nutrizionali basate sui principi di una dieta equilibrata e sostenibile”.Quanto al sistema di etichettatura nutrizionale, “dovrebbe facilitare la comprensione delle caratteristiche nutrizionali permettendo l’inserimento dell’alimento all’interno di una dieta varia ed equilibrata. Non bisogna imporre modelli sbagliati come quelli a semaforo – ha detto – il consumatore deve essere informato in modo trasparente e messo in grado di scegliere. Il Nutrinform Battery ci sembra lo strumento più adatto, ha una oggettività che rende l’etichettatura uno strumento efficace e comprensibile per il raggiungimento dei target nutrizionali e del benessere”, ha concluso il ministro.Speranza ha anche spiegato che il ministero sta portando avanti, con il ministero degli Affari Esteri e la rappresentanza presso il Polo romano delle Nazioni Unite, “un progetto per la creazione di un Osservatorio sulla dieta mediterranea, per costruire un presidio a sua costante difesa”. LEGGI TUTTO

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    Dop economy, Ismea: nel 2020 fatturato a 16,6 miliardi, crescono canale GDO e settore trasformati

    (Teleborsa) – Nell’anno segnato dalla pandemia, che ha messo in discussione molti fattori alla base dei sistemi di produzione, distribuzione e consumo, la Dop economy ha confermato il ruolo esercitato nei territori, grazie al lavoro svolto da 200mila operatori e 286 Consorzi di tutela dei comparti cibo e vino. A confermare questi numeri è l’analisi del XIX Rapporto Ismea-Qualivita sul settore italiano dei prodotti DOP IGP che nel 2020 raggiunge 16,6 miliardi di euro di valore alla produzione (-2,0%), pari al 19% del fatturato totale dell’agroalimentare italiano, e un export da 9,5 miliardi di euro (-0,1%) pari al 20% delle esportazioni nazionali di settore. Il documento è stato presentato al Mipaaf con i rappresentanti del settore e delle istituzioni. Si tratta dell’indagine annuale che analizza i valori economici e produttivi della qualità delle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane DOP IGP STG.”Risultati resi possibili dall’impegno di tutto il sistema con azioni di solidarietà, attività di sostegno agli operatori, accordi con i soggetti del mercato e un continuo dialogo con le istituzioni che, riconoscendo la valenza strategica del settore, hanno supportato attraverso apposite misure la continuità produttiva delle filiere DOP IGP, capaci di esprimere un patrimonio economico dei territori italiani per sua natura non delocalizzabile”, si legge in una nota dell’Ismea. LEGGI TUTTO