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    Nestlé, vendite 1° trimestre battono attese grazie ad aumento prezzi

    (Teleborsa) – Nestlé, colosso svizzero del settore alimentare, ha registrato una crescita organica delle vendite pari al 7,6% nel primo trimestre del 2022, con una crescita interna reale (RIG) del 2,4% e un pricing del 5,2%. Gli analisti avevano stimato una crescita del 5%. La crescita è stata generalizzata nella maggior parte delle aree geografiche e delle categorie, con un aumento dei prezzi, un continuo slancio nelle vendite al dettaglio e un’ulteriore ripresa nei canali fuori casa. Il fatturato totale reported è aumentato del 5,4% a 22,2 miliardi di CHF (circa 21,3 miliardi di euro), rispetto ai 21,1 miliardi di CHF del primo trimestre del 2021. Le valute estere hanno ridotto le vendite dello 0,8%. Le dismissioni nette hanno avuto un impatto negativo dell’1,3%.La multinazionale ha confermato le prospettive per l’intero anno 2022, prevedendo una crescita organica delle vendite intorno al 5% e un underlying trading operating profit margin tra il 17% e il 17,5%. L’utile per azione sottostante in valuta costante e l’efficienza del capitale dovrebbero aumentare.”In un contesto difficile, abbiamo ottenuto una forte crescita organica delle vendite con RIG resiliente – ha commentato il CEO Mark Schneider – Abbiamo aumentato i prezzi in modo responsabile e abbiamo riscontrato una domanda sostenuta da parte dei consumatori. L’inflazione dei costi continua ad aumentare notevolmente, il che richiederà ulteriori azioni sui prezzi e azioni di mitigazione nel corso dell’anno”.Nei primi tre mesi dell’anno, Purina PetCare è stato il maggior contributore alla crescita organica guidata dai suoi marchi scientifici e premium Purina ONE, Purina Pro Plan e Fancy Feast, nonché dai prodotti veterinari. Il caffè ha registrato un’elevata crescita a una cifra alimentata dalla continua domanda di Nescafé, Starbucks e Nespresso. Le vendite nel settore dolciario sono cresciute a due cifre, con una forte crescita per KitKat e per i prodotti da regalo. Acqua in crescita a doppia cifra, trainata da un’ulteriore ripresa dei canali out-of-home e dei marchi premium S.Pellegrino e Perrier. La crescita organica delle vendite al dettaglio è stata del 5,9%. All’interno del retail, le vendite di e-commerce sono cresciute del 5%, dopo una crescita molto forte del 39,6% nel primo trimestre del 2021. La crescita organica nei canali out-of-home ha raggiunto il 35,6%, con vendite superiori ai livelli del 2019. LEGGI TUTTO

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    Grano duro, ENEA: “Allo studio nuove varietà tolleranti a siccità, alte temperature e salinità del suolo”

    (Teleborsa) – Accrescere la capacità di risposta e di adattamento del frumento duro agli stress ambientali. Questo l’obiettivo del progetto “Impresa” afferente al programma “Prima”, finanziato dal ministero dell’Università e della Ricerca con oltre 700mila euro, che vede coinvolta l’Italia con Enea e Università della Tuscia (coordinatore), insieme a istituzioni scientifiche di Turchia (Università di Harran), Algeria (Università di Ferhat Abbas Sétif e Centre de Recherche Scientifique et Technique sur les Régions Arides) e Tunisia (Center of Biotechnology of Sfax).”Il grano duro è una coltura alimentare di importanza strategica per l’Italia e per molti Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. E proprio con alcuni di loro – spiega Debora Giorgi, ricercatrice Enea del Laboratorio Biotecnologie e responsabile del progetto per l’Agenzia – stiamo lavorando per rendere questa pianta più tollerante agli stress ambientali, come siccità, alte temperature e salinità del suolo, che a causa dei cambiamenti climatici sono sempre più diffusi, con forti penalizzazioni delle produzioni. Per raggiungere questo risultato stiamo cercando di ampliare la base genetica del grano duro, che è stata fortemente ridotta dalla prolungata selezione per tipi più produttivi in condizioni ottimali di coltivazione. Per farlo attingeremo al grande potenziale naturale presente nelle graminacee selvatiche, affini ai frumenti coltivati, che sono una valida fonte di geni per la tolleranza a condizioni ambientali estreme, perché queste piante non hanno subìto una selezione da parte dell’uomo e si sono adattate in modo naturale all’ambiente circostante”.Grazie all’impiego di strategie di ingegneria cromosomica non-OGM, la coordinatrice del progetto, Carla Ceoloni dell’Università della Tuscia, ha sviluppato linee ricombinanti in cui sono state trasferite quantità variabili del corredo genetico di specie selvatiche tolleranti agli stress ambientali, come ad esempio le specie perenni Thinopyrum ponticum e Thinopyrum elongatum. Tali linee sono state messe a disposizione del team internazionale che ha già iniziato a testarle per selezionare quelle maggiormente resilienti. “Siamo già partiti con i primi test che – sottolinea Giorgi – ci permetteranno di valutare la capacità di resilienza a siccità, alte temperature e salinità del suolo di queste nuove combinazioni di frumento duro e graminacee selvatiche sia in condizioni controllate sia in campo, nei vari ambienti pedo-climatici presenti nei Paesi che hanno aderito al progetto. Questa è una fase fondamentale che ci ‘traghetterà’ a quella successiva, quando trasferiremo le nuove caratteristiche di adattamento a varietà di frumento duro meglio rispondenti alle esigenze di coltivazione dei diversi ambienti e degli utenti finali, come agricoltori e aziende sementiere e di trasformazione”.In particolare, i ricercatori Enea – spiega l’Agenzia in una nota – si stanno occupando dello studio, in condizioni controllate (in serra) e nelle prime fasi di sviluppo della pianta, della risposta allo stress salino di alcune linee ricombinanti di frumento duro/graminacee selvatiche, valutandone la crescita sia in termini di sviluppo della pianta che di proliferazione cellulare. “I risultati ottenuti finora sono molto positivi: la presenza di materiale genetico ‘alieno’, proveniente in particolare dalle specie selvatiche del genere Thinopyrum, nel genoma del frumento duro conferisce alla pianta un vantaggio, con differenze statisticamente significative rispetto ai controlli, in termini di tolleranza alla salinità e anche agli altri tipi di stress ambientali considerati dal progetto – spiega Giorgi –. Ma, oltre allo sviluppo di nuove linee e di future varietà di grano duro stiamo cercando di identificare anche i fattori chiave, come geni, proteine e metaboliti, alla base della risposta del frumento duro e delle graminacee selvatiche alle diverse condizioni di stress. Stiamo utilizzando una tecnicache abbiamo messo a punto nei nostri laboratori e applicato già su specie vegetali complesse come il grano tenero, l’avena e la segale. L’uso di questo approccio ci ha permesso di separare ed isolare i singoli cromosomi contenenti la cromatina ‘aliena’ da tutto il resto del genoma del frumento, così da identificare in modo più mirato la presenza di quei geni e di quelle sequenze di DNA che ci consentiranno di sviluppare varietà resilienti, ecosostenibili ed efficienti nell’uso delle risorse naturali disponibili”.Il sistema agricolo nel suo complesso si trova oggi più che mai coinvolto in importanti sfide: da una parte l’aumento della domanda di cibo a livello mondiale, dall’altra le conseguenze del cambiamento climatico in atto che contribuisce a ridurre la disponibilità di ambienti adeguati per le produzioni alimentari. In particolare, l’aumento delle temperature, la scarsità di risorse idriche, l’erosione e l’alterazione dei suoli rappresentano problematiche emergenti per il Sud d’Italia e per altri Paesi del bacino del Mediterraneo. “In questo scenario – afferma la ricercatrice dell’Enea – appare urgente elaborare un nuovo paradigma per il miglioramento genetico delle specie vegetali e, quindi, un nuovo modello di pianta o ‘ideotipo’ per le colture di interesse agrario. Non solo. Il progetto incoraggerà approcci partecipativi, valorizzando le esperienze locali in conservazione, utilizzazione e gestione delle risorse genetiche vegetali, ad esempio saggiare i materiali genetici anche in sistemi di ‘agricoltura conservativa’ diffusi in Algeria e in Turchia e di crescente interesse per gli operatori cerealicoli dell’Italia meridionale”. LEGGI TUTTO

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    Vinitaly, Intesa Sanpaolo: “Nel Piano d'Impresa 2022-2025 8 miliardi di nuovo credito alle PMI dell'agro-alimentare”

    (Teleborsa) – Lo scenario in cui si muoveranno le imprese italiane del vino si è fatto più complesso dopo lo scoppio della guerra Ucraina-Russia. L’impatto più evidente e immediato è sui prezzi degli input produttivi, in primis quelli energetici, a cui la filiera agro-alimentare risulta particolarmente esposta, sia direttamente sia indirettamente, attraverso i costi della logistica e l’acquisto di materiali energivori. Hanno registrato forti rincari infatti anche molti altri prodotti fondamentali nella filiera, come i fertilizzanti, l’alluminio (gabbiette, tappi), il vetro, il packaging in legno o in cartone. Molte di queste commodities evidenziavano già degli elevati incrementi dei prezzi prima della guerra: spicca il balzo di quasi il 40% per l’alluminio e di oltre il 30% per i fertilizzanti registrato nei primi due mesi del 2022. Questo il quadro tracciato Stefania Trenti, responsabile Industry Research della Direzione Studi nel suo intervento al convegno “Filiera Vitivinicola. Le nuove sfide in un contesto 4.0″, promosso da Intesa Sanpaolo, in occasione del Vinitaly, per presentare la Direzione Agribusiness della banca e uno studio curato dalla Direzione Studi e Ricerche della banca sullo scenario in cui si trovano ad operare le imprese vitivinicole italiane, sempre più mutevole e competitivo e dove export e transizione digitale svolgono un ruolo fondamentale per aumentare qualità, sostenibilità e competitività.L’impatto dei rincari delle bollette energetiche – secondo quanto emerge dallo studio – peserà sui bilanci delle famiglie portando ad una minore dinamica attesa nei consumi, in particolare per quanto riguarda i paesi europei. Spicca la contrazione attesa nei consumi della Russia, paese che con 150 milioni di euro nel 2021, pari al 2,1% del totale esportato, risulta il nostro 12esimo sbocco commerciale. Si tenga, inoltre, conto che – sottolinea Intesa Sanpaolo – circa il 75% dell’export italiano di vino verso la Russia rientra nel pacchetto di sanzioni europee che blocca la vendita di beni di lusso. Tuttavia, – rileva il rapporto – per il mondo del vino la domanda potrà giovarsi dell’effetto positivo della fase di riapertura post-pandemia: nel complesso dei principali sbocchi commerciali del vino Made in Italy le attese sui consumi rimangono orientate ampiamente in positivo, grazie alla riattivazione delle attività sociali e dei movimenti turistici. Le imprese italiane della filiera vitivinicola appaiono ben posizionate per sfruttare al meglio queste opportunità: anche nel 2020, pur in un contesto difficile, gravemente segnato dal contesto pandemico, l’Italia è riuscita a guadagnare quote sui mercati internazionali, avvicinandosi ancora di più alla Francia. Da un gap di quote di mercato pari a 17 punti percentuali nel 2008 si è scesi a 11,3% nel 2019 e a 8,4% nel 2020.I successi del Made in Italy del vino sono diffusi anche sul territorio, con tutti i principali distretti protagonisti di una forte crescita sui mercati internazionali nel corso dell’ultimo decennio. Anche i dati relativi al 2021 evidenziano una forte capacità di recupero con i livelli di export che hanno ampiamente superato quelli pre-pandemia.Dal confronto con il posizionamento francese, emerge ancora un forte potenziale ancora da sfruttare sui mercati asiatici, in primis Giappone e Cina. Per cogliere al meglio queste opportunità – evidenzia il report – occorrerà puntare sempre di più sull’innovazione, fondamentale anche per fronteggiare i cambiamenti climatici e venire incontro alle esigenze dei consumatori che richiedono prodotti sempre più sostenibili.Nuovi trend di consumo stanno emergendo, legati alle nuove generazioni (e non solo) come il vino rosato, che piace sempre di più, o il vino senza alcol, che amplia le occasioni di consumo da parte di quelle fasce di consumatori finora precluse per motivi salutistici o religiosi.Bisognerà continuare, poi, a percorrere la strada della digitalizzazione, sia nei processi produttivi (transizione ad una Agricoltura 4.0), sia nel marketing digitale e nell’e-commerce, sfruttando la visibilità dei siti di enoteche on-line, particolarmente importanti nel contesto altamente frammentato che caratterizza la filiera vitivinicola italiana. Innovazione e digitalizzazione richiedono maggiori investimenti in capitale umano e un maggiore ricambio generazionale: in Italia solo l’8% delle aziende agricole vitivinicole ha un capo under 40 (contro il 15% della Francia). La formazione dovrà saper valorizzare il tema della biodiversità (l’Italia è il primo paese al mondo per numero di vitigni autoctoni), le sinergie tra filiere (enoturismo) e la collaborazione con il mondo della degustazione professionale che richiede esperienza, preparazione e competenze elevate.”Il ritorno del Vinitaly in presenza rappresenta un’occasione unica, soprattutto alla luce dell’attuale contesto, – ha commentato Massimiliano Cattozzi, responsabile della Direzione Agribusiness – per valorizzare l’eccellenza che in Italia vantiamo in ambito enogastronomico attivando sinergie, progettualità e nuovi sbocchi commerciali. In tale senso Intesa Sanpaolo, forte del presidio della Direzione Agribusiness sulle aziende di questo comparto, continua a offrire il proprio supporto. Una vicinanza concreta su temi chiave come la transizione digitale ed ecologica oltre che, per far fronte all’attuale contesto di mercato, il sostegno offerto alle imprese per i fabbisogni di liquidità nei pagamenti e garantirne la continuità produttiva. Nell’arco del Piano d’Impresa 2022-2025 mettiamo a disposizione 8 miliardi di nuovo credito a medio e lungo termine alle piccole e medie imprese dell’agro-alimentare”.Nel suo intervento Cattozzi ha illustrato la Direzione Agribusiness, il centro di eccellenza del Gruppo Intesa Sanpaolo dedicato alle piccole e medie imprese dell’agricoltura, che – con oltre 90mila clienti, circa 13 miliardi di euro di impieghi, 250 punti operativi di cui 85 filiali, si mette a disposizione circa 1.000 professionisti sul territorio – punta a sostenere le enormi potenzialità di uno dei settori produttivi più importanti del Paese. Tra i prodotti e le iniziative specifiche della Direzione Agribusiness, figurano i finanziamenti per nuovi progetti di impianto agricolo/fattorie/innovazione tecnologica/agricoltura di precisione e sostenibilità, ma anche progetti di filiera che attraverso lo strumento del confirming soddisfano l’esigenza di sostenere i fornitori del capo-filiera. Tra i servizi specializzati, il ‘pegno rotativo non possessorio’ che, con oltre 41 milioni di euro già erogati, consente lo smobilizzo del magazzino di prodotti alimentari soggetti a invecchiamento come in particolar modo il vino, ma anche prosciutto crudo, formaggio stagionato e aceto balsamico. Intesa Sanpaolo ha inoltre creato una struttura per lo sviluppo e monitoraggio dei servizi di agritech e di digitalizzazione del mondo agricolo e punta a sviluppare, insieme ad imprese agricole e Consorzi, logiche di crescita sostenibile in coerenza anche con le iniziative previste dal PNRR. In questo ambito, la banca messo a disposizione dei propri clienti gratuitamente una piattaforma digitale Incent Now, frutto della collaborazione con Deloitte, che sarà costantemente aggiornata con le informazioni relative alle misure e ai bandi resi pubblici da enti istituzionali nazionali ed europei nell’ambito della pianificazione del PNRR. Ciascun cliente, inclusi quelli del settore agro alimentare, potrà individuare rapidamente le migliori opportunità sulla base del suo profilo, del suo settore di attività e del suo territorio e raccogliere le informazioni utili per presentare i propri progetti di investimento concorrendo all’assegnazione dei fondi pubblici.In merito all’impegno verso la sostenibilità la Direzione Agribusiness ha concesso erogazioni tramite finanziamenti s-Loan pari a oltre 120 milioni di euro per favorire la transizione green. LEGGI TUTTO

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    Beyond Meat, pollo senza carne in 8.000 nuovi punti vendita

    (Teleborsa) – Beyond Meat, azienda statunitense che produce sostituti per la carne e prodotti caseari a base di vegetali, ha annunciato che sta aumentando significativamente la disponibilità dei suoi Beyond Chicken Tender presso i principali punti vendita al dettaglio in tutti gli Stati Uniti, inclusi supermercati e farmacie. A partire da oggi, il pollo di “finta carne” è disponibile presso selezionati negozi Albertsons, CVS, Sprouts e Whole Foods Market a livello nazionale e arriverà in tutti i negozi Kroger entro fine aprile, per un totale di circa 8.000 nuovi punti vendita. Realizzato con ingredienti a base vegetale, Beyond Chicken Tenders ha il 50% in meno di grassi saturi rispetto al marchio leader di crocchette di pollo impanate tradizionali e non contiene antibiotici, ormoni o colesterolo, evidenzia la società. La proteina usata per la produzione di Beyond Chicken Tenders deriva dalla fava.”Sulla base dello slancio positivo dei nostri recenti lanci, siamo entusiasti di espandere in modo significativo la disponibilità dei nostri Beyond Chicken Tender presentandoci in più posti per i nostri consumatori, dal loro supermercato o farmacia preferita, ai grandi magazzini”, ha affermato Deanna Jurgens, Chief Growth Officer di Beyond Meat. LEGGI TUTTO

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    Ecofin, fallisce accordo su direttiva per tassazione minima multinazionali

    (Teleborsa) – La Polonia torna a mettersi di traverso all’Ecofin, riunitosi in Lussemburgo, sulla direttiva europea che introduce l’aliquota minima del 15% sulle multinazionali, cioè il “secondo pilastro” dello storico accordo Ocse sulla tassazione globale sulle imprese, che necessità del sì unanime deli Ventisette. La Polonia ha mantenuto le sue riserve ed ha posto il veto sulla direttiva, nonostante il notevole sforzo della presidenza di turno francese per risolvere tutte le problematiche sollevate da Varsavia e da altri Paesi europei. Non si è espressa l’Ungheria, che probabilmente si è nascosta dietro a Varsavia per bloccare la direttiva. Dietro l’opposizione dei due stati membri si sospetta un interesse politico a far pesare il proprio veto su un tema di grande interesse per la UE, che ha attivato un meccanismo di condizionalità e bloccato i PNRR dei due Paesi per le mancate riforme del sistema giudiziario (Polonia) e del sistema anti-corruzione (Ungheria).”Dopo cinque anni di lavoro, quando abbiamo risolto tutte le difficoltà tecniche e abbiamo 26 paesi membri che ormai sostengono questa tassazione minima”, ha affermato visibilmente irritato il Ministro francese Bruno Le Maire, chiedendo “quali sono i motivi per cui la Polonia è ancora contraria a un consenso di tutti i paesi membri su quello che rappresenta un progresso significativo in materia di giustizia e di efficacia fiscale a livello internazionale?”. “Manteniamo la nostra posizione secondo cui entrambi i pilastri devono essere considerati come un pacchetto”, ha ribadito la ministra delle Finanze polacca Magdalena Rzeczkowska, aggiungendo “la Polonia vuole introdurre un regime globale equo per impedire l’evasione e l’elusione fiscale, e rimane immutata questa sua dedizione”.Le Maire allora ha espresso il suo “rammarico” per questa posizione ed ha ammesso di non essere “affatto convinto delle argomentazioni addotte dalla Polonia”.Altri Paesi, come Estonia, Svezia, Malta, e Lituania, che in precedenza avevano posto delle riserve, hanno votato a favore della direttiva e ringraziato la presidenza di turno francese per lo sforzo di mediazione e per la soluzione di tutti i “problemi tecnici” che avevano indicato. LEGGI TUTTO

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    Masi Agricola, utile 2021 sale a 5,4 milioni. Cresce il peso dell'Italia

    (Teleborsa) – Masi Agricola, società quotata nell’Euronext Growth Milan e tra i leader italiani nella produzione di vini premium, ha chiuso il 2021 con ricavi netti consolidati 66,4 milioni di euro (51,7 milioni di euro nel 2020, +28,4%), EBITDA pari a 12,9 milioni di euro (5,5 milioni di euro nel 2020), utile netto pari a 5,4 milioni di euro (0,8 milioni di euro nel 2020) e un indebitamento finanziario netto a 2,7 milioni di euro (6,4 milioni di euro al 31 dicembre 2020). Il CdA proporrà all’assemblea la distribuzione di un dividendo unitario ordinario, al lordo delle ritenute di legge, pari a 0,08 euro per azione (totali 2.572.092,48 euro, pari al 51% circa dell’utile netto dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2021).”Il conto economico del 2021 registra il ritorno della performance numerica al pre-Covid, nonostante diversi mesi in cui l’horeca è stata assoggettata a misure restrittive e nonostante la persistente rarefazione dei viaggi internazionali, che continua a penalizzarci nel canale Duty Free, nell’hotellerie di lusso e nelle metropoli – ha commentato il presidente Sandro Boscaini – Questi incoraggianti risultati derivano sia dalla forza del brand, che dall’utilizzo coordinato di tutti i canali distributivi e dalla segmentazione di gamma”.Analizzando il trend dei ricavi a livello geografico si nota il rilevante incremento dell’Italia, che cresce del 51% registrando una quota di oltre il 26% sul totale, una percentuale mai raggiunta dalla quotazione in borsa a oggi. “Riteniamo che questa espansione del mercato domestico rappresenti un fattore strategico estremamente positivo, in quanto in Italia il gruppo distribuisce i propri marchi in modo diretto, senza anelli intermedi della catena del valore”, sottolinea Masi Agricola.Per sopperire agli aumenti dei costi la società ha aumentato il proprio posizionamento-prezzo e conseguentemente i propri listini di vendita, “ma è possibile che nel breve termine il gap non venga pienamente colmato”, viene evidenziato. L’incertezza e l’aumento del costo della vita in generale potrebbero inoltre causare una minore propensione alla spesa da parte dei consumatori. LEGGI TUTTO

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    Patuanelli: su prezzo grano evidenti speculazioni

    (Teleborsa) – “La pandemia è stata una crisi simmetrica che ha colpito tutti i paesi, le filiere e i settori e in qualche modo con un sostegno adeguato il mercato avrebbe potuto superare quella crisi rendendo più forti filiere che erano forti. Questo era un vantaggio per il nostro paese, che avrebbe potuto mettere la testa fuori dal guado prima di altri. La crisi scatenata dal conflitto russo-ucraino invece è asimmetrica, ci sono paesi e settori che la pagano più di altri”.Lo ha detto il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, intervenendo alla conferenza organizzata da Afidop, l’associazione dei formaggi italiani DOP e IGP, contro l’etichetta a semaforo sottolineando che, in particolare, “il costo dell’energia per l’Italia è insopportabile: se oggi non abbiamo la forza di intervenire supportando le imprese con strumenti adeguati, l’asimmetria di questa crisi taglierà fuori dal mercato le nostre imprese e non recupereremo più le fasce di mercato perse”, ha detto. “L’impegno del governo e le misure da mettere in campo – ha proseguito il ministro – devono quindi partire dal presupposto che i paesi più colpiti devono avere la capacità e la possibilità di mettere in campo risorse e strumenti adeguati a chi fa impresa per permettergli di continuare a farla”.Patuanelli ha anche sottolineato che la filiera casearia “è una di quelle che sta pagando il prezzo più alto” degli aumenti di energia e materie prime e l’accordo stipulato al tavolo latte al Mipaaf “ormai segna il passo, visto che il prezzo medio alla produzione è di 0,46-0,47 centesimi a litro”. Quanto al prezzo del grano “ci sono evidentemente speculazioni, è aumentato in modo incomprensibile, come per tute le merci scambiate nei sistemi borsistici”, ha detto Patuanelli, a margine dell’incontro promosso da Afidop, l’associazione dei formaggi italiani DOP e IGP, per dire no al Nutriscore. “A livello europeo dobbiamo incrementare le produzioni interne di mais, grano e soia”, ha aggiunto il ministro ricordando che anche sulla mangimistica “c’è un forte aumento del prezzo legato all’energia. Non c’è per ora alcuna materia prima che non abbia subito un incremento di costi”. “Il decreto sarà pronto quando sarà pronto, ma sicuramente entro la settimana. Serve un intervento che sia percepibile da parte di aziende e cittadini”, ha detto in merito al decreto contro il caro-energia. “Si stanno facendo valutazioni sul costo dei carburanti – ha spiegato Patuanelli – il settore trasporti è in ginocchio e ha grande incidenza anche sul costo delle materie: vanno accelerate le capacità di produrre energia da rinnovabili slegando il prezzo delle rinnovabili da quello del gas” ha aggiunto, spiegando che invece a livello europeo “bisogna mettere un tetto al mercato del gas perchè c’è una speculazione al rialzo immotivata: si deve interrompere questa spirale speculativa”. Il taglio delle accise, ha detto, “è uno degli elementi che stiamo valutando come Governo e non è differibile a mio avviso, come altre tipologie di intervento non solo a livello nazionale ma anche europeo”. LEGGI TUTTO

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    FAO, prezzi generi alimentari potrebbero aumentare del 22% con conflitto

    (Teleborsa) – I cereali saranno pronti per la raccolta a giugno, ma ogni settimana di guerra che passa rende sempre più improbabile che gli agricoltori ucraini saranno in grado di raccoglierli e consegnarli al mercato. Con il conflitto in corso, gli uomini arruolati nell’esercito e il resto delle famiglie in fuga, l’accesso ai campi è difficile, così come l’allevamento di bestiame e pollame o la produzione di frutta e verdura. Inoltre, i porti ucraini sul Mar Nero sono chiusi e, anche se l’infrastruttura del trasporto interno rimane intatta, il trasporto di grano su rotaia è impossibile a causa della mancanza di un sistema ferroviario operativo. È questo lo scenario da incubo per quello che è definito il “granaio d’Europa” e i cui problemi secondo le Nazioni Unite potrebbero far aumentare i costi alimentari globali fino al 22%.Un nuovo report della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, analizza l’importanza dell’Ucraina e della Russia per i mercati agricoli globali ei rischi associati all’attuale conflitto. Entrambi i paesi sono esportatori netti di prodotti agricoli e svolgono ruoli di primo piano nell’approvvigionamento nei mercati globali di prodotti alimentari e fertilizzanti, dove le forniture esportabili sono spesso concentrate in una manciata di paesi. “Questa concentrazione potrebbe esporre questi mercati a una maggiore vulnerabilità agli shock e alla volatilità”, sottolinea la FAO. Nel 2021, la Federazione Russa o l’Ucraina (o entrambe) si sono classificate tra i primi tre esportatori mondiali di grano, mais, colza, semi di girasole e olio di girasole, mentre il paese guidato da Vladimir Putin è stato anche il primo esportatore mondiale di fertilizzanti azotati e il secondo fornitore di fertilizzanti potassici e fosforici.Le simulazioni della FAO che misurano i potenziali impatti di un’improvvisa e drastica riduzione delle esportazioni di cereali e semi di girasole da parte dei due paesi indicano che queste carenze potrebbero essere solo parzialmente compensate da fonti alternative durante la stagione di commercializzazione 2022/23. “La capacità di molte di queste alternative di aumentare la produzione e le spedizioni può essere limitata dagli elevati costi di input di produzione – viene sottolineato – È preoccupante che il conseguente divario di approvvigionamento globale potrebbe far aumentare i prezzi internazionali di alimenti e mangimi dall’8 al 22% al di sopra dei livelli già elevati”.Se il conflitto mantiene i prezzi del greggio a livelli elevati e prolunga la ridotta partecipazione alle esportazioni globali dei due paesi oltre la stagione 2022/23, rimarrebbe un notevole divario di offerta nei mercati globali di grano e semi di girasole, anche se i paesi produttori alternativi espandono la loro produzione in risposta ai prezzi più elevati. Ciò manterrebbe i prezzi internazionali elevati ben al di sopra dei livelli di base.”L’intensità e la durata del conflitto rimangono incerte – ha commentato il direttore generale della FAO Qu Dongyu – Le probabili interruzioni delle attività agricole di questi due principali esportatori di materie prime di base potrebbero gravemente aggravare l’insicurezza alimentare a livello globale, quando i prezzi internazionali dei prodotti alimentari e dei fattori di produzione sono già elevati e volatili. Il conflitto potrebbe anche limitare la produzione agricola e il potere d’acquisto in Ucraina, portando a una maggiore insicurezza alimentare a livello locale”. LEGGI TUTTO