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    Ucraina, partiti primi treni carichi di grano verso Medio Oriente

    (Teleborsa) – I primi treni con il grano ucraino “sono partiti dalla Crimea diretti in Medio Oriente”. Lo ha dichiarato il responsabile dell’amministrazione russa nella regione ucraina occupata di Zaporizhia, Yevgeni Balitsky, intervistato dall’emittente televisiva Rossiya 24. Balitsky non ha specificato quali Paesi mediorientali fossero i destinatari del carico, limitandosi ad affermare che “si tratta di un mercato tradizionale per l’Ucraina”.Proprio oggi il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, è volato in Turchia per discutere della creazione di corridoi marittimi per facilitare il commercio di grano nel Mar Nero. E ha dichiarato che Mosca è pronta a garantire il passaggio sicuro delle navi provenienti dall’Ucraina. “Siamo pronti a garantire la sicurezza delle navi che lasciano i porti ucraini e si dirigono verso gli stretti. Siamo pronti a farlo in collaborazione con i nostri colleghi turchi”, ha detto Lavrov durante una conferenza stampa ad Ankara, in Turchia, con il suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu.”L’impatto della guerra sulla sicurezza alimentare, l’energia e la finanza è sistemico, grave e sta accelerando”: dice, intanto, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, presentando il secondo rapporto sulle ripercussioni del conflitto ucraino.Intanto, il Presidente del Consiglio, Mario Draghi è atteso all’Eliseo dove avrà questa sera una cena di lavoro con il Presidente francese Emmanuel Macron. L’incontro, fa sapere palazzo Chigi, “sarà l’occasione per fare il punto sui dossier cruciali dell’agenda europea in vista dei prossimi appuntamenti: i Vertici del G7 e della Nato in programma a fine mese e il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno a Bruxelles”.Al centro del colloquio, “gli sviluppi della guerra in Ucraina e il sostegno a Kiev, la sicurezza alimentare, il rafforzamento dell’autonomia europea in materia di Difesa e di Energia, nell’ottica di una strategia energetica diversificata e di una minore dipendenza energetica dalla Russia”.”Dopo la crisi causata dalla pandemia e gli importanti segnali di ripresa anche nei comparti dei servizi, del commercio, del turismo, l’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina sta generando un nuovo momento di arresto e involuzione”. Lo scrive il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato in occasione dell’Assemblea generale di Confcommercio. LEGGI TUTTO

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    Amadori, fatturato sale del 10% nel 2021. Obiettivo 1,7 miliardi nel medio termine

    (Teleborsa) – Amadori, gruppo agroalimentare leader nel settore avicolo, ha chiuso il 2021 con un fatturato pari a 1.362 milioni di euro, in crescita del 10,5% (o 130 milioni) rispetto all’anno precedente. L’EBITDA si è assestato a 86 milioni di euro, il patrimonio netto a 296 milioni di euro, gli investimenti a 95 milioni di euro e l’utile netto a 18,7 milioni di euro.”Il trend positivo è stato guidato dalle vendite nel canale moderno (+4,7%) e da una ripresa (+0,6%) del canale tradizionale, che tuttavia non è ancora tornato ai numeri pre-pandemia – ha commentato l’AD Francesco Berti – Il fuoricasa ha registrato una importante accelerazione (+16,9%), anche se non ha recuperato il ritardo accumulato nel periodo delle chiusure 2020″.Da sempre specialista del settore avicolo, con una quota di mercato di circa il 30% sul totale carni avicole in Italia, Amadori sta estendendo la propria offerta a tutto il campo delle proteine: bianche, rosa e verdi. Nel 2021 ha presentato importanti novità di prodotto, entrando nel segmento della colazione e della merenda con i nuovi impasti freschi per pancake, e rafforzando la sua leadership nel segmento degli impanati snack con il lancio delle nuove Birbe Pops.Per i prossimi anni, il gruppo conferma le linee guide strategiche di ampliamento dell’offerta di prodotti a base proteica e il conseguente piano strategico di investimenti con l’obiettivo di medio periodo di raggiungere gli 1,7 miliardi di fatturato, consolidando il modello di filiera 100% italiana, integrata e sostenibile.Rispetto alle previsioni, “il 2022 mostra diverse incognite, dall’aumento generalizzato dei costi di produzione all’emergenza aviaria”, si legge in una nota. Nonostante ciò il gruppo di Cesena conferma gli obiettivi di crescita anche attraverso maggiori investimenti in comunicazione. LEGGI TUTTO

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    Campbell Soup aumenta stime ricavi per solida domanda e aumento prezzi

    (Teleborsa) – Campbell Soup, storica azienda conserviera statunitense famosa per le sue zuppe, ha registrato vendite nette in aumento del 7% rispetto all’anno precedente, a 2,13 miliardi di dollari, nel terzo trimestre dell’anno fiscale 2022 (terminato il 1 maggio 2022). Le vendite nette organiche sono salite del 9%. Prezzi guidati dall’inflazione e abbuoni di vendita hanno avuto un impatto pari al +11%, rispetto a diminuzioni di volume compensati del -3%. Il margine lordo rettificato è aumentato di 90 punti base al 31,5% a causa di azioni sui prezzi guidate dall’inflazione, miglioramenti della produttività della catena di approvvigionamento e iniziative di risparmio sui costi. L’utile netto attribuibile alla società è salito a 188 milioni di dollari, o 62 centesimi per azione, da 160 milioni di dollari, o 52 centesimi per azione, un anno prima. L’utile per azione rettificato è aumentato del 37% a 0,70 dollari. Il mercato, secondo dati di Refinitiv, si aspettava un utile per azione di 0,61 dollari su vendite per 2,05 miliardi di dollari.”Come previsto, nel trimestre abbiamo avuto una forte ripresa in tutto il business con una crescita delle vendite, trainata dalla domanda sostenuta dei consumatori per i nostri marchi e un’offerta notevolmente migliorata – ha commentato il CEO Mark Clouse – La nostra catena di approvvigionamento migliorata, insieme all’azione sui prezzi, ha iniziato a mitigare la pressione sui margini che abbiamo subito negli ultimi 12 mesi”. “Sebbene l’ambiente operativo rimanga difficile e continuiamo ad aspettarci un’inflazione significativa, stiamo aumentando le nostre prospettive di vendita nette per l’intero anno fiscale 2022 e riaffermando la nostra precedente guida sull’EBIT rettificato e sull’EPS rettificato”, ha aggiunto. La società prevede ora un aumento delle vendite nette organiche dell’anno fiscale 2022 tra l’1% e il 2%, rispetto alla sua precedente stima di un range compreso tra -1% e +1%.(Foto: CC BY-SA 3.0) LEGGI TUTTO

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    Ucraina, Lavrov ad Ankara per discutere delle esportazioni di grano ucraino

    (Teleborsa) – Il ministro della Difesa della Turchia, Hulusi Akar, e l’omologo russo, Sergej Shoigu, hanno avuto oggi un colloquio telefonico in merito alla “navigazione in sicurezza nel mar Nero in relazione alla risoluzione del problema dell’esportazione del grano dal territorio dell’Ucraina”. La notizia è stata diffusa dal Ministero della Difesa di Ankara, citato da Anadolu. Durante la telefonata, su richiesta della Turchia, Akar ha sottolineato l’importanza di arrivare urgentemente a un cessate il fuoco in Ucraina per ripristinare la stabilità nella regione. È atteso per domani invece un incontro sul tema dei ministri degli Esteri dei due Paesi, Secondo quanto riportato da un corrispondente dell’agenzia di stampa russa Tass, il ministro russo Sergei Lavrov è arrivato in visita ufficiale ad Ankara dove domani avrà un colloquio con il suo omologo turco Mevlut Cavusoglu proprio sullo sblocco del trasporto del grano ucraino via mare.Nel frattempo il Guardian, citando il vice ministro dell’Agricoltura ucraino, Taras Vysotskyi, ha segnalato che il piano turco per aprire un corridoio sicuro per le navi cariche di grano ucraino attraverso il Mar Nero potrebbe essere ostacolato dal problema dello sminamento. Vysotskyi ha infatti riferito che ci vorranno sei mesi per togliere tutte le mine.Sullo sfondo la notizia del giorno è stata l’attacco diretto del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo ed ex presidente della Federazione russa, Dmitry Medvedev, contro i nemici della Russia definiti “bastardi e imbranati”. “Mi viene spesso chiesto perché i miei post sono così duri – ha scritto Medvedev sul suo canale Telegram –. La risposta è che li odio. Sono bastardi e imbranati. Vogliono la nostra morte, quella della Russia. E finché sono vivo, farò di tutto per farli sparire”. Le parole dell’autorità russa sono state condannate anche dal ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio. “Gravissime e pericolose le affermazioni di Medvedev. Sono parole inaccettabili, che ci preoccupano fortemente anche perché arrivano dal vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo. Non è un segnale di dialogo, non è un’apertura verso un cessate il fuoco, non è un tentativo di ritrovare la pace, ma sono parole inequivocabili di minaccia verso chi sta cercando con insistenza la pace”, ha commentato in una nota Di Maio. “È doveroso – ha aggiunto – smettere di alimentare tensioni con provocazioni e minacce. Le affermazioni che arrivano oggi, invece, non lasciano dubbi e allontanano da parte russa la ricerca della pace. Piuttosto danno linfa a una campagna d’odio contro l’Occidente, contro quei Paesi che stanno cercando con insistenza la fine delle ostilità in Ucraina”. LEGGI TUTTO

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    Agricoltura, ISMEA: balzo dei costi produttivi

    (Teleborsa) – I costi agricoli sono lievitati del 18,4% nei primi tre mesi del 2022, dopo aver chiuso il 2021 con un incremento del 6%. E per la zootecnia va ancora peggio, con un incremento dei costi produttivi del 16,6% nel primo trimestre dell’anno. E’ quanto evidenzia l’Ismea, che sta monitorando l’impatto della crisi internazionale dei prezzi sulle singole voci di spesa nel settore primario nazionale e che, nei prossimi giorni, renderà disponibile il report: “I costi correnti di produzione dell’agricoltura: dinamiche di breve e lungo termine, effetti degli aumenti dei costi e prospettive per le imprese della filiera”. Per l’aggregato delle colture vegetali, dove pesano soprattutto i salari, i prodotti energetici, i fertilizzanti e le sementi, si registra nel primo trimestre 2022 un aggravio dei costi sostenuti dagli agricoltori del 20,4% su base annua (dopo il + 5,7% del 2021). I rincari, guidati dagli incrementi record dell’energia (+50,6%) e dei fertilizzanti (+36,2%), hanno investito tutti i settori seppur con intensità differente a seconda della combinazione dei fattori produttivi, risultando piu’ accentuati nel caso delle coltivazioni industriali, dei semi oleosi e delle colture cerealicole, anche se il contestuale aumento dei prezzi di vendita ha protetto, almeno fino ad ora, le marginalità. Per la zootecnia, nel primo trimestre del 2022, gli esborsi degli allevatori sono aumentati del 16,6% su base annua, registrando un’ulteriore spinta dopo il +6,4% del 2021, di riflesso agli incrementi dei prezzi degli animali da allevamento (+9,8%) e dei mangimi (+21%) oltre che dei prodotti energetici (+61,5%). In questo caso la dinamica dei prezzi di vendita ha dimostrato di non essere sempre in grado di assorbire i maggiori costi, esponendo gli allevatori all’erosione dei margini. Tra i vari comparti, avicoli, uova e bovini da latte risultano i settori più colpiti dagli incrementi dei costi produttivi, con i primi, tuttavia, in qualche modo avvantaggiati dall’alto livello di integrazione verticale. Ma l’attuale crisi dei prezzi sta investendo tutti gli anelli della filiera agroalimentare, dalla produzione primaria alla trasformazione industriale sino al consumo finale, configurandosi come un evento di portata straordinaria.Per indagare gli impatti sull’intera filiera dei rincari e delle difficoltà di approvvigionamento che le aziende stanno fronteggiando, Ismea ha condotto un’indagine su un campione di 795 aziende del settore primario e 586 imprese di prima e seconda trasformazione alimentare, in occasione della consueta rilevazione trimestrale del clima di fiducia presso i due panel. Il risultato più evidente è un brusco calo della fiducia degli operatori, con un pessimismo più marcato da parte delle aziende agricole, rispetto alle industrie e, nell’ambito dell’agricoltura, un deterioramento della fiducia più accentuato nelle imprese zootecniche. LEGGI TUTTO

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    FAO, previsto calo produzione cerealicola mondiale

    (Teleborsa) – Le prime prospettive per la produzione cerealicola mondiale nel 2022 indicano una probabile diminuzione, la prima in quattro anni, a 2.784 milioni di tonnellate, in calo di 16 milioni di tonnellate rispetto alla produzione record stimata per il 2021. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto della Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), sull’offerta e la domanda di cereali, rilasciato oggi. Previsti in calo anche i consumi.Il calo maggiore è previsto per il mais, seguito da frumento e riso, mentre probabilmente aumenterà la produzione di orzo e sorgo. Le previsioni si basano sulle condizioni delle colture già nel terreno e sulle intenzioni di impianto per quelle ancora da seminare. Si prevede inoltre che l’utilizzo mondiale dei cereali diminuirà marginalmente nel 2022/23, di circa lo 0,1% dal 2021/22 a 2.788 milioni di tonnellate, segnando la prima contrazione in 20 anni. Il calo deriva principalmente dalle diminuzioni previste nell’uso dei mangimi di grano, cereali grossolani e riso, mentre si prevede un aumento del consumo alimentare globale di cereali, al passo con l’andamento della popolazione mondiale.Si prevede che il commercio mondiale di cereali diminuirà del 2,6% dal livello del 2021/22 a 463 milioni di tonnellate, un minimo da tre anni, anche se le prospettive per il commercio internazionale di riso rimangono positive. Le nuove previsioni indicano anche un calo delle scorte, con il risultato che il rapporto tra stock di cereali e consumo è sceso al 29,6% nel 2022/23 dal 30,5% nel 2021/2022. Questo nuovo livello sarebbe il più basso degli ultimi nove anni, ma comunque ben al di sopra del minimo del 21,4% registrato nel 2007/08. Si prevede che la diminuzione delle scorte di mais guiderà il calo, mentre le scorte di grano dovrebbero aumentare. A maggio l’indice Fao dei prezzi internazionali alimentari scende per oli vegetali e prodotti lattiero-caseari, mentre cresce per il grano, il riso e la carne di pollame. Secondo quanto riportato oggi dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, i prezzi mondiali delle materie prime alimentari nel complesso sono leggermente diminuiti a maggio per il secondo mese consecutivo. L’Indice Fao dei prezzi alimentari ha raggiunto una media di 157,4 punti a maggio 2022, in calo dello 0,6% rispetto ad aprile. L’indice, che tiene traccia delle variazioni mensili dei prezzi internazionali di un paniere di materie prime alimentari comunemente scambiate, e’ rimasto del 22,8% in piu’ rispetto a maggio 2021. L’Indice FAO dei prezzi dei cereali è aumentato del 2,2% rispetto al mese precedente, guidato dai prezzi del grano, che sono aumentati del 5,6% rispetto ad aprile e del 56,2% rispetto al valore corrispondente dell’anno precedente. I prezzi internazionali del grano, in media solo dell’11% al di sotto del record raggiunto nel marzo 2008, sono aumentati in risposta a un divieto di esportazione annunciato dall’India e alle preoccupazioni per le condizioni dei raccolti in diversi principali paesi esportatori, nonchè per le ridotte prospettive di produzione in Ucraina a causa della guerra. LEGGI TUTTO

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    Agroalimentare, Sace: “Italia al nono posto tra gli esportatori mondiali e all'ottavo tra gli importatori”

    (Teleborsa) – Sono pochi grandi attori a dividersi la torta degli scambi internazionali di agroalimentare. L’export globale del settore vale 1.550 miliardi di euro, ma per il 70% e` generato da 20 geografie: in testa gli Stati Uniti (9,6% del totale, con 148 miliardi di euro), seguiti da Paesi Bassi, Brasile, Germania e Francia. Se a livello di esportazioni tra i principali attori sono presenti numerosi Paesi emergenti, per l’import globale si osserva, invece, una netta prevalenza dei Paesi avanzati (solo gli emergenti Cina, Messico, Russia e India sono tra i primi 15 importatori). L’Italia, forte di un alto valore di vendite estere di prodotti lavorati (vini e spiriti su tutti) – a fronte di un import composto in larga misura da prodotti agricoli o comunque in fasi iniziali di lavorazione – presenta un saldo commerciale in positivo (4,6 miliardi di euro) e si posiziona al nono posto tra gli esportatori mondiali e all’ottavo tra gli importatori. Questo il quadro che emerge dal Focus On “Agroalimentare: Italia, una (pen)isola felice”, un’analisi sull’export del settore realizzata dall’ Ufficio Studi di Sace a cura di Marina Benedetti, Francesca Corti, e Cecilia GuagniniL’agrifood italiano – si legge nel rapporto – e` caratterizzato da un tessuto imprenditoriale composto in prevalenza da piccole imprese dalla buona dinamicita` oltreconfine: nel 2021 l’export italiano del settore ha raggiunto la soglia record di 52 miliardi di euro, grazie soprattutto al traino di alimentari e bevande (+11,6%), ma la performance e` stata positiva anche per i prodotti agricoli (+8,8%). Oltre agli storici mercati tradizionali di punta come Germania e Stati Uniti, ottime prospettive arrivano da geografie in crescita come Cina, Corea del Sud e, con le dovute cautele, la Polonia.Secondo l’analisi di Sace il 2022 si prospetta essere un anno ancora di crescita (+19,5% tra gennaio e marzo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), pur mostrando rischi al ribasso legati alle incognite del contesto internazionale e agli aumenti di prezzo delle materie prime agricole.Nel 2021 l’export complessivo di vino, olio d’oliva e pasta ha rappresentato il 22,4% del totale export agroalimentare, attestandosi a 11,7 miliardi di euro (+7% rispetto al 2020). Continua – rileva Sace – la dinamica di crescita dei consumi futuri, con presidi dell’export italiano piu` o meno consolidati. Se vino e pasta presentano una maggiore eterogeneita`, il comparto dell’olio d’oliva mostra una forte concentrazione internazionale, con un netto divario tra le prime quattro principali destinazioni dell’export italiano e le restanti.Anche per un settore cosi` virtuoso il futuro – evidenzia il focus – prospetta importanti sfide strutturali. L’agrifood rappresenta, infatti, un canale per una sempre maggiore sostenibilita`: l’Europa si sta muovendo per accelerare la transizione verso un sistema alimentare sostenibile rendendolo equo, sano e rispettoso dell’ambiente. L’Agricoltura 4.0 prevede macchinari agricoli connessi e blockchain, elementi che rendono la filiera piu` efficiente, sostenibile, responsabile e trasparente.Il conflitto tra Russia e Ucraina e le sue conseguenze economiche – sottolinea il rapporto – hanno portato a un deterioramento del mercato delle materie prime agricole a cui si sommano condizioni meteo non favorevoli, rincari dei costi di fondamentali input produttivi per la filiera agroalimentare, quali energia e fertilizzanti, e strozzature nella logistica. Russia e Ucraina, insieme, forniscono piu` del 30% dell’export mondiale di grano, circa il 20% di quelle di mais e l’80% di olio di girasole. L’esposizione italiana a tali beni e` riferibile al 50% di olio di girasole, al 17% di mais e circa al 4% di grano.In tale scenario “le imprese del settore – conclude Sace – dovranno, quindi, far fronte a cali di redditivita` e adottare soluzioni per divenire nel tempo meno vulnerabili a shock di mercato, soluzioni che potranno contare anche sul supporto di Sace”. LEGGI TUTTO

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    S&P, aumento prezzi alimentari destabilizza Nord Africa e Medio Oriente

    (Teleborsa) – L’aumento dei prezzi delle materie prime, a causa del conflitto Russia-Ucraina, sta spingendo al rialzo l’inflazione dei prezzi alimentari nelle economie del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA) e potrebbe portare a destabilizzazioni sociopolitiche. In particolare, sono cinque i paesi MENA – Egitto, Giordania, Libano, Marocco e Tunisia – più colpiti dalle ricadute economiche del conflitto, perché le loro economie dipendono in modo significativo dalle importazioni di cibo o energia (o da entrambi), e si procurano gran parte del la loro fornitura di cereali dalla Russia e dall’Ucraina. Lo afferma un nuovo report di S&P Global Ratings sul tema.Date le pressioni sociali, gli economisti dell’agenzia di rating credono che i governi di questi paesi “dovranno ricorrere a programmi fiscali per attutire l’impatto e prevenire il malcontento sociale, sia attraverso sussidi che altre forme di sostegno”. Tutto ciò sembra ormai inevitabile visto il peso sulla scena agroalimentare dei paesi coinvolti nel conflitto. Russia e Ucraina insieme rappresentano quasi il 60% delle esportazioni globali di olio di girasole, oltre il 25% di grano e quasi il 15% di mais. Inoltre, Russia e Bielorussia sono importanti produttori di fertilizzanti.Secondo S&P, Libano e Giordania sono le più esposte, in quanto spendono oltre il 10% del PIL per l’energia e le importazioni alimentari. Le importazioni di cibo e, soprattutto, di energia sono significative anche per la Tunisia. La bolletta delle importazioni di energia del Marocco è una delle più grandi come quota del PIL all’interno del campione di 35 mercati emergenti (EM) a livello globale oggetto dell’analisi. Viene comunque sottolineato che la posizione del Marocco come grande esportatore di potassio contribuisce in qualche modo ad alleviare questo problema. Tuttavia, la sua economia è sicuramente vulnerabile agli sviluppi in corso nei mercati alimentari, data la sua elevata dipendenza dalle importazioni di cereali. L’Egitto è recentemente diventato un esportatore di gas, ma è potenzialmente molto vulnerabile all’aumento dei prezzi dei generi alimentari.L’analisi ricorda che ci sono numerosi studi empirici che collegano l’aumento dei prezzi alimentari internazionali con una maggiore probabilità di instabilità sociopolitica, inclusi disordini, proteste e conflitti violenti. Gli esempi fatti da S&P includono le rivolte del pane del 1977 in Egitto, le rivolte del 1984 in Marocco note anche come l’intifada del pane, le proteste del 1989 in Giordania e le proteste del 2008 che si sono verificate in gran parte nella regione. Anche le proteste della Primavera Araba del 2011 hanno coinciso con forti aumenti dei prezzi dei generi alimentari. “Mentre altri fattori importanti sono stati anche alla base dei disordini sociali nel 2011-2012, come l’elevata disoccupazione giovanile, la disparità di reddito e il malcontento generale nei confronti dei sistemi politici di allora, l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, in particolare il costo del pane, è considerato uno dei fattori che hanno scatenato proteste di massa”, si legge nella ricerca. LEGGI TUTTO