(Teleborsa) – Le imprese familiari italiane mostrano una solidità patrimoniale e una sostenibilità finanziaria migliore rispetto alle non familiari, a fronte di una marginalità e di una propensione a investire molto simili, sono meno rischiose (la probabilità di default media è del 5,78% contro il 6,3%, con una differenza dell’8%), soprattutto quelle che esportano di più. In compenso, dovrebbero lavorare sugli aspetti legati alla sostenibilità, in particolare nella governance, anche perché a una più alta classe di sostenibilità corrisponde un minor rischio di credito. È quanto emerge da uno studio condotto su dati di giugno 2024 da Cerved Rating Agency, l’agenzia di rating italiana specializzata nel merito creditizio delle imprese e nella misurazione delle performance ESG, presentato durante il webinar “ESG Connect Insight Series – Merito creditizio e profilo di sostenibilità delle imprese familiari”.”Oltre 4 imprese su 5 in Italia sono espressione del capitalismo familiare e quando la dimensione di impresa aumenta il fenomeno rimane significativo, con oltre il 40% delle imprese grandi che risultano di proprietà di famiglie – afferma Fabrizio Negri, amministratore delegato di Cerved Rating Agency –. Per questo motivo abbiamo avviato uno specifico ambito di ricerca sul tema, dal quale emergono alcune evidenze interessanti. Le imprese familiari tendono ad essere meno rischiose di quasi il 10% e mostrano inoltre come la predisposizione verso i mercati internazionali possa essere un elemento di resilienza. Tuttavia, emerge un gap di sostenibilità nella componente che riguarda la governance”.Secondo i dati Istat, il sistema produttivo italiano è costituito per circa l’81% da imprese a controllo familiare (dall’83,3% delle microimprese al 41,6% delle grandi, soprattutto nei servizi turistici, nelle costruzioni, nel commercio, nel tessile e abbigliamento) che dunque rappresentano una fetta cospicua del nostro tessuto economico. Da qui l’interesse ad analizzarle sotto una duplice lente, quella creditizia e quella legata alla sostenibilità. Per farlo sono state individuate, nell’ambito delle oltre 14mila imprese che a giugno detenevano un rating valido emesso da CRA, le oltre 7mila a carattere familiare, che occupano più di 940mila addetti e generano un fatturato complessivo di 400 miliardi di euro.Comparando le performance di bilancio delle imprese familiari con quelle non familiari, entrambe fornite di rating creditizio, emerge come le prime abbiano una solidità patrimoniale maggiore (patrimonio netto/attivo 32,8% contro 29,6%), una migliore capacità di sostenere gli oneri finanziari tramite il proprio risultato operativo (ebit interest coverage 6.9x contro 5.3x), una marginalità simile (ebitda margin 8,2% contro 8,0%) e una propensione agli investimenti equivalente (capex su ricavi 2.1% contro 2.2%). Unico neo la minor crescita dei ricavi, come mostra l’analisi dei bilanci degli ultimi 3 anni disponibili.Ampliando l’analisi al merito creditizio, emerge come le imprese familiari risultino meno rischiose, in tutte le dimensioni aziendali tranne le microimprese e in tutti i settori tranne l’energy: a giugno 2024, la probabilità di default media era infatti di 5,78% contro 6,3%, con una maggior quota di aziende investment-grade, cioè con rating minimo pari a B1.2. Questo è tanto più vero quanto più le imprese familiari mostrano una propensione ai mercati esteri, come si evince combinando i rating creditizi con uno specifico export score elaborato da Cerved. Il fenomeno è evidente soprattutto per le grandi imprese (le esportatrici hanno una probabilità di default di 2,9% contro il 4% delle altre) e le medie imprese (5,1% contro 5,9%). Il fenomeno trova conferma anche considerando i due gruppi negli ultimi 4 anni: il differenziale di probabilità di default va da 1,75 punti percentuali del 2021 a 1,96 di giugno 2024.Le imprese familiari e la sostenibilitàLa seconda area che lo studio ha indagato riguarda il profilo di sostenibilità: sfruttando un campione di oltre 2mila imprese con valutazione ESG effettuata da Cerved Rating Agency e analizzando le tre componenti E, S e G, emerge che riguardo al fattore “environment” le imprese familiari italiane presentano una valutazione media leggermente superiore a quella delle non familiari (46 contro 45,3), mentre è di poco inferiore nel “social” (61,2 contro 62,2). Dove le imprese familiari potrebbero migliorare, avviando percorsi virtuosi di crescita in chiave sostenibile, invece, è sotto l’aspetto della “governance”, che mostra il gap più significativo (51,6 contro 55,7). Infine, è stata prodotta un’analisi di correlazione fra rischio di credito e classe di sostenibilità da cui si evince che la probabilità di default è più bassa per le imprese familiari con sostenibilità alta, maggiormente presenti al Nord: 49% del totale delle aziende esaminate, contro il 34% del Centro e il 29% del Sud, dove si riscontra il gap maggiore (dal 5,48% di rischio delle imprese virtuose all’8,35% di quelle meno sostenibili). LEGGI TUTTO