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    OPEC taglia ancora le previsioni sulla domanda di petrolio. Pesano Cina e India

    (Teleborsa) – L’Organizzazione dei Paesi Esportatori del Petrolio (OPEC) ha tagliato le previsioni di crescita della domanda globale di petrolio per il quarto mese consecutivo. In particolare, la previsione per il 2024 è stata rivista al ribasso di 107.000 barili al giorno (tb/d) rispetto all’ultima valutazione, attestandosi a un “sano” 1,8 milioni di barili al giorno (mb/d), anno su anno. Sono state apportate revisioni al rialzo per le Americhe OCSE, l’Europa OCSE e diverse regioni non OCSE – dati i dati effettivi ricevuti – mentre Cina, India, Altra Asia, Africa e Altra Eurasia hanno richiesto revisioni al ribasso, si legge nel Monthly Oil Market Report, il documento mensile che analizza i trend di mercato.L’OPEC prevede che la domanda di petrolio nell’OCSE crescerà di circa 0,2 mb/d, principalmente dalle Americhe OCSE, sostenuta da una crescita marginale dall’Europa OCSE e dalla regione Asia-Pacifico. Nei paesi non-OCSE, la crescita della domanda di petrolio è prevista di circa 1,7 mb/d, anno su anno, guidata dalla Cina e sostenuta da India, altri paesi dell’Asia, Medio Oriente e America Latina.Inoltre, prevede che la domanda mondiale totale di petrolio raggiungerà i 104,0 mb/d nel 2024, sostenuta da una forte domanda di carburante per i trasporti e da una continua crescita economica sana, in particolare in diversi paesi non-OCSE. Analogamente, si prevede che le aggiunte di capacità di raffinazione e i margini petrolchimici, principalmente in Cina e Medio Oriente, contribuiranno alla crescita della domanda di petrolio.La previsione per la crescita della domanda globale di petrolio nel 2025 è stata ridotta di 103 tb/d a 1,5 mb/d, anno su anno, segnando comunque un aumento “molto sano rispetto alle norme pre-pandemia”. Si prevede che l’OCSE crescerà di 0,1 mb/d, anno su anno, mentre si prevede che la domanda nei paesi non-OCSE aumenterà di 1,4 mb/d. Si prevede che la domanda di petrolio nei paesi non-OCSE sarà guidata principalmente dalle richieste della Cina, supportata da Medio Oriente, India, altri paesi dell’Asia e America Latina.Il cartello prevede che la crescita sarà sostenuta da “una forte domanda di viaggi aerei e da una sana mobilità su strada, inclusi diesel e autocarri su strada, nonché da sane attività industriali, edilizie e agricole nei paesi non-OCSE”. Analogamente, prevede che le aggiunte di capacità e i margini petrolchimici continueranno a contribuire alla crescita della domanda di petrolio.In termini di prodotti, l’OPEC prevede che la domanda di petrolio nel 2025 sarà guidata principalmente dalle richieste di jet/cherosene, seguite dalla benzina. Si prevede che anche il GPL registrerà una crescita apprezzabile e si prevede che il diesel registrerà una ripresa dai livelli più bassi nel 2024. La nafta e i combustibili residui cresceranno marginalmente. LEGGI TUTTO

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    Iren, margini 9 mesi in crescita. Via libera ad aumento di capitale in Egea Holding

    (Teleborsa) – Nei primi nove mesi dell’anno Iren ha registrato una crescita dell’8% del Margine Operativo Lordo (EBITDA) e del 9% dell’Utile netto. “Tali risultati positivi – ha spiegato la società in una nota – sono stati sostenuti principalmente dall’adeguamento dei parametri regolatori, dalla piena contribuzione del portafoglio clienti grazie all’efficacia della strategia commerciale, e dall’incremento del 31% dei volumi di energia rinnovabile”. L’EBITDA ha raggiunto i 924 milioni di euro, l’utile netto di gruppo i 193 milioni di euro.Indebitamento finanziario netto pari a 4,1 miliardi di euro. Investimenti tecnici sono risultati pari a 560 milioni di euro (+2%).I ricavi consolidati al 30 settembre 2024 si attestano a 4.156,6 milioni di euro in diminuzione del -10,2% rispetto ai 4.626,2 milioni di euro dei primi nove mesi del 2023. “I principali fattori di contrazione del fatturato sono riferibili ai ricavi energetici, influenzati per circa 270 milioni di euro dalla riduzione dei prezzi delle commodities e per circa 40 milioni dai minori consumi unitari ed effetti climatici, fattori che hanno ridotto le vendite energetiche”, ha spiegato Iren.”I risultati appena approvati con un Utile netto in crescita del +9%, evidenziano una solida crescita di tutti gli indicatori economico-finanziari rispetto allo scorso anno e ci rendono confidenti di conseguire la guidance nella fascia alta del range con un EBITDA atteso a fine anno pari a 1.250 milioni di euro ed un ratio debito netto/EBITDA di 3,3x. – ha dichiarato Luca Dal Fabbro, Presidente esecutivo di Iren – A conferma dell’impegno a perseguire una crescita equilibrata e sostenibile, il CdA ha deliberando la sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale di EGEA, dando il via al processo che porterà al controllo societario e al consolidamento da gennaio 2025, con un anno di anticipo rispetto alle attese di Piano Industriale. Il consolidamento anticipato consentirà al Gruppo di incrementare di circa 55/60 milioni di euro l’Ebitda atteso nel 2025, confermando l’operazione Egea un grande successo industriale per il Gruppo”.Il Consiglio di Amministrazione di Iren ha infatti deliberato l’esercizio del diritto di sottoscrizione e versamento del suddetto aumento di capitale, fino ad un massimo 20 milioni di euro, da esercitarsi anche in più tranches, tale da portare la quota di partecipazione al capitale sociale di Iren in Egea Holding fino al 55,26% del capitale sociale, con la finalità di finanziare lo sviluppo del progetto PNRR relativo al sistema di teleriscaldamento ad Alessandria, da attuarsi tramite Telenergia, società controllata da Egea Holding.L’aumento di capitale consentirà ad Iren di esercitare il controllo di EGEA Holding con la nomina di 4 membri del CdA sui 7 totali e consentirà ad Iren di anticipare di un anno il consolidamento della società (previsto a piano industriale nel 2026). La sottoscrizione ed il versamento sono subordinati all’ottenimento delle autorizzazioni Antitrust e Golden Power da parte delle competenti Autorità. LEGGI TUTTO

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    A2A aggiorna il piano al 2035: politica di dividendi rivista al rialzo

    (Teleborsa) – Il Consiglio di Amministrazione di A2A, multi-utility italiana quotata su Euronext Milan, ha approvato l’Aggiornamento del Piano Strategico 2024-2035, che mantiene saldi gli obiettivi di crescita industriale del Gruppo definiti nel Piano di marzo 2024. Confermati gli investimenti per 22 miliardi di euro suddivisi in 6 miliardi per l’Economia circolare e 16 miliardi per la Transizione energetica, che permetteranno di raggiungere nel 2035 un EBITDA di 3,3 miliardi di euro e un utile netto superiore a 1 miliardo di euro.L’ambizione del Gruppo nell’orizzonte di Piano prevede il mantenimento dei principali target industriali, tra cui 3,4 miliardi di euro di RAB nelle reti elettriche, 5,7 GW di capacità da fonti rinnovabili e oltre 7 milioni di tonnellate di rifiuti trattati al 2035. Il percorso di trasformazione industriale del Gruppo poggia sul costante incremento degli investimenti annui da 0,8 miliardi di euro medi nel periodo 2018-20 a 1,8 miliardi di euro medi nel 2031-35, con una progressiva focalizzazione verso business future-fit.L’Utile Netto Ordinario è atteso a 0,8 miliardi nel 2024 (0,6 miliardi escludendo l’effetto scenario), 0,7 miliardi nel 2027 e 0,8 miliardi nel 2030, mentre si attesta a oltre 1 miliardo nel 2035. Il CAGR – al netto dell’effetto scenario – risulta pari al 12% nel periodo 2023-27, mentre è pari al 7% nel periodo 2023-35.L’avanzamento nel percorso di crescita strutturale del Gruppo ha permesso un aggiornamento della politica dei dividendi. La nuova politica prevede una crescita sostenibile del dividendo per azione di almeno il 4% annuo, rispetto al 3% annuo previsto nel precedente Piano presentato a marzo 2024.La crescita industriale, insieme ad una attenta disciplina finanziaria, limita il debito incrementale e riduce il rapporto PFN/EBITDA, atteso a un livello sempre inferiore a 2,7x. Si conferma l’impegno del Gruppo a mantenere l’attuale rating creditizio.”Guardiamo al 2035 con un Piano che coniuga generazione di valore sostenibile, decarbonizzazione, innovazione e contributo all’autonomia energetica del Paese – commenta l’AD Renato Mazzoncini – Sono scelte strategiche che indirizzano i nostri business e trovano conferma nel Rapporto Draghi per il rilancio della competitività europea. La nostra visione di lungo periodo ci ha consentito di essere solidi di fronte alle incertezze geopolitiche ed economiche di questa fase storica, e di ottenere ottimi risultati, superiori alle previsioni. Per questa ragione abbiamo potuto fare nuovi investimenti anticipando cantieri e rivedendo al rialzo i dividendi per i nostri investitori”.”Dopo aver destinato importanti risorse per un ampio piano di welfare a supporto della genitorialità a favore dei dipendenti del Gruppo, abbiamo deciso di proporre alla prossima Assemblea degli Azionisti un Piano di Azionariato Diffuso – ha aggiunto – Vogliamo coinvolgere tutti i colleghi nel percorso di crescita dell’azienda e condividere con loro i risultati di un lavoro costruito insieme”. LEGGI TUTTO

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    A2A alza la guidance dopo 9 mesi positivi con utile di 713 milioni di euro

    (Teleborsa) – A2A, multi-utility italiana quotata su Euronext Milan, ha chiuso i primi nove mesi del 2024 con Ricavi del Gruppo pari a 9.097 milioni di euro, in contrazione del 17% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (10.956 milioni di euro). La variazione è riconducibile al calo dei prezzi energetici sia all’ingrosso sia retail ed in misura molto contenuta alla contrazione delle quantità vendute ed intermediate sui mercati all’ingrosso più che compensata dai maggiori volumi venduti sui mercati retail elettricità, gas e teleriscaldamento.Il Margine Operativo Lordo è pari a 1.804 milioni di euro, in aumento del 33%, +447 milioni rispetto ai primi nove mesi del 2023 (1.357 milioni di euro). Al netto delle partite non ricorrenti (+16 milioni di euro nel 2024, +7 milioni di euro nel 2023), il Margine Operativo Lordo Ordinario è pari a 1.788 milioni di euro in aumento del 32%, +438 milioni di euro, rispetto all’ analogo periodo dell’anno precedente (1.350 milioni di euro) grazie al contributo di tutte le Business Unit, in particolare la Business Unit Generazione & Trading e la Business Unit Mercato.L’Utile Netto Ordinario di pertinenza del Gruppo risulta pari a 665 milioni di euro, in aumento del 65% rispetto ai primi nove mesi del 2023 (402 milioni di euro al 30 settembre 2023). L’Utile Netto di pertinenza del Gruppo risulta pari a 713 milioni di euro, in aumento di 288 milioni rispetto all’anno precedente (425 milioni di euro).”Le ottime performance economico-finanziarie ottenute nei primi nove mesi del 2024 hanno consentito di procedere più speditamente negli investimenti previsti dal nostro Piano. I risultati di questo terzo trimestre confermano ulteriormente la consistenza della nostra strategia: abbiamo raggiunto un utile netto mai realizzato prima di oltre 700 milioni di euro, superando quanto registrato in tutto il 2023 – commenta l’AD Renato Mazzoncini – Con questi risultati abbiamo potuto rivedere al rialzo la guidance per il 2024, con un EBITDA atteso tra 2,28 e 2,32 miliardi di euro e un utile netto ordinario di Gruppo tra 0,80 e 0,82 miliardi di euro. Si tratta di obiettivi importanti che ci consentono di sostenere la competitività e accelerare nel percorso intrapreso per lo sviluppo di infrastrutture strategiche per la transizione ecologica del Paese”.Gli Investimenti effettuati nei primi nove mesi del 2024 sono stati pari a 898 milioni di euro, +13% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (796 milioni di euro). Le operazioni di M&A, al netto delle cessioni, sono state pari a 65 milioni di euro.La Posizione Finanziaria Netta al 30 settembre 2024 risulta pari a 4.011 milioni di euro (4.683 milioni di euro al 31 dicembre 2023). Escludendo gli impatti delle variazioni di perimetro intervenute nell’arco del periodo in esame pari a 65 milioni di euro e l’emissione del Bond Ibrido per -742 milioni di euro, la PFN si attesta a 4.688 milioni di euro, sostanzialmente allineata a quella del 31 dicembre 2023. Grazie alla generazione di cassa dei primi nove mesi è stata garantita la copertura di investimenti per 898 milioni di euro e dividendi per 300 milioni di euro. LEGGI TUTTO

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    Tinexta, Marco Comastri rimette le deleghe da AD di Tinexta Cyber

    (Teleborsa) – Tinexta, società quotata su Euronext STAR Milan e attiva nei servizi Digital Trust, Cybersecurity e Innovation & Marketing, ha comunicato che Marco Comastri, Amministratore Delegato della società Tinexta Cyber e dirigente con responsabilità strategiche del Gruppo, ha rimesso le deleghe operative allo stesso assegnate dal CdA di Tinexta Cyber.A seguito di tale circostanza, Comastri ha cessato di rivestire il ruolo di Amministratore Delegato di Tinexta Cyber e, di conseguenza, di dirigente strategico del Gruppo, pur continuando a mantenere il ruolo di consigliere di Tinexta Cyber e operando all’interno del Gruppo Tinexta con incarichi consulenziali.Le deleghe saranno assunte, ad interim, dal consigliere di Tinexta Cyber e Amministratore Delegato di Tinexta Andrea Chevallard.(Foto: © rawpixel) LEGGI TUTTO

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    Trevi, si dimette il CFO e Investor Relator Massimo Sala

    (Teleborsa) – Trevi, società quotata su Euronext Milan e attiva nell’ingegneria del sottosuolo, ha comunicato che Massimo Sala ha rassegnato le proprie dimissioni dal ruolo di Chief Financial Officer, dagli incarichi di Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari e dal ruolo di Investor Relator per affrontare una nuova sfida professionale. Le dimissioni avranno efficacia a decorrere dall’11 gennaio 2025. Fino a tale data, Sala continuerà a ricoprire gli attuali incarichi al fine di garantire la necessaria continuità operativa e assicurare un’agevole transizione. Sala non detiene partecipazioni nella società. LEGGI TUTTO

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    Iveco, accordo per fornitura a JV Leonardo-Rheinmetal. Tra 12 e 15% delle attività totali

    (Teleborsa) – IDV, il marchio di Iveco Group specializzato in mezzi per la difesa e la protezione civile, ha firmato un accordo preliminare con Leonardo, leader mondiale nei settori aerospazio, difesa e sicurezza, per la fornitura di componenti funzionali per futuri contratti nell’ambito della joint venture tra Leonardo e Rheinmetall. La partecipazione di IDV sarà compresa tra il 12 e il 15 percento delle attività totali della joint venture per lo sviluppo e la produzione di veicoli cingolati da combattimento terrestri per l’Esercito italiano, si legge in una nota.”IDV ha tutte le caratteristiche per contribuire alla joint venture se si considerano le competenze uniche che ha sviluppato nei suoi siti in Italia – viene spiegato – La collaborazione farà leva sull’esperienza dell’azienda, che spazia dai sistemi avanzati di propulsione e trasmissione per veicoli militari a tecnologie di protezione altamente specializzate. Questo garantirà anche che una parte significativa delle forniture principali per la joint venture provenga dall’Italia, avvalendosi della forza lavoro altamente qualificata che IDV ha nel nostro Paese”. L’accordo permetterà al marchio di continuare a contribuire allo sviluppo di veicoli per la difesa e la protezione civile, come dimostrato da un portafoglio ordini che nel 2023 ha superato i 4 miliardi di euro. LEGGI TUTTO

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    Competitività imprese, Istat: “In forte crescita fatturato multinazionali italiane all’estero e estere in Italia”

    (Teleborsa) – Nel 2022 aumentano gli scambi esteri delle imprese a controllo estero residenti in Italia: +22,9% export e +23,4% l’import. Le controllate estere, 0,4% delle imprese residenti, producono il 21,0% del fatturato e il 17,4% del valore aggiunto nazionale. Il 45,4% del fatturato prodotto dalle affiliate estere di multinazionali italiane è destinato a mercati diversi dal Paese di localizzazione. Si confermano quote elevate di esportazioni verso l’Italia nei settori del Made in Italy. È quanto rileva l’Istat nel report “Struttura e competitività delle imprese multinazionali 2022″Multinazionali a controllo estero: cresce il loro contributo alla nostra economiaNel 2022, continua la crescita economica delle multinazionali a controllo estero in Italia rispetto al 2021(fatturato +26,9% e valore aggiunto +13,4%). Si consolida inoltre la presenza delle multinazionali italiane all’estero (fatturato +15,8% e fatturato al netto degli acquisti di beni e servizi +18,2%). Provenienti da 106 Paesi, le multinazionali estere sono attive in Italia con 18.434 controllate (+4,5% rispetto al 2021), occupano oltre 1,7 milioni di addetti (+5,8%), fatturano oltre 908 miliardi di euro (+26,9%), producono un valore aggiunto di oltre 173 miliardi (+13,4%) e sostengono una spesa in Ricerca e sviluppo di 6 miliardi (+4,9%). Le controllate estere attive nell’industria sono il 28,7% del totale rispetto al 71,3% dei servizi, ma in termini di peso economico le distanze si riducono. Infatti le controllate estere attive nell’industria realizzano il 46,7% del fatturato totale (53,3% dei servizi) e in termini di valore aggiunto producono il 40,3% contro il 59,7% dei servizi. Nell’industria una forte presenza delle multinazionali estere (misurata come quota di valore aggiunto sul totale del settore) si riscontra nella fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (47,9% del valore aggiunto del settore), nella fabbricazione di prodotti farmaceutici (44,4%) e nella fabbricazione di prodotti chimici (38,6%). Il valore aggiunto cresce in quasi tutti i settori, ad eccezione della fabbricazione di prodotti chimici (-1,4%) e di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-7,3%), che avevano fatto registrare incrementi importanti durante gli anni della crisi pandemica. Seppur con un numero limitato di unità giuridiche (0,4% del totale delle imprese dell’industria e dei servizi), cresce il contributo, già significativo, delle multinazionali estere ai principali aggregati economici nazionali dell’industria e dei servizi: 9,7% degli addetti (+0,3 punti percentuali rispetto al 2021), 21,0% del fatturato (+0,7 p.p.), 17,4% del valore aggiunto (+0,3 p.p.) e 37,6% della spesa in Ricerca e sviluppo (+4,9 p.p.). Le multinazionali italiane confermano la presenza in 175 Paesi con 25.491 controllate (+2,4 rispetto al 2021), che occupano oltre 1,7 milioni di addetti (+5,8%) con un fatturato di 552 miliardi (+15,8%). A contribuire di più alla crescita sono i settori industriali. I più dinamici sono: la fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semi rimorchi (+34,2% del fatturato e +12,5% degli addetti), l’estrazione di minerali da cave e miniere (+30,3% e +3,0%), la metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+24,0% e +3,8%) e la fabbricazione di macchinari ed apparecchiature nca (+23,1% e +8,6%). Anche nei servizi risultano in notevole crescita diversi settori come il noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (+40,5% e +19,4%) e trasporto e magazzinaggio (+26,6% e +11,1%) e altri che continuano a recuperare le perdite subite negli anni della pandemia, come i servizi di alloggio e ristorazione (+14,4% e +21,3%).Quasi metà delle importazioni nazionali effettuate dalle imprese a controllo esteroLe analisi del sistema produttivo hanno sistematicamente evidenziato differenze importanti tra le imprese appartenenti a gruppi multinazionali esteri e italiani rispetto alle altre imprese. La dimensione media delle imprese appartenenti a gruppi multinazionali è elevata sia per le controllate estere in Italia (95,5 addetti), sia per le controllate italiane all’estero (68,9 addetti), in confronto alle imprese a controllo italiano (3,5 addetti). Rilevanti anche le differenze nella produttività, misurata come valore aggiunto per addetto: 103mila euro per le imprese appartenenti a gruppi multinazionali esteri e 62,5mila per le imprese domestiche. Le esportazioni delle imprese di gruppi multinazionali esteri presenti in Italia raggiungono quasi 200 miliardi di euro (+22,9% rispetto al 2021) e le importazioni quasi 253 miliardi (+23,4%), facendo dunque registrare un contributo significativo all’interscambio commerciale italiano. Infatti, queste imprese realizzano il 35,1% delle esportazioni nazionali di merci (+0,9% rispetto al 2021) e attivano il 49,5% delle importazioni (+2,6%). I settori manifatturieri più coinvolti nell’interscambio con l’estero sono gli stessi sia per le esportazioni che per le importazioni: fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (75,9% per l’export e 84,5% per l’import), fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (57,2% e 66,5%),fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi fabbricazione di prodotti chimici (46,4% e 53,2%). I flussi commerciali intra-gruppo delle multinazionali sono pari al 49,4% per le esportazioni e al 62,3% per le importazioni. Nelle esportazioni intra-gruppo le quote più alte si hanno nella fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (77,3%), nelle altre industrie manifatturiere (71,4%), nella confezione di articoli di abbigliamento e fabbricazione articoli in pelle (71,0%) e nelle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco (64,9%). Nelle importazioni intra-gruppo valori rilevanti sono nella fabbricazione di altri mezzi di trasporto (66,2%), nelle altre industrie manifatturiere (66,1%) enella metallugia (64,1%). Le affiliate all’estero di multinazionali italiane destinano il 45,4% del loro fatturato a vendite su mercati diversi dal Paese di localizzazione dell’impresa stessa. Spiccano alcuni settori manifatturieri: fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi (72,5%), fabbricazione di altri mezzi di trasporto (68,2%) e fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (60,8%). Si confermano quote notevoli di fatturato nelle esportazioni verso l’Italia nei settori tipici del Made in Italy:53,8% per la fabbricazione di articoli in pelle e simili, 49,1% per le industrie tessili e confezione di articoli di abbigliamento e 31,5% per la fabbricazione di mobili e altre industrie. La quota di fatturato destinata al Paese estero in cui è realizzata la produzione è particolarmente rilevante nell‘industria del legno, stampa e riproduzione (68,8%), nella fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (58,3%) e nella fabbricazione di prodotti farmaceutici (58,3%).Unione europea prima area di provenienza e destinazione delle multinazionaliLe multinazionali estere che operano in Italia provengono soprattutto dall’Unione europea: sul totale delle imprese a controllo estero coprono una quota del 56,3% (+2,2 p.p. rispetto al 2021), impiegano il 56,2% degli addetti (+0,7 p.p.) e realizzano il 54,6% del fatturato (+1,1 p.p.). Per rilevanza economica, misurata da occupazione e fatturato, segue il Nord America con il 14,9% delle affiliate estere (-0,2 p.p.), il 20,4% degli addetti (-0,2 p.p.) e il 18,2% del fatturato (-1,3 p.p.). Al terzo posto si collocano le multinazionali provenienti da Paesi europei non Ue (21,1% delle controllate), che occupano il 16,6% degli addetti (-0,3 p.p.) e realizzano il 15,2% del fatturato (+0,8 p.p.). A seguire le multinazionali asiatiche, presenti con il 6,6% delle controllate estere (-0,1 p.p.), che contribuiscono con il 6,1% (-0,7 p.p.) degli addetti e il 10,5% del fatturato a controllo estero (-0,7 p.p.). I primi 10 Paesi di residenza delle multinazionali estere per numero di imprese controllate in Italia assorbono l’87,6% degli addetti, l’82,5% del fatturato, l’83,8% del valore aggiunto e l’85,3% della spesa in R&S. Per numero di addetti sono gli Stati Uniti (2.603 imprese, quasi 351 mila addetti, 17,9% del fatturato, 20,1% del valore aggiunto e 22,1% della spesa in R&S) ad avere il primato sulle imprese a controllo estero in Italia, seguiti dalla Francia con (2.435 imprese, quasi 322 mila addetti, 19,4% del fatturato, 17,5% del valore aggiunto e 7,8% della spesa in R&S ) e dalla Germania (2860 imprese, oltre 222 mila addetti. Osservando nel dettaglio l’attività economica le graduatorie cambiano. Nella manifattura al primo posto ci sono sempre gli Stati Uniti (quasi 111mila addetti), seguiti da Francia (quasi 79mila) e Germania (oltre 62mila). Nell’altra industria, che comprende tutti i settori industriali esclusa la manifattura, si ha Francia(oltre 14mila), Stati Uniti (quasi 5mila) e Germania (oltre 3mila), nel commercio Germania (oltre 84mila), Francia (oltre 76mila) e Stati Uniti (quasi 54mila) e negli altri servizi Regno Unito (quasi 182mila), Francia(quasi 153mila) e Svizzera (quasi 88mila). Anche per le controllate estere di gruppi multinazionali italiani, seppur con un certo livello di decrescita, l’Unione europea si conferma la principale area di localizzazione, con il 46,2% delle imprese (-1 p.p.), il 40,8% degli addetti (-1,4 p.p.) e il 52,8% del fatturato (-2,3 p.p.). Seguono il Nord America (rispettivamente 13,8%, 9,8% e 15%) e, a parità di numero di imprese, l’Asia (13,1%, 16,4% e 10,3%) e gli altri Paesi europei (13,1%, 12,5% e 10,6%). Completano il quadro Centro e Sud America (8,5%, 14,3% e 6,6%) e Africa e Oceania (5,4%,6,1% e 4,8%). I primi 10 Paesi per numero di addetti assorbono il 59,6% delle imprese, il 59,5% degli addetti e il 64,4% del fatturato. La Romania conserva il primato per numero di addetti impiegati (quasi 81mila) nel settore industriale e in particolar modo nella manifattura, seguita da Stati Uniti e Cina. Nei servizi, dove è predominante il ruolo delle imprese di utilities italiane, al primo posto figura il Brasile (quasi 108mila addetti), seguito dagli Stati Uniti (otre 80mila addetti) e dalla Germania (quasi 69mila).In calo la propensione all’investimento dei grandi gruppi industrialiIl 42,7% dei grandi gruppi multinazionali italiani attivi nell’industria (-8,4 p.p. rispetto al biennio precedente) e il 55,6% di quelli dei servizi (+1,8 p.p.) hanno realizzato o progettato per il 2023-2024 un nuovo investimento di controllo all’estero. Più limitata, è invece la propensione all’investimento estero dei gruppi multinazionali di media dimensione, con quote pari a 21,0% nell’industria (+0,1 p.p.) e 21,5% nei servizi (-2,6 p.p.), e dei gruppi multinazionali di piccola dimensione, con una quota del 9,5% nell’industria (-1,6 p.p.) e del 6,9% nei servizi (-0,6 p.p.). Stati Uniti e Canada rappresentano la principale area di localizzazione dei nuovi investimenti di controllo all’estero delle multinazionali italiane attive nell’industria (22,3%), seguiti dall’area Ue14. Al contrario, per le multinazionali italiane attive nei servizi, l’area Ue14 con il 33,0% si conferma la principale area di localizzazione dei nuovi investimenti di controllo all’estero, seguita dagli Stati Uniti e Canada (15,3%). I nuovi investimenti di controllo all’estero realizzati o progettati nel biennio 2023-2024 sono finalizzati, tanto per le imprese industriali che per quelle attive nei servizi, soprattutto alla produzione di merci e servizi (29,8% e 31,3% rispettivamente) e alla distribuzione e logistica (28,1% e 24,7%). Seguono il marketing, vendite e servizi post vendita inclusi i centri assistenza e i call center (21,9% e 13,3%). Per l’80,4% dei gruppi multinazionali italiani dell’industria la motivazione prevalente alla base dei nuovi investimenti all’estero nel periodo 2023-2024 è la possibilità di accedere a nuovi mercati. I gruppi industriali ritengono determinanti altri due fattori: l’aumento della qualità e lo sviluppo di nuovi prodotti (28,1%) e l’accesso a nuove conoscenze o competenze tecniche specializzate (18,1%). La riduzione del costo del lavoro interessa soltanto l’11,9% dei gruppi industriali. Anche per i gruppi multinazionali attivi nei servizi la motivazione prevalente per i nuovi investimenti è l’accesso a nuovi mercati (75,1%), seguono l’accesso a nuove conoscenze o competenze tecniche specializzate (21,6%) e l’aumento della qualità e lo sviluppo di nuovi prodotti (19,7%). Soltanto per il 5,8% la riduzione del costo del lavoro è considerata una motivazione per effettuare investimenti di controllo all’estero.Le multinazionali italiane operano all’estero anche con altre modalità organizzative diverse dal controllo. Nel 2022, il 59,5% dei gruppi industriali e il 60,8% dei gruppi attivi nei Servizi hanno dichiarato di operare all’estero attraverso accordi commerciali. Seguono con percentuali più contenute per i gruppi industriali gli accordi di produzione (19,9%), le Joint-venture (15,5%) e le Partnership tecnologiche con imprese o centri di ricerca (5,1%), mentre per i gruppi attivi nei servizi seguono le Joint-venture (20,0%), gli accordi di produzione (12,5%) e le Partnership tecnologiche con imprese o centri di ricerca (6,8%). LEGGI TUTTO