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    Cina, inflazione agosto più debole delle attese

    (Teleborsa) – In Cina, i prezzi al consumo sono saliti ad agosto dello 0,6% a fronte dello 0,5% di luglio e dello 0,7% delle previsioni degli analisti. Il dato, comunicato dall’Ufficio nazionale di statistica, è il più alto da febbraio. L’inflazione, misurata dai prezzi alla produzione, invece, è crollata dell’1,8% dallo 0,8% di luglio, facendo anche peggio delle stime degli analisti (-1,4%) e riflette la debolezza della domanda interna. LEGGI TUTTO

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    Tensione per il dibattito Tv fra Trump e Harris: sondaggi danno testa a testa

    (Teleborsa) – E’ testa a testa fra Donald Trump e Kamala Harris a meno di 48 ore dal dibattito Tv fra i due candidati alla Casa Bianca. E sale naturalmente la tensione che diventa quasi palpabile all’avvicinarsi del duello che sarà trasmesso dalla Abc News in diretta il 10 settembre alle ore 21 ora americana (le 3 di notte di mercoledì 11 settembre in Italia). Il confronto avverrà presso il National Constitution Center di Philadelphia e sarà moderato dalla giornalista Linsey Davis. I candidati avranno due minuti ciascuno per rispondere alla domanda, senza repliche o interruzioni, con il rivale a microfoni spenti. Una scelta che richiama il famigerato duello TV Fra Trump e Biden, trasmesso dalla Cnn, in cui l’attuale Presidente Biden uscì sconfitto. Due minuti durerà anche il discorso conclusivo dei due candidati.E mentre le regole sono chiare, la situazione evolve fuori dagli studi televisivi, con Trump ed Harris che corrono appaiati nei sondaggi, nel tentativo di aggiudicarsi le preferenze del 28% di indecisi. Secondo l’ultimo sondaggio condotto dal New York Times in collaborazione con Siena, il tycoon deterrebbe il 48% delle preferenze e la sfidante democratica il 47% dei consensi. Una differenza che ricade al di sotto dei tre punti di margine di errore dei sondaggi ed un vero e proprio ribaltone per l’ex Presidente americano, da quando Harris è entrata in lizza al posto dell’attuale Presidente Joe Biden. Sempre secondo il sondaggio del NYT/Siena, il 28% degli elettori in bilico ritiene di “non conoscere abbastanza” Harris e di “avere bisogno di saperne di più”. In ogni caso, il 60% degli elettori si attende una svolta rispetto alla guida di Biden, ma solo il 25% ritiene che Harris sia la persona giusta, contro il 53% che propende per Trump. Nel frattempo, Harris si prepara al duello lontana dalle luci della ribalta, chiusa nel suo hotel di Pittsburgh, in Pennsylvania, supportata dai suoi consiglieri e dai migliori preparatori, fra cui Philippe Reines, ex consigliere di Hillary Clinton, Rohini Kosoglu, ex consigliera per la politica interna e capo dello staff del Senato e Karen Dunn, veterana dei duelli TV. Quanto a Trump, è ormai un veterano dei dibattiti TV, ma si sta preparando anche lui al confronto con la rivale, mentre lancia le sue frecciate durante il tour fra gli stati in bilico, come la Pennsylvania, il Michigan ed il Wisconsin. LEGGI TUTTO

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    Auto elettrica, la proposta di Urso per cancellare lo stop al motore endotermico dal 2035

    (Teleborsa) – Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, AdolfoUrso, durante il Workshop Teha di Cernobbio ha annunciato che il 25 settembre, in occasione di un vertice sul settore automobilistico promosso dall’Ungheria, chiederà ai Paesi Ue di anticipare alla prima parte del 2025 la revisione sullo stop alla produzione di veicoli endotermini entro il 2035, prevista inizialmente per il 2026 nell’ambito del Green Deal dell’Ue. Urso ha fatto sapere che porterà la proposta il giorno successivo anche al consiglio dell’Ue sulla competitività.Il problema, ha sottolineato il ministro, “non è solo italiano, è europeo”. Urso ha citato il caso della Germania e di Volkswagen, il secondo produttore mondiale di auto, che ha ipotizzato – per la prima volta dopo 87 anni di storia – la chiusura di impianti di produzione di veicoli e di componenti “se non si interviene rapidamente”. Secondo Urso l’Europa “rischia il collasso” a causa della concorrenza dei costruttori cinesi, favoriti dalla maggior disponibilità di materie prime per le batterie e dai costi di produzione più bassi. Tutto questo mentre i gruppi europei si devono attrezzare per convertire all’elettrico le loro linee di montaggio entro il 2035.”Il processo del green deal prevede una clausola di revisione entro la fine del 2026, ma chiunque conosca il sistema produttivo sa che gli investimenti si fanno se c’è certezza”, ha dichiarato Urso. “Chiedo di anticipare questa decisione perché se lasciamo l’incertezza fino al 2026, si rischia un’ondata di scioperi e proteste europee come hanno fatto gli agricoltori e rischiamo il collasso dell’industria”, ha aggiunto il ministro delle Imprese, precisando che “chiederò l’anticipo per la prima parte del prossimo anno, per rivedere il processo, la tempistica e la modalità per giungere alla sostenibilità ambientale nel nostro continente”. “Se si vogliono mantenere tempi stringenti occorre sostenere l’industria con imponenti risorse pubbliche europee, con un piano tipo Pnrr per l’automotive e comunque la tempistica deve essere adeguata alla sostenibilità economica produttiva e sociale del nostro Paese”, ha concluso.Anche il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha approfittato del Forum di Cerbobbio per sostenere la necessità di una revisione allo stop all’endotermico al 2035. “Non siamo solo noi a esplicitare qualche dubbio sul tutto elettrico dal 2035. Adesso si è accorta anche la Germania e quindi immagino che saremo più fortunati”, ha dichiarato, “il green deal lo fai con il cambio di modalità operativa e lavorativa”. LEGGI TUTTO

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    Cernobbio, TEHA-Enel: presentato studio “Il ruolo della distribuzione elettrica per transizione energetica sicura”

    (Teleborsa) – La rete di distribuzione ha un ruolo chiave per abilitare la transizione energetica. Si rendono quindi necessari investimenti, per permettere alla rete di gestire il cambiamento di assetto del sistema elettrico e far fronte ai cambiamenti climatici. È quanto emerge dallo Studio “Il ruolo della distribuzione elettrica per una transizione energetica sicura” realizzato da TEHA in collaborazione con Enel anticipato oggi, nell’ambito della 50° edizione del Forum “Lo Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive” di The European House – Ambrosetti, in una conferenza stampa cui hanno preso parte Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Board Member di The European House – Ambrosetti e TEHA Group, Gianni Vittorio Armani, Direttore Enel Grids and Innovability di Enel e Guido Bortoni, Presidente di CESI, già Capo Dipartimento Energia del Governo Italiano e già Presidente di ARERA.”Alla luce dei cambiamenti in atto nel sistema elettrico e di quelli richiesti per raggiungere la decarbonizzazione, il consolidamento e sviluppo della rete di distribuzione come mezzo essenziale per abilitare questa evoluzione è di fatto al centro del dibattito energetico attuale. Per sostenere questa nuova importante fase di sviluppo della rete di distribuzione attraverso capitale investito e innovazione, è necessario garantire un assetto in continuità che permetta una stabilità finanziaria e una gestione sostenibile per gli operatori della rete di distribuzione”, ha commentato Gianni VittorioArmani, Direttore Enel Grids and Innovability di Enel.”Il progressivo aumento della generazione distribuita da fonti rinnovabili e la maggiore elettrificazione dei consumi finali richiedono che la rete di distribuzione elettrica sia adeguata e abiliti una transizione “senza strappi”, ha commentato Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Board Member di The European House – Ambrosetti e TEHA Group. “L’evoluzione del sistema elettrico e il ruolo della distribuzione richiedono nuovi importanti investimenti nella rete per garantire la continuità delle performance: in Italia nei prossimi 10 anni saranno previsti circa 6 miliardi di Euro di investimenti all’anno, che potranno attivare rilevanti impatti diretti, indiretti e indotti nell’economia del Paese”.Secondo la Commissione Europea, per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, l’Unione Europea dovrà raddoppiare il tasso annuo di installazione delle fonti energetiche rinnovabili (FER), rispetto alla media degli ultimi 5 anni, in gran parte nel vettore elettrico che dovrà coprire il 60% dei consumi finali europei. La crescita imponente delle FER distribuite sul territorio e la maggiore elettrificazione dei consumi finali in termini di volumi impongono un nuovo sviluppo della rete di distribuzione come mezzo essenziale per abilitare questa evoluzione. Non è un caso, quindi, che il Net Zero Industry Act (NZIA) della Commissione Europea abbia identificato la rete elettrica come una tecnologia strategica per il raggiungimento delle emissioni nette zero al 2050. La stessa Commissione Europea, inoltre, ha recentemente evidenziato anche la rilevanza e la strategicità della rete di distribuzione elettrica (direttiva UE 2022/2557), identificando questo settore come essenziale per il mantenimento di funzioni vitali della società e critico per il corretto funzionamento di attività economiche produttive.In Italia, la strategicità della rete elettrica è confermata dalla sua presenza nel novero delle infrastrutture strategiche definite dal Golden Power, in un contesto in cui più dell’80% dell’elettricità consumata in Italia viene fornita dalla rete di distribuzione. La rete di distribuzione elettrica è, inoltre, un servizio essenziale non solo per il mantenimento di funzioni vitali per la società (servendo più di 30 milioni di utenti domestici), ma anche e soprattutto delle attività economiche, con 7 milioni di utenze commerciali e industriali connesse.Più nel dettaglio, in Italia la rete di distribuzione elettrica ha un ruolo chiave per abilitare la transizione energetica sia per la crescente connessione di impianti distribuiti (oltre il 70% della capacità rinnovabile addizionale da installare entro il 2030 in Italia verrà infatti connessa alla rete di distribuzione) che per il ruolo sempre più attivo dei consumatori finali nel sistema elettrico, che diventano prosumer e promotori di “attività” innovative. Queste due dinamiche – generazione distribuita e ruolo sempre più attivo dei consumatori finali – evidenziano la strategicità dell’infrastruttura: nel 2023 in Italia sono state effettuate oltre 370 mila connessioni, 7 volte il numero registrato 10 anni fa, a riprova dell’importanza che sta assumendo la generazione elettrica decentralizzata, con impianti di produzione di energia relativamente più piccoli e più vicini ai consumatori finali.La distribuzione va quindi adeguata a queste nuove esigenze dettate dal cambiamento di assetto del sistema elettrico. Se infatti nell’assetto tradizionale del settore, l’elettricità seguiva un flusso monodirezionale con i consumatori finali che ricoprivano un ruolo passivo, la rete elettrica moderna, al contrario, deve riuscire a far fronte – oltre che ha un crescente numero di fonti di produzione elettrica distribuite, a flussi elettrici bi-direzionali e a consumatori finali sempre più attivi.Il tema, quindi, è al centro del dibattito non solo per questo cambiamento di assetto del sistema elettrico, ma anche per i cambiamenti climatici in atto. Infatti, i fenomeni metereologici estremi possono creare danni rilevanti alle infrastrutture elettriche, con ripercussioni sul sistema produttivo e sulla collettività. Al fine di garantire una costante affidabilità del servizio elettrico sono quindi necessari investimenti per incrementare la resilienza della rete di distribuzione nei prossimi anni.Una valutazione sul futuro della distribuzione elettrica in Italia e in Europa non può però prescindere dalla relativa analisi della performance attuale. Muovendo da queste considerazioni, TEHA si è posta l’obiettivo di identificare le caratteristiche salienti della performance della rete di distribuzione in Italia, confrontandola con altri Paesi benchmark in Europa. Dal modello di valutazione analitico sviluppato emerge che la rete di distribuzione italiana (intesa nell’assetto attuale) è tra le più virtuose d’Europa, grazie a un efficace sviluppo del capitale investito che ha abilitato alti tassi di innovazione, efficienza e sviluppo infrastrutturale. In particolare, la rete italiana è 1º per economicità degli oneri di rete e per tasso di penetrazione e funzionalità degli smart meter.L’efficienza, l’efficacia, l’economicità e l’innovazione del settore della distribuzione sono state supportate da un sistema normativo-regolatorio sviluppato su più livelli, evoluto e particolarmente adeguato alle reti. L’evoluzione del sistema elettrico e il ruolo della distribuzione richiedono però nuovi importanti investimenti nella rete per garantire la continuità delle performance. In Italia, nei prossimi 10 anni, saranno richiesti circa 6 miliardi di euro all’anno di investimenti, con conseguenti importanti benefici per il sistema-Paese. Infatti, gli investimenti medi annui attesi nella rete di distribuzione elettrica in Italia potranno generare oltre 13 miliardi di euro di valore aggiunto nel sistema ogni anno, circa lo 0,7% del PIL italiano, abilitando oltre 170mila posti di lavoro e garantendo oltre 12 miliardi di Euro di redditi per le famiglie italiane.Alla luce dell’attuale performance del settore della distribuzione in Italia, che si sostanzia in capacità ed efficacia di investimento, qualità del servizio, innovazione ed economicità per gli utenti finali, è auspicabile che, a partire dall’assetto attuale, l’evoluzione futura preservi e valorizzi, in una prospettiva di lungo termine, gli importanti benefici garantiti finora da un sistema normativo-regolatorio.Occorre quindi che l’evoluzione prospettica del sistema normativo-regolatorio non costituisca, nella seconda metà del decennio in corso, un freno agli investimenti di cui l’evoluzione della rete necessita. LEGGI TUTTO

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    Forum di Cernobbio, SACE e TEHA aprono le porte alle PMI italiane

    (Teleborsa) – Le PMI rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana e giocano un ruolo importantissimo sia in chiave economica sia in chiave sociale: le oltre 200mila PMI italiane producono un giro di affari di oltre 1.400 miliardi di euro, realizzano all’estero circa un terzo del proprio fatturato (circa 7 punti percentuali sopra alle tedesche) e contribuiscono a quasi la metà dell’export nazionale (45%, rispetto al 20% delle tedesche e delle francesi e al 32% delle spagnole). È quanto emerge dalla ricerca “Obiettivo SPARKLING. PMI e filiere italiane a prova di futuro” realizzata dall’Ufficio Studi di SACE in collaborazione con TEHA, che analizza le trasformazioni che spingeranno la competitività del Made in Italy nel mondo: innovazione 4.0, sostenibilità ed export. La ricerca è stata presentata al Forum di Cernobbio da Alessandra Ricci, amministratore delegato di SACE, insieme ad Alessandro Terzulli, chief economist di SACE, e Lorenzo Tavazzi, senior partner e responsabile dell’Area Scenari e Intelligence e dello Sviluppo Internazionale di TEHA Group. Grazie alla partnership con TEHA, in occasione della 50esima edizione del Forum di Cernobbio, SACE porta le PMI a Villa d’Este con un hub interamente dedicato alle PMI e al loro ruolo strategico per il tessuto economico italiano. “SACE partecipa al Forum di Cernobbio insieme alle PMI italiane, offrendo loro la possibilità di seguire virtualmente la tre giorni di lavori, incontri e dibattiti, e soprattutto portando all’attenzione di questo autorevole contesto l’importanza e le prospettive per le piccole e medie imprese italiane, alle prese con le sfide e le opportunità della transizione sostenibile e digitale – ha dichiarato Ricci –. Noi di SACE, in linea con la missione e gli obiettivi del nostro Piano Industriale INSIEME 2025, siamo già al fianco di 51 mila PMI italiane nei loro progetti di investimento e crescita sostenibile in Italia e nel mondo e contiamo di raggiungerne 65 mila nell’arco di Piano. Abbiamo superato gli 80 miliardi di euro di progetti sostenuti al fianco di PMI e filiere italiane, generando un impatto di 220 miliardi di euro sul sistema produttivo e supportando 1 milione e 300 mila posti di lavoro. Lo Studio che portiamo oggi al Forum di Cernobbio parte da questa esperienza per aumentare le opportunità di crescita per il tessuto economico nazionale”.Digitalizzazione, transizione energetica, trasformazione culturale – Circa 1 PMI italiana su 3 (37%) – rileva la ricerca – investe in innovazione e formazione e questo accresce del 15% l’export capability di un’impresa. Secondo le stime di SACE, le esportazioni delle PMI italiane cresceranno dell’1,5% circa nel 2024 e del 3,5% nel 2025, raggiungendo i 260 miliardi di euro grazie in particolare al traino delle medie imprese, vero e proprio motore delle filiere. A guidare la crescita delle vendite estere delle PMI quest’anno sarà l’Oriente: Medio Oriente e Asia Orientale sono le aree per cui sono infatti previsti significativi incrementi, rispettivamente +6,1% e +2,3%. Non sarà da meno l’America settentrionale (+3,8%), mentre la crescita sarà piatta verso l’Unione Europea, che rimane comunque la principale area di destinazione. Nel 2025 un maggior dinamismo verrà mostrato dall’Africa subsahariana (+10,1%).Anche per le grandi imprese italiane si prevede una dinamica positiva, fino al +3,8% quest’annoe al +5,8% nel 2025 – “Le oltre 200 mila piccole e medie imprese giocano un ruolo fondamentale nell’economia italiana, producendo un giro di affari di oltre 1.400 miliardi di euro, che genera quasi il 40% del valore aggiunto nazionale” – ha dichiarato Terzulli –. Secondo le nostre stime le esportazioni delle PMI italiane cresceranno dell’1,5% circa nel 2024 e del 3,5% nel 2025, raggiungendo i 260 miliardi di euro grazie in particolare al traino delle medie imprese. Una export capability che può crescere, puntando su due leve strategiche: la trasformazione tecnologica, anche in chiave sostenibile, e l’integrazione in più filiere produttive.”Il ruolo delle filiere per la crescita e i settori del futuro – L’integrazione nelle filiere rappresenta un elemento centrale per la competitività delle PMI, grazie all’interconnessione dei processi produttivi. Un potenziale ad oggi largamente inespresso, considerando che la maggior parte delle imprese italiane (in media 4 su 5) dichiara di partecipare a una sola filiera. Lo Studio ha identificato le 8 principali filiere a rilevanza sistemica – macchine industriali, edilizia, agro-alimentare, abbigliamento, mezzi di trasporto su gomma, energia, sanità, farmaceutica e cure – che da sole rappresentano il 56,4% del Valore Aggiunto, il 52,3% dell’occupazione e il 67,3% dell’export delle unità con almeno 3 addetti. Ed evidenzia, tra le altre, le “filiere del futuro” relative a edilizia intelligente (smart building), agro-alimentare (agritech) ed energie rinnovabili e alternative (come l’eolico offshore e l’idrogeno).”Il modello distrettuale si conferma un pilastro fondamentale per il sistema produttivo nazionale. È in corso un’evoluzione verso una crescente integrazione lungo le catene del valore che – ha spiegato Tavazzi – consentirà alle imprese italiane di affrontare le sfide di un mercato sempre più globale e competitivo e di superare alcuni limiti dei distretti tradizionali. Nello specifico, abbiamo identificato alcune filiere informali, ovvero non censite a livello statistico, e cross-settoriali, che tagliano trasversalmente più settori – su cui l’Italia potrà rafforzare e consolidare il proprio posizionamento in termini di attivazione occupazionale, produzione industriale e proiezione sui mercati esteri. Ad esempio, stimiamo che nei prossimi anni la trasformazione del patrimonio edilizio in Italia nella direzione dello smart building possa generare oltre 200mila posti di lavoro qualificati e specializzati, così come importanti prospettive possono provenire dalla filieraagritech e delle tecnologie rinnovabili e alternative su cui l’Italia è già oggi ai primi posti in Europa (2° Paese europeo per Valore Aggiunto nei settori attivati dall’eolico offshore galleggiante e secondo produttore europeo di tecnologie meccaniche potenzialmente utilizzabili nella filiera dell’idrogeno)”. LEGGI TUTTO

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    Cernobbio, SACE e TEHA aprono le porte alle PMI italiane

    (Teleborsa) – Le PMI rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana e giocano un ruolo importantissimo sia in chiave economica sia in chiave sociale: le oltre 200mila PMI italiane producono un giro di affari di oltre 1.400 miliardi di euro, realizzano all’estero circa un terzo del proprio fatturato (circa 7 punti percentuali sopra alle tedesche) e contribuiscono a quasi la metà dell’export nazionale (45%, rispetto al 20% delle tedesche e delle francesi e al 32% delle spagnole). È quanto emerge dalla ricerca “Obiettivo SPARKLING. PMI e filiere italiane a prova di futuro” realizzata dall’Ufficio Studi di SACE in collaborazione con TEHA, che analizza le trasformazioni che spingeranno la competitività del Made in Italy nel mondo: innovazione 4.0, sostenibilità ed export. La ricerca è stata presentata al Forum di Cernobbio da Alessandra Ricci, amministratore delegato di SACE, insieme ad Alessandro Terzulli, chief economist di SACE, e Lorenzo Tavazzi, senior partner e responsabile dell’Area Scenari e Intelligence e dello Sviluppo Internazionale di TEHA Group. Grazie alla partnership con TEHA, in occasione della 50esima edizione del Forum di Cernobbio, SACE porta le PMI a Villa d’Este con un hub interamente dedicato alle PMI e al loro ruolo strategico per il tessuto economico italiano. “SACE partecipa al Forum di Cernobbio insieme alle PMI italiane, offrendo loro la possibilità di seguire virtualmente la tre giorni di lavori, incontri e dibattiti, e soprattutto portando all’attenzione di questo autorevole contesto l’importanza e le prospettive per le piccole e medie imprese italiane, alle prese con le sfide e le opportunità della transizione sostenibile e digitale – ha dichiarato Ricci –. Noi di SACE, in linea con la missione e gli obiettivi del nostro Piano Industriale INSIEME 2025, siamo già al fianco di 51 mila PMI italiane nei loro progetti di investimento e crescita sostenibile in Italia e nel mondo e contiamo di raggiungerne 65 mila nell’arco di Piano. Abbiamo superato gli 80 miliardi di euro di progetti sostenuti al fianco di PMI e filiere italiane, generando un impatto di 220 miliardi di euro sul sistema produttivo e supportando 1 milione e 300 mila posti di lavoro. Lo Studio che portiamo oggi al Forum di Cernobbio parte da questa esperienza per aumentare le opportunità di crescita per il tessuto economico nazionale”.Digitalizzazione, transizione energetica, trasformazione culturale – Circa 1 PMI italiana su 3 (37%) – rileva la ricerca – investe in innovazione e formazione e questo accresce del 15% l’export capability di un’impresa. Secondo le stime di SACE, le esportazioni delle PMI italiane cresceranno dell’1,5% circa nel 2024 e del 3,5% nel 2025, raggiungendo i 260 miliardi di euro grazie in particolare al traino delle medie imprese, vero e proprio motore delle filiere. A guidare la crescita delle vendite estere delle PMI quest’anno sarà l’Oriente: Medio Oriente e Asia Orientale sono le aree per cui sono infatti previsti significativi incrementi, rispettivamente +6,1% e +2,3%. Non sarà da meno l’America settentrionale (+3,8%), mentre la crescita sarà piatta verso l’Unione Europea, che rimane comunque la principale area di destinazione. Nel 2025 un maggior dinamismo verrà mostrato dall’Africa subsahariana (+10,1%).Anche per le grandi imprese italiane si prevede una dinamica positiva, fino al +3,8% quest’annoe al +5,8% nel 2025 – “Le oltre 200 mila piccole e medie imprese giocano un ruolo fondamentale nell’economia italiana, producendo un giro di affari di oltre 1.400 miliardi di euro, che genera quasi il 40% del valore aggiunto nazionale” – ha dichiarato Terzulli –. Secondo le nostre stime le esportazioni delle PMI italiane cresceranno dell’1,5% circa nel 2024 e del 3,5% nel 2025, raggiungendo i 260 miliardi di euro grazie in particolare al traino delle medie imprese. Una export capability che può crescere, puntando su due leve strategiche: la trasformazione tecnologica, anche in chiave sostenibile, e l’integrazione in più filiere produttive.”Il ruolo delle filiere per la crescita e i settori del futuro – L’integrazione nelle filiere rappresenta un elemento centrale per la competitività delle PMI, grazie all’interconnessione dei processi produttivi. Un potenziale ad oggi largamente inespresso, considerando che la maggior parte delle imprese italiane (in media 4 su 5) dichiara di partecipare a una sola filiera. Lo Studio ha identificato le 8 principali filiere a rilevanza sistemica – macchine industriali, edilizia, agro-alimentare, abbigliamento, mezzi di trasporto su gomma, energia, sanità, farmaceutica e cure – che da sole rappresentano il 56,4% del Valore Aggiunto, il 52,3% dell’occupazione e il 67,3% dell’export delle unità con almeno 3 addetti. Ed evidenzia, tra le altre, le “filiere del futuro” relative a edilizia intelligente (smart building), agro-alimentare (agritech) ed energie rinnovabili e alternative (come l’eolico offshore e l’idrogeno).”Il modello distrettuale si conferma un pilastro fondamentale per il sistema produttivo nazionale. È in corso un’evoluzione verso una crescente integrazione lungo le catene del valore che – ha spiegato Tavazzi – consentirà alle imprese italiane di affrontare le sfide di un mercato sempre più globale e competitivo e di superare alcuni limiti dei distretti tradizionali. Nello specifico, abbiamo identificato alcune filiere informali, ovvero non censite a livello statistico, e cross-settoriali, che tagliano trasversalmente più settori – su cui l’Italia potrà rafforzare e consolidare il proprio posizionamento in termini di attivazione occupazionale, produzione industriale e proiezione sui mercati esteri. Ad esempio, stimiamo che nei prossimi anni la trasformazione del patrimonio edilizio in Italia nella direzione dello smart building possa generare oltre 200mila posti di lavoro qualificati e specializzati, così come importanti prospettive possono provenire dalla filieraagritech e delle tecnologie rinnovabili e alternative su cui l’Italia è già oggi ai primi posti in Europa (2° Paese europeo per Valore Aggiunto nei settori attivati dall’eolico offshore galleggiante e secondo produttore europeo di tecnologie meccaniche potenzialmente utilizzabili nella filiera dell’idrogeno)”. LEGGI TUTTO

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    Turismo delle radici: attrarre in Italia comunità della diaspora può generare fino a 141 miliardi di euro

    (Teleborsa) – Il turismo delle radici rappresenta un’opportunità economica significativa per l’Italia, con un impatto potenziale di 65 miliardi di euro di spesa diretta e fino a 141 miliardi di euro se si considera il moltiplicatore economico del turismo. Brasile, Argentina e Stati Uniti d’America sono le principali fonti potenziali di turisti delle radici, riflettendo i flussi migratori storici. A livello territoriale, Veneto, Campania e Sicilia sono le regioni che possono ottenere i maggiori benefici dal turismo delle radici, grazie al loro passato di emigrazioni all’estero. È quanto emerge dal Position Paper “La disapora come ritorno a casa. Massimizzare l’impatto socio-economico per l’Italia e le sue comunità transfrontaliere dal turismo alla ricerca delle proprie origini” presentato in occasione del primo giorno dei lavori del Forum “Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive” a Villa d’Este di Cernobbio, durante la sessione in cui è intervenuto Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio dei Ministri e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e moderata da Ferruccio de Bortoli, editorialista del Corriere della Sera. Il Position Paper analizza l’importanza strategica per l’Italia della rete rappresentata dalle popolazioni di origine italiana nel mondo, con particolare attenzione alle potenzialità del turismo delle radici nei suoi validi e molteplici aspetti socio-economici. Lo studio approfondisce anche le esperienze di successo e le politiche adottate dall’Italia e da altri Paesi, europei ed extraeuropei, che sono intervenuti per rafforzare il legame con le comunità di emigrati all’estero nella direzione di un “ritorno a casa” e di una riconnessione con le aree locali di origine dei propri antenati. Vengono inoltre proposte alcune aree di intervento per l’Italia per valorizzare questa diffusione del “patrimonio” nel mondo, alla luce delle sfide poste dall’evoluzione dello scenario internazionale e dalla trasformazione in atto dell’industria turistica. La crescita del turismo delle radici spinge l’economia del turismo in Italia L’Italia è una potenza turistica globale, avendo contato nel 2023 oltre 134 milioni di arrivi e 451 milioni di pernottamenti, con i turisti internazionali (52,4% del totale) che hanno superato i visitatori nazionali. La ricca storia di emigrazione dell’Italia – si legge nel report – ha generato una vasta diaspora, con una stima di 80 milioni di discendenti italiani nel mondo, come effetto di due grandi ondate di emigrazione. La diaspora offre un’opportunità significativa per il “turismo delle radici”, un settore in crescita in cui i discendenti visitano la loro patria di origine. Il turismo delle radici rappresenta circa il 15% delle presenze turistiche totali in Italia, con un mercato potenziale proveniente principalmente da Brasile, Argentina e Stati Uniti. Il 97,3% degli intervistati tra gli oriundi italiani ha espresso il forte desiderio di visitare l’Italia per entrare in contatto con il proprio patrimonio di origine: i turisti delle radici tendono a rimanere più a lungo (in media 9,8 giorni rispetto ai 6,8 giorni dei visitatori internazionali che pernottano), contribuendo alle economie locali, soprattutto nelle regioni meno conosciute. “Il turismo delle radici – ha affermato Tajani – è una grande opportunità per rafforzare i rapporti con le nostre comunità all’estero e per far conoscere i piccoli borghi e le comunità rurali italiane che spesso non vengono valorizzate dal turismo di massa, creando nuovi ponti di dialogo e promuovendo un’immagine dell’Italia all’estero più contemporanea e a tutto tondo. Il turismo di prossimità è tra le priorità del Ministero degli Affari Esteri del Governo italiano, in quanto rappresenta un prezioso volano di crescita e sviluppo per i nostri territori. Continueremo a implementare e ampliare questo progetto di successo”.”Il turismo della diaspora – ha commentato Mariangela Zappia, ambasciatrice d’Italia negli Stati Uniti d’America – è un’esperienza personale e familiare molto più articolata e profonda di quella dei viaggiatori stranieri che non hanno legami con l’Italia. I cittadini italiani all’estero e i migranti di prima generazione, nati in Italia, tornano nel nostro Paese per riconnettere sé stessi e avvicinare i propri figli al proprio territorio, alla propria storia. I migranti di seconda e terza generazione sono motivati dal desiderio di riscoprire, attraverso le radici italiane della propria famiglia, una parte della propria identità, e di appropriarsi di un senso di italianità di cui sono orgogliosi, insieme al sentimento di appartenenza alla comunità del proprio Paese, come vediamo ogni giorno nella straordinaria comunità degli italo-americani”. L’Italia ha definito obiettivi strategici e lanciato specifiche iniziative per promuovere il turismo delle radici Nel riconoscimento del crescente interesse per il turismo delle radici e dei suoi potenziali benefici, il Governo italiano ha dichiarato il 2024 “Anno delle radici italiane nel mondo”. Al centro di questa iniziativa c’è il programma “Italea”, un progetto globale con un valore complessivo di 20 milioni di euro stanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNR), pensato per valorizzare il turismo delle radici in tutta Italia. “Italea” mira a mettere in contatto i discendenti italiani nel mondo con il loro patrimonio attraverso viaggi, itinerari personalizzati e accesso alle risorse genealogiche. Il programma cerca di facilitare i viaggi verso i villaggi degli antenati, i punti di riferimento locali e gli eventi culturali. L’iniziativa esistente dovrebbe essere potenziata ampliando le opzioni linguistiche disponibili sul sito web, migliorando gli strumenti di ricerca genealogica ed espandendo la rete di partner commerciali. “Chiamando a casa i suoi immigrati e i loro discendenti, il Governo italiano li lega ulteriormente alla loro madrepatria ancestrale e alle numerose piccole città e villaggi del Paese che un tempo erano costretti a fornire un esodo di emigranti – ha affermato Robert E. Carlucci, chairman della National Italian American Foundation—NIAF –. Oggi, quegli stessi emigranti e le loro generazioni successive hanno dato grande lustro all’Italia con la loro fatica e il loro successivo successo in tutto il mondo. Essi sono ora nella posizione di riscoprire le loro origini italiane in un modo che non solo offre loro i benefici del contatto fisico con i parenti e i luoghi importanti per le loro storie familiari, ma offre anche a molti piccoli borghi i benefici economici di un afflusso di turisti che hanno un legame diretto con quei particolari luoghi. Il vantaggio residuo di questo contatto tra la diaspora italiana e le loro città d’origine è un legame molto più stretto che spesso si traduce in investimenti da parte dei discendenti degli italiani. Tali investimenti, a loro volta, costituiscono la base per un legame permanente tra queste città italiane e i loro immigrati, ansiosi di dimostrare il loro continuo affetto alla terra dei loro antenati”. Numerosi Paesi hanno coinvolto le comunità della diaspora per rafforzare la crescita del turismo e la riconnessione culturale Le iniziative di successo di vari Paesi dimostrano l’importanza di avviare strategie a 360 gradi che includano lo stanziamento di risorse finanziarie e l’accessibilità dei servizi di ricerca genealogica: l’attuazione di azioni di marketing mirato e di sensibilizzazione personalizzata (come, ad esempio, le iniziative culturali della Francia e le visite in Corea del Sud per i giovani coreani d’oltremare); l’organizzazione di eventi e campagne a tema su larga scala, come nel caso di “The Gathering Ireland” (2013) e dell'”Anno del ritorno a casa” (“Year of Homecoming”) della Scozia (2009 e 2014); lo sviluppo di strumenti e piattaforme digitali per la pianificazione dei viaggi, come nel caso del sito web dedicato ai cittadini tedesco- americani in Germania; la promozione di partnership con organizzazioni locali e internazionali, come l’iniziativa egiziana “Nostos: Reviving Roots” lanciata dall’Egitto insieme a Grecia e Cipro; l’offerta di un sostegno continuo da parte dei governi attraverso agenzie dedicate (come l’Overseas Chinese Affairs Office della Cina) o ministeri della diaspora (come in Armenia, Messico e India). Lo Studio ha individuato 6 aree prioritarie d’intervento per attrarre le comunità transfrontaliere della diaspora e valorizzare il potenziale del turismo delle radici in Italia. La definizione di una solida struttura di governance multi-ministeriale e di una strategia nazionale è un primo punto d’azione per elevare il turismo delle radici da iniziativa temporanea ad asset strategico permanente per l’Italia. Questo approccio mira a definire una strategia coesa e a lungo termine che sfrutti pienamente il potenziale del turismo delle radici. Dovrebbe essere istituita – evidenzia il report – una Cabina di Regia multi-ministeriale, che coinvolga i ministeri chiave, tra cui gli Affari Esteri, il Turismo e la Cultura, per sviluppare una strategia nazionale per il turismo delle radici. Per ovviare all’attuale mancanza di un rappresentante governativo univoco per le comunità italiane all’estero, si potrebbe nominare un viceministro specifico per gli italiani all’estero.Per offrire esperienze significative ai turisti delle radici, la valorizzazione dell’offerta territoriale e culturale dell’Italia dovrebbe rappresentare una seconda area di intervento per una roadmap del turismo delle radici. Ciò include la creazione di una rete strutturata di “città italiane della migrazione” con infrastrutture e servizi migliori, come strutture residenziali, collegamenti di trasporto e connettività digitale. Inoltre nell’analis isi raccomanda di integrare le iniziative di turismo di prossimità con il programma delle “Capitali italiane della cultura” e con l’imminente Giubileo del 2025, per creare esperienze più immersive e ricche di significato per i discendenti di emigrati italiani. Il riconoscimento della doppia cittadinanza, si legge nel report, è una pietra miliare per una strategia efficace per entrare in contatto con le comunità della diaspora, ma il sistema attuale dovrebbe essere completamente rivisto, attraverso uno snellimento del processo di richiesta della cittadinanza, l’adozione di un approccio multiforme che preveda la digitalizzazione delle procedure, l’aumento delle risorse per la rete consolare e l’aggiornamento del quadro legislativo. Dovrebbero inoltre essere implementati meccanismi di finanziamento solidi e strutturati per potenziare le comunità della diaspora italiana all’estero e sostenere lo sviluppo dei piccoli comuni. Queste azioni dovrebbero attingere da fonti pubbliche e private, con criteri di assegnazione chiari basati sull’importanza strategica, sul potenziale di collaborazione e sull’allineamento con gli obiettivi di diplomazia culturale ed economica dell’Italia. Ciò potrebbe includere sovvenzioni annuali, finanziamenti basati su progetti e programmi di sostegno finanziario a lungo termine per le comunità e associazioni della diaspora. La piena visione d’insieme e comprensione circa lo stato dell’arte sui discendenti italiani nel mondo e i loro comportamenti di viaggio – secondo lo studio – è un quinto pilastro per una roadmap dell’Italia incentrata sul turismo delle radici. Si potrebbe sviluppare una categoria statistica specifica per il turismo della “scoperta delle radici”, superando le attuali categorie legate alla “visita ad amici e parenti”. Anche il potenziamento delle capacità di ricerca genealogica è fondamentale, con proposte per dotare i comuni di personale qualificato, archivi digitalizzati e risorse finanziarie per assistere la ricerca degli antenati. Per le comunità più piccole, i punti di contatto regionali potrebbero fornire il supporto necessario. Inoltre, la creazione di una banca dati nazionale, simile a quelle implementate in Irlanda e Scozia, faciliterebbe notevolmente il processo di ricostruzione delle origini italiane. Infine, una vasta campagna di comunicazione e sensibilizzazione è essenziale per promuovere e implementare efficacemente il turismo delle radici (con azioni tra cui: ridefinirne la terminologia per catturare meglio l’essenza emotiva di questi viaggi, sfruttando gli eventi e le tradizioni locali; incoraggiare la produzione di film e serie televisive su storie di successo della diaspora italiana e promuovere l’apprendimento della lingua italiana in tutto il mondo). L’impatto potenziale del turismo della ricerca delle proprie origini può agire da catalizzatore per rilanciare il settore “Il successo delle esperienze internazionali che abbiamo analizzato – ha commentato Lorenzo Tavazzi, senior partner, esponsabile dello Sviluppo Internazionale e Board Member di TEHA Group – mette in luce le numerose leve su cui si può agire a supporto del rafforzamento e della valorizzazione del turismo delle radici. Oltre a determinare un significativo impatto dai Paesi al centro della diaspora italiana nel mondo e benefici per le regioni da cui generazioni di Italiani sono partite, il turismo delle radici può anche svolgere un ruolo cruciale nel ridurre la stagionalità del turismo in Italia. Aggiungendo solo il 2% dei potenziali turisti delle radici durante la bassa stagione (da gennaio a giugno e da settembre a dicembre), si potrebbe ottenere un flusso di visitatori più costante durante tutto l’anno. Questa forma di turismo non solo offre notevoli vantaggi economici, ma contribuisce anche a un settore turistico più sostenibile e stabile, distribuendo i flussi turistici in modo più uniforme durante tutto l’anno”. LEGGI TUTTO

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    MEF annuncia asta BOT per l’11 settembre

    (Teleborsa) – Il Ministero dell’Economia ha annunciato oggi il collocamento di BOT a 1 anno per il prossimo 11 settembre. Saranno collocati in asta fino a 7,5 miliardi di BOT annuali Bot annuali, con scadenza 12 settembre 2025. Il regolamento è fissato per il 13 settembre. LEGGI TUTTO