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    Generali, rumors: trattative con Natixis per aggregazione nell’asset management

    (Teleborsa) – La compagnia assicurativa italiana Generali sta tenendo colloqui iniziali con il gestore patrimoniale francese Natixis Investment Managers per un potenziale accordo nell’asset management. Lo scrive il Financial Times, spiegando che le società non hanno ancora concordato i termini di un accordo e non è ancora chiaro se i colloqui porteranno a un accordo.Natixis Investment Managers è uno dei maggiori gestori patrimoniali al mondo con oltre 1,3 trilioni di dollari di asset in gestione (1,2 trilioni di euro), e offre una gamma di soluzioni diversificate tra asset class, stili e veicoli, tra cui strategie e prodotti innovativi in ambito ESG. Con sede a Parigi e a Boston, Natixis Investment Managers fa parte della divisione Global Financial Services di Groupe BPCE, il secondo gruppo bancario in Francia attraverso le reti retail Banque Populaire e Caisse d’Epargne.Generali Investments è il polo di asset management del Gruppo Generali, uno dei più grandi player mondiali nel settore assicurativo e di asset management. Al secondo trimestre del 2024, Generali Investments ha 670 miliardi di euro di asset in gestione. LEGGI TUTTO

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    Wall Street in rialzo e rendimenti Treasury in ribasso con nomina Bessent al Tesoro

    (Teleborsa) – Seduta positiva a Wall Street, con il mercato azionario in rialzo e i rendimenti dei Treasury in declino, dopo che gli investitori hanno accolto con favore la scelta di Scott Bessent come Segretario del Tesoro degli Stati Uniti da parte di Donald Trump.La nomina del gestore di hedge fund ha alleviato le preoccupazioni sul programma inflazionistico del nuovo presidente in arrivo, che portato i rendimenti dei Treasury a 10 anni fino al 4,5%. “Consideriamo la nomina credit positive nel breve termine, anche dato che si prevede che Bessent implementerà politiche più moderate associate a tagli fiscali e dazi, e questo dovrebbe ridurre le aspettative di un aumento dell’inflazione negli Stati Uniti”, commentano gli analisti di UniCredit.Sul fronte macroeconomico, la giornata è priva di indicazioni significative. Prima della campanella è emerso che l’indice FED Chicago sull’attività nazionale (CFNAI) è peggiorato a ottobre.Tra gli annunci societari, Macy’s ha annunciato un ritardo nella pubblicazione dei conti per terzo trimestre (citando un problema contabile), Merck ha affermato che il suo farmaco Winrevair ha contribuito a ridurre significativamente il rischio di morte nei pazienti con una rara condizione che causa ipertensione polmonare, Summit Materials ha annunciato che il fornitore di materiali edili Quikrete l’acquisirà in un accordo valutato 11,5 miliardi di dollari.Guardando ai principali indici di Wall Street, il Dow Jones mostra una plusvalenza dell’1,13%, proseguendo la serie di quattro rialzi consecutivi, iniziata mercoledì scorso; sulla stessa linea, performance positiva per l’S&P-500, che continua la giornata in aumento dello 0,79% rispetto alla chiusura della seduta precedente. Sale il Nasdaq 100 (+0,79%); con analoga direzione, positivo l’S&P 100 (+0,74%). LEGGI TUTTO

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    Lavoro, Istat: al Sud per un dipendente privato extra-agricolo su 10 meno di 7,79 euro/ora

    (Teleborsa) – Nel 2021, la mediana della retribuzione oraria (per ora retribuita) nel Mezzogiorno è inferiore di 1,29 euro/ora rispetto a quella del Centro-Nord. In altri termini, sebbene nel corso degli anni considerati la differenza sia diminuita, in mediana la retribuzione nel Mezzogiorno è solo l’89,3% di quella del Centro-Nord. Il gap territoriale aumenta se si considera la retribuzione annuale (percepita nel corso dell’anno) che dipende anche dall’input di lavoro: in mediana, le posizioni occupate nel Mezzogiorno mostrano una retribuzione inferiore ai 9 mila euro (l’unica eccezione si osserva nel 2016 quando hanno raggiunto i 9.142 euro), mentre nel Centro-Nord non scendono mai sotto i 13 mila euro (nel 2021 la differenza si attesta a 6.536 euro). Il valore mediano della retribuzione annuale nel Mezzogiorno è, dunque, poco più della metà di quello del Centro-Nord. È quanto rileva l’Istat in un approfondimento sulle differenze territoriali nell’occupazione, nell’input di lavoro e nelle retribuzioni per le posizioni lavorative dipendenti nel settore privato extra-agricolo, per gli anni dal 2014 al 2021, a partire dai dati del registro RACLI (disponibile dal 2014) che costituisce il modulo sui lavoratori dipendenti del settore privato extra-agricolo del nuovo Registro Tematico del Lavoro (RTL).Nel Mezzogiorno, circa una posizione su dieci percepisce una retribuzione oraria inferiore ai due terzi della mediana nazionale – inferiore cioè a 7,79 euro/ora, essendo la mediana nazionale pari a 11,69 euro/ora – classificandosi tra i cosiddetti low pay job (lpj); nel Centro-nord i lpj sono la metà, uno ogni venti. D’altra parte, quasi un quinto delle posizioni nel Centro-Nord percepisce retribuzioni orarie superiori a una volta e mezzo la mediana nazionale – superiore cioè a 17,54 euro/ora – classificandosi come high pay jobs (hpj); nel Mezzogiorno gli hpj sono meno di un decimo. Tali risultati sintetizzano le caratteristiche della distribuzione delle posizioni lavorative per retribuzione oraria (per ora retribuita) nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno: entrambe le distribuzioni mostrano un’asimmetria positiva, ma nel Mezzogiorno si osserva una maggiore presenza dei livelli più bassi.Differenze territoriali evidenti si osservano anche per quanto riguarda il costo del lavoro: nel 2021 il suo valore mediano (per ora retribuita) è pari a 16,70 euro nel Centro-Nord e a 14,32 euro nel Mezzogiorno; il valore mediano della quota dei contributi, a carico del datore e del lavoratore, sul costo del lavoro è rispettivamente pari al 34,2% e al 31,6%. Tale differenza (di 2,6 punti) è frutto di un’inversione di tendenza osservata nel 2020, anche per effetto dell’attivazione di politiche di decontribuzione per il Mezzogiorno: fino al 2019 la quota dei contributi sul costo del lavoro è più alta nel Mezzogiorno (di circa 0,2/0,3 punti).Il settore privato extra agricolo, nel 2021, ha occupato 15,4 milioni di dipendenti, per un totale di 19,5 milioni di posizioni lavorative (con almeno un’ora retribuita nell’anno a carico del datore di lavoro); le posizioni nel Centro-Nord rappresentano il 75,8% del totale (occupate dal 76,6% dei lavoratori), mentre quelle nel Mezzogiorno il restante 24,2% (24,8% dei lavoratori). Al primo gennaio 2019 sono attive 2 mln e 577 mila posizioni nel Mezzogiorno e 9 mln e 803 mila nel Centro-Nord; al primo gennaio 2020 le posizioni salgono rispettivamente a 2 mln e 664 mila (+3,4% sull’anno precedente) e a 9 mln e 970 mila (+1,7%), registrando tassi medi di attivazione – pari al 4,4% nel Centro-Nord e al 6,6% nel Mezzogiorno – superiori a quelli di cessazione (di 0,3 punti e di 0,5 punti percentualirispettivamente). Nel giugno 2020, si raggiunge il picco negativo di variazione tendenziale (-3,8% nel Centro-Nord e -3,1% nel Mezzogiorno rispetto a giugno 2019), mentre già ad aprile dello stesso anno si raggiunge il valore minimo nei tassi di attivazione e cessazione (1,1% e il 2,0% nel Centro-Nord e 1,8% e il 2,4% nel Mezzogiorno); a gennaio 2021, le posizioni attive nel Mezzogiorno si attestano a 2 mln e 703 mila (+1,5% su gennaio 2020) e nel Centro-Nord a 9 mln e 777 mila (-1,9%). Nel Mezzogiorno il numero di posizioni supera dunque già a gennaio 2021 il valore del 2019, mentre nel Centro-Nord ciò si osserva solo a partire da luglio 2021, quando la variazione tendenziale sul 2019 torna a essere positiva. Al primo dicembre 2021, il Centro-Nord raggiunge 10 mln e 638 mila posizioni (+4,1% su dicembre 2020 e +2,3% su dicembre 2019) e il Mezzogiorno 3 mln 81mila posizioni (+6,3% su dicembre 2020 e +8,4% su dicembre 2019).Nel 2021, la durata mediana nell’anno delle posizioni è pari a 365 giorni nel Centro-Nord e a 277 giorni nel Mezzogiorno, valore quest’ultimo che, seppur inferiore a quello del 2014 (pari a 310 giorni), supera il minimo registrato nel 2018 (241 giorni). Nel dettaglio, la quota di posizioni con durata inferiore ai tre mesi (90 giorni) nel Centro-Nord è pari al 22%, con una variazione nel periodo compresa tra il 18,7% registrato nel 2014 e il 23,4% registrato nel 2018, mentre nel Mezzogiorno è pari al 27%, valore superiore di 5 punti rispetto al Centro-Nord, ma, comunque, inferiore a quello massimo, pari a quasi il 30%, raggiunto nel 2018.Se nel 2014 la più elevata incidenza di attivazioni a tempo determinato si osservava al Centro-Nord (74 ogni cento attivazioni, rispetto alle 66 nel Mezzogiorno), nel corso degli anni il Mezzogiorno si è velocemente avvicinato e, dal 2019, la quota ha superato quella del Centro-Nord (73,2% contro 73,7%), con una differenza che nel 2021 è arrivata a oltre 3 punti percentuali (74,9% contro 78,1%).Nel 2021, poco più di un terzo (il 35,6%) delle posizioni attive del Mezzogiorno sono occupate da donne, quota inferiore di 0,3 punti a quella registrata nel 2014 (35,9%) e di 1,6 punti a quella del 2019, anno in cui si raggiunge il valore massimo (37,2%). L’emergenza sanitaria, nel 2020, ha di fatto interrotto un trend di occupazione femminile crescente, che aveva portato anche al graduale avvicinamento del Mezzogiorno al Centro-Nord, complice la diminuzione osservata in quest’ultima area (da 42,6% del 2014, al 42,3% del 2019). Rispetto all’anno precedente, infatti, nel 2020 la quota di posizioni occupate da donne diminuisce – soprattutto nel Mezzogiorno (1,4 punti contro 0,3 punti del Centro-Nord) – e anche nel 2021 si osserva una diminuzione di 0,2 punti in entrambe le aree. Se nel 2014 la quota di posizioni occupate da giovani under 35 nel Mezzogiorno è superiore di quasi 3 punti percentuali a quella del Centro-Nord, negli anni successivi il gap si è ridotto arrivando a una differenza inferiore al punto percentuale nel 2021. La perdita di posizioni occupate da giovani nel Mezzogiorno è stata marcata – dal 36,5% del 2014 si è scesi al 35,2% nel 2021 – e si è contrapposta all’aumento osservato nel Centro-Nord, dove si è passati dal 33,7% al 34,4%; le dinamiche descritte sono entrambe sintesi dei seguenti elementi: i) la diminuzione osservata tra il 2014 e il 2016, maggiore nel Mezzogiorno; ii) l’aumento osservato nel triennio successivo, più marcato nel Centro-Nord, iii) il crollo registrato nel 2020, simile sul territorio, e iv) la ripresa osservata nel 2021, più evidente nel Centro-Nord. Nel Mezzogiorno la quota di posizioni occupate da lavoratori con almeno una laurea, nel 2021, è pari all’11,5%, inferiore di oltre 4 punti percentuali a quella del Centro-Nord (Figura 6), una distanza che si è ampliata a partire dal 2020: la quota di posizioni occupate da lavoratori con almeno una laurea al Centro-Nord è aumentata di oltre 2 punti percentuali (da 13,4% nel 2014 a 15,6% nel 2021), mentre la crescita nel Mezzogiorno si è fermata a 1,6 punti (da 9,9% a 11,5%).Le posizioni a tempo pieno e attive per tutto l’anno, le cosiddette full time full year, nel Mezzogiorno rappresentano meno di un quarto delle posizioni totali (il 24,1% nel 2021), quota di 11,6 punti percentuali inferiore a quella del Centro-Nord (35,7%); inoltre, nel corso degli anni, la distanza tra le ripartizioni è aumentata e ha raggiunto il valore massimo nel 2020, quando è salita a 14,1 punti (25,3% rispetto a 39,4%).Tale evidenza si lega alla maggiore incidenza nel Mezzogiorno di posizioni a tempo determinato e part time: nel 2021, le prime sono il 40,6%, valore di 9,1 punti superiore a quella del Centro-Nord, e le seconde il 40,8%, valore di 13,1 punti più elevato rispetto al Centro-Nord. Sebbene la dinamica della quota di posizioni a tempo indeterminato, complementare a quella delle posizioni a tempo determinato, abbia seguito un andamento ciclico su tutto il territorio (aumentando tra il 2014 e il 2015 e tra il 2018 e il 2020), il gap a sfavore del Mezzogiorno è aumentato (dai -4,6 punti nel 2014 si è saliti a -9,1, passando per il picco negativo nel 2020 pari a -10,2). Nel 2021 la quota di posizioni con contratto part time nel Mezzogiorno è aumentata rispetto a quella del 2014 – dal 35% è salita al 40,8% – a fronte di una sostanziale stabilità nel Centro-Nord (dal 27,2% è passata al 27,7%) dovuta alla progressiva flessione osservata negli ultimi tre anni (nel Mezzogiorno la flessione si registra solo per l’ultimo anno). LEGGI TUTTO

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    Ue-Cina, ricorso al Wto della Commissione contro i dazi di Pechino sul Brandy

    (Teleborsa) – La Commissioneeuropea ha formalmente fatto ricorso all’Organizzazione mondiale del commercio contro le misure antidumping provvisorie imposte dalla Cina sulle importazioni di brandy dell’UE. “Questo passo riflette l’opinione fermamente tenuta dall’UE secondo cui le misure provvisorie della Cina sul brandy dell’UE non sono in linea con le norme dell’OMC – si legge in una nota di Bruxelles –. La Cina non ha dimostrato che ci sia alcuna minaccia di danno alla sua industria del brandy, né che ci sia un nesso causale tra la presunta minaccia di lesioni e le importazioni di brandy dall’UE. Inoltre, la Cina ha avviato il caso sulla base di prove insufficienti, contrariamente agli standard del diritto dell’OMC”.”Esprimendo il suo disaccordo con le misure incompatibili della Cina con l’OMC già in fase provvisoria, l’UE sta intraprendendo una forte azione precoce per proteggere gli interessi della sua industria e della sua economia”, aggiunge la notaLa richiesta della Commissione è il primo passo per avviare le procedure di risoluzione delle controversie dell’OMC. La Cina ha ora 10 giorni per rispondere alla richiesta dell’UE, al fine di trovare un formato e una data reciprocamente convenienti per le consultazioni. Se non si trova una soluzione soddisfacente, potrebbe essere chiesto a un gruppo dell’OMC di decidere sul caso.(Foto: © WTO) LEGGI TUTTO

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    Europa, outlook Morningstar DBRS: nel 2025 bene data center, male auto e farmaceutico

    (Teleborsa) – Sebbene ci sia stata una certa ripresa dopo la pandemia di COVID-19 e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, è probabile che la crescita dei ricavi delle imprese europea rimanga “lenta” e ciò non sarà aiutato dalle barriere commerciali previste dalla prossima amministrazione Trump negli Stati Uniti. Lo si legge nel “2025 Credit Outlook Europe” di Morningstar DBRS.”È molto difficile prevedere chi sarà colpito e in che modo, ma ci sarà sicuramente un ambiente più duro nei settori automobilistico e farmaceutico e ci aspettiamo anche maggiori complicazioni nelle catene di fornitura per prodotti chimici e petrolio e gas”, ha affermato Anke Rindermann, Managing Director, European Corporate Ratings presso Morningstar DBRS.Secondo l’agenzia di rating, la Cina presenta un altro rischio geopolitico per le prospettive aziendali europee. Il paese è un fornitore chiave per la transizione energetica e c’è incertezza sulla sua potenziale invasione di Taiwan, che potrebbe causare una recessione globale e influenzare le industrie aziendali in un modo mai visto prima.I settori che affrontano sfide in Europa includono l’automotive, poiché le aziende di alto profilo stanno valutando la chiusura di stabilimenti in Europa mentre l’adozione di veicoli elettrici (EV) perde slancio. I profitti del settore automobilistico sono destinati a continuare con un andamento negativo nel 2025, ma Morningstar DBRS sottolinea che questo calo è dai massimi record del 2023, quando le vendite di veicoli nuovi sono tornate ai livelli pre-pandemia e i produttori di apparecchiature originali hanno registrato profitti record. Pertanto, non ci si aspetta un impatto negativo sui rating creditizi, nonostante le situazioni specifiche delle aziende. Anche il panorama europeo dell’M&A sta lottando per tenere il passo con i picchi passati, nonostante un leggero aumento dell’attività quest’anno. Il report ha evidenziato tre tendenze strutturali che rappresenteranno ostacoli nel 2025: (1) una maggiore pressione da parte della regolamentazione; (2) un minor numero di grandi acquisizioni da parte di grandi aziende tecnologiche e farmaceutiche, poiché queste industrie sono focalizzate sullo sviluppo della propria tecnologia; e (3) le preferenze degli investitori per investimenti più mirati anziché per grandi conglomerati.Detto questo, le condizioni di mercato sono state difficili per le piccole imprese. Lo slancio nelle azioni di rating rimane negativo nel middle-market. “Per ogni azienda in cui abbiamo migliorato il rating, ce ne sono 3,4 che abbiamo declassato”, ha affermato Cristina Ramirez, Vice President, Sector Lead, Private Credit presso Morningstar DBRS. Ha sottolineato che molte aziende più piccole non riescono a ottenere finanziamenti dalle banche e il middle-market offre una maggiore flessibilità per gli investitori con una visione a lungo termine.La visione di Morningstar DBRS in Europa è tuttavia sfumata e la situazione si sta evolvendo in modi diversi nel continente. “I paesi dell’Europa meridionale sono stati precedentemente etichettati come i figli problematici delle economie europee – ha affermato Rindermann – ma non credo che ciò sia più vero; ex rifugi sicuri percepiti come Germania e Francia non sembrano più così sicuri ora”.Un settore con prospettive più promettenti è quello dei data center. Fino a poco tempo fa, i data center erano in gran parte finanziati dalle banche, ma c’è stato un aumento delle transazioni nei mercati dei capitali più ampi. Mirco Iacobucci, Senior Vice President, Sector Lead, European Commercial Real Estate Ratings presso Morningstar DBRS, ha sottolineato che i mercati dei capitali sono ora più simili a una necessità nel finanziamento dei data center: “Al momento, non credo che ci sia scelta: c’è una domanda così grande che le banche da sole non riescono a far fronte ai volumi e ai costi significativi associati allo sviluppo di nuovi data center”. LEGGI TUTTO

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    UE autorizza acquisto di Seidor Solutions and Logistics da parte di Carlyle

    (Teleborsa) – La Commissione europea ha approvato, ai sensi del Regolamento sulle concentrazioni dell’UE, l’acquisizione del controllo esclusivo di Seidor Solutions S.L. e Seidor Logistics S.L. (“Seidor Solutions and Logistics”) della Spagna da parte di Carlyle, colosso del private equity degli Stati Uniti.La transazione riguarda principalmente il mercato della fornitura di servizi e soluzioni di tecnologia informatica, in particolare per quanto riguarda hardware e software per computer in Spagna.La Commissione ha concluso che la transazione notificata non solleverebbe preoccupazioni in materia di concorrenza, data la limitata posizione di mercato combinata delle società derivante dalla transazione proposta. La transazione notificata è stata esaminata ai sensi della procedura di revisione semplificata delle concentrazioni. LEGGI TUTTO

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    UniCredit, Diodovich (IG Italia): OPS su Banco BPM sorprende per tempistiche, rilancio probabile

    (Teleborsa) – “Crediamo che l’offerta di Unicredit non sia così sorprendente visto che Banco BPM è sempre stato un obiettivo strategico per il gruppo di Piazza Gae Aulenti. La sorpresa è più che altro nelle tempistiche. Unicredit ha intrapreso nei mesi scorsi una scalata su Commerzbank, Banco BPM sta concludendo un’OPA su Anima Holding e ha acquistato quote di Banca MPS. La situazione è indubbiamente molto complessa”. Lo afferma Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, commentando l’offerta pubblica di scambio di Unicredit su Banco BPM.”Crediamo che la mossa di Orcel abbia preso in contropiede i vertici di Banco BPM, in particolare il CEO Giuseppe Castagna che aveva/ha l’ambizione di creare il terzo polo bancario – aggiunge – Riteniamo inoltre che l’offerta di Unicredit sia al momento bassa e ci aspettiamo una probabile nuova offerta molto più elevata per convincere gli azionisti di Banco BPM. Al momento il focus di Unicredit è su BPM, l’operazione finanziaria su Commerzbank richiederà molto più tempo (esito elezioni tedesche, formazione nuovo governo, mosse di difesa dei vertici della banca)”.Secondo Diodovich, l’OPS di Unicredit su Banco BPM rappresenta “una sinergia di grande valore” e con questa operazione “il gruppo punta a rafforzare la propria presenza nel mercato italiano, sfruttando le forti radici locali di Banco BPM e combinandole con l’esperienza internazionale di Unicredit”. LEGGI TUTTO

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    Giorgetti (MEF): mossa UniCredit su Banco BPM “non concordata”, c’è Golden Power

    (Teleborsa) – L’operazione di UniCredit su Banco BPM è stata “comunicata, ma non concordata col governo”. Lo ha affermato il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, a margine di un’audizione a San Macuto.”Poi vedremo, come è noto esiste la Golden Power – ha aggiunto – Il governo farà le sue valutazioni, valuterà attentamente quando Unicredit invierà la sua proposta per le autorizzazioni del caso.”Citando von Clausevitz il modo più sicuro per perdere la guerra è impegnarsi su due fronti, poi chissà che magari questa volta questa regola non sarà vera”, ha detto Giorgetti, evidentemente riferendosi all’OPS lanciata da Unicredit su Banco BPM e all’investimento in corso della banca guidata da Andrea Orcel in Commerzbank. LEGGI TUTTO