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    Sondaggio Fed: CFO segnalano crescente ottimismo, ma vedono aumento prezzi da dazi

    (Teleborsa) – Le prospettive per l’economia statunitense tra i decisori finanziari sono leggermente migliorate nel terzo trimestre del 2025, con il calo dell’incertezza. Tuttavia, le preoccupazioni per l’impatto dei dazi sui prezzi e sulle performance aziendali hanno continuato a gravare sulle aziende, secondo il CFO Survey, una collaborazione tra la Fuqua School of Business della Duke University e le Federal Reserve Bank di Richmond e Atlanta.L’incertezza rimane una delle principali preoccupazioni dei decisori finanziari, ma la sua importanza è scesa dal secondo posto più alto nel secondo trimestre al settimo nel terzo trimestre.”Probabilmente, è stata la diminuzione dell’incertezza a contribuire a rafforzare l’ottimismo nel terzo trimestre – ha affermato Sonya Ravindranath Waddell, vicepresidente ed economista della Federal Reserve Bank di Richmond – Il ritorno dell’ottimismo e delle aspettative sul PIL a livelli più in linea con l’inizio del 2024 è rassicurante. Ma la preoccupazione per i dazi è reale e impattante per molti CFO intervistati”.Per il terzo trimestre consecutivo, i dazi e la politica commerciale sono stati la principale preoccupazione tra gli intervistati, seguiti dalla politica monetaria e dall’inflazione. Le aziende che hanno indicato i dazi come principale preoccupazione si sono dimostrate notevolmente più pessimiste riguardo all’economia e alla propria azienda. Nello specifico, queste aziende: erano meno ottimiste sull’economia statunitense (59,9 per il gruppo interessato dai dazi contro 64,3 per quelli non interessati), prevedevano una crescita inferiore del PIL reale per l’anno a venire (1,6% contro 2,0%), avevano aspettative di crescita del fatturato e dell’occupazione inferiori per il 2025, prevedevano una crescita dei costi di input notevolmente più elevata nel 2025 e nel 2026, prevedevano una maggiore crescita dei prezzi nel 2025 e nel 2026.Nel complesso, i CFO prevedevano che i dazi avrebbero avuto un impatto significativo sulla crescita dei prezzi: in media, la crescita dei prezzi sarebbe stata inferiore di circa il 30% nel 2025 e di circa il 25% nel 2026 senza l’aggiunta dei dazi, il che indica che le aziende prevedono di dover fare i conti con gli aumenti dei prezzi correlati ai dazi fino al 2026. Nel frattempo, quasi un quarto delle aziende ha continuato a dichiarare che ridurrà la spesa in conto capitale nel 2025 a causa dei dazi. LEGGI TUTTO

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    Studio BCE: contante è essenziale nelle crisi, forniture siano garantite

    (Teleborsa) – Mentre la quota di contante nelle transazioni quotidiane è diminuita nell’eurozona, il valore della circolazione delle banconote in euro è aumentato significativamente negli ultimi due decenni. È quanto osserva uno studio della Banca centrale europea (BCE) sul tema, suggerendo che occorre garantire un accesso sufficiente al contante, data la sua importanza in tempi di crisi.Il paradosso delle banconoteIl valore delle banconote in circolazione ha costantemente mantenuto una quota superiore al 10% del PIL dell’area euro negli ultimi dieci anni, con un aumento temporaneo durante gli anni della pandemia di COVID-19 e una moderazione a partire dalla seconda metà del 2022 a causa dell’aumento dei tassi di interesse. Rappresenta inoltre una quota costante di circa il 10% di M3 (aggregato monetario ampio), una misura che comprende altre attività liquide denominate in euro.La domanda sostenuta di contante, nonostante la proliferazione di alternative di pagamento digitali, suggerisce la “sua spiccata utilità e la sua imperfetta sostituibilità”, si legge nello studio firmato da Francesca Faella e Alejandro Zamora-Perez. Questa domanda complessiva stabile contrasta con la quota decrescente di contante nei pagamenti quotidiani, un fenomeno spesso definito “il paradosso delle banconote”.Il comportamento nelle crisiLa domanda sostenuta di banconote è stata amplificata da forti aumenti della domanda pubblica durante le principali crisi, il che evidenzia il ruolo e le caratteristiche uniche della valuta fisica.L’insorgenza di crisi improvvise – come la crisi finanziaria del 2008, la crisi del debito sovrano in Grecia del 2014-15, lo scoppio della pandemia di COVID-19 o l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 – ha innescato “un’impennata immediata ed estrema nell’acquisizione di contante da parte del pubblico”. Anche la domanda bancaria estera, che riflette le spedizioni nette dalle banche wholesaler a clienti al di fuori dell’area euro, ha registrato un’impennata durante eventi di rilevanza globale come la crisi del 2008 e ha mostrato una risposta alla guerra in Ucraina. Al contrario, la domanda bancaria nazionale di “contanti in caveau”, che rappresenta una componente minore della circolazione totale (4%-6%), mostra una minore sensibilità agli eventi di crisi, con la notevole eccezione di un picco durante l’intensificarsi della pandemia di COVID-19 in Europa a marzo 2020.I dati di pandemia e UcrainaEntro la fine del 2020, l’emissione netta cumulativa di banconote nell’area euro era aumentata di oltre 140 miliardi di euro. Ciò ha rappresentato un aumento di oltre 85 miliardi di euro (oltre il 130%) rispetto all’aumento medio annuo di circa 55 miliardi di euro registrato negli anni precedenti la pandemia (2015-19). Anche all’inizio del 2021, la circolazione “in eccesso” (emissione annua effettiva meno l’emissione annua media pre-pandemia) è rimasta sostanziale, attestandosi a circa 55 miliardi di euro entro la fine dell’anno. Questo aumento prolungato delle banconote in circolazione si è verificato nonostante un concomitante e ben documentato declino del loro utilizzo per le transazioni quotidiane, dovuto a preoccupazioni sanitarie, lockdown e all’accelerazione del passaggio ai pagamenti online e contactless. In altre parole, la pandemia ha accentuato nettamente il cosiddetto paradosso delle banconote, a causa di un forte aumento delle disponibilità liquide abbinato a un indebolimento dei flussi di banconote.In seguito all’invasione, i paesi confinanti con l’Ucraina o la Russia (come Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia e Finlandia) hanno registrato una domanda notevolmente più elevata, con livelli di emissione che hanno raggiunto da sei a dieci deviazioni standard al di sopra delle rispettive medie storiche. Una deviazione di questa portata è altamente insolita. Anche paesi in cui gli istituti di credito sono significativamente impegnati nel commercio valutario internazionale, come Germania e Austria, hanno registrato un insolito eccesso di domanda.Le conclusioni della BCESecondo i ricercatori, i risultati suggeriscono che le caratteristiche uniche del contante – il fatto che sia tangibile, resiliente, offline e ampiamente accettato – diventano fondamentali durante le crisi e possono anche essere sfruttate per la preparazione alle crisi. Di conseguenza, diverse autorità europee e nazionali hanno emanato raccomandazioni al pubblico affinché mantenga riserve di liquidità in caso di emergenze improvvise e inaspettate.Inoltre, i dati sottolineano la continua importanza per le banche centrali e il settore privato di garantire un’offerta di liquidità efficiente e robusta, che comprenda scorte adeguate e piani di continuità operativa resilienti. LEGGI TUTTO

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    Thailandia, Fitch taglia outlook a negativo e conferma rating BBB+

    (Teleborsa) – Fitch Ratings ha rivisto l’outlook sul rating della Thailandia da stabile a negativo, confermando il rating a “BBB+”.La modifica dell’outlook riflette i crescenti rischi per le prospettive di finanza pubblica della Thailandia, derivanti dalla prolungata incertezza politica, combinata con gli ostacoli alla crescita derivanti dal rallentamento della domanda globale, dalla ritardata ripresa del turismo e dalla riduzione dell’indebitamento delle famiglie. Le riserve fiscali della Thailandia si sono erose, con il debito pubblico lordo che ha raggiunto il 59,4% del PIL nell’agosto 2025, vicino alla mediana della categoria “BBB” del 59,6% e in aumento di ben 25 punti percentuali rispetto ai livelli pre-Covid-19.Le continue misure di stimolo ingenti, i ripetuti ritardi nel consolidamento pianificato e l’incertezza sulla strategia di bilancio rappresentano rischi per le prospettive di bilancio a medio termine, soprattutto nel contesto di una crescita economica modesta e di un’intensificazione delle pressioni demografiche.Il rating “BBB+” della Thailandia è supportato dalla sua solida situazione finanziaria esterna, dal solido quadro di politica macroeconomica e dalla sua capacità relativamente solida di finanziare il debito pubblico, con la quota maggiore in valuta locale e a basso costo. Fitch stima che i costi degli interessi siano pari al 5,7% dei ricavi, al di sotto della mediana dei paesi concorrenti del 9,2%. Questi punti di forza sono bilanciati dalle crescenti sfide fiscali, dall’indebitamento delle famiglie ancora elevato e da punteggi di reddito pro capite e governance inferiori a quelli dei paesi concorrenti di categoria “BBB”. LEGGI TUTTO

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    Idrogeno, collaborazione tra Italia e Giappone: firmato Memorandum tra H2IT e JH2A

    (Teleborsa) – Le Associazioni dell’idrogeno di Giappone(Japan Hydrogen Association – JH2A) e Italia (Associazione Italiana Idrogeno – H2IT) hanno sottoscritto, alla presenza del sottosegretario di Stato al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Giorgio Silli, un Memorandum d’Intesa (MoU) che segna l’inizio di una collaborazione strategica triennale. L’accordo è volto a creare una piattaforma concreta per lo scambio di conoscenze e per lo sviluppo di iniziative industriali congiunte nel settore dell’idrogeno. La firma è avvenuta nell’ambito della partecipazione italiana a Expo 2025 Osaka, durante l’evento “Fusione nucleare, Idrogeno e Digitalizzazione per la transizione energetica: esempi virtuosi di collaborazione tra Italia e Giappone”, promosso da ENEA.Nasce così una collaborazione tra le due Associazioni, che si impegnano a lavorare insieme per accelerare lo sviluppo dell’economia dell’idrogeno e favorire la decarbonizzazione dei settori chiave. La firma del MoU rappresenta un passo significativo verso una cooperazione internazionale più stretta nel campo delle tecnologie a idrogeno, rafforzando il legame tra Italia e Giappone in un settore cruciale per la transizione energetica globale. Alleanza per lo sviluppo dell’idrogeno a livello internazionaleIl MoU mira a creare una piattaforma pratica per lo scambio di informazioni e lo sviluppo di iniziative industriali e di ricerca nel settore dell’idrogeno. Attraverso questa collaborazione, H2IT e JH2A si impegnano a: promuovere il trasferimento di conoscenze e tecnologie per la decarbonizzazione dei settori industriali ad alta intensità energetica (come acciaio, chimica e ceramica); sviluppare soluzioni innovative per la mobilità basata sull’idrogeno, compresi veicoli e infrastrutture per il rifornimento e la distribuzione; favorire la crescita della produzione di idrogeno e l’espansione della capacità produttiva di elettrolizzatori e nuove tecnologie; potenziare infrastrutture per il trasporto e l’importazione di idrogeno, come gasdotti, porti e logistica; supportare l’integrazione dell’idrogeno in sistemi energetici decentralizzati e in applicazioni stazionarie. Per garantire un’efficace attuazione del Memorandum, le Parti si impegnano a mantenere un dialogo strutturato e continuativo, attraverso incontri periodici, per condividere informazioni di mercato, tendenze industriali e opportunità di cooperazione, a Istituire un gruppo di lavoro congiunto, aperto ai membri di entrambe le associazioni, per favorire il confronto tecnico e strategico, a condividere informazioni su mercati e politiche nazionali, comprese le opportunità di finanziamento, e Favorire la partecipazione a eventi internazionali, incoraggiando la presenza di delegazioni giapponesi e italiane a fiere, conferenze ed esposizioni di rilievo, per rafforzare i legami bilaterali e stimolare nuove collaborazioni.Strategia sull’idrogeno in GiapponeL’introduzione dell’idrogeno in Giappone si basa sui principi S + 3E: Sicurezza, Sicurezza energetica, Efficienza economica e Ambiente. La strategia stabilisce un obiettivo di 12 milioni di tonnellate annue entro il 2040. Il governo mira ad abbattere il costo finale dell’idrogeno e dell’ammoniaca grazie al Fondo per l’Innovazione Verde (GI Fund). Obiettivo per le aziende giapponesi: 15 GW di capacità globale di elettrolisi entro il 2030. Per perseguire idrogeno a basse emissioni sin dalle prime fasi, inoltre, il governo svilupperà misure per la transizione, tra cui considerare un design di mercato con incentivi affinché i consumatori possano sostenere i costi e stabilire linee guida normative per l’idrogeno a basse emissioni.Strategia Italiana IdrogenoNello scenario di “alta diffusione” delineato dalla Strategia nazionale, i consumi finali di idrogeno in Italia al 2050 sono stimati in circa 3,71 Mtep per l’industria e 6,71 Mtep per i trasporti. Si tratta di volumi significativi, che richiederanno un’infrastruttura solida e capillare per sostenere la produzione, il trasporto e la distribuzione dell’idrogeno su scala nazionale ed europea. Per rispondere a questa domanda crescente, sarà necessario sviluppare una capacità di produzione compresa tra 15 e 30 GW di elettrolizzatori installati entro il 2050 che corrispondono a una stima di investimenti che può variare tra gli 8 e i 16 miliardi di euro. La Strategia prevede inoltre il contributo di altre tecnologie di produzione, che potranno affiancare l’elettrolisi per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. La Strategia contempla l’importazione di idrogeno che farà leva su asset infrastrutturali già esistenti – come pipeline, porti e reti energetiche – da riconvertire o potenziare per sostenere il nuovo vettore energetico.”È un onore oggi firmare nella splendida cornice dell’EXPO di Osaka questo importante accordo di collaborazione che lega l’Associazione Idrogeno Italiana, H2IT, all’omologa giapponese, JH2A. Contiamo – afferma Luigi Crema, vicepresidente di H2IT – di costruire collaborazioni industriali forti e impattanti per i due paesi lungo tutta la filiera, soprattutto sui temi di stimolo alla domanda su mobilità e industria pesante, sulle infrastrutture logistiche, sullo sviluppo di componenti e sistemi innovativi per la produzione. Con questo accordo, l’idrogeno è ad un passo più vicino per diventare una filiera globale. Auspico anche la presenza futura di risorse che possa far percorrere i primi passi concreti a questo accordo”.”Siamo lieti che oggi, all’Expo di Osaka-Kansai, abbiamo concluso un accordo per approfondire le relazioni tra Giappone e Italia nel campo dell’idrogeno, fondamentale per raggiungere la neutralità carbonica. Il Giappone – ha sottolineato Eiji Ohira, European Representative JH2A – vanta una storia di ricerca e sviluppo sull’idrogeno di oltre 50 anni. L’Italia ha portato avanti iniziative all’avanguardia, tra cui essere stata il primo Paese al mondo a dimostrare la generazione di energia elettrica tramite turbine a gas a idrogeno. Siamo certi che combinare l’esperienza e le conoscenze di entrambi i Paesi darà un contributo significativo alla realizzazione di una società dell’idrogeno. Questo protocollo d’intesa segna un significativo passo avanti nel rafforzamento della cooperazione tecnologica e nell’espansione delle opportunità di business nel settore dell’idrogeno. Con questo protocollo d’intesa come catalizzatore, svilupperemo ed espanderemo ulteriormente il nostro rapporto di cooperazione e accelereremo i nostri sforzi per realizzare una società sostenibile”.”Italia e Giappone, uniti dal 2023 da un Partenariato Strategico, condividono sfide simili nel settore energetico, che – ha Giorgio Silli, sottosegretario di Stato al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – richiedono non solo una diversificazione delle fonti energetiche e delle rotte di approvvigionamento, ma anche una accelerazione dell’innovazione tecnologica e la costruzione di catene di fornitura globali. La firma del Memorandum d’Intesa tra H2IT e JH2A pone le basi per rafforzare ulteriormente la collaborazione tra i nostri Paesi nel percorso comune verso transizione e sicurezza energetiche, nel quadro del Piano d’azione bilaterale 2024-2027 siglato in occasione del vertice G7 in Puglia nel 2024. Grazie a questo accordo, intere filiere industriali, centri di ricerca e operatori energetici italiani e giapponesi potranno lavorare insieme su nuove tecnologie, meccanismi innovativi e iniziative concrete per rendere i nostri sistemi energetici più resilienti e promuovere la decarbonizzazione”. LEGGI TUTTO

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    Orsero, TP ICAP Midcap avvia copertura con Buy e TP a 26,3 euro

    (Teleborsa) – TP ICAP Midcap ha avviato la copertura sul titolo Orsero, società quotata su Euronext STAR Milan e attiva nell’importazione e la distribuzione di prodotti ortofrutticoli freschi, con una raccomandazione “Buy” e un target price di 26,30 euro per azione (upside potenziale del 38%).Gli analisti scrivono che Orsero gestisce una struttura logistica unica in un settore frammentato: una flotta marittima proprietaria, piattaforme di maturazione integrate e 37 siti di distribuzione in cinque paesi. Questo modello dual-engine – spedizione + distribuzione – garantisce il controllo dei flussi e la tracciabilità, supportando al contempo l’ottimizzazione del margine lordo. Grazie al suo solido radicamento europeo, Orsero ha costruito una solida presenza locale in Italia, Francia e Spagna, con una consegna di oltre 860.000 tonnellate all’anno. Questa struttura ricorda quella di colossi come Dole e Fresh Del Monte, senza l’onere delle spese in conto capitale agricole della produzione a monte.Il gruppo sta riducendo costantemente la sua esposizione alla frutta di largo consumo a basso valore unitario (21% nel 2024 contro il 41% nel 2016) a favore di segmenti premium – avocado, frutti di bosco, esotici – che ora rappresentano oltre il 40% del portafoglio. Questi segmenti ad alta crescita (+10% per i frutti di bosco in Europa nel 2024) offrono margini significativamente più elevati (prezzi oltre 7-8 volte superiori rispetto alla frutta standard). Orsero coglie questa dinamica attraverso partnership mirate e una logistica su misura, rafforzando al contempo la propria integrazione a monte.Già presente indirettamente attraverso le esportazioni di avocado dal Messico (circa 50 milioni di euro di fatturato), Orsero punta a una presenza diretta negli Stati Uniti (obiettivo di fatturato di 200 milioni di euro). Si tratta di un mercato di dimensioni considerevoli – il terzo al mondo per valore – con una crescita prevista del +3,9% annuo e un consumo di frutta pro capite superiore a quello europeo (182 euro contro 172 euro). Le preferenze dei consumatori sono fortemente in linea con il DNA di Orsero: frutti di bosco, avocado, frutta esotica. “L’obiettivo è chiaro: replicare il modello europeo integrato in Nord America, in un mercato che ne condivide i gusti, la traiettoria premium e l’attenzione alla salute pubblica”, si legge nella ricerca.”Nonostante una solida storia di crescita, robusti margini operativi (5,3% negli ultimi 3 anni) e una solida generazione di flussi di cassa (oltre 40% in 3 anni), Orsero continua a scambiare come una holding alimentare tradizionale – dice TP ICAP Midcap – Questa discrepanza di percezione (rispetto a Dole e Fresh Del Monte) offre un punto di ingresso interessante per gli investitori che cercano una crescita difensiva, esposizione ai trend alimentari strutturali e catalyst visibili a breve termine. Il titolo è attualmente scambiato a 5,6x EV/EBITDA 2025, con uno sconto del 50% rispetto ai competitor di fascia alta”. LEGGI TUTTO

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    Antin Infrastructure Partners acquista il più grande gestore di porti turistici in UK

    (Teleborsa) – Antin Infrastructure Partners, società francese di private equity specializzata in infrastrutture, ha firmato un accordo vincolante per l’acquisizione di Aquavista Watersides & Marinas, il più grande fornitore di infrastrutture per porti turistici del Regno Unito. Fondata nel 2003 e con sede a Nottingham, Aquavista è il principale proprietario e gestore di porti turistici del Regno Unito, con 32 porti turistici interni e costieri che offrono oltre 5.300 posti barca e servizi marittimi in tutto il paese. L’operazione segna un’uscita di successo per LDC, investitore di private equity, dopo una partnership durata sette anni, durante la quale l’azienda ha quasi triplicato il fatturato e raddoppiato le dimensioni del suo portafoglio di porti turistici attraverso una serie di acquisizioni strategiche. Tra queste, l’acquisizione di Castle Marinas nel 2021, che ha trasformato il suo business.Il Mid Cap Fund I di Antin investirà in Aquavista insieme al CEO Steve de Polo e ad altri membri del team di gestione. Si prevede che la transazione, di cui non sono stati divulgati i dettagli finanziari, si concluda nell’ottobre 2025.Si tratta del sesto investimento del Mid Cap Fund I di Antin da 2,2 miliardi di euro. La strategia mid cap di Antin si concentra su investimenti di piccole e medie dimensioni in società infrastrutturali affermate in Europa e Nord America nei settori dell’energia e dell’ambiente, del digitale, dei trasporti e del sociale.”Aquavista possiede tutte le caratteristiche che cerchiamo nella nostra strategia mid cap, in particolare elevate barriere all’ingresso e una forte resilienza, e beneficia di un supporto a lungo termine – hanno detto Simon Soder e Assia Belkahia, rispettivamente Senior Partner e Partner di Antin Infrastructure Partners – L’azienda ha un piano chiaro e ambizioso per ampliare la sua presenza, già leader in un segmento di mercato interessante, e non vediamo l’ora di lavorare con il management e il team di Aquavista per supportare la continua crescita dell’azienda nelle infrastrutture per porti turistici”. LEGGI TUTTO

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    Trump sferza l’Europa su immigrazione, petrolio e green deal

    (Teleborsa) – Dall’immigrazione al green deal: Trump senza mezze parole ha schiaffeggiato l’Europa che definisce “imbarazzante”. E colpito anche l’ONU che definisce “inutile”, proprio quando l’Organizzazione del Palazzo di Vetro compie il suo ottantesimo anniversario. Nel suo intervento di quasi un’ora a Washington, il leader statunitense non ha risparmiato nessuno, compreso il segretario generale Antonio Guterrez e la stessa Organizzazione, che ha accusato di essere sciatta e disorganizzata a partire dal teleprompter e dalle scale mobili non funzionanti.Trump ha criticato le Nazioni Unite, che definendole “inutili”, per le politiche sulla globalizzazione e sulle immigrazioni e per la battaglia al cambiamento climatico, che ha definito una “truffa” a partire dall’accordo “fake” di Parigi, da cui si vanta di aver fatto uscire gli Stati uniti. Il leader statunitense ha lamentato di non aver ricevuto neanche un ringraziamento per aver posto fine alle guerre. “Ho risolto sette guerre in sette mesi – ha affermato – e non ho ricevuto dall’ONU neanche una telefonata, nessuno mi ha ringraziato”. Il tycoon non ha risparmiato neanche gli alleati europei, che acquistano ancora il petrolio dalla Russia e rischiano di morire “per le politiche sull’immigrazione e sulle sue idee energetiche suicide”. Poi, Trump ha suggerito ai leder mondiali di far ricorso alla sua ricetta “Maga” per “rendere i loro Paesi di nuovo grandi”. Gli Stati Uniti – ha affermato – sono entrati in una nuova “età dell’oro”, mentre l’Europa si trova “in grossi guai” per l’invasione dei migranti che “arrivano a frotte”. A tal proposito, Trump ha citato alcuni numeri sull’immigrazione, ricordando che il 50% dei detenuti in Germania sono stranieri, il 53% in Austria, il 54% in Grecia e il 72% in Svizzera, ed ha avvertito che se l’UE non prenderà provvedimenti contro l’immigrazione “andrà all’inferno”. Parlando di Gaza, Trump ha affermato che “riconoscere la Palestina è una ricompensa per Hamas”, mentre sul frontre Ucraina ha criticato l’UE insieme ala Cina e all’India, che sono i due “maggiori finanziatori della guerra russa”. LEGGI TUTTO

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    Salario minimo, delega al governo approvata al Senato: no compatto delle opposizioni

    (Teleborsa) – Con 78 sì e 52 no il Senato ha approvato ieri in via definitiva il ddl che delega il governo a promulgare dei decreti legislativi per introdurre forme di salario minimo. Si tratta del ddl già approvato dalla Camera che ha trasformato in delega la proposta di legge delle opposizioni – firmata da Conte, Schlein, Bonelli, Fratoianni, Richetti e Magi – che mirava a introdurre direttamente nella legislazione italiana il salario minimo. Il governo Meloni aveva già ricevuto una delega per introdurre la direttiva europea sul salario minimo (nella legge di delegazione europea 2022-23 approvata a febbraio 2024) ma non l’ha esercitata. Nel caso del testo approvato ieri in via definitiva il governo è delegato a varare entro sei mesi “uno o più decreti legislativi” seguendo i criteri indicati dal testo stesso. In particolare i decreti legislativi dovranno “definire, per ciascuna categoria di lavoratori, i contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati”, al fine di prevedere che il trattamento minimo di tali contratti “costituisca, la condizione economica minima da riconoscere ai lavoratori appartenenti alla medesima categoria”. Criterio già indicato nel testo delle opposizioni che tuttavia indicavano anche una soglia minima di 9 euro. Sono esclusi da questa norma i lavoratori pubblici. Contro questa delega hanno votato tutte le opposizioni compresa Iv, che alla Camera non aveva firmato il ddl presentato dai leader dei vari partiti (Conte, Schlein, Bonelli, Fratoianni, Richetti di Azione e Magi di +Europa). La maggioranza ha infatti respinto gli emendamenti della senatrice di Iv ed ex segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, che prevedeva la concertazione con i sindacati per varare i decreti legislativi. In più il testo sembra alludere alle “gabbie salariali” dove prevede che nei decreti ci siano “strumenti volti a favorire il progressivo sviluppo della contrattazione di secondo livello” (a livello, cioè, territoriale o aziendale). “Questa è una legge truffa per i lavoratori, uno strumento di propaganda totalmente privo di effetti sulle dinamiche salariali”, denunciano i 5 stelle che parlano di “fumo negli occhi utile per la campagna elettorale ma inutile per lavoratrici e lavoratori” e contabilizzando “quattro milioni di persone con paghe da fame”. Nel dibattito il centrodestra ha difeso la delega, ma curiosamente ha criticato esplicitamente il salario minimo in quanto tale, definito da Raoul Russo (Fdi) “da socialismo reale” e da Micaela Biancofiore “misura assistenzialistica” ma sul quale la maggioranza ha dato la delega al governo per realizzarlo. “Il disegno di legge delega in esame ha l’obiettivo di rafforzare gli strumenti a disposizione e di dare una cornice normativa più moderna ed efficace. È un provvedimento che riconosce la centralità del lavoro e riafferma un principio chiaro: nessun lavoratore in Italia deve essere retribuito in modo indegno. Certo, molto dipenderà dai decreti attuativi, ma la direzione intrapresa è quella giusta” ha detto la senatrice di Forza Italia, Daniela Ternullo, intervenendo in Aula in dichiarazione di voto sul ddl delega sulle retribuzioni e sul salario minimo.”Il salario minimo legale non è la soluzione per i lavoratori italiani, ma rischia di essere controproducente. L’Italia ha una solida tradizione di contrattazione collettiva che copre oltre il 95% dei lavoratori e va rafforzata, non sostituita con imposizioni rigide che appiattirebbero i salari verso il basso incentivando il lavoro grigio. La Lega ha sempre chiarito: l’obiettivo di garantire retribuzioni dignitose, come sancito dall’articolo 36 della Costituzione, non è in discussione. Il nostro approccio però è pragmatico, non ideologico come quello dell’opposizione: rafforziamo la contrattazione collettiva rendendo vincolanti i minimi dei contratti più rappresentativi, estendiamo le tutele ai settori scoperti e combattiamo la giungla dei contratti atipici che creano precarietà, senza dimenticare misure fiscali, come la riduzione del cuneo fiscale per i giovani e l’imposta sostitutiva al 5% sui redditi da lavoro dipendente fino a 40mila euro, utili ad aumentare il netto in busta paga senza, al contempo, gravare sulle imprese. Così come riteniamo necessari incentivi fiscali per i giovani professionisti che rientrano dall’estero, affinché l’Italia possa essere più attrattiva come sede di lavoro. Il salario minimo non risolverebbe nemmeno la giungla dei contratti atipici o collaborazioni spurie e false partite IVA. Noi non inseguiamo scorciatoie ma costruiamo strumenti solidi e concreti, il problema, infatti, non è solo ‘quanto’ si guadagna, ma ‘come’ si lavora” ha affermato la senatrice della Lega Elena Murelli durante la dichiarazione di voto sulla legge delega per il salario minimo.”La legge delega sul salario minimo non è la risposta che le lavoratrici e i lavoratori attendevano. Per ridare dignità al lavoro occorre una legge di sostegno agli accordi interconfederali e al Testo Unico sulla rappresentanza, così da rafforzare la contrattazione collettiva e contrastare il dumping contrattuale – ha dichiarato dalla segretaria confederale della Uil, Vera Buonomo –. Parlare di ‘trattamento economico minimo complessivo’ senza definirne con precisione i contenuti significa introdurre ulteriori elementi di incertezza. Affidarsi al criterio dei contratti ‘più applicati’ anziché a quelli sottoscritti dalle organizzazioni realmente rappresentative rischia di alimentare fenomeni di dumping contrattuale, minando la tenuta del sistema. Infine – ha aggiunto Buonomo – l’ipotesi di differenziare i salari su base territoriale ripropone, sotto nuove vesti, l’idea delle vecchie gabbie salariali, che non farebbero altro che accrescere le disuguaglianze. In Italia, le retribuzioni sono ferme da decenni, il potere d’acquisto è tra i più bassi in Europa e il lavoro povero, come quello in part-time involontario, è in crescita. Pertanto, la priorità deve essere rafforzare i contratti collettivi nazionali delle organizzazioni comparativamente più rappresentative. Solo così sarà possibile contrastare i contratti pirata e garantire l’applicazione dell’art. 36 della Costituzione, con tutele e salari adeguati in ogni settore”.”Con la delega al governo in materia di retribuzioni e contratti collettivi approvata dal Senato si apre una nuova stagione per le relazioni industriali del nostro Paese. Al di là della divergenza di opinioni sulla introduzione di un salario minimo per legge e sulla tenuta del nostro sistema di relazioni industriali in assenza di una legge sulla rappresentanza, – ha commentato in una nota il presidente del Cnel Renato Brunetta – si registra l’impegno delle istituzioni a incrementare la trasparenza in materia di dinamiche salariali e contrattuali, tanto a livello nazionale che decentrato e con attenzione alle specificità di ciascun settore, così da contrastare fenomeni di dumping contrattuale, l’evasione contrattuale e contributiva e forme di concorrenza sleale, che è obiettivo comune di tutte le principali forze politiche e sociali. Il governo è ora delegato ad adottare tutte le misure necessaria per la trasparenza dei trattamenti retributivi, sviluppando procedure di informazione pubblica che diano puntuale conto delle previsioni contrattuali. L’Archivio nazionale dei contratti di lavoro diventa inevitabilmente il perno di questa operazione, che trova il Cnel pronto grazie anche alla recente riorganizzazione delle base informativa, così da dare piena e corretta informazione al mercato dei contenuti dei testi contrattuali e del loro impatto in termini di applicazione su imprese e lavoratori”. LEGGI TUTTO