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    Riciclo plastica in Italia, riduzioni di CO2 fino a 7,2 milioni tonnellate in un anno

    (Teleborsa) – Il riciclo meccanico delle plastiche può evitare fino a 7,2 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 all’anno in Italia. Per ogni tonnellata di polimero riciclato, infatti, la riduzione delle emissioni è compresa tra 1,1 e 3,6 tonnellate rispetto all’incenerimento, allo smaltimento in discarica e alla produzione di polimeri vergini. È quanto emerge da un recente Studio del Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea. Tale valore da solo permetterebbe al nostro paese di raggiungere l’obiettivo di abbattimento delle emissioni fissato dal Piano Nazionale per l’Energia e il Clima (PNIEC) per il settore della gestione dei rifiuti entro il 2040.Questi risultati, assieme ad altri studi, evidenziano nel complesso il valore ambientale del riciclo delle materie prime secondarie, garantendo così un maggior contributo alla riduzione delle emissioni e alla decarbonizzazione. In tale scenario Assorimap, Assoambiente e Utilitalia chiedono alle istituzioni di “riconoscere formalmente il contributo del riciclo meccanico, di premiare l’azione virtuosa delle aziende impegnate nel recupero di materia, mantenendo la competitività delle materie plastiche riciclate e introducendo un fattore di stabilità e certezza nelle congiunture di maggior volatilità del mercato”. Questo sostegno istituzionale – sottolineano le associazioni – consentirebbe di sviluppare ulteriormente un settore di interesse pubblico che, grazie alla raccolta differenziata, rappresenta l’anello finale della filiera del riciclo, in linea con gli obiettivi europei di economia circolare, la Direttiva SUP e il nuovo Regolamento Imballaggi.Le associazioni, nel sottolineare l’importanza del riciclo meccanico nel panorama della gestione dei rifiuti, ribadiscono che “un sistema efficace di raccolta differenziata è la chiave per migliorare il riciclo e raggiungere gli ambiziosi obiettivi di sostenibilità ambientale”.”Anche alla luce dell’attuale difficile situazione di mercato, – afferma Walter Regis presidente di Assorimap – è ormai inderogabile il riconoscimento di incentivi da parte delle istituzioni e dei decisori politici del contributo ambientale, in termini di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, fornito dal processo di riciclo meccanico delle plastiche, al fine di consentire alle imprese del settore di svolgere un crescente ruolo nell’economia circolare sia in Italia che in Europa”.”Terminata la raccolta differenziata inizia un’altra fase del processo dell’economia circolare che come il primo va supportato al fine di trovare i presupposti e le misure per dare continuità e garanzia alla produzione di queste materie prime seconde, che devono misurarsi, ora asimmetricamente, nel mercato delle materie vergini – sottolinea Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia –. Per questo proponiamo che sia riconosciuto il contributo all’economia circolare e alla decarbonizzazione attraverso misure innovative e di sostegno”.”Una proposta che di certo fa bene alla sostenibilità economico-industriale ma anche ambientale – commenta Chicco Testa, presidente di Assoambiente –. Il supporto alla decarbonizzazione della nostra economia rende ancora più strategico il settore della gestione dei rifiuti che già contribuisce, in linea con la gerarchia europea del trattamento dei rifiuti, non solo alla salubrità delle nostre città ma anche a risparmiare materie prime vergini”. LEGGI TUTTO

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    Sostenibilità Welfare italiano: necessari 176 miliardi di euro aggiuntivi entro il 2030

    (Teleborsa) – Il ruolo trasversale della prevenzione per rispondere alle sfide evolutive del sistema di welfare in quanto elemento capace di ridurre i costi sistemici, la sostenibilità di medio-lungo termine del sistema di welfare, il ruolo del privato e degli investimenti sociali. Questi alcuni dei temi di dibattito affrontati al Welfare Italia Forum dal titolo “Quali opportunità per creare valore nel sistema di Welfare” che si è tenuto oggi a Roma presso le Corsie Sistine di Santo Spirito in Sassia. Durante l’evento, aperto dal messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è stato presentato il Rapporto 2024 del Think Tank “Welfare, Italia” supportato da Unipol Gruppo con la collaborazione di The European House – Ambrosetti (TEHA), e con il sostegno di un comitato scientifico composto da Veronica De Romanis, Giuseppe Curigliano, Giuseppe Guzzetti e Stefano Scarpetta.Il sistema di welfare italiano è chiamato a rispondere ai crescenti bisogni di protezione all’interno di un sistema economico con pochi margini di spazio fiscale, in quanto inevitabilmente condizionato da un quadro di finanza pubblica complesso e dalle nuove regole relative alla governance economica europea (nuove clausole del Patto di Stabilità e Crescita). Seppur in progressivo miglioramento, il quadro di finanza pubblica resta uno dei più complessi a livello europeo. La correzione di bilancio per l’Italia è quantificabile in circa 13 miliardi di euro/l’anno per i prossimi sette anni. Se a questa correzione si aggiungono gli incrementi della spesa previsti nelle diverse voci di welfare, entro il 2030 sarà necessario reperire 176 miliardi di euro addizionali per garantire la sostenibilità del sistema di welfare e del Paese. Inoltre, dalle dinamiche tendenziali e congiunturali delle componenti del welfare emerge come l’Italia risulti il primo Paese tra i Big-4 europei per incidenza della spesa in previdenza sul PIL (16,2% vs 12,3%). Al contrario, l’Italia si trova ultima sia con riferimento al valore dell’istruzione (che incide solo per il 4,1% del PIL italiano, rispetto ad una media dell’Eurozona pari a 4,6%) che a quello delle politiche sociali (5,7% del PIL italiano, contro una media dell’Eurozona pari a 7,3%) e penultima con riferimento alla sanità (7,1% del PIL italiano, contro una media dell’Eurozona del 7,9%). Secondo le stime del Think Tank, in Italia il welfare (inteso come Sanità, Politiche Sociali, Previdenza e Istruzione) rappresenta nel 2023 la principale voce di spesa pubblica con 662,7 miliardi di euro (circa il 57,9% della spesa pubblica). La spesa previdenziale assorbe la metà delle risorse, ovvero il 50,9% della spesa sociale totale, a seguire, la spesa sanitaria (20,9%), quella in politiche sociali (16,1%) e la spesa in istruzione (12,1%). Per il 2030 si prevedono risorse aggiuntive così ripartite: 60,6 miliardi di spesa previdenziale, 19,8 miliardi di spesa sanitaria, 6,8 miliardi di spesa per le politiche sociali, 7,6 miliardi di spesa in istruzione.La prevenzione – si legge nell’analisi – rappresenta uno strumento per contrastare la dinamica crescente dei costi di welfare e stimolare la crescita economica: un euro investito in prevenzione genera a sua volta un ritorno di 14 euro sull’intera filiera socio-assistenziale del Paese. Attraverso un’inedita ri-classificazione delle voci di spesa del welfare, TEHA ha evidenziato come la spesa in welfare in Italia risulti troppo sbilanciata sulla “gestione del presente” con una quota complessiva sulla spesa totale del 78,9%, un valore 6,1 punti percentuali più alto rispetto alla media europea del 72,8%, e superiore rispetto alla quota della Francia (76,4%) e della Germania (75,4%). Di contro, la spesa dedicata alla “costruzione del futuro”, ovvero gli investimenti rivolti alle nuove generazioni e alla prevenzione pesano solo per il 21,1% sulla spesa totale di welfare, un valore inferiore di 6,1 punti percentuali rispetto alla media europea del 27,2% e più basso rispetto alla quota dedicata a queste voci di spesa da Francia (23,6%) e Germania (24,6%). In termini assoluti, la Francia spende 150 miliardi di euro in più rispetto all’Italia mentre la Germania 279 miliardi di euro. Alla luce di quanto esposto, la prevenzione rappresenta una leva fondamentale per invertire questa tendenza, soprattutto alla luce dei suoi importanti ritorni economici: infatti, 1 euro investito in prevenzione genera a sua volta un ritorno di 14 euro sull’intera filiera socio-assistenziale del Paese. Il Think Tank “Welfare, Italia” ha quantificato per la prima volta in Italia, la filiera estesa del welfare italiano. Dalle analisi è emerso come la filiera del welfare italiano coinvolge oltre 425mila enti pubblici e privati (profit e no profit) e l’erogazione di queste prestazioni è assicurata dall’apporto di 4,3 milioni di lavoratori, a cui si sommano gli oltre 4,6 milioni di persone che forniscono attività volontaristica nell’ambito del Terzo Settore. Infine, l’impatto generato dalle attività svolte da questi enti e professionisti è quantificabile in 206 miliardi di euro in termini di valore della produzione delle attività legate al welfare.Un ruolo chiave all’interno della filiera è svolto dalle professioni di welfare: l’Italia è chiamata a reclutare tra 250mila e 440mila tra infermieri, medici e docenti per allinearsi ai benchmark e da formare alla luce delle dinamiche demografiche e dell’evoluzione tecnologica e digitale. Quello delle competenze rappresenta un tema cruciale per lo sviluppo e la sostenibilità del sistema di welfare: a tal proposito, sono ancora diversi i gap che il Paese è chiamato a colmare. Con riferimento, per esempio, all’inclusione formativa, nel 2023 il 10,5% dei giovani italiani tra i 18 e 24 anni ha ottenuto al massimo la licenza media e non ha seguito percorsi formativi di livello superiore (5° valore più alto in UE e superiore di 1 p.p. rispetto alla media europea). Per quanto riguarda invece la disponibilità di competenze avanzate, necessarie per assicurare innovazione e competitività, nel 2023 solo il 19,2% della popolazione italiana nella fascia 15-64 anni deteneva un titolo di studio terziario, il secondo valore più basso nell’Unione Europea e inferiore di 11,7 punti percentuali rispetto alla media europea. Occorre affrontare inoltre gli impatti dello skills mismatch (disallineamento tra le competenze offerte dai lavoratori e quelle richieste dalle imprese): in media, infatti, il 45% delle entrate di lavoratori previste dalle imprese, pari a 2,5 milioni di lavoratori, sono di difficile reperimento con un costo di 43,9 miliardi di euro per il Paese. L’incessante evoluzione tecnologica, accelerata dall’introduzione dell’Intelligenza artificiale, è destinata a determinare inevitabilmente una riconfigurazione dello scenario delle professioni e una carenza di adeguate competenze tra i lavoratori. Alla luce di ciò, gli investimenti in formazione, rappresentano una leva strategica fondamentale per prevenire gli effetti disruptive determinati dall’innovazione tecnologica. Il Welfare Italia Index: nel 2024 aumenta la divisione tra Nord, Centro e Sud nella capacità di risposta dei sistemi di welfare regionaliNel 2020 il Think Tank “Welfare, Italia” ha messo a punto uno strumento di monitoraggio, basato su 22 KPI (Key Performance Indicator), che valuta, all’interno di un indicatore sintetico, sia aspetti legati alla spesa in welfare sia aspetti legati ai risultati che questa spesa produce. In questi termini, l’indicatore sintetico, che prende in considerazione gli ambiti di politiche sociali, sanità, previdenza e formazione, consente di identificare a livello regionale i punti di forza e le aree di criticità in cui è necessario intervenire. Nel Welfare Italia Index 2024, l’amministrazione territoriale con il punteggio più elevato è la P.A. di Trento (79,7 punti), seguita dall’Emilia Romagna (79,5 punti) e dalla P.A. di Bolzano (78,5 punti). Dal lato opposto del ranking, si posizionano la Basilicata (59,5 punti), la Campania (58,6 punti) e la Calabria (56,1 punti). L’edizione 2024, rispetto ai dati 2023, segnala una costante polarizzazione nella capacità di risposta del sistema di welfare delle Regioni italiane. Il divario tra Regione best e worst è infatti pari a 23,6 punti (in aumento di 0,7 punti rispetto all’edizione precedente).Le 3 priorità di azione per il sistema di welfare italiano Il Think Tank “Welfare, Italia” ha individuato tre ambiti d’azione su cui il Paese dovrebbe agire prioritariamente per sostenere l’evoluzione del sistema di welfare. Alla base di questi ambiti d’azione il concetto della prevenzione assume un ruolo fondamentale per rispondere alle criticità del sistema di welfare, in quanto abilita una riduzione dei costi sistemici, promuove la sostenibilità economica generale di medio-lungo termine e sostiene approcci innovativi che consentono di anticipare le sfide future riducendo i gap formativi e agendo positivamente sull’offerta dei servizi di welfare. 1) Promuovere il contributo della Long-Term Care – La proposta del Think Tank “Welfare, Italia” è quella di introdurre una normativa nell’ambito della Long-Term Care, che la renda di tipo mutualistico collegata ai Fondi pensione o anche ai fondi di sanità integrativa attraverso tre elementi specifici: l’introduzione di una polizza di base obbligatoria di LTC; la previsione di agevolazioni più ampie di quelle attualmente riconosciute ai fini IRPEF a chi stipula un contratto di assicurazione LTC (al momento limitate al 19% dei premi sostenuti nei limiti di 1.291,14 euro annui); l’introduzione di schemi di incentivazione per le imprese che contribuiscono alla diffusione dello strumento.2) Lanciare un piano di sviluppo delle competenze del welfare – Il Think Tank “Welfare, Italia” propone di realizzare un Piano strategico di sviluppo delle competenze del welfare, coinvolgendo le istituzioni nazionali e internazionali oltre che i diversi stakeholder provenienti dal mondo delle imprese e della società civile, che focalizzi il cambiamento indotto dall’evoluzione demografica e tecnologica e includa: l’analisi dei fabbisogni attuali e prospettici delle professioni legate al welfare, anche grazie all’evoluzione demografica e tecnologica; l’identificazione dei percorsi formativi necessari per le nuove competenze, coinvolgendo sia le istituzioni educative pubbliche (scuole superiori, ITS, università, ecc.) sia l’offerta dei soggetti formativi privati (centri di formazione, ecc.); l’introduzione di specifici schemi di incentivazione, sul modello dei Conti individuali di apprendimento (Individual Learning Account, ILA[4]) che incentivino l’accesso dei cittadini a programmi di formazione, con particolare riguardo a quelli certificati, nonché su innovativi modelli di finanziamento (sull’esempio di condivisione del debito di SURE). 3) Creare un punto di accesso unico digitale per i servizi di welfare come obiettivo di digitalizzazione del Paese – In materia di digitalizzazione, il Think Tank “Welfare, Italia” propone la creazione di un punto di accesso unico digitale per i servizi di welfare – integrato nell’attuale ecosistema di servizi e piattaforme pubbliche digitali (App IO, It Wallet, ecc.) – che consenta ai cittadini di consultare attivamente tutti i servizi di welfare: nell’ambito della formazione (es. consultazione del “libretto” relativo ai diversi cicli di istruzione e alle competenze acquisite, accesso ai crediti per la formazione, certificazioni, borse di studio e voucher, ecc.); in ambito sanitario (es. prenotazioni per prestazioni e servizi di telemedicina, consultazione del libretto vaccinale, integrazione di patologie e prestazioni previste sul fascicolo sanitario, ecc.); nell’ambito delle politiche sociali (es. richieste di ammortizzatori sociali, sostegno al reddito, ecc.); nell’ambito della previdenza (es. consultazione della posizione previdenziale pubblica, consultazione e modifica della posizione privata, ecc.). 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    Patuelli (ABI): da BCE mi aspetto a breve altro taglio interessi

    (Teleborsa) – “Mi aspetto, e auspico, che visti gli andamenti ridotti dell’inflazione fra 48 ore la BCE abbia un altro non trascurabile taglio, che la porterebbe ulteriormente all’avanguardia rispetto agli Usa e alle valute europee non euro, dando una grande speranza non solo nella moneta unica, ma anche a famiglie e Paesi per fare investimenti”. Lo ha detto Antonio Patuelli, presidente di Abi, intervenendo a un convegno, a Firenze, su Luigi Einaudi. “In due anni – ha aggiunto – l’inflazione è stata piegata senza molta collaborazione degli stati nazionali, i quali non hanno ridotto il loro debito pubblico: se ci fossero stati dei segnali già dal 2022 di riduzione dei debiti pubblici di Italia, Francia, Germania, e anche degli altri, le aspettative inflazionistiche si sarebbero ulteriormente ridotte. Ha fatto tutto la BCE”.”Le banche non sono mai le prime che chiudono, che tirano giù la saracinesca, sono normalmente tra le ultime. Ma se la chiudono gli altri è difficile che la tengano aperta solamente le banche”. “Per combattere l’uscita delle banche dalle località minori – ha affermato Patuelli – bisogna sostenere gli altri settori produttivi. Bisogna che siano sviluppate delle politiche da parte delle istituzioni europee e nazionali per favorire le attività economiche nelle località minori. Questo è il punto. Quando nei paesi chiudono i negozi, cala la popolazione, è difficile che possa essere la banca l’unico esercizio economico, o quasi, che rimane, soprattutto se cala la popolazione. Non ci si può limitare a gridare alla desertificazione”. “Serve un’analisi più ampia e approfondita, studiare i flussi degli abitanti. Gli abitanti a Firenze nel 1964 sono 150 mila in meno di oggi, per fare un esempio. Bisogna sostenere con politiche europee e nazionali le presenze di attività economiche nei luoghi cosiddetti disagiati, che sono quelli non servizi di grandi mezzi di trasporto”, ha concluso Patuelli.Sull’ipotesi di contributi richiesti alle banche in legge di bilancio: “Il dialogo in queste settimane, in questi giorni, in queste ore è dall’Abi e da me stesso delegato alla direzione generale di Abi, e quindi innanzitutto al direttore generale Rottigni”. LEGGI TUTTO

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    Wall Street debole. Occhi su trimestrali

    (Teleborsa) – Opening Bell stonata in avvio per la borsa di Wall Street, mentre entra nel vivo la stagione delle trimestrali, che vede protagonista ancora una volta, gli utili bancari. Come quelli di Goldman Sachs, Bank of America e Citigroup, risultati sopra le attese degli analisti. Intanto, sul fronte macro, l’indice manifatturiero Empire State di ottobre ha mostrato un’inattesa contrazione del settore, con l’indicatore scivolato nuovamente in territorio negativo. L’indice misura le condizioni del settore manifatturiero nel distretto di New York: un livello del dato superiore/inferiore allo 0 indica che la maggior parte delle compagnie riportano miglioramenti/peggioramenti delle condizioni. L’agenda macroeconomico non prevede l’uscita, oggi, di altre statistiche, mentre sono attesi vari interventi di funzionari della Fed, dalla presidente della Federal Reserve di San Francisco Mary Daly, al presidente della Fed di Atlanta Raphael Bostic e alla governatrice Adriana Kugler.Tra gli indici statunitensi, il Dow Jones lima lo 0,42%, mentre l’S&P-500 rimane a 5.863 punti. Consolida i livelli della vigilia il Nasdaq 100 (+0,08%); sulla stessa tendenza, sulla parità l’S&P 100 (+0,05%). LEGGI TUTTO

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    Ingram Micro punta a raccogliere fino a 428 milioni di dollari in IPO sul NYSE

    (Teleborsa) – Ingram Micro, società statunitense che distribuisce a livello mondiale prodotti tecnologici (con focus sulla supply chain IT, sui servizi legati all’intero ciclo di vita dei dispositivi mobili e nelle soluzioni di logistica), ha annunciato il lancio della sua offerta pubblica iniziale (IPO) con l’offerta di 11.600.000 azioni ordinarie, mentre l’azionista venditore sta offrendo 7.000.000 azioni ordinarie.Prevede che il prezzo di offerta pubblica iniziale delle azioni ordinarie sarà compreso tra 20,00 e 23,00 dollari per azione, per una raccolta totale di 427,8 milioni di dollari.Ingram Micro ha presentato domanda per quotare le sue azioni ordinarie al New York Stock Exchange (NYSE) con il simbolo “INGM”. LEGGI TUTTO

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    CONSOB multa Invesco per violazione norme short selling in AuCap Saipem

    (Teleborsa) – CONSOB ha applicato a Invesco, società di gestione degli investimenti statunitensi, una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 250.000 euro, di cui 220.000 euro per la violazione del Regolamento Short Selling e 30.000 euro per la violazione relativa alle mancate comunicazioni della Posizione Netta Corta detenuta. La sanzione è legata all’aumento di capitale di Saipem del 2022 (deliberato dal CdA il 21 giugno e positivamente concluso a luglio).Nella giornata del 14 luglio 2022 Invesco ha effettuato vendite per un ammontare di 616.469 azioni Saipem (equivalente al 2,90% del capitale sociale) e ciò allo scoperto e senza avere, nei modi normativamente previsti, la correlata disponibilità dei titoli (cosiddette vendite allo scoperto nude).Invesco disponeva di diritti di opzione Saipem, ma questi non potevano essere utilizzati ai fini del rispetto del Regolamento Short Selling, in quanto davano diritto a ricevere azioni Saipem fungibili con le azioni in circolazione soltanto a partire dal 19 luglio 2022 e, quindi, non in tempo utile per il regolamento delle vendite allo scoperto effettuate il 14 luglio 2022, che sarebbe dovuto avvenire il 18 luglio 2022. La società è incorsa in un ingente settlement fail per non aver consegnato le azioni vendute allo scoperto con il rispetto dei termini di regolamento. Le vendite allo scoperto in azioni Saipem sono state coperte, tardivamente, con le nuove azioni rivenienti dall’esercizio dei diritti di opzione.Inoltre, le vendite allo scoperto nude su azioni Saipem effettuate da Invesco hanno originato una PNC che ha raggiunto, il 14 luglio 2022, le soglie di notifica alla CONSOB (pari allo 0,1% del capitale sociale) e al pubblico (pari allo 0,5%) e che avrebbe, pertanto, dovuto essere comunicata; analogamente, avrebbe dovuto essere comunicata alla CONSOB e al pubblico la successiva chiusura della PNC, il 19 luglio 2022.Disposto anche la confisca dei beni di pertinenza di Invesco fino a concorrenza del valore del profitto conseguito per effetto della violazione del Regolamento Short Selling, pari a 94.680 euro.La multa odierna a Invesco si aggiunge alle maxi sanzioni per complessivi 4,7 milioni di euro (oltre alla confisca di complessivi 4,9 milioni di euro) applicate dalla CONSOB nello scorso giugno ai danni dei fondi olandesi Optiver e Flow Traders per la stessa vicenda. LEGGI TUTTO

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    Anticipazioni PAC, AGEA: dal 16 ottobre al 30 novembre 1 miliardo e 300 milioni per 467mila aziende

    (Teleborsa) – AGEA, l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, annuncia l’avvio delle erogazioni delle anticipazioni degli interventi SIGC-PAC per la Campagna 2024. I pagamenti, che interesseranno complessivamente 467.476 aziende agricole, partiranno mercoledì 16 ottobre e riguarderanno sia gli aiuti diretti del fondo FEAGA che gli interventi FEASR SIGC (superficie e animali) dello sviluppo rurale della vecchia (2014-2022) e della nuova programmazione (2023-2027). Le risorse erogate fino al 30 novembre ammonteranno a 1 miliardo e 300 milioni di euro, di cui poco più di un miliardo destinato agli Aiuti Diretti. Le percentuali di anticipazione applicate saranno quelle massime previste dalla normativa UE: 70% per gli Aiuti Diretti e 85% per lo Sviluppo Rurale, con alcune eccezioni a seconda della tipologia di misura richiesta.Beneficeranno delle anticipazioni le 405.039 aziende che hanno presentato la Domanda Unificata, la nuova modalità digitale introdotta quest’anno che ha semplificato la richiesta dei sostegni europei, riducendo gli oneri amministrativi e il numero di istanze ricevute di 126.145 unità. A queste si aggiungono 62.437 istanze relative allo sviluppo rurale della vecchia programmazione.L’avvio delle anticipazioni, nel rispetto delle scadenze previste dalla normativa europea, – fa sapere l’AGEA – è stato possibile grazie anche ai controlli anticipati effettuati in tempi brevissimi attraverso l’utilizzo della Carta dei Suoli e dell’AMS (Area Monitoring System), le nuove procedure informatiche realizzate all’interno del SIAN con tecnologie satellitari, algoritmi di elevata specializzazione e con l’Intelligenza Artificiale, che hanno integrato l’imponente base dati fotocartografica aerea e alfanumerica già presente nel Sistema Informativo AgricoloNazionale. Le nuove procedure e i nuovi strumenti hanno sostituito il precedente Refresh che consentiva un’interpretazione manuale del suolo agricolo, di conseguenza eliminando l’errore umano, rendendo oggettivi ed automatici i controlli e segnalando ex ante e non più ex post le incongruenze dichiarative, attraverso un sistema grafico e multi-temporale di monitoraggio che è in grado di rilevare le attività agricole praticate. Il nuovo sistema così integrato ha supportato l’agricoltore a classificare correttamente a livello geo-spaziale i propri appezzamenti con una precisione di 5 volte superiore a quella ottenuta con la metodologia precedente.”Dal 16 ottobre al 30 novembre sarà immesso nel sistema agricolo nazionale un importante volume di liquidità che sosterrà la produzione e consentirà alle imprese e agli agricoltori di programmare le attività future – dichiara Fabio Vitale, Direttore di AGEA –. Non è stato facile riuscire per il secondo anno consecutivo ad avviare i pagamenti delle anticipazioni nel rispetto delle scadenze europee, a causa delle importanti novità tecnologiche introdotte come la Carta dei Suoli e l’AMS. Tali misure andavano introdotte per snellire l’iter burocratico, rendere più efficaci i controlli e puntuali i pagamenti. Ci siamo riusciti grazie all’impegno del personale AGEA e al confronto con tutti gli attori del sistema. Prosegue così la sinergia tra Agea e il Ministero, grazie anche alla sensibilità del Ministro Lollobrigida che, sin dal suo insediamento, ha dimostrato di saper raccogliere le istanze di tutte le realtà che compongono il mondo dell’agricoltura. Il nuovo sistema è stato testato con esiti positivi e i benefici delle novità saranno ancor più tangibili dalla prossima campagna”.”Le nuove procedure automatizzate di interpretazione delle parcelle agricole sono state estese a tutti gli Organismi Pagatori regionali per rendere omogenee le attività di verifica e controllo sull’intero territorio nazionale – dichiara Salvatore Carfì, Direttore di AGEA Coordinamento –. Oggi abbiamo una mappatura totale del suolo nazionale, un patrimonio di informazioni geospaziali che potrà favorire e orientare nuove politiche agricole”.Dal primo dicembre saranno poi avviati i pagamenti dei saldi della Campagna 2024, che dovranno concludersi entro il 30 giugno 2025. LEGGI TUTTO

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    ESMA, BCE e Commissione UE sollecitano passaggio a regolamento titoli T+1

    (Teleborsa) – Per gran parte dell’ultimo decennio, lo standard globale per il regolamento (settlement in inglese) dei titoli prevedeva che avvenisse il secondo giorno lavorativo successivo alla data in cui tali titoli erano stati negoziati (T+2). Tuttavia, i mercati dei capitali internazionali hanno iniziato a spostarsi gradualmente verso un ciclo di regolamento dei titoli standard più breve, vale a dire T+1. Questa tendenza ha ricevuto una spinta significativa a maggio di quest’anno con il Nord America (Stati Uniti, Canada e Messico), che è passato alla liquidazione T+1, il che ha spinto altre giurisdizioni ad annunciare una mossa simile.L’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) consegnerà la sua relazione al Consiglio e al Parlamento europeo nei prossimi mesi, ma i suoi risultati preliminari sono “chiari”. In primo luogo, l’accorciamento del ciclo di regolamento nell’UE cambierà il modo in cui funzionano i mercati, con impatti che dipendono dal tipo di stakeholder, dalla categoria di transazione e dal tipo di strumento finanziario. In secondo luogo, quantificare alcuni dei costi e dei benefici correlati all’accorciamento del ciclo di regolamento nell’UE è difficile, ma gli elementi valutati dall’ESMA fino ad oggi suggeriscono che gli impatti di T+1 in termini di riduzione del rischio, risparmi sui margini e riduzione dei costi legati al disallineamento con altre importanti giurisdizioni a livello globale, comportano “importanti benefici” per l’Unione europea. In terzo luogo, saranno necessarie armonizzazione, standardizzazione e modernizzazione e richiederanno investimenti.Sebbene il regolamento delle transazioni su titoli in T+1 nei depositari centrali di titoli (CSD) dell’UE sia già tecnicamente e legalmente possibile, i partecipanti al mercato dell’UE hanno espresso una forte preferenza per la modifica del regolamento UE per imporre un accorciamento armonizzato del ciclo di regolamento nell’UE. Ciò garantirebbe una transizione “coordinata e fluida” a T+1 e fornirebbe certezza giuridica. Una decisione in merito deve essere presa dai colegislatori dell’UE a seguito di una proposta legislativa della Commissione europea, qualora quest’ultima decida di adottarne una.In una dichiarazione congiunta, ESMA, BCE e Commissione UE affermano che “è urgente agire se l’UE vuole evitare di prolungare e amplificare gli impatti negativi del disallineamento con le principali giurisdizioni a livello internazionale. Dato l’elevato livello di interconnessione tra i mercati dei capitali dell’UE e quelli di altre giurisdizioni in Europa, è auspicabile un approccio coordinato in tutta Europa, con sforzi per raggiungere un consenso sui tempi di qualsiasi passaggio a T+1”.A questo proposito, le tre istituzioni ritengono “necessario accelerare ogni aspetto del lavoro tecnico necessario per spianare la strada a qualsiasi futuro passaggio a T+1 nell’UE”Hanno quindi concordato di istituire una struttura di governance, che incorpori il settore finanziario dell’UE, “il prima possibile” per supervisionare e supportare i preparativi tecnici di qualsiasi futuro passaggio a T+1. “Per non perdere slancio, i dettagli della struttura di governance seguiranno a breve – viene sottolineato Sarà importante che questa governance sia inclusiva e garantisca una rappresentanza equilibrata a livello settoriale e geografico”. LEGGI TUTTO