(Teleborsa) – La Procura di Milano, rappresentata dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, con il pm Sergio Spadaro, ha chiesto al Tribunale del capoluogo lombardo 8 anni di carcere per l’Ad di Eni Claudio Descalzi e per il suo predecessore Paolo Scaroni, tra gli imputati per il caso Eni-Shell-Nigeria.
L’accusa della Procura è di corruzione internazionale: al centro una presunta tangente da 1 miliardo e 92 milioni di dollari versata dalle due compagnie petrolifere ai politici del Paese africano.
Immediata la risposta del Gruppo che “considera prive di qualsiasi fondamento le richieste di condanna avanzate dal Pubblico Ministero”, come si legge in una nota.
Secondo Eni, “nel corso della requisitoria, il PM, in assenza di qualsivoglia prova o richiamo concreto ai contenuti della istruttoria dibattimentale, ha ribadito la stessa narrativa della fase di indagini, basata su suggestioni e deduzioni, ignorando che sia i testimoni, sia la documentazione emersa hanno smentito, in due anni di processo e oltre quaranta udienze, le tesi accusatorie”.
“Le Difese – prosegue la nota – dimostreranno al Tribunale che Eni e il suo management operarono in modo assolutamente corretto nell’ambito dell’operazione Opl245”.
Eni ricorda di aver corrisposto con Shell “per la licenza un prezzo d’acquisto congruo e ragionevole direttamente al Governo nigeriano” e “non conosceva, né era tenuta a conoscere, l’eventuale destinazione dei fondi successivamente versati a Malabu dal Governo nigeriano,
pagamento che peraltro avvenne dopo un’istruttoria dell’Autorità Anticorruzione della Gran Bretagna (SOCA)”.
“Non esistono quindi tangenti Eni in Nigeria e non esiste uno scandalo Eni“, conclude la nota ricordando che le “molteplici indagini interne affidate a soggetti terzi internazionali da parte degli organi di controllo della società avevano già da tempo evidenziato l’assenza di condotte illecite”
Pertanto, “Eni confida che la verità potrà finalmente essere ristabilita ad esito delle argomentazioni difensive che saranno svolte alla fine di settembre in attesa della sentenza del Tribunale”.