(Teleborsa) – Dopo una maratona negoziale destinata a passare alla storia – che in più di una occasione ha rischiato di mancare il bersaglio- alle 5.32 di martedì 21 luglio, è arrivata la fumata bianca sul Recovery Fund, confermando i segnali di speranza filtrati nel tardo pomeriggio di ieri. Vede, dunque, la luce il maxi piano da 750 miliardi per salvare i Paesi economicamente più colpiti dal Covid. Soldi che saranno reperiti da Bruxelles tramite gli Eurobond: uno storico cambio di passo per l’Unione, che modifica le politiche economiche del continente al termine di un summit che ha visto nello scontro tra il Premier italiano Conte e il collega olandese Rutte il possibile punto di ritorno che avrebbe potuto far saltare il banco.
Grandi mediatori del vertice, la Cancelliera tedesca Merkel e il Presidente francese Macron che nei momenti di massima tensione sono intervenuti per cercare un punto di incontro tra i due “blocchi”.
Deal! scrive il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel su twitter che parla di “un’Europa forte e unita”. Soddisfatto anche il Presidente del Consiglio Conte, visibilmente stanco e provato da una estenuante trattativa: ” Abbiamo conseguito questo risultato tutelando la dignità del nostro Paese e l’autonomia delle istituzioni comunitarie”.
Alla fine, tutti contenti. L’ultima proposta, infatti, salva i 750 miliardi del Recovery, anche se dei 500 miliardi a fondo perduto 110 finiscono nella casella prestiti su spinta dei “frugali”, che ottengono anche un aumento dei loro rebates, gli sconti ai versamenti al Bilancio comune 2021-2027. Come già filtrato nel tardo pomeriggio di ieri, l’equilibrio finale del Recovery è di 390 miliardi di sovvenzioni da non rimborsare e 360 miliardi di prestiti.
Grazie a uno spostamento delle poste all’interno del “Next Generation Eu”, l’Italia limita i danni e perde 3,8 miliardi di aiuti diretti, con l’asticella a 81,4. Guadagna 38 miliardi di prestiti, nella nuova versione pari a 127 miliardi. Sommando le due voci, dei 750 miliardi europei 208 andrebbero al nostro Paese, primo beneficiario del Fondo davanti alla Spagna.
Roma resta però sorvegliata speciale sull’uso dei finanziamenti con la soluzione finale che mette d’accordo le richieste di Rutte che ha spinto dall’inizio sul diritto di veto per indirizzare l’Italia anche alle riforme più impopolari in cambio dei fondi – giudicato però illegale fin dall’inizio- e una maggior autonomia, direzione indicata da Conte che sul punto non ha fatto passi indietro.
Il compromesso finale prevede che quando un Governo proporrà il suo Piano nazionale di riforme, precondizione per accedere al Recovery, la Commissione deciderà entro due mesi se dare semaforo verde vincolato al rispetto di politiche verdi, digitali e in linea con le raccomandazioni Ue 2019-2020: per il nostro Paese l’ago della bilancia sono riforme di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità, ossia tutti i settori-chiave da sempre in ritardo. Su istanza di Rutte, il giudizio di Bruxelles sarà però votato anche dai ministri a maggioranza qualificata.
Altra vittoria di Rutte l’introduzione del “Super freno d’emergenza” per i successivi esborsi dei soldi, condizionati alla verifica degli obiettivi intermedi del Piano di riforme nazionale.