(Teleborsa) – Oltre la metà delle grandi catene food e ristorazione non è d’accordo sulla riapertura anticipata dei locali con le attuali misure di distanziamento sociale: il 52% contro il 48,5%. È quanto emerge dal Centro studi Confimprese (40mila punti vendita in Italia con 700mila addetti), che ha monitorato lo stato dell’arte delle aziende che operano nella ristorazione e nel food.
Un dato drammatico cui si sommano altri numeri preoccupanti: nei mesi di marzo e aprile l’85% delle imprese ha perso oltre l’80% del fatturato, il 9% tra il 50 e l’80%. Quest’ultimo dato è in parte dovuto al delivery con cui i retailer hanno cercato di salvare i conti. Oltre il 54% ha riconvertito l’attività sulle consegne a domicilio, mentre il 66% ha puntato sul take away e quasi il 9% sul drive through. Ma c’è anche una parte consistente pari al 31% che non ha svolto alcuna attività.
Ulteriori difficoltà anche nel settore caffetterie, dove lo scontrino medio si aggira sui 3 euro. In questo caso il take away non è profittevole e la totalità degli operatori pensa che non sia conveniente aprire: troppo ingente la perdita di scontrini per via delle restrizioni sommate ai costi aggiuntivi del monouso.
“Quando un imprenditore perde il 50% del fatturato per due mesi consecutivi preferisce restare chiuso – ha dichiarato Mario Resca, presidente Confimprese – Certo, l’obiettivo è riaprire il prima possibile ma non alle attuali condizioni, che non permettono di coprire i costi. Con le normative vigenti non potremo rialzare le serrande ne’ a maggio ne’ a giugno, servono risposte certe dal governo che continua a ignorare il commercio. I protocolli di sicurezza sono poco chiari, dal lavaggio della stoviglieria, alle attività di sanificazione all’obbligo per il personale delle mascherine che non si trovano”.
(Foto: Enrico Massidda)