(Teleborsa) – Lo smart working consente di migliorare la qualità del lavoro, conciliare lavoro-famiglia, valorizzare le persone e agire per la sostenibilità ambientale urbana. In particolare, questa nuova organizzazione del lavoro pone le basi per modifiche di comportamento stabili, su larga scala, in grado di incidere su livelli di congestione e di inquinamento e, attraverso policy urbane integrate, apre la strada a una maggiore flessibilità nella scelta dei luoghi e dei tempi di lavoro. A dirlo è la ricerca “Il tempo dello Smart Working. La PA tra conciliazione, valorizzazione del lavoro e dell’ambiente”, prima indagine nazionale sullo smart working nella Pa realizzata da Enea, alla quale hanno aderito 29 amministrazioni pubbliche che avevano sperimentato il lavoro a distanza già prima dell’emergenza coronavirus. I dati analizzati hanno coinvolto oltre 5.500 persone ed è stato anche realizzato un sondaggio, su base volontaria, al quale ha risposto il 60% del totale coinvolto, costituito per il 76% da donne e il 24% da uomini.
Sotto il profilo ambientale, dallo studio emerge che lo smart working ha ridotto la mobilità quotidiana del campione esaminato di circa un’ora e mezza in media a persona, per un totale di 46 milioni di km evitati, pari a un risparmio di 4 milioni di euro di mancato acquisto di carburante, modificando anche la loro qualità di vita e di lavoro. Si tratta di un dato di rilievo, tenuto conto che secondo l‘Inrix 2018 Global Traffic Scorecard una città ad alta presenza di lavoratori della Pa come Roma, dove lavorano 400mila persone tra ministeri e amministrazioni centrali e locali, è la seconda al mondo per ore trascorse in auto, il doppio di New York, il 12% in più di Londra, il 70% in più di Berlino, il 95% in più di Madrid. Da qui il duplice beneficio di tempo personale “liberato” e di traffico urbano evitato, con un taglio di emissioni e inquinanti che Enea stima in 8mila tonnellate di CO2, 1,75 t di PM10 e 17,9 t di ossidi di azoto.
“Lo studio presenta una stima del potenziale di mitigazione di consumi ed emissioni inquinanti conseguibili attraverso il lavoro a distanza e l’innovazione organizzativa, e li pone in relazione con gli effetti generati: dallo sviluppo urbano all’efficientamento della Pubblica Amministrazione, al welfare fino alle tematiche di genere – spiegano Marina Penna e Bruna Felici, ricercatrici Enea che hanno curato l’indagine –. I risultati assumono un particolare significato in questi giorni in cui circa il 75% dei dipendenti pubblici lavora in modalità smart working e confermano che le amministrazioni che lo avevano già adottato si siano dimostrate più reattive e competitive rispetto alle altre nell’affrontare l’emergenza”. La ricerca evidenzia come la mobilità sia il fattore chiave di un sistema complesso che ruota attorno all’organizzazione del lavoro nonché una delle principali cause dei consumi energetici e dello stress ambientale sul quale occorre intervenire con estrema rapidità. “Del resto – sottolinea Penna – le conclusioni dell’ultimo rapporto dell’Ipcc sono piuttosto chiare quando sostiene che saremo in grado di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi, rispetto ai livelli preindustriali, solo se mettiamo in atto modifiche senza precedenti delle nostre abitudini in tutti gli ambiti della società, quali l’energia, il territorio e gli ecosistemi, le città e le infrastrutture, e l’industria”.
Se la crisi sanitaria in atto ci ha di fatto costretti a mettere in atto modifiche straordinarie che hanno comportato una riduzione dei consumi e delle emissioni nel periodo che comprende la pandemia, il timore dei ricercatori è che tale calo, dal momento che non è strutturale ma si lega a condizioni di emergenza, sarà seguito da un rimbalzo sui consumi di carburanti e sulle relative emissioni. “Le conseguenze – avverte Penna – sarebbero pesanti sia per l’avvio di una fase di crescita, che allontanerà l’Italia sempre più dai target dell’accordo di Parigi sia per il repentino incremento dei costi dei carburanti, che aprirebbe il fianco a speculazioni estremamente penalizzanti per la nostra economia. Soprattutto nelle grandi città in assenza di misure, si prospetta un massiccio ricorso al mezzo privato che offre una percezione di sicurezza dal contagio”. Per uscire da questa emergenza sanitaria meglio di come ci siamo entrati lo smart working andrà, dunque, compreso, mantenuto, potenziato e reso più efficace. Opportunamente governato a livello territoriale, il ricorso allo smart working – sottolinea la ricerca – consentirebbe infatti di moderare e modulare la domanda di spostamenti casa-lavoro in modo coordinato con la programmazione del trasporto pubblico locale, operazione particolarmente utile nella Fase 2 dell’emergenza Covid-19, in cui dovremo trovare gli adattamenti per convivere con il coronavirus.
Sotto l’aspetto della dimensione personale la ricerca ha rivelato che il tempo liberato dagli spostamenti quotidiani non è solo un guadagno in termini di “quantità” ma comporta anche la riscoperta della qualità che assume il tempo di cui ci si riappropria. Nella pratica questo si traduce nella capacità di gestire meglio e con maggiore soddisfazione attività lavorativa e vita privata.