(Teleborsa) – Nella serie di servizi e interviste già pubblicati e in corso di realizzazione sui delicati temi che hanno condotto il mondo della scuola in un pericoloso precipizio, abbiamo voluto tenere bene in conto i differenti aspetti che caratterizzano le diverse realtà territoriali. Dal Sud al Nord. Dopo aver parlato con preparati conoscitori della didattica di Palermo e di Catania, abbiamo questa volta per così dire risalito la Penisola approdando in Liguria, rivolgendo alcune domande a Monica Capra, che vive a Sori, poco più di 4mila abitanti, Comune della città metropolitana di Genova. Monica Capra è Segretaria Regionale Cisl Scuola e componente organi rappresentativi nazionali del Sindacato. Il Congresso Regionale CISL Scuola che l’ha eletta aveva un topic di grande auspicio: “Fare Comunità, generare valori”.
In Italia sono circa 8 milioni gli studenti in età compresa fra i sei e i diciotto anni. Tra loro non soni pochi i giovani che in questi ultimi anni hanno abbandonato la Scuola…
“L’evasione dell’obbligo scolastico costituisce una violazione di precise disposizioni legislative (da ultimo la legge 296 del 2006 che ha portato da 8 a 10 gli anni di frequenza obbligatoria), sul cui rispetto i dirigenti scolastici sono chiamati a vigilare, di fatto esclusivamente al momento delle iscrizioni alla scuola primaria. Mancano dati precisi sul mancato rispetto dell’obbligo in questa fascia di età, ma si può presumere che si tratti, se ve ne sono, di casi del tutto residuali. Più documentato, invece, l’abbandono nei gradi scolastici successivi, posto che l’obbligo copre il triennio della secondaria di I grado (scuola media) e di fatto anche i primi due delle superiori, con la possibilità di assolvere l’obbligo anche nei corsi di formazione professionale”.
È quello che si definisce il fenomeno della dispersione scolastica…
“I dati più recenti diffusi dal Ministero dell’Istruzione risalgono al luglio 2019, e segnalano un andamento in calo degli abbandoni, che nel 2017/2018 interessano una percentuale dell’1,17%, rispetto all’1,35% dell’anno precedente; nella secondaria di II grado, nel biennio considerato si scende dal 4,31% al 3,82%”.
Vi sono cifre diverse rispetto a diverse realtà territoriali? Più ragazze o più ragazzi. E gli stranieri?
“Rispetto ai dati generali, il dettaglio mostra come i tassi più elevati di abbandono si registrino nelle regioni del sud e come il fenomeno interessi in misura prevalente gli alunni di origine straniera; rispetto al genere, sono prevalentemente i maschi a lasciare i percorsi di studio. Essendo evidente la relazione tra dispersione e fattori di disagio territoriale, non c’è dubbio che un’azione efficace di contrasto all’abbandono scolastico si possa avere solo con politiche orientate a contenere e ridurre i fattori di criticità, in primis la mancanza di opportunità di lavoro che agisce senz’altro da disincentivo all’impegno scolastico. Grande attenzione poi va posta ovviamente nel coniugare offerta formativa e caratteristiche del tessuto socio economico, così come nell’offrire una gamma articolata di percorsi di studio, in modo da renderli realmente appetibili a una platea altrettanto articolata di interessi e inclinazioni”.
Rimedi e provvedimenti concreti per contrastare questo fenomeno dell’abbandono?
“Certamente non si può pensare di far rispettare l’obbligo scolastico incatenando i ragazzi ai banchi: è necessario, piuttosto, stimolare interesse e motivazione”.
Lei è insegnate e dirigente sindacale qual è il suo pensiero sulla Didattica A Distanza?
“La didattica a distanza si è rivelata una risorsa importante, di fatto l’unica a disposizione per evitare che il blocco delle attività scolastiche in presenza si traducesse tout court in una chiusura della scuola, minando alla radice il diritto all’istruzione sancito dalla carta costituzionale. Certamente il carattere assolutamente imprevisto e imprevedibile dell’emergenza ha fatto emergere, insieme alla grande generosità di un corpo professionale che sta dedicando enorme impegno nelle attività on line, anche un livello di preparazione e di competenza forse non abbastanza elevato e diffuso.
Da qui la necessità di mettere a punto una strategia che a partire dall’emergenza faccia compiere al sistema un salto in avanti quanto mai necessario in prospettiva. Premesso che la vera identità della scuola è data da una didattica in presenza che ne costituisce il cuore, una diretta relazione di cui la scuola non può fare a meno per adempiere pienamente la sua funzione educativa, è altrettanto vero che l’utilizzo di tecnologie, linguaggi, stili comunicativi sempre più presenti e utilizzati proprio dalle giovani generazioni non vanno presi in considerazione solo come risorse per eventuali emergenze: sempre più la scuola deve considerarli come ambiti da frequentare con attenzione e assiduità anche nella didattica ordinaria. Diversamente la scuola rischia di non essere al passo con i tempi, mentre è indispensabile che la sua azione educativa possa e sappia esplicarsi efficacemente anche in tale ambito”.
Didattica a distanza e Didattica in Presenza: quali aspetti hanno richiamato all’attenzione dei vari livelli di competenza le esperienze di questi mesi?
“Didattica a distanza non come alternativa improponibile alla didattica in presenza, ma come dimensione necessariamente complementare.
Inutile dire che servirà un massiccio intervento formativo, a supporto di una categoria che anche per ragioni anagrafiche può aver bisogno di essere opportunamente aggiornata. Ma questo è ciò che può fare la scuola: ad altre sedi, che sono quelle della politica ai diversi livelli, spetta intervenire sul versante delle dotazioni che sono indispensabili per sviluppare una didattica on line: dalla copertura del territorio con efficaci linee di connessione, alla strumentazione che non sempre è a disposizione delle famiglie in modo adeguato. Basti pensare a quelle con più figli in gradi diversi di scuola, non c’è bisogno di parole per spiegare a quali difficoltà si possa andare incontro. Quindi serve un impegno complessivo, non solo della scuola e del suo personale. Ed è difficile immaginare come vi si possa far fronte in una situazione in cui le emergenze da fronteggiare saranno davvero tante. Ma se si crede che la scuola, l’istruzione e l’educazione, siano un diritto e un valore, si deve essere anche pronti a ritenerle una priorità quando si deve decidere su che cosa è necessario investire”.
Certo siamo sempre lì. La richiesta da parte di tutti, docenti, studenti…arriva sempre a questo punto. La parola d’ordine che i vari soggetti si passano è sperare che vengano aumentati gli investimenti. E non aumentare significa tagliare. (3 continua)
di Egidio Pedrini