(Teleborsa) – La pandemia di Covid-19 contagia il mercato del lavoro statunitense: la disoccupazione è balzata e in un solo mese sono stati cancellati oltre 700mila posti di lavoro, per effetto dei licenziamenti in massa, scattati con la chiusura di aziende e con la riduzione dell’attività di quelle che sono sopravvissute. Un bollettino di guerra quello disegnato dal Job Report americano, che fa un certo effetto, nonostante la consapevolezza che i dati in uscita oggi fossro alquanto brutti.
Secondo i dati forniti dal Bureau of Labour Statistics, nel mese di marzo, il tasso di disoccupazione è lievitato al 4,4% dal 3,6% precedente, superando lungamente il 3,8% atteso dagli analisti.
Contemporaneamente sono stati distrutte 701 mila buste paga nei settori non agricoli (non-farm payrolls), dopo che a febbraio erano state create 275 mila nuove buste paga (rivisto da un iniziale 273 mila). Il dato sugli occupati è peggiore del consensus che indicava -175mila posti di lavoro.
A farne le spese è soprattutto il settore privato, dove sono stati cancellati 713 mila posti di lavoro (era previsto un calo di 163 mila), dopo l’aumento di 242 mila registrato a febbraio.
Gli occupati del settore manifatturiero sono calati di 18 mila unità, un po meno dei -20 mila attesi, e contro i +13 mila del mese precedente.
Le retribuzioni medie orarie registrano un incremento di 9 centesimi in un mese, riportando una crescita del 3,1% su anno a 28,62 dollari. Le retribuzioni medie orarie sono monitorate con attenzione dalla Federal Reserve in quanto buon indicatore sia dello stato di salute del mercato del lavoro che delle pressioni inflazionistiche.