(Teleborsa) – Si sgonfia il petrolio che appariva più sostenuto in mattinata, in vista di un possibile accordo USA-Russia per stabilizzare il mercato. Il Presidente americano Donald Trump e quello russo Vladimir Putin hanno infatti stabilito dei colloqui per risolvere una situazione di grave crisi in cui versa il mercato mondiale.
Il contratto sul ha pressoché azzerato il rialzo e tratta a 22,78 dollari al barile, tornando ai minimi da 18 anni toccati in questi giorni, mentre quello sul mantiene un progresso del 2,84% a 20,66 dollari/barile. Non solo i prezzi sono scivolati su minimi quasi ventennali, ma il mercato continua a segnalare sovrabbondanza. Lo spread fra i contratti più vicini e quelli più distanti si è allargato ad oltre 13 dollari, segnalando una posizione netta in contango che denota appunto un eccesso di offerta.
Ad innescare la caduta delle quotazioni del petrolio è stata dapprima la Cina, primo importatore mondiale, colpita duramente dalla crisi del coronavirus.
Poi sono subentrate le divisioni in seno all’OPEC Plus, la formulazione allargata del cartello che comprende anche i membri “esterni” come la Russia. Divisioni che sono sfociate all’ultimo vertice in un nulla di fatto sui tagli produttivi, a causa del veto posto dalla Russia, e nell’avvio di una vera e propria guerra commerciale dell’Arabia Saudita, attraverso una scontistica folle.
Infine, il prezzo del greggio è capitolato con lo scoppio della pandemia di Covid-19, che ha raggiunto l’Europa e gli USA, obbligando i Governi a chiudere le frontiere, bloccare il traffico aereo e disporre pensanti misure di lockdown. Questo ha alimentato le attese di una profonda recessione a carattere globale, che sembrerebbe ormai incorporata nelle previsioni delle maggiori istituzioni internazionali.
Come conseguenza, le major petrolifere hanno rivisto i loro piani di investimento e la raffinazione sta accumulando scorte e chiudendo impianti.