(Teleborsa) – Uno shock imprevedibile che ha colpito l’economia italiana dall’esterno come un meteorite. Il Centro studi di Confindustria (Csc) ha definito così, nel suo ultimo Rapporto di previsione, l’impatto della diffusione nel Paese del virus Covid-19. Si tratta – spiega il Csc – di uno “shock congiunto di offerta e di domanda”: al progressivo blocco, temporaneo ma prolungato, di molte attività economiche sul territorio nazionale, necessario per arginare l’epidemia, si è infatti, associato un crollo della domanda di beni e servizi, sia dall’interno che dall’estero. Uno scenario che – avverte Confindustria – vede le prospettive economiche, in questa fase di emergenza sanitaria, gravemente compromesse.
Per quanto riguarda la ripresa della produzione, nell’ipotesi che la fase acuta dell’emergenza sanitaria si vada esaurendo alla metà del secondo trimestre dell’anno, il Csc prevede che nel settore manifatturiero saranno attive ad aprile il 40-60% delle imprese; a maggio il 70%-90%; a giugno il 90% per arrivare al 100% alla fine del mese. Anche con queste ipotesi, tuttavia, la caduta stimata del PIL nel secondo trimestre rispetto a fine 2019 è attorno al 10%. Inoltre, rileva il Csc, la ripartenza nel secondo semestre sarà comunque frenata dalla debolezza della domanda di beni e di servizi. Nel caso in cui la situazione sanitaria non evolvesse positivamente, in una direzione compatibile con questo scenario dell’offerta, le previsioni economiche andrebbero, ovviamente, riviste al ribasso.
CROLLO DEL PIL – Nel 2020, per Confindustria, un netto calo del PIL è comunque ormai inevitabile. Sempre nell’ipotesi che che la fase acuta dell’emergenza sanitaria termini a maggio il Csc stima, infatti, un PIL italiano in profondo calo nel 2020 (-6,0%) e in parziale recupero nel 2021 (+3,5%). Si tratta di un crollo superiore a quello del 2009, e del tutto inatteso a inizio anno. Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive, secondo i parametri attuali, – si legge nel Rapporto – potrebbe costare una percentuale ulteriore di PIL dell’ordine di almeno lo 0,75%. Il recupero del PIL italiano è previsto a partire dal terzo trimestre del 2020, in maniera graduale. Secondo il Csc se le nuove misure in cantiere per aprile fossero analoghe a quelle dell’intervento di marzo e finanziate con risorse europee, si avrebbe un minor calo del PIL in Italia nel 2020 per circa 0,5 punti rispetto allo scenario di base, senza impatti sul deficit pubblico.
CONSUMI DELLE FAMIGLIE – I consumi delle famiglie, nella prima metà del 2020, – evidenzia il Csc – risentiranno delle conseguenze dell’impossibilità di realizzare acquisti fuori casa, ad esclusione di alimentari e prodotti farmaceutici. Il totale della spesa privata è previsto diminuire del 6,8% quest’anno e recuperare del 3,5% nel 2021, seguendo l’andamento del reddito disponibile reale (-4,4% quest’anno e +2,9% il prossimo). Al suo interno si determinerà una sostanziale ricomposizione del paniere, a sfavore di vari capitoli di spesa, quali l’abbigliamento, i trasporti, i servizi ricreativi e di cultura, i servizi ricettivi e di ristorazione.
INVESTIMENTI DELLE IMPRESE – In un contesto caratterizzato da calo della domanda, aumento dell’incertezza, riduzione del credito e chiusure forzate dell’attività, gli investimenti delle imprese – sottolinea il Rapporto – sono la componente del PIL più colpita nel 2020 con un crollo stimato del -10,6%. Torneranno, scrive il Csc, a un segno positivo nel 2021 (+5,1%).
EXPORT ITALIANO IN FRENATA – L’export dell’Italia non viene risparmiato dal calo generale dell’attività economica. Dal momento che – spiega il Csc – il calo dell’attività sarà particolarmente forte nei principali mercati di destinazione dei prodotti italiani e i nostri esportatori saranno più penalizzati da difficoltà produttive e logistiche, l’export italiano è atteso cadere più della media mondiale. Nel migliore degli scenari Confindustria prevede un calo del -5,1% nel 2020. Ma i rischi potrebbero essere maggiori. Un blocco dell’attività più lungo e diffuso a livello internazionale potrebbe, infatti, portare a un crollo del commercio mondiale comparabile a quello del 2009. Inoltre, – avverte il Csc – concorrenti esteri potrebbero approfittare delle attuali difficoltà della manifattura italiana per sottrarre quote di mercato.
CALO DELL’OCCUPAZIONE – Nello scenario previsivo formulato dal Csc si assume che la risposta del mercato del lavoro italiano nel 2020 alla crisi inaspettata da Covid-19 sia simile a quella osservata nel 2009 alla crisi finanziaria. Assumendo, dunque, per i vari indicatori di utilizzo del lavoro, elasticità al PIL simili a quelle osservate nel 2009, il Rapporto stima che l’occupazione nel 2020 cadrà dell’1,5% in termini di di numero di persone occupate; del 2,5% in termini di unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (ULA); e del 3,1% in termini di monte ore lavorate. Già nella seconda metà del 2020, l’input di lavoro utilizzato tornerà a crescere di pari passo al rialzo dei livelli di attività. In media d’anno, nel 2021 le ULA aumenteranno del 2,1%, ovvero a un ritmo inferiore rispetto al PIL, dato il progressivo allungamento degli orari.
DL CURA ITALIA – Per il Csc in Italia l’azione di politica economica, immediata ed efficace, deve essere diretta inquesta prima fase a preservare il tessuto produttivo del Paese, impedendo che la recessione profonda di questi mesi distrugga parte del potenziale e si traduca in una depressione prolungata, con un aumento drammatico della disoccupazione ed un crollo del benessere sociale. Non appena possibile, occorrerà, inoltre, mobilitare risorse rilevanti per un piano di ripresa economica e sociale. In questa situazione il Centro Studi definisce “condivisibili al netto di alcune sgrammaticature” gli intenti del recente decreto legge “Cura Italia” che ha adottato prime misure per il rafforzamento del sistema. Il Dl – scrive il Csc – è dichiaratamente solo un primo passo per la tutela del sistema economico e sociale ma “la dimensione degli interventi è largamente insufficiente, anche tenendo conto delle risorse messe in campo da altri paesi europei e non”. In riferimento all’intenzione del Governo di varare un ulteriore intervento in aprile, di portata analoga a quello di marzo (circa 25 miliardi), il Csc stima che, se le nuove misure in cantiere fossero analoghe a quelle del primo intervento e finanziate integralmente con risorse europee, si potrebbe avere – a parità di altre condizioni e nello scenario di ripresa delle attività produttive delineato sopra – “un minor calo del PIL in Italia nel 2020 per circa 0,5 punti rispetto allo scenario di base, senza impatti sul deficit pubblico”. In entrambe le fasi, – sottolinea il Rapporto – “un’azione comune o almeno coordinata a livello europeo sarebbe ottimale”.
PIANO EUROPEO – Confindustria insieme con le Confindustrie tedesca e francese ha proposto un piano europeo straordinario di entità pari a 3000 miliardi di euro di investimenti pubblici. Considerando una prima tranche di entità pari a 500 miliardi su un periodo di 3 anni, fatta inizialmente anche di misure per la liquidità e, poi, soprattutto di investimenti in sanità, infrastrutture e digitalizzazione, questo sarebbe – secondo il Csc – in grado di “alzare la crescita in Italia e nell’Eurozona di rispettivamente 2,5 e 1,9 punti percentuali nell’orizzonte di stima”.