(Teleborsa) – Il governo apre all’ipotesi di costruire una pensione contributiva di garanzia per i giovani con carriere discontinue e precarie avanzata dai sindacati. Questo il traguardo raggiunto da Cgil Cisl e Uil al termine del primo round tecnico al ministero del Lavoro in vista di una più generale riforma delle pensioni. Al tavolo sulla pensione di garanzia dei giovani con i sindacati ha partecipato all’inizio anche il ministro Nunzia Catalfo.
“Per la prima volta il Governo ha preso l’impegno politico e riconosce la proposta unitaria dei sindacati sulla necessità di istituire una pensione di garanzia per i giovani” ha affermato il segretario generale aggiunto Cisl, Luigi Sbarra. “È importante che il governo condivida la nostra richiesta che fino ad oggi non aveva mai avuto una risposta ufficiale”, commenta il segretario generale aggiunto Uil, Pierpaolo Bombardieri.“Siamo soddisfatti del fatto che il governo non si sa presentato con un testo prendere o lasciare ma si sia impegnato a valutare le nostre idee e sia disponibile al confronto”, dice il segretario della Cgil, Roberto Ghiselli.
Prima di definire i dettagli del paracadute previdenziale ai giovani con carriere precarie e discontinue, per i sindacati è necessario, tuttavia, capire quante risorse il Mef è disposto a investire nella prossima Finanziaria. “Dobbiamo capire bene di quanto risorse disponiamo, solo dopo si potrà entrare nel merito delle pensioni di garanzia per i giovani – ha affermato il segretario generale aggiunto Uil Carmelo Barbagallo –. Noi siamo pronti anche ad accordi su più manovre basta che chiariscano il nodo di soldi. Se non si chiarisce cosa vuol fare il Mef diventa complicato. È comunque positivo che gli incontri stanno andando nella direzione giusta”
Oltre all’istituzione di una pensione contributiva di garanzia, per la Uil è necessario adottare misure già nel corso della carriera lavorativa, con il riconoscimento di una contribuzione figurativa piena per i periodi di disoccupazione o per i periodi di formazione svolti fuori dal periodo lavorativo. “Tre interventi non in alternativa, ma da applicare con un mix, capace di tutelare i lavoratori più deboli e con carriere discontinue”, ha spiegato la Uil. Inoltre, per il sindacato, bisogna sia superare le attuali soglie reddituali per l’accesso alla pensione anticipata e di vecchiaia sia modificare gli attuali coefficienti di trasformazione e occorre prevedere maggiorazioni contributive per le lavoratrici madri e per periodi di assistenza a familiari con disabilità.
Sulla stessa linea anche Sbarra. “Occorrono investimenti e misure che generino lavoro buono, stabile, ben formato, contrattualizzato e retribuito. In questo è essenziale anche il turnover prodotto da regole più sostenibili di pensionamento”. Per quanto riguarda la pensione contributiva di garanzia, Sbarra ha spiegato che la proposta riguarda “chi ha iniziato a lavorare dal 1996”. “Pensiamo – ha aggiunto – a un meccanismo che possa stabilire una soglia minima di garanzia da far crescere in proporzione al numero di anni lavorati”. Tale soglia per Sbarra “non può essere inferiore all’importo della attuale pensione di cittadinanza, quindi, a 780 euro. Assegno che deve crescere in funzione degli anni lavorati e che deve essere ovviamente rivalutato”. Un modo – per la Cisl – “di riconoscere adeguatezza ad un sistema pensionistico per i giovani che valorizzi e riconosca anche i periodi di discontinuità lavorativa, la disoccupazione involontaria, gli sforzi attivi di formazione e riqualificazione, le fasi di bassa retribuzione, l’impegno per il lavoro di cura rivolto alle famiglie e verso le persone non autosufficienti in considerazione dell’esigenza di riconoscere previdenzialmente anche il lavoro di cura”. Tra le proposte di Sbarra vi è anche quella di “mettere mano alla normativa sul riscatto della laurea, scelta che deve essere accessibile a tutti ma che oggi resta davvero troppo onerosa per tanti giovani lavoratori”; l’introduzione di una forma di contribuzione figurativa per i periodi di disoccupazione involontaria non coperti dalla Naspi o altro ammortizzazione sociale, validati dai servizi per l’impiego; il sostegno all’accesso alla previdenza complementare attraverso un’ulteriore defiscalizzazione e l’introduzione del principio di silenzio-assenso all’adesione dei Fondi”.
Tali proposte – spiegano i sindacati – partono dai dati Censis secondo i quali circa 6 milioni di giovani rischiano di avere nel 2050 pensioni sotto la soglia di povertà.