(Teleborsa) – La Brexit è diventata realtà a metà dell’ultima notte di gennaio 2020: Union Jack e Bandiera azzurra con le stelle europee si sono dette addio, tra festeggiamenti, recriminazioni del fronte pro Remain e il rammarico di molti. Dopo colpi di scena, polemiche e rinvii, dallo scoccare della mezzanotte, dunque, il Regno Unito non fa più parte dell’Unione Europea.
A segnare il passaggio epocale, l’addio che, di fatto, cambia la storia chiudendo una pagina durata quasi mezzo secolo, dal 1973 a oggi, il count down proiettato sulla facciata di Downing Street sullo sfondo dei colori del vessillo britannici: fino allo 0, scattato alle 23 ora locale, quella del meridiano di Greenwich, la mezzanotte del primo febbraio dell’Italia e dell’Europa centrale pressoché sempre divise da un’ora di fuso orario, Bruxelles compresa. Poi il suono della campana più grande del Big Ben, in forma solo virtuale poiché lo storico orologio sulla Torre del palazzo di Westminster, inaugurato il 31 maggio 1859, è chiuso per restauro.
E immediati, festeggiamenti e lacrime. Subito dopo, la folla brexiteer riunita a Westminster Square è esplosa infatti nel più che scontato boato accompagnato dal canto dell’inno nazionale, fra fuochi d’artificio, lacrime e una marea di Union Jack che sventolavano sotto il cielo di Londra.
“Stanotte lasciamo l’Ue: per molte persone è un momento di meravigliosa speranza”. Queste le parole del Premier Boris Johnson, in apertura del suo discorso alla nazione nel Brexit Day, sottolineando “non la fine, ma un nuovo inizio”, ammettendo tuttavia come molti altri avvertano invece un senso di ansietà e smarrimento. E come un terzo gruppo, forse il più grande, sia soprattutto sollevato dalla fine di lotta politica sulla Brexit. Tutti sentimenti che il Premier Tory afferma di “comprendere”, impegnando ora il suo Governo a “riportare il Paese insieme per andare avanti uniti”.
“L’Unione Europea, nonostante tutti i suoi punti di forza e le ammirevoli qualità, è evoluta negli ultimi 50 anni verso una direzione che non si addice più al Regno Unito”, ha aggiunto Boris Johnson definendo “sana e democratica” la scelta del divorzio per restituire “sovranità” al Paese su temi quali “controllo dell’immigrazione”, commercio, legislazione. Una scelta che “il popolo ha confermato alle urne non una, ma due volte”.
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