(Teleborsa) – Nel 2019, la retribuzioni contrattuali orarie mostra un rallentamento, a seguito del mancato rinnovo contrattuale per quasi la metà dei dipendenti. E’ quanto rileva l’Istat nel rapporto di dicembre, che rileva però un “lieve incremento medio in termini reali” grazie alla minore crescita dell’inflazione.
MANCATO RINNOVO PER 5,5 MILIONI DIPENDENTI – Alla fine di dicembre 2019, i contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica (29 contratti) riguardano oltre la metà (55,4%) dei dipendenti – circa 6,9 milioni – con un monte retributivo pari al 53,4% del totale. Nel corso del quarto trimestre 2019 sono stati recepiti cinque accordi – estrazione di minerali energetici e petrolifere, lapidei, energia elettrica, autorimesse e autonoleggi e gas e acqua – e ne sono scaduti due, conciarie e alimentari. I contratti che a fine dicembre 2019 sono in attesa di rinnovo erano 44, per un totale di circa 5,5 milioni di dipendenti (44,6% del totale), valore in diminuzione rispetto alla fine del trimestre precedente.
QUASI 2 ANNI PER AGGIORNARE CONTRATTI – Nel corso del 2019 è aumentato il tempo medio di attesa di rinnovo, che passa da 10,6 a 20,4 mesi per i lavoratori con contratto scaduto.
RETRIBUZIONI IN AUMENTO SOLO SU EFFETTO MINI INFLAZIONE – A dicembre, l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie resta invariato sul mese precedente e aumenta dello 0,6% su anno. In particolare, l’aumento è stato dello 0,9% per i dipendenti dell’industria, dello 0,4% per quelli dei servizi privati e dello 0,7% per quelli della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono quelli dell’estrazione di minerali (+1,8%), dell’energia e petroli (+1,7%), dell’energia elettrica e industria chimica (entrambi +1,5%). L’incremento è invece nullo per i settori del commercio, delle farmacie private, delle telecomunicazioni e degli altri servizi privati. Nel 2019, la retribuzione oraria media è cresciuta dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Aumenti superiori alla media si registrano per l’intero settore pubblico (+1,9%) e, nel settore privato, per l’agricoltura (+1,8%) e l’industria chimica (+1,5%).
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