(Teleborsa) – Al 14 gennaio 2020 risultano depositati al Cnel 834 contratti collettivi nazionali relativi ai lavoratori dipendenti del settore privato e 19 ccnl per i lavoratori dipendenti del settore pubblico. Si è passati dai 580 accordi nazionali censiti nel giugno 2013 ai quasi 900 del dicembre 2019. Sono i numeri forniti dal Cnel nel corso dell’audizione oggi, martedì 14 gennaio, davanti alla XI Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera sulle proposte di legge relative a rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, rappresentatività sindacale ed efficacia dei ccnl.
“Questa progressiva frammentazione contrattuale – osserva il Cnel – ha pochi riscontri in ambito europeo. Correlativamente si assiste anche ad una moltiplicazione di associazioni firmatarie (sindacali e datoriali) di recente costituzione, a volte risultanti da fusioni o scissioni di altre preesistenti e dalla rappresentatività in molti casi circoscritta al settore produttivo di specifica competenza. Non si tratta, beninteso, di un fenomeno nuovo nel panorama delle relazioni industriali italiane: nuova è l’estensione che esso sta assumendo e che, almeno per quanto concerne la disponibilità di adeguati strumenti di monitoraggio, rende necessario l’approntamento di una strumentazione condivisa per una effettiva possibilità di misurazione”.
TREU: RAPPRESENTANZA PER CONTRASTARE DUMPING E SALARI BASSI – “Solo una minima parte dei contratti censiti risulta essere siglato dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative. E’ importante avere criteri di misurazione della rappresentanza, passo fondamentale per contrastare dumping contrattuale e salari bassi”, ha detto il Presidente del CNEL Tiziano Treu.
“Molti accordi nazionali portano la firma di sindacati minori, poco noti, che presentano sempre più spesso caratteristiche di multisettorialità – si legge nella memoria depositata alla Camera – Ciò rende tali accordi applicabili trasversalmente e indistintamente a più ambiti produttivi. La conseguenza di tale trasversalità consiste nel venir meno delle tradizionali linee di demarcazione che hanno segnato nel tempo i vari “mercati del lavoro” esistenti a livello di territori, di distretti o di filiera”