Come noto, Quota 100 non è una misura strutturale, ma un intervento con copertura triennale che consente a chi ha 62 anni di età e 38 anni di contributi di andare in pensione in anticipo rispetto ai 67 anni previsti dalla riforma Fornero. Non ci si deve stupire, dunque, se già da diversi mesi si parla di una misura alternativa sia a Quota 100 sia alla Riforma Fornero, che consenta finalmente di riordinare in maniera strutturale il sistema pensionistico del nostro Paese.
L’ultimo a parlarne è stato Giovanni Tridico, Presidente dell’INPS nominato dal precedente governo giallo-verde. Nel corso di un’intervista con il quotidiano romano “Il Messaggero”, l’uomo al vertice dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha lasciato intendere, prima di tutto, che non ci sarà alcuna fine anticipata per Quota 100: la misura voluta dall’ex ministro degli Interni Salvini arriverà alla sua scadenza naturale (fine 2021), consentendo a decine di migliaia di lavoratori di andare in pensione anzitempo.
Insomma, di tempo per pensare a una riforma strutturale del sistema pensionistico ce ne dovrebbe essere a sufficienza, sempre che le varie anime della maggioranza giallo-rossa riescano a trovare un accordo. La soluzione ideale, sostiene Tridico nella sua intervista, sarebbe un sistema flessibile, con età di uscita dal mondo del lavoro differenti a seconda della professione che si svolge. Il Presidente dell’Istituto di Previdenza ipotizza una sorta di “sistema a punti” o “sistema a coefficienti”, che tenga conto di diversi aspetti.
Ad esempio, sostiene sempre Tridico, il sistema a coefficienti potrebbe tenere conto della gravosità del lavoro svolto, in modo che chi svolge professioni usuranti possa andare in pensione prima rispetto ad altre categorie lavorative. Ovviamente, ci sarebbe comunque un’età minima di uscita dal mondo del lavoro, che dovrà essere decisa dal legislatore, ma prevedendo una buona dose di flessibilità.
Inoltre, continua il Presidente INPS, dovrebbe essere previsto un sistema che blocchi gli effetti degli incrementi dell’aspettativa di vita sull’età pensionabile. Questa misura, infatti, penalizza oltremodo chi è ormai vicino all’età di uscita del mondo del lavoro, allontanando un traguardo che sembra essere ormai raggiunto.
Per Tridico gli effetti della correzione dovrebbero essere neutralizzati oltre una certa età (60 anni, ad esempio), legando l’aspettativa di vita all’anno di nascita dei lavoratori. In questo modo, anche se dovessero intervenire modifiche e riforme successive, non si correrebbe il rischio di veder allontanarsi l’età pensionabile.