(Teleborsa) – Un ricorso “intriso di considerazioni politiche e demagogiche” che “tenta di spazzare” i “fatti e le norme” mentre a “cambiare le regole del gioco durante l’esecuzione del contratto” è stato “il Governo di uno Stato”, tanto da avere una “situazione completamente diversa” nel giro di un anno e a fronte di “345 milioni di euro investiti”.
È quanto sostengono i legali di ArcelorMittal nella memoria presentata nella causa civile relativa all’ex Ilva di Taranto in corso presso il Tribunale di Milano.
Nel frattempo, i legali dell’Ilva in As hanno deposito alla cancelleria del tribunale del Riesame di Taranto il ricorso contro la decisione del giudice Francesco Maccagnano di respingere l’istanza di proroga della facoltà d’uso dell’Altoforno 2 dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto.
Secondo gli avvocati del gruppo franco-indiano, il “ricorso, intriso di considerazioni politiche e demagogiche, tenta chiaramente di cavalcare l’onda della pressione mediatica e istituzionale che è montata negli ultimi mesi, alimentata anche da inappropriate dichiarazioni governative (‘la battaglia giudiziaria […] del secolo’)” per portare il caso sulla scrivania del giudice, e “tentare di spazzare via ciò che conta davvero: i fatti, i documenti e le norme”.
Nella memoria, i legali sottolineano come le eventuali conseguenze “sul ‘futuro dell’industria siderurgica italiana’, sui livelli di occupazione, sulle ‘prospettive di sviluppo economico e sociali di importanti aree del Paese’ e sulle ‘problematiche ambientali e di sicurezza’” derivano “dal mutato contesto legislativo e da ‘anni di inadempimento colpevole'” degli stessi commissari dell’ex Ilva e non “dal recesso” dal contratto di ArcelorMittal.
In particolare, il gruppo ricorda che il “Governo di uno Stato e i Commissari Straordinari che ha nominato non possono indurre una società a effettuare un enorme investimento perché ha confidato su un’apposita norma di legge e poi cambiare le ‘regole del gioco’ durante l’esecuzione del contratto”.
Secondo quanto si legge nella memoria, la multinazionale dopo aver “investito euro 345 milioni, dismesso rilevanti beni” a un anno di distanza si è trovata di fronte a una situazione “completamente diversa”.
Per ArcelorMittal, l’altoforno 2 “è ‘vitale’ per l’impianto di Taranto e l’intero polo industriale” e il suo “spegnimento”, a sua volta, “imporrà di spegnere anche gli altri due altoforni attivi presso lo stabilimento di Taranto perché presentano caratteristiche tecniche analoghe”.
La “Magistratura penale”, poi, ha anche stabilito “che l’omessa esecuzione delle Prescrizioni non è imputabile” ad ArcelorMittal, “bensì ad ‘anni di inadempimento colpevole'” dei commissari dell’ex Ilva.
“Che la Procura della Repubblica possa versare in un giudizio civile (…) elementi istruttori acquisiti al di fuori di ogni contraddittorio (e di ogni competenza) nonché del controllo del giudice civile è evenienza, a nostra memoria, mai verificatasi in Italia e, per quanto si sappia, in alcuno Stato di diritto”, conclude la memoria, aggiungendo che con il loro intervento i pm hanno trasformato il processo civile in “un’appendice di un’indagine penale“.