(Teleborsa) – Mesi di tentennamenti e colpi di scena, premier sull’orlo di una crisi di nervi con il Parlamento a fare da muro agli accordi di volta in volta in volta proposti : il divorzio tra Londra e Bruxelles – che ormai è diventata a tutti gli effetti una saga infinita – continua a essere avvolto nel mistero tanto che in molti hanno iniziato a parlare ormai di “Brexit, l’incompiuta”.
La settimana che si sta per chiudere è un copione degno del più macchinoso degli sceneggiatori: giovedì 17, arriva l’intesa al fotofinish con i 27 a Bruxelles, sabato 19 Parlamento convocato nel weekend nel fine settimana per la prima volta dal 1982, durante la guerra delle Falklands, ma ci pensa l’emendamento Letwin a beffare Boris Johnson facendo slittare l’intesa e costringendo il Premier – furioso ma obbligato dal Benn Act – a chiedere un rinvio all’UE. Martedì 22, BoJo tira un piccolo sospiro di sollievo: riesce a strappare a Westminster il primo ok al suo accordo di divorzio dall’UE, ma non il via libera all’iter sprint per chiudere la partita entro il 31 ottobre, come, invece, vorrebbe e dichiara ormai da mesi. Ecco allora che gioca l’ultima carta, quella del voto anticipato: lunedì presenterà una mozione del governo Tory in Parlamento per cercare di ottenere lo scioglimento della Camera dei Comuni il 6 novembre e la successiva convocazione delle urne il 12 dicembre.
Una mossa che somiglia a una sfida con l’obiettivo di screditare gli avversari, mostrandoli impauriti dall’affrontare il giudizio “del popolo”.
Le opposizioni restano diffidenti. “Togliamo il No Deal dal tavolo e noi appoggeremo sicuramente le elezioni“, fa sapere il leader laburista Jeremy Corbyn. “Il No Deal – ha continuato – è una minaccia che Boris Johnson ha usato di continuo e sicuramente è contenuta nella legislazione che al momento è al vaglio del Parlamento”.