Una dei punti più attesi per quanto riguarda la Manovra 2020, licenziata non senza tensioni dal Cdm, riguarda il sistema pensionistico. Quota 100 resta invariata almeno per il 2020, con scadenza naturale nel 2021. Vengono invece prorogate di un anno sia l’Opzione Donna sia l’APE Social. Infine, è stata annunciata la rivalutazione piena per i trattamenti fra tre e quattro volte il minimo.
Tutte misure valide per la Manovra 2020, mentre per quella 2021 si prevede una corposa riforma generale del sistema pensionistico, da definire al tavolo con le parti sociali.
Quota 100
Resta invariata, dunque si potrà continuare ad andare in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi fino al 31 dicembre 2021. E non occorrerà attendere tre mesi in più per la decorrenza del trattamento, quindi niente finestre di uscita aggiuntive rispetto all’attuale legge. Entrambe le proposte di modifiche sopra riportate, esaminate nel corso del dibattito, sono state accantonate.
Resta il probelam di come potrà variare il sistema previdenziale prima della scadenza della norma, che a legislazione invariata provocherebbe uno “scalone” nel 2022, quando ci vorranno 5 anni in più per andare in pensione (con il trattamento di vecchiaia, che richiede 67 anni), oppure la maturazione del requisito pieno per la pensione anticipata (42 anni e dieci mesi, uno in meno per le donne).
Opzione Donna
Il Governo parla di “possibilità per le lavoratrici pubbliche e private di andare in pensione anticipata con l’Opzione Donna anche per il 2020”. Una formulazione generica che dovrebbe significare la proroga di un anno, che consentirebbe dunque di andare in pensione anticipata alle lavoratrici che compiono 58 o 59 anni, rispettivamente se dipendenti o autonome, entro il 31 dicembre 2018, avendo alla stessa data anche 35 anni di contributi.
La pensione con l’Opzione Donna è calcolata interamente con il sistema contributivo: la lavoratrice in pratica va in pensione prima ma rinuncia a una parte dell’assegno, con un taglio che può arrivare al 20-30%. Previste delle finestre fra maturazione del diritto e decorrenza della pensione, pari a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le autonome.
Ape Social
Proroga di un anno anche per l’APE Sociale – l’anticipo pensionistico che consente di ritirarsi con 30 o 36 anni di contributi a determinate categorie di lavoratori (disoccupati, caregiver, disabili, addetti a mansioni faticose) – che dunque sarà utilizzabile fino al 31 dicembre 2020.
Mini rivalutazione assegni
Riguarda le pensioni fra tre e quatto volte il minimo, ovvero fra 1.522 e 2mila 29 euro lordi al mese (si tratta di una platea di due milioni e mezzo di pensionati). Attualmente questi trattamenti si rivalutano “parzialmente” al 97%, mentre dal prossimo primo gennaio riprenderanno a rivalutarsi al 100%. Significa, in base ai calcoli Spi-Cgil, 50 centesimi in più al mese, poco più di 6 euro all’anno, cifre che il sindacato definisce «irrisorie e offensive» confermando la mobilitazione del prossimo 16 novembre.
Invariate le percentuali di indicizzazione per gli assegni più alti: al 77% tra 2mila537 e 3mila0445 euro, 45% tra 3mila044 e 4mila059, 45% tra 4mila059 e 4mila566, 40% per i trattamenti più alti.