(Teleborsa) – “Non c’è dubbio che la BCE fornirà ulteriori stimoli di politica monetaria in occasione della riunione di domani del Consiglio direttivo. Questo sarà l’ultimo meeting con Draghi alla guida, prima che passi il testimone a Christine Lagarde. L’unico dibattito riguarda la forma di allentamento che verrà fornita. Come cambiano rapidamente le cose: era tutto così diverso 18 mesi fa. All’inizio del 2018 tutti erano ottimisti sulle prospettive dell’eurozona. Nel 2017, dopo un anno di crescita stellare (almeno per la zona euro), la strada per preparare il decollo sembrava essere pronta. Dopo un decennio di stagnazione, l’economia era in forte crescita e la BCE poteva ridurre i propri acquisti di attività, iniziando ad aumentare i tassi di interesse rispetto ai minimi storici”. E’ il commento a cura di Stewart Robertson, Senior Economist – Regno Unito ed Europa di Aviva Investors, in vista della riunione di domani della Banca Centrale Europea.
Il cambiamento di posizione, spiega, “è stato determinato da una rinnovata stagnazione economica in settori chiave, da un’inflazione costantemente bassa e dai rischi di crescita al ribasso derivanti dalle preoccupazioni legate a commercio e dazi, nonché dalla contrazione dell’industria manifatturiera. Per quanto difficile da credere, con il tasso di riferimento della BCE sui depositi a -40 punti base (pb), un ulteriore allentamento monetario è necessario. I mercati non si aspettano di meno: in effetti c’è spazio per la delusione nel caso ritengano insufficiente l’azione di Francoforte. Non è facile determinare esattamente cosa si aspetta il mercato, ma un taglio del tasso sui depositi a -50pb (mitigato dall’introduzione di una qualche forma di tiering per proteggere le banche più deboli) e l’annuncio di una ripresa del quantitative easing nel prossimo futuro (forse 30 miliardi di euro al mese) è probabilmente il minimo necessario per mercati insaziabili”. La BCE “potrebbe anche ricorrere ad alcuni giochi linguistici, fornendo forti indizi in merito al continuo e rinnovato supporto per un certo periodo. Tutto ciò avendo però presente che le decisioni di politica monetaria vedono sullo sfondo l’ennesimo declassamento delle previsioni ufficiali di crescita e inflazione”.
“Come sempre – afferma Robertson – il diavolo sarà nei dettagli. Nel corso dei suoi otto anni di mandato, Draghi ha condotto in molte occasioni conferenze da manuale, attenuando le preoccupazioni dei mercati e calmandone l’umore, a prescindere dal fatto che poi Francoforte assumesse o meno delle decisioni. Ma il Presidente uscente non è stato perfetto, perché vi sono stati momenti in cui la reazione dei mercati non è stata quella che la BCE avrebbe voluto. È probabile che questi fossero quelli in cui vi erano forti differenze di vedute tra i membri della BCE e in cui Draghi cercò di trovare una via di mezzo convincente e credibile. Il più delle volte è riuscito in questo intento e nel corso degli anni è migliorato. Ma non è un segreto che, ancora una volta, vi sono una serie di opinioni differenti all’interno del Consiglio della BCE. La sua ultima riunione sarà seguita da vicino per capire se riuscirà a farcela per l’ultima volta. Lagarde è un’ottima public speaker, ma la guida della BCE è una nuova posizione anche per lei. Farebbe bene a guardare e ad imparare da Draghi, se al meglio del suo saper essere impassibile e impressionante al contempo”.