A distanza di diversi mesi dall’approvazione, il reddito di cittadinanza è pronto per passare alla sua fase successiva: dal sostegno all’inclusione.
Il reddito di cittadinanza, come i ben informati sapranno, nasce per andare incontro ai soggetti più disagiati, come disoccupati e inoccupati, assicurando loro un sostegno economico e la possibilità di reinserimento lavorativo.
Il sussidio, dunque, non garantisce solo un aiuto di tipo monetario, ma punta al miglioramento delle condizioni di vita della persona che lo percepisce (e della sua famiglia). Proprio per questo motivo, fin da subito, la fruizione del reddito di cittadinanza è stata soggetta a determinati termini e condizioni. L’intero sistema previdenziale, in questo caso, si basa su un concetto basilare, ovvero: i beneficiari ricevono una somma di denaro che tiene conto del loro stato di bisogno e di quello della loro famiglia e, in cambio, sono tenuti ad accettare uno dei lavori proposti dai centri dell’impiego da cui sono seguiti.
I beneficiari del reddito di cittadinanza, in pratica, sono chiamati a firmare un patto per il lavoro, dove si impegnano a seguire un percorso mirato – appunto – a far ottenere loro un nuovo impiego. Tutto questo sarebbe dovuto partire già diversi mesi fa, poiché le prime convocazioni dai centri per l’impiego sarebbero dovute arrivare ai beneficiari nei 30 giorni successivi al ricevimento del reddito. Così, però, non è stato.
Per gestire il processo di mediazione tra domanda e offerta di lavoro sono stati scelti infatti i navigator che, come noto, a causa dei tempi lunghi del concorso pubblico, hanno preso servizio solo a luglio. Ultimata la fase di selezione concorsuale, tuttavia, tutto è pronto per dare inizio alla “fase due” del reddito di cittadinanza.
A partire da settembre, quindi, i beneficiari del reddito di cittadinanza saranno chiamati a presentarsi ai relativi centri per l’impiego, dove appunto stileranno il loro primo patto per il lavoro. Saranno seguiti, come anticipato, dai navigator presenti negli uffici di competenza e, insieme a questi, studieranno un piano di reinserimento al lavoro.
Convocati ai CPI non saranno solo coloro i quali ricevono il sussidio, ma anche i familiari idonei al lavoro, ovvero tutti i maggiorenni della famiglia non occupati e/o che non frequentano un regolare corso di studi. Saranno invece esclusi i beneficiari della pensioni di cittadinanza, gli over65 e i componenti della famiglia che si prendono cura di bambini minori di 3 anni e/o di persone non autosufficienti. Per quanto riguarda i disabili, infine, anche questi sono esclusi, ma per loro vale l’adesione volontaria (che permette di richiedere assistenza nella ricerca attiva di un lavoro idoneo alle proprie capacità psico-fisiche).
Ai fruitori del RdC verranno presentate proposte di lavoro congruenti al proprio profilo. Questi ultimi, inoltre, potranno rifiutare massimo 3 offerte, dopodiché perderanno il diritto a godere del sussidio. È possibile inoltre che ai beneficiari e/o ai membri della famiglia a loro carico vengano proposti dei corsi di formazione o dei percorsi di orientamento, che hanno come obiettivo appunto quello del reinserimento lavorativo (e quindi del miglioramento delle condizioni economico-sociali della famiglia).