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Taglio agli incentivi anti ecologici per finanziare la manovra

Il governo è a caccia di coperture per finanziare la prossima manovra economica che si annuncia molto ambiziosa.

Tra promesse di flat tax, blocco delle clausole di salvaguardia sugli aumenti automatici dell’Iva, sconti fiscali alle imprese e annunci generici di abbassare le tasse, il governo, soprattutto il ministro dell’Economia Giovanni Tria, si trova nell’enorme difficoltà di trovare le coperture per tutte queste misure senza andare in deficit ed evitare così quella procedura di infrazione dalla Ue che per il momento ci è stata risparmiata.

All’interno del governo, poi, permangono le tensioni tra Lega e Movimento 5 Stelle sui provvedimenti economici da adottare che rischiano di spaccare l’esecutivo. Insomma, tra diversità di vedute e scarse risorse economiche è un momento molto complicato per chi deve scrivere la legge di Bilancio.

Un aiuto inatteso, tuttavia, potrebbe arrivare da una serie di incentivi in vigore considerati “anti ecologici”, perché favoriscono alcune attività o l’uso di carburanti dannosi per l’ambiente. Dal taglio di questi incentivi potrebbe arrivare al governo un tesoretto da investire nelle nuove misure della manovra.

Gli incentivi a cui il governo potrebbe attingere ammontano a circa 19,3 miliardi di euro e si riferiscono a 75 bonus diversi. Sono stati censiti in un dossier presentato dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Sono stati introdotti, spiega Costa nel dossier, con “motivazioni degne e legittime”, ma i loro effetti sull’ambiente sono negativi, in alcuni casi, poi, “danno segnagli di prezzo sbagliati, se non perversi, rispetto alle scelte di consumo, produzione e investimento”.

Tra gli incentivi anti ecologici quello più evidente riguarda l’accisa sul gasolio inferiore rispetto a quella sulla benzina. Con questa tassazione più bassa lo Stato perde 4,9 miliardi di euro all’anno. Eppure il “gasolio non merita un trattamento preferenziale” rispetto alla benzina, dal punto di vista ambientale. Il dossier suggerisce quindi di aumentare l’accisa sul gasolio, portandola almeno ai livelli di quella della benzina.

Questo incentivo sul gasolio come carburante per i veicoli fu introdotto nel 1993, quando si riteneva che la benzina fosse più dannosa per l’ambiente. Oggi, invece, il suo utilizzo diffuso contribuisce “al grave problema dell’inquinamento da particolato, ossidi di azoto e ozono”, con gravi danni alla salute. L’Italia, infatti, è ai “primi posti per morti premature e anni di vita perduti” dovuti alle emissioni dei motori diesel.

Dunque questo incentivo non solo è costoso per le casse dello Stato, ma anche dannoso alla salute umana. Eliminarlo sarebbe la cosa più utile da fare, anche se non sarà facile, perché avrebbe un impatto pesante e molto impopolare sugli automobilisti che vanno a gasolio, che rappresentano il 43% del parco auto.

Tra gli altri incentivi dannosi per l’ambiente e che rappresentano una perdita economica per lo Stato ci sono: le esenzioni dall’accisa per i carburanti del trasporto marittimo e aereo, che ammontano rispettivamente a 500 milioni e 1,6 miliardi, il rimborso dell’accisa sul gasolio per l’autotrasporto, pari a 1,2 miliardi, le agevolazioni per le auto aziendali ai dipendenti (fringe benefit), sempre 1,2 miliardi, i sussidi energetici per l’agricoltura, 843 milioni, anche quelli per le coltivazioni biologiche, 317 milioni, poi l’Iva agevolata per l’energia a uso domestico, pari a1,6 miliardi e l’esenzione dell’accisa per la stessa energia per 634 milioni.

Infine, i contratti che regolano le royalties sull’estrazione di gas e petrolio prevedono quote molto elevate di esenzione dalle stesse che arrivano a superare la produzione effettiva, determinando di fatto l’esenzione dal pagamento delle royalties. Abbassare le quote porterebbe denaro alle casse dello Stato da reinvestire nelle misure della legge di Bilancio.


Fonte: https://quifinanza.it/finanza/feed/

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